Diciamoci la verità, anche gli Arborea non erano filantropi come vorrebbero farci credere alcune fonti. Men che meno nel mondo medievale, i cui reggenti, siano essi teste coronate o giudici, poco avevano a che fare con la beneficenza verso i popoli che stavano oltre la loro giurisdizione territoriale. E talvolta anche nei riguardi del proprio popolo. Le battaglie si facevano solo per interesse, e non – in base al mito di una parte del nazionalismo Sardo sugli Arborea – nel segno di una distinzione della “Nazione Sarda” rispetto agli “stranieri”.
Questo successe anche nel medioevo Sardo, in cui si confrontarono i reggenti del Giudicato di Arborea contro quelli del Regno di Sardegna per il controllo di tutta l’isola. C’erano dunque due poli politici ed istituzionali (ma non nazionali) che si scontrarono militarmente nella celebre battaglia di Sanluri del 1409.
Se ragionassimo in termini di nazionalismo ottocentesco con riferimento alla Sardegna, potremmo dire che gli arborensi-sardi si sono battuti contro “gli stranieri”. Nella realtà invece noteremmo che seppur autonomi, i Giudici arborensi, di origine catalana, che quindi oggi dovremmo definire di origine “straniera”, con la battaglia di Sanluri del 1409 furono alleati con i Doria, la potente dinastia genovese che aveva possedimenti in Sardegna e in diverse parti della penisola italiana.
E se ragionassimo quindi in termini di nazionalismo ottocentesco con riferimento all’Italia, troveremmo infatti altrettanto normale interpretare l’alleanza militare degli Arborea con genovesi, pisani (ed altri), per leggerla come un tentativo di resistenza del giudicato arborense contro gli invasori catalano-aragonesi che controllavano quella parte di Sardegna chiamata “Regno di Sardegna”. E si potrebbe così sostenere che il Giudicato un tempo guidato da Eleonora d’Arborea “stesse resistendo agli spagnoli per tutelare la sua futura italianità”.
La verità è che il concetto di “nazione” non esisteva, arrivò diversi secoli dopo, e le battaglie per il controllo integrale del territorio Sardo furono fatte da due opposte fazioni di Sardi, altrettanto alleati di opposte fazioni di “stranieri”, ovvero dinastie originarie tanto della penisola iberica quanto della penisola italiana. La “miscelazione” delle comunità territoriali dal mondo antico, passando anche per il medioevo e tutta l’età moderna, fu una costante storica che iniziò ad incrinarsi solo in epoca contemporanea, con l’avvento degli stati-nazione. Sebbene fino al ‘900 sopravvivessero ancora dinastie capaci di controllare popoli diversi (pensiamo agli Asburgo dell’Impero Austro-Ungarico) ma anche nel presente, basti osservare la monarchia britannica, tutt’ora reggente ad esempio della Papua Nuova Guinea (Commonwealth). Oggi casomai nella maggior parte delle democrazie occidentali il problema si è trasferito dalle monarchie alle repubbliche, in quanto alcuni popoli continuano ad essere amministrati da altri, senza avere una propria sovranità.
Ma ad Oristano nel 2011 succede qualcosa che ha dell’incredibile e del grottesco: l’assessorato alla cultura del Comune, assieme ad alcune associazioni, ha scelto di collegare Eleonora d’Arborea ai festeggiamenti per i 150° anni dell’Italia unita. E chi lo spiega adesso ai cittadini che la civiltà arborense invece aveva combattuto contro quella struttura istituzionale che in seguito, nei secoli, diventerà il Regno d’Italia?
E chi lo spiega ad alcuni indipendentisti che gli Arborea erano di origine catalana e si allearono con genovesi e pisani contro i catalano-aragonesi? Più comodo per questi indipendentisti “dimenticare” i Doria ed il resto degli italiani con i loro interessi politico-commerciali nel Tirreno e nel Mediterraneo occidentale.
E chi lo spiega ad alcuni indipendentisti che gli Arborea erano di origine catalana e si allearono con genovesi e pisani contro i catalano-aragonesi? Più comodo per questi indipendentisti “dimenticare” i Doria ed il resto degli italiani con i loro interessi politico-commerciali nel Tirreno e nel Mediterraneo occidentale.
Ecco a cosa si arriva quando la storia Sarda viene trasformata in storia nazionale Italiana o storia nazionale Sarda, e questo non è utile né ai sostenitori della Nazione Italiana, né a quelli della Nazione Sarda. La serietà storica è ben altra cosa.
Nel moderno liberal-nazionalismo non c’è bisogno di rincorrere la leggenda per valorizzare il proprio passato, qualsiasi esso sia. Con buona pace di chi si dichiara “non-nazionalista” ma ricercando il mito nella storia per giustificare il proprio presente. Un errore in cui cascarono soggetti come Hitler, Mussolini e forse anche il siriano Michel Aflaq, fondatore del partito Ba’th.
Nel moderno liberal-nazionalismo non c’è bisogno di rincorrere la leggenda per valorizzare il proprio passato, qualsiasi esso sia. Con buona pace di chi si dichiara “non-nazionalista” ma ricercando il mito nella storia per giustificare il proprio presente. Un errore in cui cascarono soggetti come Hitler, Mussolini e forse anche il siriano Michel Aflaq, fondatore del partito Ba’th.
prova
RispondiEliminaUna è la costante in ogni “volger di secoli”: si acchiappa quel che si può per dimostrare di aver ragione. Vero è che una volta si andava molto più per le spicce, a torto o a ragione si menava che una meraviglia. Non è che non lo si faccia più ma, come minimo, è necessario farlo per scopi umanitari.
