Credo tutti sappiamo che la tutela del patrimonio culturale, archeologico, artistico, paesaggistico, presente nella Repubblica italiana fu assegnata dalla Costituente allo Stato. E questo indipendentemente dal fatto che vere padrone siano le comunità (nel caso della Sardegna e di altri territori, le nazioni). Colpa di questa condizione è anche, nel nostro caso soprattutto, il fatto che i nostri costituenti non rivendicarono, insieme ad altre competenze, quella del patrimonio culturale. Una vicenda non edificante del senso di autonomia delle nostre classi dirigenti passate che si "dimenticarono" anche di governare un'isola in cui si parla una antichissima e originale lingua.
Tutti sappiamo, anche, che la tutela dello Stato si esercita attraverso le soprintendenze, organismi che rispondono, al pari delle prefetture, ad una concezione centralistica napoleonica e a logiche spesso indifferenti alle esigenze e alle culture dei territori sottordinati e, comunque, sempre esterne. Tant'è che il governo centrale nomina e sposta soprintendenti e prefetti senza neppure chiedere il gradimento, nel nostro caso, del capo del governo sardo.
Le logiche esterne di cui dicevo fanno sì che, per esempio, a decidere che cosa fare e che cosa non fare nel campo della tutela del patrimonio artistico e archeologico sia una struttura centralistica, non i governanti della Sardegna. E' questa struttura a decidere quali siano le priorità, non la convenienza economica e culturale della Sardegna. Per questo, per fare un esempio, si decide di ripavimentare un manufatto romano di Nora, piuttosto che continuare a scavare le tombe dei giganti di Madau e restituirci un complesso archeologico di straordinaria bellezza.
Non è per sollevare piagnistei, ma perché tutto si tiene in una logica accentratrice: tra il restituire ai contemporanei le grandezza del passato barbaro dei sardi e rafforzare l'idea della grandezza patria italiana attraverso lo studio dell'etruscologia, non c'è dubbio quale sia la scelta. Non è per cattiveria, ma perché nella storia patria le vicende autonome dell'Isola barbara ci stanno strette.
Però, si dirà, le cose stanno così e così restano se in un sussulto di autocoscienza e autostima, i sardi non riescono a far abolire questi organismi di controllo centralistico ed ad assumere in proprio la tutela del proprio patrimonio. Abbiamo le competenze, le risorse umane e quelle economiche per farlo.
Anche perché, pur mettendo da parte per un attimo le ragioni di principio, lo Stato non è che onora il suo compito di tutela. Credo di sapere che, ad esempio, la Soprintendenza alle belle arti, per l'intera provincia di Nuoro, ha a disposizione 16 mila euro.
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