La
notizia ufficiale è: “Il
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro degli affari esteri
e del Ministro per gli affari regionali, ha ratificato la Carta
europea delle lingue regionali o minoritarie. La ratifica va
considerata come un recepimento formale dei contenuti della Carta,
dal momento che l’Italia è intervenuta con una legge in materia
già nel 1999”
(Comunicato
del Consiglio dei ministri). Su questa bella notizia, attesa dai
più ottimisti dal 1992 quando fu redatta la Carta
europea e dai più fin dal 2000 quando l'Italia la firmò, si è
inaugurata in Sardegna la sagra della approssimazione mediatica e del
tartufismo politico.
Quotidiani
e Tv straparlano del fatto che il governo Monti ha autorizzato
l'insegnamento del sardo a scuola. Per tutti, un titolo: “Nelle
scuole italiane sarà possibile insegnare anche il sardo”.
Per carità di casta non insisto sul fatto che l'ignoranza non solo
non è una scusante, ma non è mai buona premessa per scrivere. La
possibilità legale di insegnare il sardo a scuola deriva dalla legge
dello Stato n. 482 del 1999, non dalla Carta europea che, semmai,
rafforza i diritti delle lingue di minoranza. Quei diritti, sia detto
per inciso, che proprio i media quotidianamente calpestano.
Esulta il segretario del Partito sardo, Colli, al quale credo vada
riconosciuto il merito di aver riesumato all'attenzione del suo
partito la questione della lingua a lungo sepolta da un'ondata di
economicismo. Ed esultano l'assessore regionale della Cultura Milia e
il presidente della Regione Cappellacci, con l'aria di dirci: Adesso
che il Governo italiano ha ratificato la Carta, vedrete che cosa
saremo capaci di fare. In realtà, come lo stesso Monti suggerisce
con quel “recepimento formale”, non c'è alcun potere in più per
la Regione rispetto a quelli che già aveva avuto con la legge 482.
L'insegnamento del sardo a scuola era già possibile con quella legge
dello Stato, come ricorda l'appello lanciato dal Comune
di Sardara.
Però faremo finta di credere che la insufficiente iniziativa della
Regione in merito di insegnamento del sardo a scuola (insufficiente,
non assente, va sottolineato), derivasse dalla mancata ratifica della
Carta europea. Oggi questa ratifica pare ci sia (dico pare, perché
non so se basterà la decisione del Governo o ci vorrà quella del
Parlamento). Vedremo se il finanziamento regionale della lingua sarda
e delle altre lingue proprie della Sardegna sarà adeguato o se
continuerà a rappresentare la ridicola percentuale di sempre, alla
faccia della considerazione – questa sì importante – fatta dalla
Regione secondo cui la lingua è motore di economia. Comunque sia,
l'atto compiuto ieri dal Consiglio dei ministri è importante e
conforta quanti da decenni si battono per il sardo e per il
gallurese, il sassarese, l'algherese, il tabarchino. Speriamo, come
suggerisce Roberto
Bolognesi nel suo blog, che non perdiamo la grande occasione
inseguendo la nostra passione per la divisione.
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