E' quanto ha sostenuto ieri su L'Unione sarda Salvatore Cubeddu. Per chi avesse perso questo importante contributo, lo ripropongo in questo blog. Che, naturalmente è aperto ad ogni commento.
Il sessantesimo anno dello Statuto sardo è appena trascorso. Merita riparlarne per alcune circostanze ed eventi che meglio specificano e rafforzano il significato di quelle celebrazioni.
Il tempus propitium ha inizio giovedì 20 febbraio con i carabinieri che organizzano in limba un proprio calendario.
I successivi passaggi espressi da queste giornate sono tutti da catalogare sotto la voce autonomia della Sardegna. Cioè della passione per la nostra libertà. E sono molteplici. Il 21 pomeriggio gli ex-consiglieri regionali promuovono un seminario sull'identità sarda nel futuro Statuto, come immettervi l'"essere sardi" in quanto produttori di beni, di cultura e di società. La mattina del sabato 22 vede in sale distinte del Consiglio regionale il ricordo della vicenda di Giomaria Angioy (1751-1808), collegata agli eventi della rivoluzione francese ed europea, e la presentazione alla stampa del "nuovo statuto speciale per la Nazione sarda, Sa Carta de Logu noa pro sa Natzione sarda". In fondo non c'è molta distanza, almeno emotiva, tra coloro (i presidenti, la giunta, consiglieri, uomini di cultura, studenti, cittadini) che intonano commossi in piedi le strofe del "procurade de moderare" e coloro (il comitato, con i politici del centro-destra) che spiegano ai giornalisti come "il popolo sardo, il territorio della Sardegna e delle sue isole, il mare e il cielo territoriale, l'ambiente, la lingua, la cultura e l'eredità culturale, materiale e immateriale, della Sardegna costituiscono la Nazione sarda". Cosa sta succedendo in Sardegna se, concludendo il proprio intervento in occasione della festa dell'autonomia, il leader di AN in Sardegna afferma di "esserne affascinato" e si impegna a far "riconoscere quei valori"?
Per chi ha seguito nell'aula dell'assemblea regionale la giornata del 25 febbraio quella conclusione era del tutto in linea con le aperture dei costituzionalisti provenienti da molte università italiane, anche quando non si sono specificamente soffermati sul riconoscimento dei diritti storici della Sardegna. Chi ha ascoltato si è reso conto che nelle istituzioni italiane ed europee ci sarebbero gli spazi per riconoscere le nostre richieste, decise e motivate, che poi non sono dissimili da quelle ottenute da altri popoli-senza-stato. L'intervento dei giuristi delle università italiane è stato una boccata d'ossigeno rispetto all'indisponibilità di coloro che in Sardegna interpretano le norme della costituzione italiana quali muri invalicabili e non come, seppure autorevolissimi, gli articoli di una legge che può venire modificata adattandosi anche alle esigenze dei sardi.
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