di Giorgio Valdes
Leggo alla pagina 2 della Nuova Sardegna di ieri, 30 Agosto, dell’occasione mancata di inserire i nuraghi tra i patrimoni Unesco dell’Umanità.
Vengono poi rappresentati come offensivi della storia, sia la proposta di legge Nurat avanzata dai Riformatori, sia alcuni spot promozionali (www.gtnstudios.com ), pluripremiati nei concorsi nazionali riservati ai professionisti della pubblicità, ma con il difetto di non piacere a Michela Murgia.
Ho partecipato ai lavori preparatori di quelli che vengono indicati come mega-spot (voglio pensare che il mega si riferisca alla loro qualità, perché il loro costo non ha assolutamente niente di mega) ed ho anche collaborato alla stesura del ddl Nurat, di cui si parla molto, ma difficilmente se ne comprendono i fini e le opportunità che potrebbero derivare da una sua conversione in legge.
In merito al primo articolo, il fatto stesso che si proponga la sostituzione del patrimonio nuragico con quello proveniente dal periodo fenicio punico, è la palese dimostrazione del tiepido interesse che mostra il mondo accademico locale nei confronti dell’epoca più rilevante della nostra civiltà, quando l’isola svolgeva un ruolo egemone nel Mediterraneo (lo afferma anche il professor Ugas), al contrario dei periodi successivi che ci hanno visto dominati, o bene andando colonizzati.
Al contrario, la scarsa passione nei confronti della colonizzazione fenicio punica e della dominazione romana, trova la sua più evidente espressione nell’inesistente interesse che Cagliari ha sempre dimostrato verso la necropoli di Tuvixeddu, perennemente esorcizzata come luogo di degrado e di perdizione (sino a quando qualcuno ha deciso che il mondo intero non poteva farne a meno) e dell’anfiteatro romano, già discarica a cielo aperto ed oggi in predicato di ritornare tale.
Ben diverso sarebbe proporre l’intero nostro patrimonio megalitico, vera icona identitaria della Sardegna, come patrimonio dell’umanità, ma occorrerebbe essere estremamente determinati e convinti, cosa di cui dubito fortemente ed il contenuto del vostro articolo me lo conferma.
Per quanto riguarda la “donna svolazzante” che appare in uno dei due filmati richiamati nell’articolo, essa vuole certamente simboleggiare la dea madre, ma se qualcuno volesse riconoscersi un elfo è ovviamente liberissimo di farlo, senza che ciò sposti di una riga il giudizio espresso dalla giuria del più importante concorso italiano riservato ai professionisti della pubblicità, che ha assegnato al filmato dieci premi, tra cui quello per il miglior spot istituzionale italiano, soprattutto per la sua intrinseca capacità di suscitare emozioni.
Analogamente a quanto è successo per il secondo premiatissimo spot che si caratterizza, secondo quanto riportato nell’articolo, per i tanti svarioni storici, tra cui il “capovolto” sulle vele, in quanto simbolo risalente a periodi antecedenti l’epoca nuragica.
In mancanza di una vela di quel periodo, non può neanche affermarsi se su di essa ci potesse essere o meno una tale immagine, ma ciò non toglie che in periodo nuragico il petroglifo del capovolto fosse presente in centinaia se non in migliaia di menhir che costellavano il territorio regionale e niente vieta di ipotizzare che sulle vele dei nostri antichi naviganti fosse stampigliata quella figura simbolica, il cui significato è oltretutto analogo a quello che caratterizza l’intero nostro patrimonio megalitico.
E’ come pretendere che oggi sui vessilli o gagliardetti di Roma non possa apparire l’emblema della lupa e di Romolo e Remo che ciucciano beati, solo perché Roma è stata fondata più di 2500 anni or sono.
Vallo a raccontare ai romani, che alle loro leggende ci tengono, contrariamente a quello che succede da noi, sempre superiori a queste cose !
D’altro canto i miti e le leggende, da che mondo è mondo, sono stati sempre un complemento inscindibile o il “sale” della storia, dei cui fatti sono spesso un’enfatizzazione; ma nessuno si è mai scandalizzato per le vicende degli Orazi e Curiazi, per le fatiche di Ercole o per le beghe degli dei o degli eroi greci o romani.
Solo in Sardegna non si può neanche proferire la parola mito, perché tutti ti saltano addosso gridando allo scandalo.
Mi permetto inoltre di contraddire l’asserzione secondo la quale “a detta degli studiosi” il circolo megalitico di Stonehenge rappresenta un calendario solare, trattandosi invece di una semplice presunzione, come confermato dagli archeologi dell'English Heritage, organismo pubblico che gestisce il patrimonio culturale inglese, i quali dichiarano testualmente che “senza tutti questi lavori Stonehenge avrebbe un aspetto molto diverso. Pochissime pietre sono ancora esattamente nel posto dove furono erette millenni fa”.
Il fatto è che in Inghilterra non sono così schizzinosi come da noi e comprendono bene quale interesse mediatico derivi dall’interpretare quel circolo megalitico come calendario solare.
E soprattutto quale benefici ne conseguano sotto il profilo turistico, cosa che invece a noi interessa poco o niente, perché potendo fortunatamente contare su un’economia florida, non ci passa neanche per l’anticamera del cervello l’idea di mischiare storia e turismo.
Per quanto invece riguarda il mitico regno di Atlante, non vedo perché non potesse esistere davvero una terra felice con caratteristiche simili a quelle elencate da Platone.
