L’agonia della industrializzazione in Sardegna ha
ripreso le prime pagine dei quotidiani e le aperture dei telegiornali. Ora
tocca alla miniera di Nuraxi Figus, ieri all’Alcoa, prima alla Vinyls e prima
ancora alla petrolchimica di Ottana. Fra l’uno e l’altro dramma, una miriade di
fallimenti nell’industria tessile, in quella estrattiva (qualcuno ricorderà
pure l’infamia della miniera d’oro di Furtei) e in quella edilizia. Figli della
mala sorte, questi fallimenti? No, ma neppure figli solo della politica che di
questi e di futuri disastri è responsabile insieme ai sindacati, ad una
imprenditoria compradora e di una intellettualità impastoiata nella retorica
industrialista e incapace di esercitare
la critica. O meglio, critica sì, ma nei confronti delle poche voci avverse,
accusate di essere nemiche della classe operaia e delle sue magnifiche sorti e
progressive.
I partiti italiani, tutti senza eccezione e con a
volte la complicità del Partito sardo, hanno nel passato condiviso e fatto
digerire ai sardi la monocultura petrolchimica e, quando questa cominciò ad
agonizzare, stanziarono una quantità enorme di denaro per prolungare questo
coma irreversibile invece di elaborare un progetto per la fuoriuscita non
traumatica dalla crisi. Se la politica ebbe gravi responsabilità, non minori
furono quelle degli altri segmenti della classe dirigente sarda. La incapacità
di avere visioni autonome da quelle proprie delle rispettive centrali statali,
fece sì che le imprese più truffaldine in circolazione potessero far nido in
Sardegna con il finanziamento della mano pubblica. Colpa di partiti incolti e
etero-diretti, certo, ma non si è mai sentita una voce critica da parte dei
sindacati, degli imprenditori. Solo a truffa avvenuta e solo per l’intervento
della magistratura si è “scoperta” una faccenda lampante.
L’Alcoa, una delle industrie più affamate di
energia in una terra dall’energia carissima, è a rischio chiusura da almeno tre
anni. Tre anni perduti nella irresponsabile corsa ad illudere i lavoratori che
ne fosse possibile salvezza e rilancio. Persi, dico, perché in tre anni si
sarebbe dovuto e potuto trovare una via di uscita non per conservazione di quel
“posto di lavoro” ma per la sicurezza del lavoro. Fra qualche giorno, a Roma la
questione dell’Acoa sarà al centro di un incontro che dovrebbe affrontare anche
quella, davvero disperata, della miniera di Nuraxi Figus (Nuracsi, come
pronunciano irritanti annunciatori televisivi, tanto pieni di sé da neppure
informarsi). Se per la fabbrica d’alluminio, qualche speranza di prolungamento
d’agonia c’è, per la miniera del Sulcis pare proprio di no.
D’accordo con l’amico Vito Biolchini: Io
sto con i minatori, ma non con la miniera. La Sardegna chiuda definitivamente
con il carbone: perché il vero sviluppo sta altrove. Meno con il suo
j’accuse unilaterale contro la politica. Che, ripeto, ha enormi responsabilità,
soprattutto di subalternità e di dipendenza. Ma che ha buona compagnia nei
sindacati impegnati quasi esclusivamente a scaricare sulla politica
responsabilità sue proprie. E ottima compagnia in quel ceto intellettuale che
si è cullato nella mistica industrialista e operaista e che oggi sogna il
giorno in cui potrà dare spallate.
fa Grazia Pintore
RispondiEliminaSu quanto afferma ZFP non esprimo pareri perchè non so proprio come potrebbero essere utlizzati le migliai di operai.E' grave che, per poter lavorare, le persone debbano accettare di morire per i vari avvelenamenti causati dalle fabbriche.Se in Sardegna si incentivasse l'agricoltura,la pastorizia le cose andrebbero meglio.Ho poca fiducia nel risultato delle lotte disperate dei lavoratori,perchè trovo assurdo che lo Stato si interessi dei problemi dei lavoratori solo quando ci sono le lotte.Della Sardegna ci si occupa solo quando ci sono situazioni disperanti.Continuo a pensare che tutta,tutta la classe politica dovrebbe andare a casa,infatti dimostra la sua incapacità a risolvere i problemi della gente comune.Si pensa solo a tutelare gli industriali delinquenti come Riva,nato dal nulla,ha comprato l'Ilva di Taranto,dllo Stato, per poche lire,ha fatto miliardi ammazzando gli operai.Il profitto è l'unica cosa che viene tytelata.E' una vergogna.
