di Francu Pilloni
Cosa c’entrano i pastori, i pastori sardi in specie, con l’immondezza?
Niente e molto.
Niente, perché poco o nulla hanno a che fare col problema dei rifiuti solidi urbani delle città;
molto, perché da millenni traducono naturalmente in buon letame tutti i rifiuti che producono.
E cosa c’entra allora l’immondezza con gli extracomunitari?
Dipende dai punti di vista.
Infatti gli extracomunitari nella maggior parte delle volte vengono gettati sulle nostre coste dal mare; i rifiuti, specialmente quelli più pericolosi, notoriamente vengono gettati nel mare.
È vero che esiste una scuola di pensiero che vedrebbe bene gli extracomunitari rigettati nel mare (la teoria dei respingimenti), un auspicio tipo “Iddio me li tolga dai piedi” e poi succeda quello che Iddio ha deciso per gli umani. Una teoria localmente abbinata e parallela a quella che prevede per i rifiuti tossici l’auspicio di “Iddio me li tolga dai piedi”, vadano dove devono andare o, poeticamente espresso, come la povera foglia frale trascinata dal vento che, è appurato, è sempre di tramontana, da nord verso sud.
Vi è ancora una similitudine fra l’immondizia e gli extracomunitari ed è questa: una volta accertatane l’esistenza, si impacchetta il tutto, si carica su mezzi gommati e si porta là dove deve essere scaricato, peraltro non senza causare malumori o proteste.
A questo punto termina l’analogia e inizia la sottile distinzione: per l’immondezza le grida esprimono rifiuto per aver ricevuto lo scarico vicino ai centri abitati di loro interesse; per gli extracomunitari esprimono rabbia e indignazione perché non ne hanno scaricato abbastanza nei centri di loro interesse.
E questo succede perché, ecco di nuovo l’affinità, se è un business l’immondezza per chi l’accoglie e per chi la ricicla, allo stesso modo è un business l’accoglienza e il ricircolo dell’extracomunitario.
Ma allora i pastori, quelli sardi in particolare, c’entrano almeno qualcosa con gli extracomunitari?
Per lo Stato, quello italiano s’intende, sì e non.
Sì, perché quando sbarcano trovano qualcuno delle forze dell’ordine pronto a riceverli.
Non, perché agli extracomunitari porgono subito generi di conforto e consegnano loro vestiti e scarpe decenti; ai pastori, a quelli sardi nello specifico, porgono invece un assaggio di manganello per far capire di che pasta è fatta la Patria e chi detta le sue leggi. In questo modo, Cicerone docet, seppure non più mastrucati, i pastori ripercorrono emotivamente le vicissitudini dei testi d’accusa di Scauro, vengono espoliati non solo della loro fiera dignità ma dei diritti basilari di cittadinanza democratica.
Eppure avevano toccato terra a Civitavecchia, non a Bandar ‘Abbàs.
Ma a me, di tutto questo, cosa importa?
Non sono pastore, non sono immondezza, non sono extracomunitario. Sono solamente un sardo e non mi muovo da qua. Soprattutto un sardo avvilito sono. E se mi dovessi muovere… Dio mio, se mi muovo!
Mi piace il modo di scrivere di Franco Pilloni, quel suo modo di dire pane al pane e vino al vino senza andare mai oltre le righe, con un tono che definerei "sardonico". Beato lui che riesce a mantenere l'aplomb anche in simili situazioni. Io sono letteralmente furioso, non solo per l'incredibile trattamento riservato ai nostri pastori e, di riflesso, all'intero popolo sardo, ma anche e soprattutto per la quasi totale indifferenza manifestata dai mass media e dai politici, sardi e italiani fa poca differenza. Dio solo sa cosa sarebbe successo se al posto dei pastori sardi ci fossero stati gli operai FIAT. A quest'ora posso immaginare che le richieste di dimissioni di ministri si sarebbero sprecate (in altre occasioni é bastato il crollo di un muro per le infiltrazioni d'acqua), qualche ministro probabilmente si sarebbe già dimesso, e le manifestazioni di piazza per solidarietà con gli operai avrebbero riempito l'Italia da cima a fondo, blocando porti, aeroporti e stazioni ferroviarie. Senza interventi della polizia, beninteso, anche se le manifestazioni non fossero autorizzate. Come non erano autorizzate le manifestazioni leghiste sulle autostrade con trattori e autobotti che spargevano il latte sull'asfalto. Ma si sa, quelli non erano mica sardi, erano puri padani che diamine!