Che poi si chiamasse Atlantide o il paese dell’eterna nutella poco importa, ma affermare apoditticamente che un posto del genere non fosse mai esistito, credo costituisca quantomeno un peccato di presunzione.
Se mi è permesso un consiglio, darei un’occhiata agli studi del professor Francesco Cucca -del dipartimento di scienze biomediche dell’Università di Sassari, genetista e ricercatore CNR-, che portano alla conclusione che da circa 40.000 or sono e quantomeno sino all’età del bronzo la nostra isola era stata la meta turistica più gettonata, sia dalle popolazioni che fuggivano dai ghiacci che lambivano la costa ligure e sia, in seguito, dai popoli africani e medio orientali, afflitti dalla carestia e dalla sete, che giunti in Sardegna si erano accorti di essere capitati nel paese del bengodi, ricco d’acqua, di foreste, di frutti, di metalli, di pesci, di molluschi e di animali per niente pericolosi ma tutti commestibili.
E consiglierei anche una riflessione su quanto è scritto negli antichi testi egizi, quando si parla dell’isola dei beati posta nel bell’occidente, l’isola della creazione da cui si narra provenissero i loro primi re stellari.
Personalmente non voglio affermare che si trattasse della Sardegna, ma non ho neanche elementi per asserire il contrario, anzi…
D’altro canto l’Università spagnola di Huelva, quella americana di Hartford ed uno stuolo stratosferico di studiosi, stanno spendendo vagonate di soldi alla ricerca di Atlantide e Tartesso al largo di Cadice, nell’ambito di un vasto ed impegnativo programma, seguito passo dopo passo da National Geographic e diffuso in tutto il mondo dalle reti Sky.
Delle due l’una: o sono tutti ingenui e creduloni e noi i più “toghi” di tutti o altrimenti c’è qualcosa che non quadra ed allora urge un serio e sereno esame di coscienza.
Ed a questo proposito calza ancora una volta, alla perfezione, il pensiero di Antonio Simon Mossa, che prima della sua prematura scomparsa così scriveva: Non credo affatto che noi Sardi abbiamo una qualsiasi idea della storia di questo paese. Non abbiamo mai fatto cose positive per la nostra terra. Abbiamo la testa piena delle “glorie romane” di “pace romana” di “giustizia romana” e di tutto quanto spiegano malamente le cosiddette scuole umanistiche. Di quest’isola non ne sappiamo niente. La nostra storia è stata fatta da altri. La nostra personalità non è minimamente intervenuta. La nostra ignoranza è la causa del disprezzo verso tutto ciò che è nostro”.
D'accordissimo con Valdes, d'altra parte mi toccò l'ingrato compito di replicare agli argomenti della Murgia...
RispondiEliminaSegnalo anche l'intervista a Marassi, autore dello spot: http://www.sanatzione.eu/2010/05/sardegna-e-promozione-ne-parliamo-con-lesperto-mario-giua-marassi/
Bomboi Adriano
grazie Giorgio
RispondiEliminaper le riflessioni, le condivido in pieno tutte.
Ultimamente il prof. Giovanni Ugas, proprio in questo blog, ha pubblicato una serie di articoli innovativi sulle reale consistenza della civiltà nuragica. Personalmente mi aspettavo una pronta e numerosa risposta nello stesso blog invece di un tiepido approccio, tuttavia mi ha impressionato ancora di più il silenzio assoluto dei colleghi nei confronti del professore.
Mi ha meravigliato anche, con la crisi economica in atto, la prontezza con la quale si intende finanziare lo smontaggio delle strutture dell'anfiteatro di Cagliari: mi sembra chiaro che, in attesa di ulte-riori considerazioni, convenga lasciarle dove sono: come minimo fungono da protezione.
Comunque dovremmo almeno guardarci in giro per acquisire le esperienze altrui: mai visto gli splendidi spettacoli dell'Arena di Verona? Forse qualcuno ha mai pensato di vietarli autocastrandosi?
Sul valore storico da attribuire ai miti e alle leggende, forse sai bene che con me sfondi una porta aperta, compreso il tema su Atlantide.
La Sardegna era l'isola felice dei Greci come Omero, Esiodo e altri; lo stesso Platone afferma di essersi ispirato ai suoi grandi predeccessori per descrivere la sua isola ideale.
Quanto al tema NURAT il clima politico incarognito, a livello nazionale e locale, impedisce qualsiasi passo in avanti di una proposta di legge seria come quella, nonostante risulti la prima in assoluto mirata a riscoprire la nostra civiltà della preistoria.
Mi consola almeno una cosa: ogni volta che sono state finanziate campagne archeologiche in materia fenicio-punica, scavando negli strati inferiori, inevitabilmente si sono scoperte vestigia nuragiche.
Ti saluto cordialmente
Giuseppe Mura
"il paese dell'eterna nutella" è bellissimo: spalma ironia sul pane salato del successo mediatico...
RispondiEliminaè possibile vedere su internet gli spot, per farsi un'idea dei termini del contendere?
i filmati si possono vedere collegandosi a www.gtnstudios.com
RispondiEliminaComplimenti Sig. Valdes, aspettavo che qualcuno con le p.... scrivesse un articolo così interessante sia per la valorizzazione e protezione del NOSTRO patrimonio archeologico a livello internazionale e sinceri complimenti per aver citato l'importanza internazionale che viene attribuita a quelle 4 pietre messe a cerchio a Stonehenge (tutte le volte che ne sento parlare mi si girano gli zibidei). Purtroppo noi sardi siamo abituati a darci le picconate non sui piedi ma molto più su.
RispondiEliminaKun salude.