L’altro
giorno, il paese in cui sono nato ha sepolto il suo diciassettesimo
morto ammazzato negli ultimi cinque lustri. Giommaria Serra, pastore,
è stato assassinato nel suo ovile, nelle campagne di Irgoli. Di
quattordici di questi omicidi non si ha sentore né di responsabili
né di indiziati. Per un duplice omicidio, quello di due fidanzati di
Irgoli, è stato condannato all’ergastolo un giovane della vicina
Orosei. E qui, in questi giorni una bomba ha “avvertito” un altro
giovane che – secondo i media, ma pare non ci siano tracce nei
verbali degli inquirenti – avrebbe favorito il riconoscimento
dell’assassino, ancora presunto, visto che è stato condannato in
primo grado.
In
questa catena di crimini, pare abbia ripreso la parola il codice
della vendetta, il cosiddetto codice barbaricino, al cui riuso
evidentemente hanno dato una mano l’inefficienza di polizia e
carabinieri, l'eclissi della comunità e l’abbattersi sulla
pastorizia di una crisi forse senza precedenti, moltiplicata dal
menefreghismo della politica. La “menzogna vitale”, vitale per
potere s’intende, secondo cui i modelli della modernità avevano
sconfitto il diritto consuetudinario, è supportata da una neo-lingua
mediatica densa di parole e di concetti travisati. La “balentia”
è definita un disvalore; la “omertà” – concetto estraneo al
codice della vendetta – è il paravento dietro cui nascondere
l’inefficacia delle forze dell’ordine e l'incapacità di
comprendere; la “disamistade” è trasformata in faida,
sovrapponendole cioè un istituto giuridico di origine germanica. Una
neo-lingua orwelliana, usata non solo dal potere per rafforzare con
il travisamento il suo dominio sulla società, ma anche da una parte
della intellettualità sarda vuoi per marcare la sua distanza da una
società che l’ha prodotta e che non capisce, vuoi per sottrarsi
all’obbligo di interessarsi ai fenomeni sociali e culturale
endogeni: esistono comodi schemi preconfezionati, perché non
servirsene?
Quasi
che l'ovvia condanna della violenza come mezzo per dirimere i
conflitti, esimesse dall'indagarne le cause. Celebrando la messa
davanti alla bara dell'ucciso, il vescovo di Nuoro ha pronunciato
parole di alto profilo e, come doveva fare, invitato al perdono
familiari e amici di Serra. Come non condividere l'appello? Del resto
solo veri balentes, quelli che saprebbero come e quando esercitare
la vendetta, hanno la forza di poter perdonare persino una offesa
così grande, senza passare per titules. Il dramma è che la società
dei balentes – tutt'altro che lineare e senza pesantissime
contraddizioni, ma pur sempre riconosciuta – è stata trasformata
in società di malfattori senza regole, in cui persino la vendetta
non ha più gradualità e proporzionalità, ma è un cieco esercizio
della violenza.
L'illusione
di combatterla attraverso la delazione, la fine della cosiddetta
omertà, è appunto tale: una illusione. Tant'è che, nel mio paese,
14 su 17 assassini sono ancora liberi, ammesso che i condannati siano
poi anche colpevoli. Così come illusoria è la speranza che il
codice della vendetta abbia lasciato il posto al codice penale
italiano, tanto più quando i soggetti dei gruppi in disamistade si
rendono conto che offesi e offensori (a volte nell'una parte, a volte
nell'altra) non hanno giustizia.
Lunedì e martedì
ad Austis ci sarà un convegno cui è stato dato il titolo
Antropologia della vendetta e
che ispirato ad Antonio Pigliaru, filosofo del diritto sardo che nel
1959 pubblicò la sua famosa ricerca dal titolo La
vendetta barbaricina come ordinamento giuridico.
A parte le relazioni di esperti di filosofia del diritto e di
antropologia del diritto, ci sarà il resoconto di una ricerca
condotta da un gruppo di studiosi locali sull’attuale percezione
dell’offesa e dell’obbligo della vendetta nelle comunità di
Austis e di Sedilo. Chi ha promosso il convegno, la Pro Loco e il
Comune di Austis e ELSA Cagliari (European
Law Students Association),
ha avuto una idea che può apparire anacronistica solo a chi ha ormai
perso ogni passione per la realtà della Sardegna. C'è solo da
augurarsi che alla oggettività della ricerca non si sovrapponga la
condanna ideologica dell'arcaismo. Una griglia utilizzata, e molto,
dai poltroni.
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