Vorrei tanto avere, sulla guerra portata in Libia dai “volenterosi”, la capacità di dividere il giusto dall'ingiusto come fanno molti qua e là sul web, soprattutto in Facebook. Uno strumento, questo, particolarmente usato per le asserzioni e non per i ragionamenti. Asserzioni come quelle secondo cui uno stato sovrano ha diritto a gestire i suoi affari interni e che non fanno una grinza. Se non fosse per un particolare: il resto del mondo può starsene con le mani in mano, mentre uno stato sovrano massacra i propri cittadini? Al che gli amanti delle asserzioni ribattono: il mondo però non si è mosso per il Darfur.
Aggiungerei che non si è mosso per la Cecenia, né per il Tibet, né per la Cambogia, né per la Birmania, facendo finta che si trattasse di affari interni ai rispettivi stati sovrani. Si è mosso invece per il Kosovo e per Timor Leste. Ma il problema è questo: le pochissime volte che la cosiddetta comunità internazionale si è interessata agli affari interni di stati come la Serbia e l'Indonesia, ha fatto male o ha fatto bene. Assicurarsi che Milosevic non sterminasse i kosovari e Giakarta i timorlestiani è stato un bene o un male? E, oggi, fare in modo che Gheddafi smettesse di massacrare la Cirenaica è un bene o un male?
Come spesso accade, l'ideologia non aiuta a capire le complessità. Aiuta quasi esclusivamente se stessa a riprodursi. La questione libica è invece ridondante complessità: la insopportabile grandeur francese, la sete di petrolio dell'Europa, una mai sopita vocazione colonialista, una paranoia (spesso razzista) dell'immigrazione di massa, il terrore molto giacobino che dalla Libia nascano due o tre stati, l'incertezza circa la qualità laica e non fondamentalista della futura Cirenaica, e si potrebbe continuare a lungo ad elencare gli elementi di una complessità che mal sopporta le semplificazioni ideologiche. Ma c'è sopra ogni cosa una domanda: è un bene o è un male che si impedisca a regimi dittatoriali o totalitari di bombardare i sudditi che tali non vogliono più essere?
Ogni successivo ragionamento parte dal tipo di risposta. Con chi dicesse che è un male, non saprei come interloquire. Con gli altri, sì. Gli insorti di Bengasi, pur ringraziando per l'intervento aereo francese, hanno detto che avrebbero preferito ricevere armi e sbrigarsela per conto loro. Segno evidente che si sentono forti e in grado di raggiungere il loro obiettivo da soli. Va da sé che dal punto di vista della legalità internazionale non c'è poi molta differenza tra inviare armi a ribelli contro uno stato sovrano e impedire ai suoi governanti di sterminare “come topi di fogna” gli insorti. Sempre di interferenza si tratta.
Una volta che si è d'accordo sulla questione di fondo, non c'è dubbio che sui modi, sugli interessi legittimi e ignobili, sui pericoli, sulle convenienze, sui timori, su tutto si potrà discutere. Utilmente ragionare, visto che oggi la Libia, domani forse la Cirenaica, la Tripolitania e il Fezzan, sono alle porte di casa nostra.
Gianfrà come sempre sei sintetico e preciso. Io ancora non mi capacito di come molta gente che ha fatto dei ribelli arabi un simbolo della lotta per la libertà, possa ora tacciare come ingiusta gli attacchi contro Gheddafi che questi movimenti voleva sterminare "senza nessuna pietà"(cit.). Si possono criticare i modi spesso sbagliati che la comunità internazionale usa per risolvere queste situazioni, si può pensare ovviamente che in Libia ci andiamo più per il petrolio che per difendere la vita di questa gente, ma non si può davvero pretendere di stare belli tranquilli sui nostri divani a veder massacrare un intero popolo mentre ci chiedono aiuto...
