Sarebbe interessante sapere – per noi che al processo per il sequestro Pinna non eravamo presenti – che cosa effettivamente ha risposto il pubblico ministero Gilberto Ganassi alla richiesta di un imputato di avere un confronto faccia a faccia con il sequestrato.
Secondo il cronista di La Nuova Sardegna, il pm avrebbe detto: “La richiesta di parlare in aula guardando in faccia la parte offesa non trova nessun riscontro in campo giuridico, è una usanza del codice barbaricino, il cosiddetto s’accaramentu che si concretizza quando c’è il chiarimento faccia a faccia con una persona che non si teme”.
Più stringata la cronista di L’Unione sarda, secondo cui Ganassi avrebbe detto: “Questo nella sottocultura barbaricina si chiama accaramentu ed è estraneo alla giustizia”.
Uno dei due ha censurato le parole del magistrato: o l’uno per indorare con un eufemismo una espressione al limite del razzismo, quel “sottocultura barbaricina”, o l’altra per battezzare di suo spontanea volontà il “processo barbaricino” con un crudo e, ripeto, razzista “sottocultura barbaricina”. Entrambi, però, riferiscono di una incultura del pm che o bolla di “sottocultura” s’accaramentu o ne parla senza sapere di che cosa si tratti.
S’accaramentu, ben più che “barbaricino”, visto che Sedilo non è certamente in Barbagia (a meno che Barbagia non sia considerato non un luogo, ma una categoria dello spirito), è stato ed è un modo di risolvere contrasti davanti a sos òmines, a persone di provati equilibrio e equanimità. Non è estraneo, dunque, alla giustizia né al giusto, anzi, ma semplicemente al codice italiano. Ad un prodotto della storia e della politica, che ieri non c’era e domani potrebbe non esserci.
Non c’era fino alla metà dell’Ottocento, quando ancora vigeva La carta de Logu, e non è detto che debba necessariamente vigere in eterno. La giustizia esisteva anche con la Carta de Logu e continuerà ad esistere anche dopo che, faccio solo per esemplificare, o entrerà in vigore un codice europeo o uno sardo.
Resterebbe poi da dimostrare che quella che ha prodotto il codice sardo o barbaricino sia una “sottocultura” o, come io penso, una cultura giuridica cui è stato impedito di svilupparsi e modernizzarsi. Ed è da dimostrare anche che la cultura, quella a tutto tondo, sia approdata in Sardegna solo con i codici italiani.
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