di Vittorio Sella
Ci
sono pregiudizi duri a morire nel circuito della informazione che si
occupa di banditi e banditismi. Spesso si cade nell'errore di
abbinare il giudizio negativo sul racconto delle imprese del
fuorilegge al paese in cui è nato il bandito. In questo modo viene
coinvolta l'intera comunità condannata a subire un'ondata di
luoghi comuni in chiave spregiativa. Ma c'è anche chi si spinge più
a fondo, va oltre l'aspetto del vivere sociale della
collettività-paese ed equipara l'assetto urbanistico de centro
abitato alla forma dell'arma usata dal bandito al centro delle
cronache.
Nel
recente passato un paese del nuorese, martoriato da una criminosità
elevata, è stato equiparato alla forma di una pistola. Qualche
giorno fa ad un paese dell'Ogliastra è toccato scoprire che
l'assetto urbanistico del proprio centro abitato assomiglia
alla forma del fucile. Poche righe leggibili all'interno di un ampio
reportage pubblicato a cura di Attilio Bolzoni nell'inserto La
Domenica di Repubblica con il commento dello scrittore sardo
Marcello Fois. Al centro dell'ampio servizio giornalistico ci sono le
vicende di Attilio Cubeddu, definito l'ultimo bandito.
Fatti
di cronaca nera che i quotidiani sardi hanno più volte messo
in risalto. Ma in questa occasione ciò che colpisce è
l'aggettivazione che Attilio Bolzoni seleziona per
offrire al lettore domenicale un quadro della comunità di Arzana,
paese dove Attilio Cubeddu è nato. Ogni aggettivo è un
giudizio senza appello in attesa dell'uscita di scena dell'ultimo
bandito di Arzana “paese con il destino segnato” e “con il
marchio ignobile”. L'affondo è leggibile qualche riga prima,
quando è descritta la forma urbanistica di Arzana, simile “alla
forma di un fucile” secondo le parole che Attilio Bolzoni
scrive di aver “raccolto da un amico sardo”.
E
cosi le ha riportate senza quello spirito critico che negli anni '60
e '70 del secolo scorso animava la schiera degli inviati speciali che
si precipitavano in Sardegna per narrare vicende di banditismo, di
sequestri di persone, di sottosviluppo e ansie di rinascita. Gli
inviati di quella generazione, prima di scrivere, bussavano alle
porte degli storici, degli antropologi, dei giuristi e dei grandi
avvocati. In molti vi era la voglia di capire, di andare oltre
le misure repressive, ad eccezione di qualcuno, speciale al
contrario, favorevole alla soluzione finale come mi era capitato
di leggere in un settimanale di vasta diffusione.
Parole
che avevano l'effetto di contribuire a far salire la febbre alta nel
corpo in sofferenza della società sarda. Da giovane studente liceale
ne soffrivo perché avvertivo l'assenza di orizzonti e di futuro. Ora
che so i confini tra i fatti delle cronaca e le opinioni non riesco a
giustificare quella sequenza di aggettivi sulla popolazione arzanese.
Che trovo sotto processo in attesa di appello.
Signor Stella,la ringrazio di questo articolo perchè domenica scorsa,ho scritto,come sempre,in maniera non appropriata un commento su Cubeddu(articolo su Repubblica) e volevo sapere il giudizio degli amici del blog sulla mia simpatia istintiva per Cubeddu e su Stocchino.Nessuno mi ha risposto.Se ne ha voglia,mi può dare un parere lei su questi banditi"balenti"Il commento l'avevo scritto nell'articolo di ZFP sul pallone.La ringraio,in anticipo.
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