di Michele Zoroddu
Nel corso dei nostri studi sulla Sardegna, quando ci siamo affacciati all’area del Vicino Oriente (peraltro in modo non approfondito e certo non definitivo) abbiamo avuto sempre incombente la forte presenza dei Sardiani in quell’area.
I tempi della loro frequentazione potrebbero farsi risalire, per la possibile presenza di ossidiana sarda a Gerico nel PPNA (peraltro solo da noi ipotizzata) all’VIII millennio a.C. Ma potrebbe essere attestata una loro presenza anche al sorgere delle prime tombe ipogeiche dell’area, nel IV millennio a.C., dimostrandosi la primogenitura di tale arte della sepoltura, essere accertata per la Sardegna, a far data dal primo quarto del V millennio a.C. Teniamo a precisare che stiamo, per quest’ultimo aspetto, interpretando (in modo speculare) un atteggiamento che attiene alla diffusione culturale, esercitato per oltre un secolo da tutti quanti gli studiosi, per i quali era universalmente, ma saremmo tentati di dire “scientificamente”, accertato che ove si ravvedessero in Sardegna delle tombe somiglianti a quelle del Vicino Oriente, subito corresse l’obbligo di tessere le lodi di quei colonizzatori venuti dall’Est.
Ancora, possiamo pensare ad una presenza sardiana nell’area, tra la fine del III e l’inizio del II millennio a.C., per l’improvviso arrivo di genti portanti una cultura della metallurgia del bronzo vero, che usavano sepolture molto simili a quelle di cultura Monte Claro. Inoltre la presenza improvvisa di manufatti in bronzo, riconducibili all’inizio del II millennio, ed addebitati a genti amorree, cioè appunto occidentali, quali bronzetti rappresentanti soggetti umani simili a quelli solitamente trovati in Sardegna, è certo conferma acclarata (ma certo ancora soltanto per noi e pochi altri) della frequentazione sardiana di quei siti disposti lungo la costa della Siria che da Ugarit e Biblos arrivano fino a Meghiddo.
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