Tempio del nuraghe di Sirilò |
Un articolo di Maria Ausilia Fadda su “Archeologia viva” ha solleticato la curiosità di un giornalista della Adnkronos e, a catena, quella di frequentatori di Facebook. La soprintendente – secondo l'agenzia di stampa – ha sfatato il “mito” della impenetrabilità della Barbagia alle armate romane. Alcuni dei commentatori su Facebook, come si può leggere da qui, si sono inquietati, a buona ragione dicendo che la dottoressa Fadda, scoperta l'acqua calda la fa passare per acqua pesante.
Non ho ancora letto le dieci pagine faddiane su “Archeologia viva”, ma dal riassunto – debbo supporre fedele – della Adnkronos, si ricava che l'irritazione degli amici di Fb è più che fondata. È un testo di poche righe, che già dal titolo fa capire dove va a parare: “Archeologia: i Romani arrivarono in Barbagia, scavi riscrivono storia della Sardegna”.
Vi si dice che “i Romani riuscirono a penetrare nel cuore della Barbagia, piu' precisamente nell'insospettabile Supramonte di Orgosolo, dove nuove scoperte costringono a riscrivere un importante pezzo di storia. In localita' Sirilo', un immenso altopiano calcareo a oltre mille metri di altitudine, ore di cammino a piedi ancora oggi per raggiungere il centro di Orgosolo...”. Sirilò non ha niente a che spartire col Supramonte e per arrivarci dal paese non ci vogliono affatto ore di cammino. Al più ci vorrebbe un'ora. Maria Ausilia Fadda conosce benissimo il sito nuragico di Sirilò, visto che l'ha scavato negli anni scorsi.
Resisto alla maligna tentazione di dubitare che sia lei a parlare di Supramonte e di ore di cammino pur di rafforzare la tesi secondo la quale non ci furono enclave di resistenza neppure nelle cime del Gennargentu. Che i romani avessero una mansio a Sorabile, un chilometro circa da Fonni e che frequentassero l'emporio di Santo Efisio vicino ad Orune è cosa nota. Ed è anche noto che alcuni colleghi della signora Fadda hanno investito e investono intelligenza e risorse non tanto per studiare quel lontano passato quanto per “sfatare il mito della impenetrabilità della Barbagia”. C'è, in questo sforzo, una sorta di revanscismo speculare a quello di sardi che favoleggiano di villaggi inespugnabili come quelli dei galli Asterix e Obelix. In ciò credendo alle cose che dei barbaricini hanno scritto archeologi del passato e studiosi come M. L. Wagner. Operazione idologica quest'ultima, operazione ideologica quella dei “distruttori di miti”.
La faccenda, spogliata di opposti revanscismi, è tutto sommato molto semplice: la Barbagia – a dire dei romani – fu la terra non romanizzata e nel momento stesso in cui fu romanizzata smise di essere Barbagia. O no? Ricordo di aver sentito alla radio italiana, moltissimi anni fa, quando la Sardegna era in preda a una catena di sequestri di persona, un cronista dire “qui a Bonorva, nel cuore della Barbagia”. Una idiozia, va da sé. Ma da il senso di come per alcuni la Barbagia sia una categoria dello spirito e non una zona, per di più non ben definita.
beh, o ZF, b'at puru su ki apo scritu deo a subra de sa "costante resistenziale". E nemos m'at mai torradu sceda....
RispondiEliminaRobe',
RispondiEliminapro chi lu legant sos àteros puru, mi' s'artìculu tuo.
http://bolognesu.wordpress.com/2012/01/04/scavi-archelogici-riscrivono-la-mitologia-della-sardegna/
Mengius a ponner custu deretu:
RispondiEliminahttp://www.sotziulimbasarda.net/santugaine2008/brabaxia.htm
Avranno trovato di sicuro iscrizioni in protoromanaico. Quale altro motivo ci sarebbe per riscrivere la storia sennò?
RispondiEliminaBuon anno collega e ben trovato
Quasi nessun sardo sa con precisione quante siano le Barbagie geografiche reali. Alcuni sardi, poi, mostrano di credere - ancora oggi - al mito dell'impenetrabilità delle Barbagie. Quindi, ci si metta l'animo in pace una volta per tutte: fin tanto che ci sarà chi crede alla favola di Babbo Natale, ci sarà qualcun altro che sentirà il bisogno di scrivere che Babbo Natale non esiste.
RispondiEliminaE' semplice, in fondo: se non si vuole che qualcuno risponda con amenità già note, si deve assolutamente smettere di sostenere fesserie.
