Una buona cosa, anzi un'ottima cosa per
un paio di notevoli ragioni, il voto espresso ieri dal Consiglio
regionale, Parlamento sardo come a volte gli capita di essere. Ha
approvato questo ordine del giorno, stilato da Paolo Maninchedda e
firmato da deputati del suo partito, il Psd'az e da altri di Sinistra
e Libertà, Italia dei valori, Udc, Fli, Api:
“Il Consiglio regionale:
Preso atto delle ripetute violazioni
dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione da parte del
Governo e dello Stato italiano nei confronti della Regione Sardegna,
delibera di avviare una sessione speciale di lavori, aperta ai
rappresentanti della sociatà sarda, per la verifica dei rapporti di
lealtà istituzionale, sociale e civile con lo Stato, che dovrebbero
essere a fondamento della presenza e della permanenza della Regione
Sardegna nella Repubblica italiana”.
Perché, dunque, un'ottima cosa?
Intanto perché in questo clima di mielosa retorica unitarista non è
consueto che gli eletti dal popolo sardo si pongano una domanda
nient'affatto banale: “Vale ancora la pena di restare all'interno
della Repubblica italiana?”. In secondo luogo perché a porsi la
questione non è uno schieramento opposto ad un altro: destra e
sinistra si sono decomposte. Favorevoli all'ordine del giorno, oltre
ai proponenti, i deputati del Popolo della libertà eccetto due di
loro; contrari tutto il Pd, il consigliere del Pcd'I, tutti i
Riformatori sardi, due membri del Pdl.
Insomma 31 hanno
pensato bene di prendere l'impegno di interrogarsi sulla opportunità
che la Regione sarda (Regione sarda, non Regione Sardegna come è
invalsa la depravazione di dire, quasi che si dicesse Repubblica
Italia) continui ad essere parte della Repubblica. 25 hanno detto di
no e 24 hanno disertato il voto, alcuni immagino per buone ragioni,
gran parte perché il distributore automatico di coraggio era fuori
uso. Sarebbe da ingenui pensare che, come paventa un quotidiano, il
Consiglio regionale si è svegliato indipendentista: fra i favorevoli
all'ordine del giorno c'è un rassicurante giuramento di fedeltà
all'unità della Repubblica e alla Costituzione.
La cosa importante
era porsi la questione e non era dato per assodato che si fosse preso
l'impegno di discuterne pubblicamente. Contro lo stesso dibattito si
sono pronunciati nel centrodestra i Riformatori e due consiglieri
Pdl, nel centrosinistra il Pd, all'estrema sinistra il Pcd'I. Mentre
scrivo, ancora l'Ufficio stampa del Consiglio non ha reso noto il
verbale della discussione di ieri e non si può dunque capire quali
siano le motivazioni dei 25 deputati contrari a che presto nella
massima assise sarda si dia una risposta alla domanda alla fine
approvata. Ma da quel che qua e là si orecchia, i motivi non
sembrano essere di buona lega: una vendetta interna al centrodestra
da un lato e dall'altro il manicheismo di chi giura che l'avversario
fa solo cose disdicevoli.
L'ordine del giorno
era firmato: Sanna, Dessì, Maninchedda, Planetta, Uras, Sechi,
Cocco, Cugusi, Steri, Salis.
Effettivamente l'approvazione dell'ordine del giorno costituisce una grossa novità di cui è lecito andare fieri. D'altronde le condizioni e le prospettive della Sardegna sono di tale gravità che non si può rinviare ulteriormente un impegno forte che, esaurite tutte le piagnucolose petizioni come pedidores,non può che riguardare giocoforza il confronto, anche duro, con lo Stato italiano. Fa piacere sopratutto vedere politici di posizioni ideologiche diverse, concordare su tale impegno,perchè a ciò non siamo abituati.
RispondiEliminaTuttavia non c'è da farsi troppe illusioni. Infatti:
a) sono contrari tutti quelli del PD e i Riformatori;
b) sui 24 "disertori" non cè da fare affidamento;
c) ci sarebbe da chiedersi quanti dei favorevoli sono effettivamente convinti di portare fino in fondo il confronto, anche arrivando al punto di rottura (dichiarazione di indipendenza); o se qualcuno non intenda semplicemente "cavalcare" un sentimento diffuso per poter più agevolmente "arrivare", raggiungere propri obiettivi.
Per contro ritengo ci sia la fondata speranza che una parte dei contrari abbia soltanto rinviato una approvazione successiva, proponendosi per il momento di capire meglio i progetti degli altri.
Ma come si fa a capire chi è veramente sincero, chi è mosso più dalla volontà di SERVIZIO che dalla esclusiva ambizione personale? Basterà chiamarsi indipendentista, o sardista, o altro?
Avrei gradito sicuramente che ai politici (consiglieri, partiti) fossero strettamente affiancati tanti intellettuali, magari di quelli LIBERI, da ideologie e da prevalenti interessi personali. Perchè di questi intellettuali, ad essercene, ce n'è, e anche tanti. Ma riusciranno mai anch'essi, come i politici, a mettersi insieme, e sopratutto a divulgare e coinvolgere?