Quale che sia il giudizio sui dieci
referendum di ieri (e il mio è negativo), non c'è dubbio che il
risultato suona come avvertimento ai partiti e alla politica. Meno
severo di quanto i promotori si auguravano, e i critici temessero
dato il clima di anti-politica che da tempo si respira anche in
Sardegna, ma certamente serio. A che cosa miri l'avvertimento è
chiaro, quali risvolti abbia, invece, non solo non è chiaro ma è
anzi molto oscuro. Tanto per dirne una: che cosa comporterà
l'abrogazione della legge sarda che stabiliva all'80% di quelli dei
parlamentari sardi gli emolumenti dei deputati regionali? Dovranno
operare gratuitamente, come paventa Vito Biolchini, o si apre la strada al fatto che i nostri
consiglieri equipareranno i loro agli stipendi dei deputati al
Parlamento italiano?
E ancora: i consigli provinciali di
Cagliari, Sassari e Nuoro dovranno farsi carico di amministrare anche
le province, rispettivamente, del Sulcis-Iglesiente e del Medio
Campidano, della Gallura e dell'Ogliastra e provvedere al pagamento
dei loro dipendenti. Con quali risorse? Per starci con le spese,
dovranno licenziarli tutti o in parte? Ho pochi dubbi, al momento,
che qualcosa sarà inventato per rimediare ai danni che
nell'immediato questi risultati provocheranno ai cittadini delle
province abolite, ai creditori di quelle amministrazioni che dal
momento dello scioglimento non avranno bilancio, ai dipendenti. Gli
apprendisti stregoni (naturalmente parlo dei promotori, non degli
elettori) hanno in mente come risolvere questi problemi?
C'è, però, una questione ancora più
di fondo che ha a che vedere con i principi della democrazia, anche
se mi pare esagerato il grido di allarme gettato stamattina da
Marcello Madau nel sito Democrazia
oggi. Si può legittimamente pensare, che so?, che gli elettori
di Olbia decidano con il loro voto di mandare a casa il Consiglio
comunale di Bitti, infischiandosene della volontà degli elettori
bittesi? No, evidentemente. Eppure è successa una cosa del genere. I
cittadini galluresi, quelli del Sulcis-Iglesiente e dell'Ogliastra
hanno deciso ieri che a loro le rispettive province vanno bene, le
vogliono e, per questo, hanno bocciato il referendum. Nelle tre
province regionali, infatti, il quorum del 33,3% non è stato
raggiunto.
Cosa diversa è capitata nella quarta
delle province regionali, quella del Medio Campidano che, del resto,
è la meno appesa a ragioni identitarie. Si sentirà dire a qualcuno
che è gallurese, ogliastrino, sulcitano o iglesiente, mai che è
medio-campidanese. Qui il 42 per cento degli elettori ha accolto con
favore il referendum e la stragrande maggioranza di essi ha votato
per lo scioglimento di una provincia non sentita. Il resto dei sardi
non ha inciso considerevolmente su questa decisione, si è limitato a
rafforzarla. Ha invece deciso non solo al posto dei galluresi e dei
cittadini delle altre due province, ma ha imposto loro una volontà
contraria alla propria. Alla barba di qualsiasi principio di
autodecisione.
Scusa Gianfranco, ma che significa dire che alcuni hanno deciso al posto di altri (come per la Gallura)? Se i cittadini fossero stati tutti contrari avrebbero dato una partecipazione maggiore al quorum e avrebbero votato no. Non è corretto attribuire all'astensionismo la sola dimensione politica del no.
RispondiEliminaAltrimenti nei referendum sulla scheda esisterebbe solo il SI, per il no farebbe testo l'astensione o il rifiuto della scheda.
Se poi fossero stati tutti realmente contrari, come afferma anche la tesi di Madau, allora offro un'altra tesi: non sono vittime di un'assenza di democrazia, al contrario, sono vittime per non averla esercitata quando ne hanno avuto l'opportunità. Troppo comodo prima del voto dire "ma tanto non cambia nulla" e poi lamentarsi se terzi decidono al loro posto.
