di Gigi Sanna
Caro Zua',
sono stato ieri ad Oschiri, invitato dall’Associazione Su Furrighesu per la “decifrazione” e per un breve commento sulla lapide in trachite che si trova, a mo” di architrave, al di sopra di uno dei due ingressi della nota chiesetta campestre di S. Stefano.
Dal momento che l’iscrizione è stata pubblicizzata nel tuo Blog, per un po’ ho temuto il peggio e che il responsabile nazionale isolano della BIDIA (Banca Isolana Dati Iscrizioni Autentiche), noto “enfant prodige” de Arbaree, venisse, magari travestito e con barba e baffi, per suscitarmi una caciara, una delle sue, sulla non autenticità ('ipotizzata” come… certa'!) della pietra. Qualche circostanza fortuita però deve avermi salvato e ho potuto svolgere così, senza urla da 'abbassisti', il mio compito di modestissimo epigrafista.
Di ragionamento in ragionamento si è appurato che la pietra di S.Stefano non è più un mistero. In essa c’è un’iscrizione (certo assai singolare nei segni e per questo molto ostica) in caratteri tardo medioevali o umanistici che dice che nell’anno del Signore 1492, essendo un certo tale “Maiore” (della villa di Oschiri), una certa pia nobildonna fondò la chiesetta in onore di Santo Stefano. Una cosa semplice, come si vede, anzi semplicissima.
Solo che nessuno (testimoni tutti gli Oschiresi, compresi quelli presenti alla Conferenza) era riuscito a “dipanare” (così nella locandina dell’invito diffuso) il mistero. Perché Gigi Sanna sì? (diciamo ormai “sì” anche perché la mia ipotesi di “decifrazione” è stata, come è mio costume, fatta vedere prima a notissimi epigrafisti sardi che l’hanno approvata). Forse perché sono un guru della decifrazione? Un supergenio indagatore de 'sos sinnos', così come il Direttore della BIDIA? Oppure l’incarnazione dello spirito scrittorio degli antenati? No.
Semplicemente perché molti, moltissimi ben più preparati ed esperti del sottoscritto, si sono infastiditi troppo presto della lapide birichina e hanno lasciato perdere. Il sottoscritto no, ha tenuto duro. “Rispettando” il più possibile il testo ed il contesto è partito da una semplice osservazione: che al di sopra della pietra insisteva scolpito, sempre in trachite, il viso di una donna. Perché? Gli epigrafisti sanno, soprattutto gli Etruscologi, come ad es. M. Pittau che ne parla diffusamente, che spesso la 'decifrazione' e la traduzione di un documento anche se non la si ha, la si può ottenere “in qualche modo” da ciò che subito esso comunica dal punto di vista iconografico e dall’esame stesso di 'dove' si trova.
E' noto ad esempio che molti dei documenti 'funerari' etruschi sono stati 'decifrati' e capiti in questo modo. Ora,se qualcuno si prende la briga di visionare i Siti Internet o di compulsare il poco della letteratura ermeneutica in proposito, troverà, tra le altre amenità, che l’ipotesi più accreditata era che il viso della donna fosse quello della dea Astarte (la Grande madre fenicia, NdR). Davvero incredibile.
Guardate un po’ a che cosa conduce la feniciomania. Che bel rispetto per il documento. E nella lapide il fenicio dove sta? Mah, avranno pensato, forse è un tipo di fenicio sconosciuto. La lettura epigrafica e paleografica (e se si vuole anche “paleologica”, tanto per accontentare il neologista Direttore della Banca Dati) ha dato ben altro responso. Tanto che la figura femminile, approfittando dell'occasione e non resistendo all'ultima ingiuria pare che, con volto ancora più cupo, abbia esclamato: Assumancu fessit istada Diana, ca azumai fut santa. Ohi, ohi. jeo Astarte? Duos corros de parte in parte... Nono, solu Donna Masala. Umile devota de Sant'Istevene'. Anzi per la precisione 'DONNAI' MASALA, con una perla linguistica del sardo che giro velocissimamente agli esperti e agli specialisti di linguistica (con quel “micidiale” e inaspettato deittico che oggi si conosce, da quanto so, solo nei noti Baba –i e Mama –i).
La discussione si è fatta via via interessante anche perché la lapide ha molte delle lettere che risultano chiaramente agglutinate (o legate o accorpate); cosa questa - come si sa - normalissima in tutta la storia della scrittura (egiziana, protosinaitica, protocananea, greca della “lineare” A e B, Greca arcaica pitica, greca arcaica, etrusca, ecc. ecc.): anche nuragica, come dimostrano i documenti di Paulilatino (Perdu Pes), di Abbasanta (Nuraghe Pitzinnu), di Cabras (tavolette di Tzricotu), di Arzachena (nuraghe La Prisgiona) e anche quello del nuraghe abbasantese ormai ribattezzato 'indovina indovinello'.