Premetto che sono barbaricino e che non ho mai preso sul serio il mito della impenetrabilità della Barbagia ai Romani, né agli altri dominatori di turno. Dopo aver dato uno sguardo all'articolo della Fadda, anzichè rafforzare le mie convinzioni, mi viene in mente che in fondo il mito sia reale. Dall'articolo, infatti, non si riesce a capire quale grande scoperta abbia incrinato questo mito. In estrema sintesi, la Fadda ci dice che Taramelli in località Urulù trovò un pentolino e una brocca in bronzo con una faccia da Sileno barbuto, chiaramente romani. Riporta poi di una tomba di giganti "riciclata" nel II sec. d.c. in cui l'inumato aveva una ceramica sigillata. Infine negli scavi ultimi a Sirilò, accanto ad una copiosa mole di oggetti nuragici, sarebero state trovate monete romane, oltre che puniche. Spero di non aver dimenticato nulla. Ebbene, tutto questo per dire che crolla il mito dell'impenetrabilità della Barbagia ai Romani. L'idea, ad esempio, che questi pochi oggetti, possano essere frutto di commercio o di qualche razzia, manco la sfiora, ma la di là di questo, bastano questi dati per trarre simili conclusioni? L'articolo della Fadda contiene altre amenità sulle quali è meglio sorvolare (ne dico una: gli Iliesi sarebbero "greci" in fuga da Troia!).
RispondiEliminaSi dovrebbe smettere di trarre conclusioni sulla base della cultura materiale. Ho letto da poco che siccome nella necropoli di Sulci sono state trovate ceramiche nuragiche e fenicie nella stessa tomba, se ne deve dedurre che i defunti appartenevano a famiglie miste! Mi cascano le braccia. Della serie: dimmi che ceramica hai e ti dirò chi sei. Io ho in casa il televisore giapponese e il forno a micro-onde tedesco, vuoi vedere che.....
E pensare che io davo per scontata per il toponimo "barbara idda" nell'agro del mio paese, con il nuraghe in situ, la derivazione dal nuragico scritto "bar bar'a yh". Invece scopro che la realtà scientifica e ciò che veramente importa, e giustamente,
RispondiEliminaper gli addetti ai lavori in sardegna, è ben altro: l'intensità della penetrazione romana nei vari distretti, in specie in barbagia, e soprattutto su base archeologica e cun su "chiliru".
E così anche quelli che volessero interessarsi di sardo-italide prelatino si daranno una calmata.
Ps
Per i non sardi : chiliru=setaccio
Il punto le è sfuggito, mia cara: tra l'altro, l'intervento di Maimone rinforza la mia tesi, quasi immediatamente. Inoltre, è evidente che non difendo affatto l'indifendibile innominata infausta, mai e per motivi noti (né la nomino, per metodo, non si sa mai!).
RispondiEliminaE - comunque - chi lo sa quante e quali sono le barbagie?
Mi limito a riportare il commento espresso IL 4/1/2012, 16:01 nel forum dei Popoli del Mare rispetto a questa FENOMENALE NOTIZIA:
RispondiElimina--
""ALL'ARCHEOBUONA NON BASTANO GLI SCONCI che sta provocando nello smontare altari e templi shardana DELLA BARBAGIA.. Ora si inventa, con la complicità della RIVISTA più ARCHEOBUONICA D'ITALIA, questa favoletta della DOMINAZIONE ROMANA DELLA BRABAGIA..
MA CI FACCIA IL PIACERE!
-
I romani in Barbagia ci passarono e NON NE USCIRONO.. Vedi "Shardana i Popoli del Mare" la fine delle DUE LEGIONI che si avventurarono al comando dei consoli Publicio Malleolo e M. Emilio, LASCIANDOCI i CARRIAGI E LE PENNE...
Certo, la LATINITà e la romanità arrivarono anche da quelle parti.. ma con l'arrivo della CHIESA DI ROMA e la conversione di OSPITONE che fece battezzare il suo popolo.
niente di più.. E Le legioni erano ormai in rotta da un pezzo!
MA CI FACCIA IL PIACERE! ""
Leonardo
la Sardegna ai Neanderthaliani! Cacciamo l'Homo Sapiens dalla nostra isola: è un'intruso!
RispondiEliminaEja, est berus: bos so leende peri su culu!
L'autocitazione è una pratica di autoerotismo?
RispondiEliminaChi ha la prova scientifica che il Neanderthalensis arrivò mai in Sardegna?
Quante sono le Barbagie?
http://bolognesu.wordpress.com/2012/01/07/povero-il-popolo-che-ha-bisogno-di-eroi/
RispondiEliminaDove sono i nostri Asterix e Obelix?
RispondiEliminaTutti i popoli hanno bisogno di miti.
Degli eroi quelli veri, se ne farebbe francamente a meno ma, talvolta, anch'essi sono necessari.
A noi sardi poi cosa rimane?
...parcere subiectis et debellare superbos...
parola di mi(s)tificatore.