Credo che i veri danni siano quelli determinati dalla scarsa cultura democratica di quanti spargono disfattismo a prescindere invitando a disertare le urne.
Mi aspettavo reazioni simili: ma dov'erano il 6 maggio? Al mare? Non credo, pioveva.
Adriano Bomboi
Stesse in me, i referendum dovrebbero avere validità quanti che siano i votanti. Ma non è così e il fatto che sia stabilito un quorum da raggiungere significa che tre possono essere i risultati: la vittoria del sì, quella del no e la bocciatura del referendum stesso. Tre sono dunque i soggetti: i fautori del sì, del no e del rifiuto.
RispondiEliminaMi dirai che non tutti quelli che si astengono sono coscienti del rifiuto ed è vero, ma altrettanto vero è che neppure i votanti sì o no sono tutti coscienti e informati. Conosco chi si è reso conto ieri sera, a risultati conosciuti, di aver mal compreso. Conviene, insomma, prendere per buoni i risultati per quel che sono: il quorum non si è raggiunto - e il referendum dunque bocciato - in tre su quattro "nuove" province. Questo è quanto è successo, caro Adriano; e nesuno può certificare che gli astensionisti fossero tutti dei menefreghisti: ci sarà pure uno su dieci che ha deciso di non votare per esprimere la sua volontà di far fallire i referendum.
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RispondiEliminaLo so, ma questo non cambia le valutazioni sul ruolo democratico di un referendum. Il quorum esiste anche per limitare il problema dell'astensionismo. Sono rari i referendum da 50%, eccetto casi d conclamato timore pubblico come poteva essere quello sul nucleare.
RispondiEliminaChi non ha votato non ha esercitato un diritto, ne ha esercitato un'altro: quello di starsene seduto delegando terzi in sua vece.
A quanto pare non gli è andata bene.
Adriano Bomboi
Quel che è stato è stato, adesso l'olbiese,l'ogliastrino, il sulcitano si attivino per l'abolizione delle province "storiche" per sostituirle con enti meno spreconi.
RispondiEliminaCi si attivi pure per spostare la sede amministrativa dell'isola da Cagliari a Oristano.
RispondiEliminaBen detto Atzori! E' la prima volta nella storia che la città metroplitanae e capitale conclamata di una Nazione non assurge al ruolo di capitale amministrativa o altro. Il fatto è che Oristano paga il delitto 'catalano' d'essere stata la capitale della ribellione. Dell'essere la città simbolo dell'Indipendenza! Da quando lo vado dicendo! Sembra essere un'utopia e invece si tratta di una legittima,possibile, coerente, riparazione storica.
RispondiEliminaCome non essere d'accordo con Piero?
RispondiEliminaEcco un bell'argomento di referendum popolare. Ma chi sa perché?, temo che sarà inutile aspettarsene la promozione da parte di chi ha una curiosa idea dell'autodecisione
Mi sembra proprio giunto il momento allora per proporre il referendum consultivo: sei o no favorevole a spostare da Cagliari a Oristano il capoluogo di regione? Personalmente mi c'impegnerei volentieri. Converrebbe associare anche altri referendum per disegnare una Sardegna a nostro genio.
RispondiEliminada referendum a referendum. vi ricordate quando Balletto e soci raccolsero le firme per eliminare le nuove 4 provincie? non successe niente! perché oggi invece si? perchè il contesto della crisi e la campagna mediatica delle tv e dei giornali hanno fatto la differenza; la mala informazione, la cattiva coscienza di qualche partito a fatto il resto.- sarebbe interessante sapere se ex-consiglieri regionali dei riformatori hanno rinunciato al vitalizio, oppure ne cumulano 2 o anche 3. concordo con g.franco, bisognava "localizzare" i referendum. non vorrei che un giorno da venire l'indipendenza della sardegna fosse decisa anche dai continentali!! salude
RispondiEliminaNon credo sia possibile immaginare un referendum localizzato: nel caso delle province ve l'immaginate se solo una avesse votato si e tutte le altre no?
RispondiEliminaAdriano Bomboi