di Franco Laner
Complimenti vivissimi al prof. Gigi Sanna.
Diversi archeologi conoscono il sito di S. Stefano ad Oschiri e se ne sono tangenzialmente occupati. La locale associazione Su Furrighesu ha raccolto tutto quanto è stato fin’ora scritto sul luogo ed in particolare sull’ “altare” o “lavagna” retrostante la chiesetta e su altre pietre geometricamente incise.
La soprintendenza archeologica ha farfugliato qualcosa di incomprensibile: molto più interessanti le ipotesi degli outsider, dilettanti dell’archeologia. Nulla gli archeologi hanno detto sulla scritta nella chiesetta ed il nostro presidente – anch’io, veneto, appartengo a Su Furrighesu – si è dato non poco da fare per avere spiegazione. Ed ecco che Gigi Sanna ne viene facilmente a capo.
Cominciamo allora ad applicare un minimo di logica: è più facile che dica qualcosa di interessante ed attendibile chi dimostra di capire una scritta – seppur medioevale – indecifrabile dagli archeologi o chi non dice mai nulla su ogni argomento epigrafico appena inusuale?
Penso che chi possegga logica e strumenti di epigrafia forse possa estenderli alla paleografia. Eppure nel dibattito intercorso sul blog di Pintore, l’unico bersaglio sembra essere chi dimostra legittimità nei fatti. L’errore che hai fatto – caro Gigi – è la pretesa di discutere sui massimi sistemi con chi non ha ancora approcciato i minimi. Il problema è che i presuntuosi non vogliono nemmeno farsi prendere per mano e condurre fuori (educare), straparlano e tu ti amareggi.
Soprattutto mi fa piacere questo tuo esercizio epigrafico perché Giorgio Pala, quando condurrà turisti e studiosi a visitare il sito e prenderà uno stelo di asfodelo per indicare alcune lettere della targa, quelle chiare ed evidenti, non dirà più che la scritta potrebbe essere, bensì dirà cos’è e leggerà che donna Masala ha voluto l’edificazione di quest’aula dedicata e -aggiungo io- proprio su di un luogo già sacro, sacralizzato molto prima del cristianesimo.
S. Stefano è luogo ierofanico per eccellenza, il sacro si manifesta ed è tutt’ora palpabile, non solo per l’altare, per le coppelle diffuse, per le Domus, ma per le rocce stesse che il tempo ha modellato, per la pace che si respira e l’aura di mistero che aleggia… Ora c’è un motivo in più per visitarlo, perché Gigi ha dato voce ad una pietra. Ad altre gliela ha già data Giorgio Pala. Ma, stranamente, ognuno dei visitatori ritrova, nella propria voce, un poco del canto di questo straordinario luogo.
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