Valerio Saderi
"dimmi che ceramica hai e ti dirò chi sei. Io ho in casa il televisore giapponese e il forno a micro-onde tedesco, vuoi vedere che....."
RispondiEliminaCiò che sostiene,in modo ironico, il signor Maimone
e ciò che puntualizza il signor Shardanaleo,penso siano le più giuste.Dubito anche io che i romani siano riusciti ad invadere la Barbagia.So pefettamente che ci sono tanti esperti ma non credo che la signora Fadda sia il verbo.
Credo che la costante resistenziale di cui parla Lilliu sia prima di tutto un fatto storico con tanto di documenti scritti che lo confermano. La sconfitta di Malco e le guerre sardo-puniche sono documentate da storici antichi come M.G.Giustino. Le ribellioni dei Sardi nuragici contro i Romani sono anch'esse documentate da molteplici storici romani. Anche la figura di Ospitone in epoca Bizantina è attestata da documenti scritti e le guerre degli Arborensi in epoca giudicale non sono messe in discussione da nessuno. Anche in epoca spagnola ci fu resistenza e Leonardo de Alagon non è una leggenda come non lo è l'assassinio del vicerè Camarassa da parte dei nobili Sardi. Per cui non vedo proprio come si possa negare il dato storico della costante resistenziale sarda in ogni epoca: chi lo fa nega l'evidenza storica.
RispondiEliminaSaluti, Gavinu M.
Ho la vaga sensazione che le competenze della signora Fadda siano quelle di cui parla,ironicamente,il signor Maimone ;forse sarebbe stato meglio se avesse letto i libri di cui parla il signor Gavinu.Quanti errori si eviterebbero se le persone, che hanno incarichi importanti,approffondissero con studi e con modestia la storia dei sardi nuragici.
RispondiEliminaA me è sembrato, ma posso sbagliarmi perché mi capita spesso, che Lilliu parlasse di "costante resistenziale sarda" come di una caratteristica dell'animo dei sardi, di una categoria dello spirito dove quel "resistenziale" non ha nulla a che vedere con la "Resistenza" armata ed eroica del 1943/45.
RispondiEliminaUn po' come la "forza de su connotu", che non è un bene di per sé, e neppure un male.
A me pare, per dirla con la fisica, come una grossa forza inerziale, che fa sì che un corpo tardi a prendere l'abbrivio ma è difficile anche da fermare o di sviare in altra direzione.
Ma qui ci stiamo divertendo ad andare ciascuno per proprio conto. Allora chi mi tiene a bada?
C'è un Bolognesi che parla di Neanderthaliani e c'è chi lo prende sul serio, come me, ma faccio le corna perché suppongo che non usino l'euro come moneta di scambio, ma siano fermi al baratto. E ciò preoccupa me, Monti e la Merkel: diceva infatti mia nonna che su barattu malu, carestia missit!.
Non gli bastava questo a Roberto, che si mette come dirimpettaio di Gesù, sole che al posto delle beatitudini, scrive delle poveritudini: povero il popolo che ha bisogno di eroi!
Ma non potevi scrivere un "Beato quel popolo che ha bisogno di eros"?
Almeno affrancavi l'autoerotismo delle autocitazioni e un sacco di altre seghe mentali con cui ci stiamo macchiando la fedina culturale.
I Re Magi hanno viaggiato a vuoto questa volta, non ci hanno portato nulla: non c'è traccia dei loro doni in voi, che si tratti di oro, d'incenso o di mirra.
Siamo poveri e lasciati, e non ci resta che autoincensarci a modo nostro.
Con qualche mito, appunto.
E senza badare che il fumo dei nostri miti fa incaponire molti.
E chi se ne frega?
Caponi erano e caponi restano. E non vedo nessun Pier fra di loro che faccia il campanaro.
Senza contare che verrà il loro giorno.
O Francu, a pipiu piticu non ddu sciemu ca femu "pobiru". Femu totus "pobirus" e "arricus" a sa propriu manera. Sceti candu seu arribbau a sa media, e femu setziu acanta de fillus de dotoris e de butegheris, apu cumprendiu ca su de essi pobiru bolíat nai a essi prus pobiru de un'atru. A mannu apu cumprendiu ca su de essi pobiru no arricu--candu nci tenis bastanti cosa de papai (e de bisai) est cosa chi detidis torra a solu. Afanculu a is fillus de is dotoris!
RispondiEliminaCustu bolemu nai: "gli eroi son tutti giovani e belli" e est bellu meda a essi un'eroi o a ddu biri, ma est malu meda a ndi tenni abbisongiu, ca bolit nai ca ti serbit calincunu giovunu chi si morgiat po nosu becius. Comenti e Muzio Scevola. Orazio Coclite, Coriolano e totu is erois fascistas chi s'ant prenniu sa conca candu femu pipius. Nois teneus abbisongiu de genti normali: "Ma la cosa eccezionale, è essere normale!" (Lucio Dalla)
Non mi nd'importat una cibudda de is chi ant fatu is nuraxis--tui ndi connoscis unu?--ma mi ndi importat meda de torrai, una di ni-mancu aici atesu--a una terra normali, tzivili, NORMALI!
