venerdì 15 maggio 2009

Nucleare: dacci il nostro allarme quotidiano

Che ne sarebbe di certi giornalisti senza l’allarme quotidiano? E pazienza se funziona anche come aiuto dato al partito di riferimento. La trichinellosi ad Orgosolo sta per contagiare l’intero parco porci della Sardegna. E la colpa di chi è se non della perfida Dirindin che non nulla fa per contrastare l’imminente epidemia? E la pandemia di aviaria, che evoca lo spettro dei ventimilioni di morti della Spagnola, e quella dell’influenza suina, di chi è la colpa? E mica interessano, queste pandemie, solo posti lontani: anche in Sardegna ci sono dei casi, non possiamo essere da meno: altrimenti i lettori non si allarmano e, al Bar dello sport, non individuano le precise responsabilità del tale ministro o del tal assessore.
C’è una splendida canzone di Georges Brassens che sfotte questo provincialismo: “C’est pas seulement à Paris / Que le crime fleurit / Nous, au village aussi, l’on a /De beaux assassinat”. Come sarebbe a dire che l’influenza porcina ignora il mio bacino di lettori, non sia mai: anche noi, in Sardegna, abbiamo la nostra bella influenza. Non è vero, tutto rientra, ma il procurato allarme ha fatto i suoi guasti e sedimentato un perenne stato di allarme.
Capita ora che, come si sa, il governo italiano abbia deciso, e un ramo del Parlamento approvato, di installare quattro centrali nucleari in Italia. La scelta dei siti è tutta da decidere, ma c’è chi è sicuro che la Sardegna sia luogo di una, due, tre o quattro centrali. E già le sistema, suscitando allarme in chi ancora crede che i giornali informino. Tutto nasce dalla audizione, da parte di una commissione parlamentare, di uno dei massimi vulcanologi e sismologi italiani, al quale viene posta la domanda: quali sarebbero, dal punto di vista di un sismologo, i siti più adatti. Nella risposta compare, come è ovvio, anche la Sardegna: non c’è altro luogo come la nostra isola immune dai terremoti.
Questo parere tecnico diventa, nell’immaginario, un disegno di legge se non addirittura una decisione. Se al tecnico del mio comune chiedessi quale sia il luogo più bello in cui costruire la mia casa, non è dubbio che concorderebbe con me: Punta niedda, un piccolo incantevole promontorio nel Golfo di Orosei. Ma la possibilità che il Comune mi conceda, sempre che avessi i soldi, di costruire su Punta niedda, sarebbe molto meno che zero. Quello del sismologo consultato è, si parva licet, come il parere del tecnico comunale. Perché si faccia legge ha bisogno di una decisione politica.
Ma tanto basta per scatenare, meno di un mese dalle europee, l’azione di soccorso ad una opposizione che, purtroppo, manca di idee ma non di indignazioni. Di fronte all’allarme, la reazione della politica sarda è unanime, sembra di leggere le pagine di Facebook dedicate all’allarme nucleare. L’azione di soccorso di cui dicevo è ben esemplificata dal titolone del sito della Nuova: “Centrali nucleari, esplode il caso / "no" da opposizione e sindacati”. Dal che si deduce che solo l’opposizione e i sindacati sono contrari, non la maggioranza.
Si dà il caso che così non sia. L’opposizione al nucleare è, come direbbe il mio amico Gigi Sanna, di tutte le penne multicolori delle tribù sarde. Che senso ha, se non nella logica di una piccola propaganda politica, nascondere la straordinarietà di una comunanza di intenti di tutte le forze politiche sarde? Lasciando da parte una urgenza di schieramento, questa opposizione trasversale dovrebbe dare a tutti la certezza (vogliamo dire la possibilità?) che, se mai il governo italiano decidesse di smentire il suo impegno a non nuclearizzare la Sardegna, si troverebbe di traverso non solo la stragrande maggioranza dei sardi ma anche i loro ceti politici.
A chi conviene nascondere o anche solo sottovalutare questa unità di intenti?

2 commenti:

  1. Con rispetto,

    è pur vero che spesso si piega il ferro a piacimento dandogli forme bizzarre, ma sinceramente, spesso, logiche tipo unità d'intenti (e anche solo di unità) in Sardegna (rivolte ai Sardi) sono purtroppo fuzzy.
    Quindi a me personalmente la paura rimane e non mi pare nemmeno del tutto immotivata.

    Un saluto,

    Antonio Pintus

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  2. Con altrettanto rispetto,
    se io dovessi anche lontanamente pensare che, di fronte a una decisione coloniale, il popolo sardo non reagisse, chiederei asilo politico nel Ruanda.
    Caro Pintus, per una decisione coloniale assai meno grave (l'imposizione del Parco del Gennargentu) si scatenò una opposizione che iniziò sì dalle comunità, ma alla fine coinvolse quasi tutto il mondo politico sardo. E questa unità, sottacciuta dai giornali, vinse. Tant'è che il Parco non si è fatto né si fa.

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