Naturalmente la 'chiacchierata' è diventata ancora più interessante quando si è parlato di quello che più sta a cuore agli Oschiresi: sapere dell'altro grandissimo 'mistero', quello che si trova a due passi, ma proprio due, dalla chiesetta di S.Stefano ovvero del cosiddetto “altare rupestre” e di tutto ciò che questo, con una miriade di 'segni', circonda. Io per l'occasione ho detto ed altri hanno detto. Si è parlato di aritmetica, di geometria, di chiesetta sfregio o monumento 'tuppone'(tappo) e anche di Gregorio Magno che non amava, com'è noto, le 'pietre' dei Sardi. Ma non aggiungo altro. Anche per fare un dispetto a chi della nota Nomenclatura, solo per mero dispetto o per altro, ha finto di preferire il mare gelido ed inaffidabile di questo Giugno, anch'esso dispettoso.
Ma sappiano che anche gli Oschiresi, quelli che amano la dialettica ed il sano confronto delle idee (e che se ne fregano delle medaglie), si sono molto indispettiti. Anzi erano visibilmente incazzati per un certo comportamento. Loro che sono così ospitali.
Zuà,
RispondiEliminacome si dice, è vero, allora, che il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi.
Evidentemente non si è ancora spenta l’eco procurato dalle urla da 'abbassisti',
del tizio che con barba e baffi, magari travestito da responsabile nazionale isolano della BIDIA (Banca Isolana Dati Iscrizioni Autentiche), , per suscitarmi una caciara, una delle sue, sulla non autenticità ('ipotizzata” come… certa'!) della pietra, come testualmente dice il fantomatico epigrafista che risponde al nome di Gigi Sanna.
Costui, infatti, ancora non ha smaltito l’ultimo acceso confronto innescatosi in quel di Olbia, così, felicissimo, e potuto recarsi ad Oschiri. invitato dall’Associazione Su Furrighesu per la “decifrazione” e per un breve commento sulla lapide in trachite che si trova, a mo” di architrave, al di sopra di uno dei due ingressi della nota chiesetta campestre di S. Stefano.
Che il barbuto urlatore lo abbia scioccato, lo si evince dalla pubblicazione della sua sul tuo blog, così come sopra riportato.
Ma perché, poi, si dovrebbe sentire tale? Ha forse dimenticato che alle domande poste non ha assolutamente risposto se non con spropositi che tendevano a circuire non solo l’argomento in causa?
Ed eccolo che si ripropone quale espertissimo(??) traduttore, anche della lapide Oschirese.
Non sa proprio dove accovacciarsi per farsi sentire, evidentemente.
Non bastava forse la clamorosa smentita circa le tavolette di Tzricotu?, già definiti dei micidiali falsi maldestramente copiati sulla stilizzazione bizantina? Non è bastata l’aberrante versione prodotta come presunta traduzione, veritiera per assoluto, della stele di Nora? Certamente no. Guarda caso, il Gigi Sanna, al ‘Su Furrighesu’ oschirese, ha potuto instillare ancora una volta il suo micidiale distillato velenoso, lo stesso che usa imperterrito oramai, da troppo tempo, perché sa benissimo che dall’alto del suo scranno può continuare impunemente a farfugliare sì tante idiozie, convinto di non poter essere contraddetto.
Vedi: Baba –i e Mama –i…. Quindi, Donna –i = Donnai Masala ….. Ritratto della nobildonna scolpito, anziché l’Astarte, della fenicio mania. Così come dice lui, il Sanna, ma. allora come si spiegano tanti altri segni incisi lulla stessa lapide? Segni che, tra l’altro, sono lontani mille miglia dalla presunta scrittura Medievale, e meno che mai dalla tanto cara Sinaitica ed Ugaritica.
Trattasi forse di Oro colato… un'altra delle sue? Davvero incredibile, dal momento che da bravo traduttore avrebbe dovuto riconoscere alcuni ‘Sinnos’nella lapide, come grafiti tipici del detto nuragico….. Vedi il lungo elenco da lui citato: <<‘... anche nuragica, come dimostrano i documenti di Paulilatino (Perdu Pes), di Abbasanta (Nuraghe Pitzinnu), di Cabras (tavolette di Tzricotu), di Arzachena (nuraghe La Prisgiona) e anche quello del nuraghe abbasantese’>> E allora???????
In conclusione, è chiaro che il comportamento di costui, il quale continua a sputare veleno, soprattutto in assenza del menzionato interessato, non è affatto degno di rispetto… così come volevasi dimostrare.
L’urlatore.