lunedì 6 dicembre 2010

Segni alieni a Cagliari

di Stella del mattino e della sera

Deve essere che è contento di aver qualcuno che lo ascolta. Altrimenti non si spiegherebbe, perché mai l’Antico dovrebbe impiegare due notti a parlare con me? Capirei fossi una Belladonna, ma sono bassotto, anzianotto e quasi calvo, non certo il suo tipo. Che sia un lemure o un vampiro? Per essere strano è strano. Stanotte si è ripresentato con un copricapo a due corni più uno centrale: certa gente ha un terzo occhio, altri, come lui, un terzo corno.
Si è seduto in poltrona e si beve un caffè, che a voler sottilizzare sarebbe quello che mi tengo nel thermos per il mattino. Mi guarda con quel suo sorrisetto ironico e d'un tratto mi fa: ”Ci hai riflettuto sui Šardiš, o rifletti solo davanti allo specchio?”.
A dire il vero non ci ho riflettuto, sono stato a New York. Ma simulo: ”Ho capito, ma che successe, dopo la Mesopotamia?”.
Corri troppo, portatore di Luce, ma io corro di più. Leggiti questo scritto”. Si butta sul divano, col piano evidente di osservarmi mentre leggo, ma io non gli bado più. Paolino Mingazzini descrive e mostra nel suo scritto dei cocci trovati tra i resti di un tempio punico di Cagliari. Nel 1939 il soprintendente Mingazzini iniziò, con un fondo straordinario di 5000+5000 lire, gli scavi di un tempio (vd. mappa) definito punico, costruito a secco, già individuato dal suo predecessore Doro Levi. Nel giardino del tempio vi era un pozzo (lettera F della mappa) “in parte coevo ed in parte anteriore” (nel sentire queste parole l'Antico mi guarda con occhi fiammeggianti), che attingeva da una sorgente di acqua viva e ripieno di frammenti fittili votivi. Il tempio, secondo il Mingazzini, appartiene “all'epoca ellenistica ma resta pur sempre fenicio” (vattelappesca che voleva dire).
La parte più interessante del lavoro riguarda i frammenti fittili votivi trovati nel pozzo, più di tutto quelli graffiti che mostra nelle sua figure 24 e 30, con tanto di tentativo di lettura ed interpretazione. Solo che tale lettura lo spiazza, tanto per fare alcuni esempi, cito le sue parole (l'enfasi è dell'Antico):
1) “[..] il graffito riprodotto in fig. 24 f. Non può trattarsi della lettera latina E, in quanto essa giammai fu scritta con la sola zampa superiore più lunga delle altre. Proporrei perciò di vedervi la lettera fenicia He. Confesso però che un parallelo assolutamente esatto non sono riuscito a trovarlo[..]”;
2) […] per alcuni dei quali ho esitato se riprodurli o no, sembrandomi piuttosto degli scarabocchi da ragazzi, anziché lettere sia pure fenicie; ma alla fine mi sono deciso a pubblicarli, pensando che a rifiutarli c’è sempre tempo […]; (lo sguardo dell'Antico si fa vieppiù truce)
3) “[..] il graffito è riprodotto in fig. 30 f. Ho lungamente esitato se far eseguire il lucido di questo graffito, che a prima vista può sembrare un semplice segno senza senso; e forse lo è. Ma mi sembra assai più verosimile vedervi due HETH riuniti in sigla. HETH a 4 sbarre sono assai rari, ma tuttavia esistono [..]”;
L'Antico si alza, adesso è veramente incavolato, mi pare: “Ti rendi conto? A noi, non ci nomina neppure: ma dimmi, quanto antica ti pare quella HETH?”.
A me non pare niente, che diavolo ne so? Ho visto un segno simile solo su una guida turistica, ma lì era un disegno neolitico. Azzardo timidamente, (ho un sonno della malora, sono le 5 del mattino ed il Viaggiatore del Tempo si è scolato il mio caffè): “Per caso le ha fatte la tua gente, quelle scritte? Per caso, giusto per togliersi ogni dubbio, anche voi Nuragici (si potrà dire la parola “Nuragico”?) sapevate scrivere e frequentavate i pozzi sacri?”
Tutto mi aspettavo tranne che quel che segue. Pensavo si arrabbiasse o mi dicesse: “E perché non avremmo dovuto scrivere? All'epoca lo facevano tutti, era la gran moda: come oggi il vostro internet e l’ MP3”
Invece inizia a ridere, una risata cristallina ma sarcastica, amara ma canterina: il riso sardonico portato alle sue estreme conseguenze. Sale di tono, divenendo quasi un ululato di gioia, finché si confonde con il canto del gallo. L'Antico scompare, chissà dove e come, e io devo andare a lavorare. Senza caffè e senza aver dormito. Cosa c'era poi da ridere?