RispondiEliminaTornando a noi, ora come ora, cosa c’è da dimostrare? Che, “quando c’eravamo noi, caro lei, la cultura sì che era cultura”; che, “quando c’eravamo noi, la morale sì che era morale”; che, “quando c’eravamo noi l’amor di patria sì che era amor di patria”. Di modo che a forza di acchiappare, nell’affanno di sentirsi sfuggire di mano la “ragione sociale” della propria esistenza, non ci si accorge neppure delle fesserie che si sostengono o, meglio, che quanto si sostiene oggi, solo ieri veniva considerato una fesseria.
Non ci meravigliamo, quindi, di ciò che può fare o dire un assessore ignorante di storia, quando cattedratici che avevano imperversato per decenni con la loro “chiara fama”, rispolverano vessilli demoliti, quando non irrisi, dalla loro “dialettica e critica della Storia”.
Il problema sorge quando chi ritiene di aver capito il problema lo contesta, ma con il medesimo errore. Non è un caso che nell'articolo mi sia concesso la licenza di citare Michel Aflaq, allevato nell'Europa degli autoritarismi, e tornato in Medio Oriente per contrapporsi a quegli autoritarismi con i medesimi strumenti che noi europei gli avevamo insegnato.
RispondiEliminaIo penso che un Popolo sia maturo solo quando trova una lettura condivisa ed oggettiva del proprio passato. Tirare la coperta da una parte piuttosto che dall'altra, rischia sempre di lasciare qualcuno col culo scoperto...
Adriano Bomboi - SANATZIONE.EU
Anche se il caso Bomboi è irreversibile, come se ci fossero mai stati sovrani o politici senza interessi o divini, o la fesseria che si debba chiedere o meno il certificato di nascita per riconoscersi in una colletività cito il testo della Pitzorno, che in tempi non sospetti scrive:
RispondiElimina"..Per quelle popolazioni gli ultimi trentaquattro anni non erano stati un sogno, ma un periodo reale in cui la coscienza nazionale era andata crescendo insieme con l’insofferenza per il dominio straniero. L’annessione all’Arborea per loro aveva significato anche la conquista di un governo più democratico. Alle vecchie leggi feudali che conferivano al signore un potere quasi assoluto, si era sostituita l’usanza della Corone, che garantivano la rappresentanza dei sudditi, la difesa dell’imputato, riducendo l’impunità dei ricchi e dei potenti. Tutta una nuova generazione era cresciuta con l’abitudine a godere fin dalla nascita di quei diritti (..) Per i sudditi di Mariano IV la libertà, quella parte di libertà compatibile con i tempi era stata una conquista nuova ed esaltante. Ma per coloro che, sia pure per pochi anni, erano stati sudditi di Federico e poi di Mariano V, essa rappresentava un diritto acquisito, un’atmosfera in cui erano nati e cresciuti e a cui era impensabile dover rinunciare.
Come potevano sperare gli aragonesi di restaurare nelle loro contrade le vecchie regole feudali?? La gente mordeva il freno e non aspettava altro che una scintilla per far divampare l’incendio.."
Bianca Pitzorno, Vita di Eleonora d'Arborea, pag. 306, Ed. Mondadori, 2010.
Bomboi friggi aria, sei un sempliciotto..
Ogni tanto si sentono dei ritardati in giro, anche se non ricordo i nomi, e questi sono abituati a ragionare per compartimenti stagni. Ovvero, se dici una cosa, loro pensano che stai contestando tutto il blocco del contesto. Preciso per questi, se ci stessero ascoltando:
RispondiEliminaIo non ho mai parlato negativamente degli eventuali valori diffusi dalla Carta de Logu ed i libri li leggo anchio, non era quello il punto del discorso. Come non ho difeso la scelta del comune di Oristano. Ho solo fatto notare che rispondere ad un nazionalismo ottocentesco con un'altro nazionalismo ottocentesco è un errore ideologico e metodologico.
Bomboi Adriano
Chi conosce la storia sarda sa che proprio gli Arborea, a dispetto di molti regnanti dell'epoca, avevano fatto proprie le istanze di un intero popolo, come affermava Elonora stessa (a meno che non si voglia smentire anche le sue parole): "Pro su bene de sa Republica Sardisca", e se non fosse stato questo l'interesse, per gli ultimi Arborea sarebbe stato molto più producente dichiararsi vassalli dei sovrani catalani e mantenere tutti i loro privilegi... ma così evidentemente non fu.
RispondiEliminaDunque cercare di svilire il loro vissuto sostenendo a piè sospinto - questo sì veramente nazionalista! - che tanto gli Arborea erano catalani,
Amsicora era cartaginese,
Gramsci albanese, è operazione che denota mancanza di argomentazione valida per far valere la propria tesi.
giuseppe ruiu
Giuseppe, porca miseria, nessuno sta dicendo che Eleonora non abbia fatto qualcosa per il Popolo, ma il concetto di nazione è diverso. Era un'altra epoca, il senso dell'articolo era solo quello.
RispondiEliminaAdriano