Non ddas aguantu prus custas "fughe in avanti, fughe all'indietro, fughe a destra, fughe a sinistra"!
Su chi contat est su chi seus oi, immoi, oi-in-di!
E’ giusto che ciascuno esprima la propria opinione. Ma per l’intanto, Giustino non era uno storico, ma un epitomatore, per di più di un solo testo (che certo trattava di storia), se pure composto da XLIV libri. In secondo luogo mi piace affermare d’essere perfettamente d’accordo sulla inconsistenza della qui citata teoria del Lilliu, perché mancante di una attenta analisi storica. Lo stesso, infatti, essendo un archeologo, non ha mai studiato la storia dei Sardi della preistoria, egli però se la è immaginata! Per trarre i giusti auspici verso questa determinazione, è sufficiente leggersi il suo testo “la civiltà dei Sardi”, ma a partire dalla edizione del Gennaio del 1963.
RispondiEliminaPer quanto riguarda i Cartaginesi, essi per due volte tentarono la grande impresa di conquistare la Sardegna, ma come riferisce una precisa, critica lettura di Giustino, ambedue le volte furono rigettati in mare. Infatti, nonostante tutti gli storici nostrani e tutti quelli non aventi diritto (come l’archeologo Lilliu) abbiano sempre detto il contrario, i Cartaginesi non hanno mai messo piede in Sardegna da dominatori. Proprio nel fatidico anno 1992 (anno in cui presso le università deve essere entrato nel circolo alimentare il siero della verità), vedendo pericolosamente traballare le sue improbabili certezze, il Lilliu, che basava gran parte della sua “illusione resistenziale” su una dominazione cartaginese, consegnò all’Accademia dei Lincei, una memoria che rappresenta un capolavoro di faziosità asservita ai propri interessi intellettuali. In essa, giudica Giustino “un informatore negativo” ove questi descriva i successi dei Sardiani su Mazeus e sui due Magonidi, il cui fratello più titolato venne travolto e ucciso in combattimento. Ma non basta. Egli giudica Giustino “del tutto reticente sull’esito positivo della guerra dei Magonidi”, decidendo nientemeno di sostituirsi alla stessa fonte, che non parla affatto di esito positivo della guerra per i Cartaginesi, ma che anzi “per la morte di lui (il magonide Asdrubale) si erano di molto accresciuti gli animi dei nemici” cioè dei Sardiani, la qual cosa fa invece intravvedere uno sviluppo della tenzone, certo positivo per i Sardiani stessi. Perché poi alcuno non abbia più dubbi, ecco la testuale conclusione: sta di fatto però, che il "modello cartaginese" ha funzionato per tanti altri troni e dominazioni.
Purtroppo i nostri studiosi, essi si, sono stati e sono ancora vittime della componente resistenziale. Proprio quella componente negativa che li vede auspicare sempre, un infelice, succube vivere della Sardegna del lontanissimo passato, e ove intravvedasi un qualche barlume di possibilità ch’essa in una circostanza possa essere stata protagonista vincente nell’agone della storia, risorge prepotente in essi quella componente che li fa resistere verso l’accettazione di questa realtà, talvolta nascondendo il vero.
Non è mia intenzione difendere Lilliu, perché non sono avvocato, lui non ne ha bisogno e, inoltre, se parlo a suo favore, faccio solamente guasti.
RispondiEliminaPerò gli chiedo scusa: spero che non abbia letto ciò che ho scritto prima, perché infelicemente ho usato il verbo al passato (parlasse), al posto di un corretto presente, perché ancora parla per la fortuna sua e di tutti.
Quando si pensa a ziu Giuanni, non si deve mai dimenticare che è figlio della Marmilla del grano e delle fave, massaio era suo padre, e contadino è rimasto anche lui nel profondo dell'animo.
Spero che la sua età sia come la benzina: aumenterà sempre.
O Robertu, in bidda mia no teniaus su dottori e duncas... mi seu depiu cunfrontai cun su fillu de su donu. Peus puru, ca totus, finzas is beccius ddu trattànt de "vusteti". Deu mai, sballiendu de seguru. Po cumprendi de ita pasta seu fattu.
RispondiEliminaPassu asuba de is teorias de Dalla, si hoindì est eccezionali vetti su essi normali. Est berus chi est de moda, ma funti is prus chi hanti sartau su frumini?
Po dda nai cun Pertini, a custa parti si piscat ancora beni.