di Daniel Sotgia
Una sentenza del Consiglio di Stato ha bloccato le mire dell'imprenditore Cualbu sui colli cagliaritani di Tuvixeddu, Tuvumannu-Monte della Pace e Is Mirrionis. Tutti gli improperi che si possono rivolgere a quell'uomo (poco uomo tanto imprenditore) sono, a mio avviso, assolutamente inutili. Cagliari, Tuvixeddu, è solo la più eclatante (eclatante in Sardegna, al di là del mare non gliene fotte una fava a nessuno) testimonianza del grado di imbarbarimento che l'uomo ha raggiunto, dacché egli è comparso sulla faccia della Terra. Neanche Gengis-Kan, neanche Attila, neanche Dario I di Persia o il suo successore Serse I dimostrarono un grado di ignoranza becera e arrogante come lo stiamo dimostrando noi.
Dicevo: Tuvixeddu è solo il caso più clamoroso. Ogni angolo della Sardegna denuncia un totale stato di abbandono nella tutela del patrimonio storico-artistico che ne correda quasi per intero il territorio. Dal nord, dalle realtà archeologiche della Gallura, per percorrere tutto un immaginario itinerario che vada a toccare i settemila templi nuragici.
Per citare qualche caso vicino alla mia realtà, credo che il più indicativo sia quello di Olbia: una città che, a testimonianza dei resti archeologici trovati e risalenti a ogni epoca possibile e immaginabile, riveste da millenni un'importanza capitale nei traffici marittimi del Mediterraneo, e si trova oggi a dover combattere contro un totale disinteresse da parte della stragrande maggioranza dei cittadini, i quali sembrano non battere ciglio di fronte allo scempio che si rinnova ogni giorno quando, transitando sopra la circonvallazione per la Costa Smeralda, si percorre il cosiddetto "viadotto Nuraghe": non è un nome datogli per celebrare la cultura di un popolo. No. Quel nome gli è stato dato semplicemente perché il viadotto passa esattamente sopra un nuraghe, soffocandolo e privandolo dell'importanza che in realtà riveste!
Ho sempre pensato a quale sarebbe la reazione della Chiesa di oggi se una strada sormontasse una semplice chiesa di paese, privandola del sole, dell'aria, dell'importanza sacrale che è insita in ogni edificio di culto.
A Olbia ci sono millanta casi di scempio. Basta anche solo andare al palazzo del comune e alla sua sinistra (destra per chi lo guarda di fronte) si vedranno i resti dell'antico lastricato romano, misericordiosamente risparmiato dalla furia asfaltatrice dell'uomo moderno.
Vogliamo parlare di Oschiri? Cito un caso poco noto ai più: al cimitero comunale, intitolato a San Demetrio martire di Antiochia, corrispondeva un importantissimo sito prenuragico e nuragico, con un tempio a megaron, sul quale è stata poi realizzata l'attuale chiesa demetrina, un nuraghe di cui oggi rimane solo il profumo, un pozzo sacro, utilizzato oggi per attingere l'acqua per il bestiame, un villaggio prima nuragico, poi romano, poi bizantino, quindi medievale con, sicuramente, un cimitero riferibile a ogni successiva sovrapposizione di civiltà a quella precedente.
Per fare spazio a un ampio parcheggio che servisse la nuova ala del cimitero comunale, si è pensato bene di sbancare, arbitrariamente, una bella fetta di terreno, che a occhio non sarà inferiore almeno ai 200 mt quadri. Lascio a voi immaginare cosa può essere andato perduto in questa violenza perpetrata ai danni della storia della Sardegna, non solo a quella di Oschiri.
Voglio precisare che sono altrettanto sicuro del fatto che, anche qualora dovessimo sostituire il nome del paese, questa situazione è senz'altro adattabile a qualunque comune della Sardegna: in ogni zona dell'Isola è ravvisabile un problema di questo tipo, e probabilmente anche più grave.
Termino questa breve nota con una grande amarezza.
Qualcuno poi chiede a "noi" ragazzi il motivo per cui decidiamo di andare a studiare nelle università non sarde e poi, spesso e volentieri, non torniamo a casa per mettere a servizio (di chi???) le nostre competenze acquisite fuori.
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