9 commenti:

  1. Essu Maria, mancu su tempus de buffare su caffè! Est berus chi ses s'istella de su manzanu...

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  2. @ Istedhu de arbeschida e de iscurigadolzu.

    Finas e-a su pudhu m'asa fatu cantare? Sichi, sichi ca non so' zelosu.

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  3. Tornando dall'ennesima conferenza sulla scrittura nuragica, dissi a Gigi,o Gigi, in donnia bidda chi andaus a fai sa cunferenzia de sa Scrittura bessdi a pillu sempri call'incunu chi tennidi notizias de segnus chi assimbillanta a Tzricotu, e sa genti chi ascuttada est d'accordu cun tui, ca is nuragicus iscriianta.Cantu funtis is biddas in Sardinia e cantu funti is nuragus? bastat a fai is contus e scideus cantu scrittura s'adi agattai. custa est una de is tantis chi pianu pianu funti bessendi a sa luxi de su sobi.
    G. Cannas

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  4. @ Atropa belladonna
    Colgo adesso un'imprecisione: quel "as(a)" ( la seconda a è paragogica) è seconda persona del singolare.

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  5. O Stella del Mattino, ecc. Dammi il tempo di interrompere lo sciopero e ti risponderò con un articolo a proposito di due dei cocci pubblicati dal Mingazzini. Qualche sopresa, stai tranquillo/a, ci sarà.

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  6. Lasciano qualche perplessità le parole di Mingazzini, prima, sul modo di affrontare una scavo e poi di descriverlo. Che significa: “colmatura sistematica effettuata evidentemente quando si rase al suolo il muro di cinta fino all’altezza massima attuale.”? Che il “pozzo” lo ha trovato pieno di materiale fittile interessato da quegli “strani segni”? O era colmo di materiale eterogeneo derivato dalla “rasatura al suolo” del sito? Nel primo caso la stratigrafia l’avrebbe dovuta fare lui, se mai ne avesse avuto un’idea, di stratigrafia intendo. In entrambi i casi è buona norma nello scavo di una “stazione” qualsiasi, lasciarne una percentuale, come la si trova, a chi verrà dopo con, si spera, un bagaglio di conoscenze maggiori.
    Mi rendo conto delle controindicazioni di tale norma: andando avanti col tempo, una percentuale oggi, una percentuale del restante domani, a un certo tempo più nulla rimane. Intanto qualche notizia suppletiva sarebbe sempre possibile ricavare con quest’ordine più razionale di procedere, legato però all’ingordigia dello scavatore (quale percentuale devo lasciare a chi viene dopo di me?), da subordinare, quindi, a una norma ben precisa.
    Per quanto ne so, dalle nostre parti, l’unico limite allo scavo “ad oltranza” è dato dal finanziamento: finché c’era lira e finché c’e euro, si va avanti considerando tutto quello e solo quello che rientra nel campo visivo dello “scavatore” di turno. Tutto il resto va a finire, quando va bene, negli scantinati delle sovrintendenze o delle università. Quando va meno bene gli “scarti” ce li vediamo comparire, quando capita, un po’ qui, un po’ lì, in mani private.

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  7. Mamma mia,come sei brava Atropa a riuscire a tradurre dal sardo!Complimenti davvero.D'ora in poi quando troverò parole difficili, del signor Elio,chiederò la traduzione a te che mi incuti meno timore.A nos biere.Signor Elio Lei,però,continui con le sue meravigliose favole.

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  8. Cara Atropa.proprio perchè il sardo del signor Elio è "alieno" che sei brava a tradurlo,senza essere sarda.
    Este beru che sa limba sarda este meda bella?(tradurre me è un soffio)

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  9. Tando, fachimusu gai,deo faveddo unu pacu sa limba e tue,a bellu,a bellu cupmrendese cussu chi deo naro.Ad ogni modo Atropa,credimi,se riesci a capire gli scritti del signor Elio,sei un passo avanti.Il bello della lingua sarda è che, pur esprimendo concetti,a volte duri,non è mai volgare,anzi mi sembra musicale e poetica.A nos biere.

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