Napolitano ai leghisti: “Secessionismo fuori dalla storia”.
Si capisce, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è un uomo di alto profilo istituzionale, la sua cultura non gli impedisce di venire meno al mandato costituzionale che il Parlamento gli ha affidato. Ed in quanto tale, finge di non sapere che la geografia politica mondiale nei soli ultimi 50 anni ha visto nascere decine di nuovi Stati. Altrimenti verrebbe da chiedersi se Napolitano abbia mai comparato un mappamondo del 1960 con uno del 2010.
Non siamo leghisti e né secessionisti naturalmente, tuttavia siamo democratici, ed in quanto tali ci domandiamo fino a che punto la Costituzione Italiana lo sia nei confronti di una Comunità Internazionale che riconosce il diritto dei Popoli all’autodeterminazione rispetto al centralismo di Stati sorti nell’800. Degli Stati che, al posto di rispettare le Autonomie, le declassano omologandone l’economia, la storia, la cultura e persino la lingua a quella considerata “nazionale”. Ne consegue che si formano, come nella Repubblica Italiana, zone di seria A e zone di serie B.
Questo genere di problemi è stato risolto da varie democrazie occidentali attraverso l’indipendentismo oppure attraverso il federalismo: una forma di organizzazione delle istituzioni che può avere una o più nazionalità al suo interno. Ad esempio, tra le più note, gli USA sono una nazione multietnica formata da varie minoranze linguistiche e da diversi Stati, mentre il Canada è una confederazione multinazionale formata da una maggioranza anglofona e da una minoranza francofona (Québec). Ma senza andare oltre-Atlantico, basti osservare il Regno Unito, composto da 4 nazioni entrambe formalmente riconosciute e con diversi livelli di Autonomia: Galles, Inghilterra, Irlanda del Nord e Scozia (quest’ultima governata dagli indipendentisti dell’SNP, che hanno battuto la destra e la sinistra filo-londinese). Pensate, il sottosegretario di Stato Michael Moore ha annunciato che non ci sarà alcun ricorso costituzionale se l’elettorato scozzese in un referendum si esprimerà a favore dell’autodeterminazione. Ben altro livello culturale rispetto a quello tenuto dal Quirinale.
Nello Stato Italiano invece l’art.117 della Costituzione impedisce alla Sardegna (con la sua Autonomia di cartapesta) l’amministrazione diretta dei suoi Beni Culturali, dell’Istruzione e persino di un Fisco autonomo. Non c’è da stupirsi che la ricchezza Sarda – senza la formazione culturale e senza l’autonomia relativa alle Entrate fiscali – venga depredata e poco valorizzata, spingendo i giovani verso una nuova emigrazione.
Tutto questo succede mentre la Repubblica indipendente di Malta con i suoi 410.000 abitanti elegge addirittura 5 eurodeputati a Bruxelles e fa parte della zona euro e della Comunità Internazionale a pieno titolo: nessuna violenza, nessun isolazionismo, ma neppure cittadini di serie B. I maltesi sono i protagonisti del proprio avvenire e – a differenza della Sardegna – la loro politica non dipende dal vezzo di istituzioni centralistiche che in vece nostra decidono persino come e quando deve essere appaltata una infrastruttura stradale.
Napolitano inoltre confonde la filosofia della storia con la storia: se la prima è quella branca della filosofia che si occupa di interrogarsi sull’esistenza di un fine nel susseguirsi delle vicende umane, la storia è il semplice susseguirsi di queste.Sostenere infatti che la nascita di un nuovo Stato all’interno dell’attuale Repubblica sia “fuori dalla storia”, come ha fatto Napolitano, non è altro che una posizione nazionalistica italiana che non tiene conto del diritto di qualsiasi gruppo di cittadini (o Popolo, laddove esista, come quello Sardo) di emanciparsi rispetto al resto dello Stato.Infatti qualsiasi Costituzione democratica non è un “Verbo divino e immutabile” sceso dal cielo ma una Carta di regolazione dei rapporti economici, politici e civili tra soggetti che vi si riconoscono e che all’evenienza possono scegliere di modificarla. Chi lo sosteneva? George Washington.
Un nuovo Stato dovrebbe poter decidere se federarsi o meno con un terzo, senza imposizione alcuna. Chi non tiene conto della realtà e paventa il carcere in risposta a violenze che non esistono da parte di chi invoca l’indipendentismo o il federalismo, probabilmente dovrebbe riflettere meglio sui concetti di discriminazione e di neocolonialismo.
Nel 2011 pertanto la battaglia democratica non consiste nel difendere una Costituzione Italiana scritta da uomini culturalmente allevati nel fascismo e nel repubblicanesimo unitario gentiliano e crociano sedimentato nella prima repubblica, la nostra battaglia infatti consiste nel superare una Costituzione centralistica, insensibile alle minoranze nazionali. Il fine? Poco storico e molto pratico: il diritto al benessere e al rispetto dei nostri cittadini.
Le tue, caro Bomboi, sono le ragioni dei deboli, mentre quelle del Presidente sono le ragioni dei forti.
RispondiEliminaMa non sono esclusivamente del Presidente: prova a fare una lista dei politici sardi, da quelli più anziani a quelli più giovani e illuminati, e metti una crocetta a fianco di chi è più vicino al Presidente che non alle tue posizioni.
Un cimitero ti vien fuori!
Almeno al Presidente vanno riconosciute le attenuanti generiche dovute agli obblighi della posizione che ricopre, perché potrebbe essere che personalmente e in privato pensi anche diversamente, visto che nel suo partito era conosciuto come il più aperto, anche se certamente non il più audace.
Caro Bomboi,
RispondiEliminail Giorgio nazionale è quello che è. Ed è tale perché la parte più formativa della sua vita è stata forgiata dal comunismo più pervicacemente avverso allo spirito di libertà. Basti ricordare il peana (ovvero “componimento che celebra una vittoria”) dallo stesso imbastito all’indomani dell’invasione dell’Ungheria da parte della Russia sovietica. Ma, per quanto deprecabili siano le sue uscite, il vecchio Giorgio, non sta lì per opera dello Spirito Santo! Vi è stato messo da tutti noi compreso il sottoscritto, i quali evidentemente non sono ancora in grado di programmarsi un futuro degno. Degno dei propri sogni, aspettative, fatti quotidiani. Perché ancora troppo pochissimi fra noi, sono propensi a rifondare la propria DIGNITA’.