di Giorgio Valdès
Mi riferisco alle considerazioni personalmente espresse il 23 Novembre 2010 in merito al significato della stele delle tombe dei giganti, da me interpretato come immagine dell’apparato genitale femminile ed alla sua similitudine prospettica con il pane chiamato “Cabùde de Mores”.
In tale occasione l’amico Giuseppe Mura aveva scritto un commento, richiamando un altro tipo di pane illustrato da Salvatore Dedola nel suo libro “i Pani della Sardegna”.
Si tratta dell’”Acchiddu a duas concas” di Benetutti, che Giuseppe interpreta come riproduzione del membro maschile con i testicoli rappresentati dalle spirali.
Per quanto sia piuttosto evidente il riferimento ad un organo sessuale, ritengo tuttavia che la forma di questo pane non si riferisca al membro maschile bensì all’apparato sessuale femminile.
A tale proposito mi ricollego per un attimo alle tradizioni dell’antico Egitto, con cui intrattenevamo nel bene e nel male strettissimi rapporti e conseguenti scambi culturali che credo dovrebbero essere indagati più approfonditamente.
Gli egizi erano soliti imbalsamare anche gli apparati genitali delle donne decedute, quando si trattava di persone di rango; e non è un’usanza che deve sorprendere perché nella terra dei faraoni, come peraltro anche in Sardegna, si aveva la chiara percezione che in essi fosse racchiuso il segreto della vita e per converso dell’auspicata rinascita.
L’ideogramma (o determinativo) riproducente la “vulva” (Betrò: Geroglifici”), è significativo delle conoscenze anatomiche possedute dagli imbalsamatori egizi ed in realtà la sua raffigurazione è analoga alla schematizzazione più frequente degli organi femminili che si trova nelle riviste scientifiche di settore e su internet.
Le due spirali rappresenterebbero allora le ovaie. Ritengo pertanto che il petroglifo che appare sulla domus de janas dell”Ariete” a Perfugas, non abbia niente a che fare con le corna di questo animale e tale ipotesi è probabilmente confermata dall’immagine, estremamente significativa, di un portello tombale rinvenuto a “Castelluccio”, in Sicilia.
Se le mie supposizioni dovessero risultare credibili, pani come ”s’Acchiddu a duas Concas” e “su Cabude de Mores” costituirebbero, a parte qualsiasi altra considerazione, formidabili testimonianze di tradizioni intatte ed ultra millenarie.
Se le mie supposizioni dovessero risultare credibili, pani come ”s’Acchiddu a duas Concas” e “su Cabude de Mores” costituirebbero, a parte qualsiasi altra considerazione, formidabili testimonianze di tradizioni intatte ed ultra millenarie.
ciao Giorgio, ottime osservazioni!
RispondiEliminasaluti
mauro peppino
Caro Mauro
RispondiEliminaNel tuo libro “Archeologia del paesaggio nuragico” leggo testualmente:
“Se il significato simbolico dei primi nuraghi fosse interconnesso con quello delle tombe di giganti sarebbe assai verosimile supporre che la rappresentazione megalitica dei principi femminile e maschile costellasse potentemente il paesaggio della Sardegna Nuragica”.
Personalmente mi sentirei di dire che tali principi, connessi al concetto di rigenerazione della vita, sono assolutamente presenti non solo nel complesso delle espressioni megalitiche isolane, ma anche nelle tradizioni (vedi appunto la panificazione), nei costumi (a titolo d’esempio “sos lizzos”, i gigli che adornano le gonne delle donne di Orgosolo sono straordinariamente simili ai petroglifi che appaiono sui menhir di Laconi) e nei toponimi, che meriterebbero uno ricerca puntuale ed una conseguente classificazione.
Un caro saluto
Giorgio
Giuseppe Mura scrive:
RispondiEliminaSalve Giorgio
la panificazione tradizionale, quando eseguita seriamente, riserva molte altre sorprese. Ad esempio. nello stesso ottimo lavoro, Salvatore Dedola ne mostra diverse, quali su "Cabude di Mores" di Bòrore (foto 18), che riproduce la stele e il portello d'ingresso della tomba di giganti, sa "Ippianada" di Sorso (foto 066), che riproduce la planimetria di un nuraghe esabolato e su "Presénti" (foto 108), che riproduce senza dubbio il membro maschile.
Anzi, quest'ultimo pane, con la chiara riproduzione del glande e dei testicoli rotondi, suggerisce quanto sostieni: "S'Acchiddu a duas concas" potrebbe rappresentare l'apparato sessuale femminile.
Ti saluto cordialmente
Giuseppe Mura
@ Giorgio,
RispondiEliminacerto, concordo in pieno, e aggiungo che purtroppo gli archeologi sardi si dimostrano inadeguati a comprendere la preistoria dell'Isola, ed è sconcertante che nell'università di Cagliari non vi sia una cattedra di storia delle religioni