sabato 25 ottobre 2008

Quei baroni universitari, alleati degli studenti

Ricordo la mia prima occupazione. Fu della facoltà di Architettura a Firenze. Non giurerei che fosse il primo dei motivi, ma fra di essi c'era il "tema" che l'illustre barone ci aveva dato: "Progettate una gabbia per giraffe". Cambiata facoltà, un altro illustre docente (fu poi anche presidente del Consiglio), questa volta di Scienze politiche, mi negò di poter presentare una tesina sul "Rapporto fra democrazia e socialismo". E sempre un altro barone si vendicò della magra che gli avevo fatto fare rispondendo alla sua domanda: "Mi dica quanti sono gli stati divisi in due parti". A quelli che egli conosceva, Germania, Corea, Vietnam, io aggiunsi il Laos che o non ricordava o ignorava. Me la fece pagare, abbassando il voto in un esame che, per altro, riconobbe eccellente.
Questo sistema di intoccabile e proterva baronia era obiettivo di una contestazione poi prese la via di una totale e generale contestazione "al sistema". Ne faceva parte tutto ciò che si metteva di traverso alla nostra voglia di cambiare le cose, di rivoluzionarle. Ne faceva, comunque, parte la baronia universitaria. Mai e poi mai sarebbe passato in testa agli studenti contestatori di fare alleanza con i membri della baronia contro il governo in particolare e "il sistema" in generale.
Questo dell'alleanza che gli studenti di oggi hanno stretto con i baroni è l'aspetto francamente meno comprensibile della contestazione odierna contro la riforma Gelmini e contro il decreto governativo che taglia considerevolmente la spesa per la pubblica istruzione. Studenti mi raccontano vessazioni subite: presentatori di una tesi di laurea che non si presentano il giorno della discussione, esami saltati per assenze neppure giustificate (almeno agli studenti), appuntamenti cruciali con i docenti mancati e chi più ne ha più ne metta. La baronia ha ripreso piede, se mai davvero gli universitari nel passato le abbiano sconfitte.
Al di là del giudizio sulla riforma Gelmini (nessuna riforma della scuola, da quella di Berlinguer a quella di Moratti a quest'ultima è mai passata senza forti contestazioni), è piuttosto chiaro che i soggetti in alleanza hanno motivazioni in conflitto fra di loro. E stanno insieme così come fece il centro-sinistra la scorsa legislatura in Italia, diviso da interessi contrastanti e unito solo contro Berlusconi. La baronia universitaria difende i propri interessi corporativi, starei per dire di casta. Gli studenti mirano a una scuola migliore, ma dubito che abbiano la consapevolezza di battersi per la conservazione dell'esistente. E' uno status quo, quello esistente in Sardegna, che dello studio degli elementi costituenti la società sarda fa a meno. Prendetevi i piani di studio riguardanti la storia e la protostoria: la Sardegna vi è assente o è presente in maniera talmente marginale da tendere alla non evitabile ciliegina sarda su una torta mcdonald's.
Guardate come sono stati spesi i soldi ricevuti dalla Regione per la valorizzazione della lingua e della cultura sarda e dallo Stato per la valorizzazione della lingua. Leggete su questo blog "Lingua sarda e università. Numeri da spavento" e, su Diariulimba, l'articolo di Roberto Bolognesi "Tragicommedia di Ferragosto. Come e perché le università sarde spendono (o buttano) i soldi destinati alla lingua sarda". Volete conservare questo stato di cose, studenti sardi? Volete coprire con la lotta alla riforma scolastica un destino alla vostra definitiva desardizzazione? O non sarebbe meglio contestare la riforma, se così ritenete giusto, e però pretendere che quel decreto rispetti e potenzi la specialità della vostra terra, imponendone il rispetto anche ai baroni, vostri occasionali alleati, interessati a voi, temo, in quanto massa di pressione.

1 commento:

  1. Hapo ledidu cun piaghere s'articulu subra "sos barones e sos istudentes" e hap'apretziadu sas cunsideraziones de Andrea subra "sa limba sarda" (chi in mesu 'e sos taglios, hazis a bier', hat a esser' sa primma 'e "tagliare"!).
    Mi dat s'ispuntu a intervenner' cuss'ammentu de sa primma occupazione, no fimis in Torino, in Milano, Bologna, Firenze, Roma o Genova, fimis in Tatari, in Sardigna. M'ammento dogni momentu de sas assembleas, sos chi bi giraian' tundu (cuminzend'a inghiriare calchi istudenteddu), sos docentes (chi dividia in duas categorias de docente: su Pro.fesso.re - chi bastat de li dare su chi cheret, no b'hat bisonzu mancu de istudiare - e sos mastros - chi ti punghen', ti cussizzan' e t'istruin'. Si ti bied'in dificultade, su mastru est bonu de t'indiritziare e, chistionende, a boltas t'azuat a no fagher' "su passu pius longu de s'anca").
    Su tema de s'iscola, de sa limba sarda e totu cussu ramu subra s'educazione ambientale e sas energias nos biet sensibiles e estremamente interessados a isterrer', iscambiare, cunfrontare e arricchire su dibattitu ch'est naschinde subra sa idea de isfrancare s'isula da custa triste sorte chi li paret destinada.
    Sos istudentes sun' okkupende sas iscolas, difenden' unu sacrossantu dirittu chi pius de sos "interesses alleados" o a su cuntratu de sos professores devet puntare a una revisione de sos programmas didatticos (chi alimentan' finas sa dispersione scolastica).
    Sa crisi de su nuoresu e de totu sa Sardigna, interessat totu sos cumpartos poninde in crisi sas famiglias e sa matessi cunvivenzia sociale.
    Semus bidinde sos tempos cambiados, variados sighinde sa politica de "s'adeguamentu", fattu de "sa Ricerca 'e sa modernidade" e de "s'isviluppu" chi nos hat fattu 'essire male, cun imposiziones, vetos, divietos e limitaziones.
    S'est aberinde sa mesa 'e su cunfrontu, dimis a cherrer' istabilire unu cuntattu, chistionare cun issos comente faghimus tra nois, iscultare, intender', sentire, dare ....!
    So' semper' pius cunvintu chi custa siat o potat esser "sa generazione de su giudiziu", sa chi potat ponner' sa peraula "Fine" a totu custa miseria chi si faghet semper' pius infame. Tocat de cumintzar'a torrar' a ispiegare, folzis, chi "infame" no est comente cando unu "intendet apetitu", est peraula fea, cosa chi no si cheret mai connoscher', no si podet augurare, no si devet intender e, tantu mancu, si podet sentire.
    Totu sa solidariedade mia a custos pitzinnos "difensores de su dirittu mazore", da un'iscola fasulla semus bidinde ite nos restat, su chi semus bidinde, inue finas "sa matematica" si riduit a "opinione"!

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