RispondiEliminaÈ giusto? Non è giusto? La domanda bisogna porsela e molti se la pongono. Così, a occhio e croce, direi che si propenda per considerare giusto l’intervento in Libia. I distinguo sono parecchi sia nel campo dei sì, sia nel campo dei no (sì, è giusto, no, non è giusto); in genere si tende sempre a “personalizzare” sempre, le prese di posizione. Senza nessuna pretesa di fare chiarezza, figuriamoci, le uniche cose chiare sembrano essere le scie dei traccianti e le vampate delle esplosioni, vorrei fare una considerazione ai margini di questo conflitto. Parto da una domanda: quale è stata l’unica giustificazione, di qualche rilievo, di George W. Bush all’attacco all’Iraq di Saddam Hussein? “Pistole fumanti” non ne furono trovate. Fu per questo motivo che si “inventò” l’ “esportazione della democrazia”? A ben guardare è l’unica “teoria” sostenibile per giustificare “interventi umanitari” armati. Di quelli senza armi ne abbiamo tanti, basta volerli vedere. È chiaro che questa teoria, per diventare “legge”, dovrebbe essere applicata ogniqualvolta la mancanza di democrazia si traducesse in oppressione dei cittadini e ovunque ciò si verificasse. Sarebbe a dire, prima o poi, sempre! In qualunque posto venisse a mancare la democrazia. Ma come si fa, benedetti amanti della pace, a dar ragione a quel cow boy dislessico di G. W. B? Non si può! Non si può a tal punto che, nella “santa alleanza”che si tenta di mettere su, non c’è ne capo ne coda. Il tutto è complicato da mille altre cose contingenti (Sarkozy, la Germania che fa cucù, la Russia e la Cina, il Cavaliere che non va ai processi perché deve fare la guerra a Gheddafi senza farla, i rivoltosi che non si sa chi siano, Bin Laden, Lampedusa che sta per scoppiare e chi più ne ha, più ne metta). Mi sembra però che, se sfrondiamo il campo di ogni contingenza, che però pesa come un macigno, la domanda iniziale dovrebbe porsi nel modo seguente: è giusto esportare la democrazia? Sì mi sentirei di rispondere, se solo sapessimo cos’è.
RispondiEliminaRicordate negli anni ottanta quando a Saddam Hussein )che gassava i kurdi) l'Occidente l'a(r)mava per fare la guerra al'Iran di Khomeini?
RispondiEliminaPoi abbiamo visto cosa è stato a Saddam e all'Irak?
Nel 2003 Gheddafi prese un riconoscimento dell'ONU come paladino della difesa dei diritti Umani.
Nel 2010 la Libia con l'Italia stabilivano una serie di accordi che prevedevano un trattato di amicizia sigillato con un baciamani del nostro (gran giullare) primo ministro.
Questa di portare la democrazia con bombardamenti negli stati produttori di petrolio, mi pare una gran puttanata.
Il mondo è un casino, gli uomini combattono tra di loro da decine di migliaia d'anni , quando lo facevano con i bastoni era più fumo che arrosto, ora pur avendo risorse immense continuano a combattere con armi di distruzione indicibile potenza.
Dio abbia pietà degli esseri umani!!
Ringrazio Gianfrà per questo articolo,è da giorni che penso a quello che succede in Libia,ascolto pareri,pareri di esperti e le mie idee si confondono sempre di più.La Democrazia,secondo me,non si esporta,si può andare in aiuto alle persone che si ribellano al dittatore,questo sì.L'Occidente poteva intervenire un pò prima,invece è stato a cincischiare e dividersi subito dopo l'intervento."Nel 2003 Gheddafi prese un riconoscimento dell'ONU come paladino della difesa dei diritti Umani."questo è veramente indecente.Gli interessi prevalgono sempre sull'umanità.Non ho capito come mai per gli interventi in Iraq ed Afganistan non ci sono stati dubbi ed invece per la Libia ci sono stati così tanti dubbi.Se Gheddafi vince cosa faranno i governanti del mondo?