Gli eventi nella miniera di Nuraxi Figus [a parte la mia sincera solidarietà ai minatori] evidenziano semplicemente il fallimento [totale] dello Stato e della politica in generale.
RispondiEliminaAnni di abbandono e di sfruttamento di soldi pubblici, hanno portato la Carbosulcis [e non solo] al fallimento; protratto per anni a mantenere clientele e garantire alla politica armi con cui negoziare.
Quale situazione migliore in una miniera, sia per la politica, che per il sindacato, i lavoratori o i mass media?
Infatti, grazie ai riflettori puntati, i mass media italiani e sardi; alla particolarità del luogo, una miniera; le condizioni dell’evento, un’occupazione a 370 metri di profondità; gli strumenti, 690 kg di esplosivo; si è [Ri]creata la TEMPESTA PERFETTA; dove ognuno pensa di trarre vantaggi dalla situazione.
Non importa il salario dei minatori, il conto economico dell’azienda o l’inquinamento della zona, oggi conta solo la VISIBILITÀ.
In questo strano paese chiamato Italia, in cui [noi sardi] siamo finiti, conta poco che la maggior parte delle aziende hanno [già] chiuso o stanno per fermarsi a causa della crisi economica [devastante], causata [innanzitutto] da normative e leggi delle banche o dello stato stesso, quello che conta è far credere con i [mass media] che la situazione sta cambiando e volgendo al meglio.
Il set mediatico di Nuraxi Figus, degno di Cinecittà, dove le varie comparse si stanno alternando, pur sapendo che non saranno loro a trovare una soluzione ma lo Stato; in attesa dello scoop, confidano nella trama, nella scenografia e negli effetti speciali [Ri]creati.
Nel frattempo, la regia, gli attori principali e le comparse eseguono a menadito la trama struggente del film strappalacrime e [Ri]creano la suspense necessaria al finale di successo, degno di una candidatura agli oscar.
Immaginate la scena [surreale] in cui tutti gli attori e le comparse arrivate oggi, tra cui i vari leader dei [tantissimi] movimenti sardi, rimanessero bloccati dentro la miniera per un’improvvisa [si fa’ per dire] esplosione all’imboccatura, con la speranza di entrare nella storia e ricordare [così] a tutti [quel giorno c’ero anch’io].
Lo Stato italiano non è mai stato in grado di risolvere situazioni, ma solamente di posticiparle, manipolarle o peggio, mistificarle.
La Sardegna è riuscita a fare di peggio, mantenendo alto il suo livello di sudditanza, viste le frequenti VACANZE ROMANE dei cortei sardi di protesta, anzi di [Ri]chiesta di denaro e di aiuti.
Chissà quando i sardi avranno un moto di orgoglio e inizieranno [a muso duro] a camminare e disporre del proprio territorio da soli?
Forse… quando spariranno gli effetti narcotizzanti degli aiuti, dei sussidi e della cassa integrazione; così da porre termine a questa [eterna] pantomima.
Nel frattempo guardiamoci le anteprime, e visto che anche il Presidente Napolitano si vuole ritagliare una parte, magari come miglior “attore non protagonista”.
Attendiamo arrivi importanti, colpi di scena, ma non aspettiamoci SOLUZIONI VERE, quelle purtroppo, NON ARRIVERANNO MAI.
Roberto Seri
"Attendiamo arrivi importanti, colpi di scena, ma non aspettiamoci SOLUZIONI VERE, quelle purtroppo, NON ARRIVERANNO MAI."Signor Seri,come aveva previsto,anche questa volta gli operai sardi sono stati fregati.Parole,parole,promesse e poi il niente.
RispondiEliminaDurante la Grande Guerra si usava dire: [Niente di nuovo dal fronte occidentale] che drammaticamente conferma il passato e il presente dell'isola; spero, almeno per il futuro, un'aggregazione con l'obbiettivo di raggiungere l'indipendenza, da scongiurare misfatti di tale portata.
RispondiEliminaMa, per quello dobbiamo ancora lavorare molto nella testa dei sardi.
Saluti Roberto
http://operazionesardegna.wordpress.com/