RispondiEliminaQuesta volta c'è stato il pudore di non dichiarare che si vorrebbe esportare la democrazia. La risoluzione del Consiglio di sicurezza (dieci sì, cinque astensioni) nella sua nebulosità, in una cosa è chiara: si tratta di impedire il massacro dei civili. Ed è solo per questo che a me pare apprezzabile.
RispondiEliminaGià, la democrazia. Democrazia è quella che ha portato Hamas a comandare nella Striscia di Gaza, Netaniau a governare Israele, Bush a guidare gli Usa, Berlusconi a trascinare nella guerra la Sardegna senza neppure consultarla. La merce "esportazione della democrazia" è molto deteriorata. Accontentiamoci del fatto che si impedisca a Gheddafi di sterminare i civili. Certo, sarebbe bello che la comunità internazionale impedisse alla Cina di sterminare gli Uiguri dello Xinjiang, alla Russia di massacrare i ceceni, ma mica si può avere tutto dalla vita
Cando in d'un'istadu totalitariu naschit sa ribellia e custa su tirannu chircat de l'affocare in su sambene, tando sos omines de su mundo an su dovere, s'obrigu de intervennere. Nois semus sos omines de s'ismenticu... L'amus vivida sa tirannia e sun bennidos a nos azuare pro la inchere. E si fit zustu pro nois est zustu peri pro sos ateros. Sos tirannos an semper guvernadu cun sa rebestia e pro los bincher non bastan sos carinnos.
RispondiEliminaA me pare, caro GFP, che sarebbe sin troppo facile distinguere fra le cose giuste e quelle ingiuste, se solo si sapesse cos'è che è giusto.
RispondiEliminaGiusto rispetto a cosa?
La giustizia è una categoria, un parametro della morale, della politica, delle misure agrarie o che cos'altro ancora può essere?
Se fosse, ammettiamo che sia, una categoria dell'etica, si sta parlando di etica pubblica o di quella privata? Della morale cristiana o di quella buddista, scintoista, animista, musulmana?
La morale, ovunque nel mondo, in ogni tempo, si è presentata con gli stessi connotati?
In poche parole, oggi dire che una cosa è giusta equivale a dire che mi piace, mi fa comodo, mi è simpatica, mi sta bene, non mi disturba il sonno.
Come faccio allora a dire se è giusto o ingiusto, o meglio se "è un bene o è un male che si impedisca a regimi dittatoriali o totalitari di bombardare i sudditi che tali non vogliono più essere?"
E se fossero i regimi non totalitari a bombardare?
Poi c'è un altro equivoco: i civili.
Uno è civile quando dice buongiorno e buonasera, anziché tirar dritto su per le scale quando incontra qualcun altro? o se mette la mano davanti alla bocca se sbadiglia? o quando si lava le mani prima di pranzo?
Sarà un civile anche chi gestisce una mitragliatrice, ma indossa solamente i jeans e una felpa?
Ci stiamo logorando dietro alla disinformazione e perdiamo di vista l'essenziale: è giusta una cosa quando la fanno i potenti; è civile ogni cittadino che riesce a restare vivo.
Chi muore è sempre dalla parte sbagliata, perché i cadaveri sono osceni, disturbano il sonno delle mamme e dei bambini, chiedono di essere seppelliti.
Io questa non guerra la vedo così.
@ G.F.P.
RispondiElimina“Già, la democrazia”. Non siamo riusciti ancora a darne una definizione migliore di quella che ne diede nel secolo scorso Winston Churchill: “ La democrazia è la peggior forma di governo ad eccezione di tutte le altre”.
La difficoltà di inquadrarla, di poterla definire, senza che si possa sgattaiolare a destra e a manca ci impedisce di averne un’idea condivisa. A niente vale pensare : “So ben io cosa è la democrazia”, perché questi “io” sono tanti quanti sono gli uomini, quando appena appena ci pensano.
E se cominciassimo a immaginarla come un’araba fenice, “che ci sia ognun lo dice, dove sia niun lo sa”?