RispondiEliminaMi auguro solo che quel giorno funesto a Civitavecchia rimanga ben stampigliato nella memoria dei sardi tutti, per ricordarci qual'è il concetto che di noi hanno in Italia: un popolo di m. che merita solo botte (preventive per giunta). Meditate sardi, mediate
Questa esperienza dimostra ancora una volta (ed è necessario ribadirlo) che i sardi sono "grandi"ed "eroi" soltanto quanto muoiono nelle guerre sia per difendere il suol italiano come nella 1a guerra mondiale, che per garantire la pace (sic) nel lontano Afganistan. Per questi sardi il Governo si spreca persino, badate bene, in dispendiosi "Funerali di Stato". Ma quando si tratta di esigere i nostri diritti allora "il sardo" est un'arga de muntonarzu a la narrer cun Pilloni. Jeo cherzo azungher un'atera cuntzettu chi fortzis no at a agradare a sos pastores. Creo chi su problema siat s'unidade, innantis de custa categoria chi a parrer meu è stata sempre individulista refrattaria all'organizzazione della categoria, e pustis di un popolo, su nostru. E d'est tempus chi lu cumprendamas aberu. Senza questa unità, i vari Maroni, Larussa, Berlusconi, ci potranno non solo prenderci a calci nel culo, ma recintarci come a Civitavecchia e regalarci, quale ringraziamento per il nostro stupido senso della Patria, anzichè amichevoli abbracci, docissime bastonate coi manganelli.
RispondiEliminaSignor Maimome ha proprio ragione,per i sardi la cosidetta opposizione non chiede dimissioni,ma chi sono i sardi? I pastori e gli operai sardi continueranno a camminare con la schiena dritta e non soccomberanno alle ingiustizie ma hanno tanto bisogno della solidarietà di tottu su populu sardu,la mia l'avranno sempre.
RispondiElimina@ Larentu
RispondiEliminache i pastori sardi non siano mai stati un esempio di unità é pacifico. Però io credo che anziché lamentarci del passato dovremmo prendere atto dello sforzo unitario che c'é al presente. Non sarà granché, ma l'MPS mi pare un'aggregazione che sta facendo sforzi in questa direzione. Un vecchio amico che conosce bene il leader dell'MPS mi ha detto che prima di ritornare a fare il pastore in Sardegna, lavorava come operaio dalle parti di Genova dove ha accumulato una notevole esperienza con le lotte operaie. Se é riuscito a creare questa organizzazione e a mantenerla vitale da tanti anni, evidentemente quella esperienza é servita.
@ Grazia Pintore
Il nostro problema é che noi non contiamo per nessuno, né a destra né al centro né a sinistra. O meglio, contiamo nel senso che dice Larentu, come carne da cannone e braccia a buon mercato. Guai a sollevare i nostri diritti.Stavolta é toccato ai pastori, ma vale per qualunque categoria di lavoratori, purché sardi.Sono sicuro che a parti invertite (governo di sinistra e opposizione di destra) sarebbe stata la stessa identica cosa. Dubito che d'ora in avanti possiamo andare con la schiena diritta come dice lei. Da Civitavecchia i pastori sono ritornati con la coda fra le gambe e l'autostima a livello del mare (semprechè, prima, fosse stata alta, cosa che non mi pare). Il fatto è che noi in Italia contiamo meno degli extracomunitari. Almeno loro possono entrare clandestinamente e vengono più o meno sopportati. Noi sardi (cittadini italiani, suppongo)non possiamo superare il porto di Civitavecchia, alla luce del sole.
Meditate gente meditate
@ Maimone
RispondiEliminaTue l'ischis bene chi unu leader, o capu populu, non bastat a sa sola, bravu cantu siat, a moer mares e montes. Istu l'as ite est sutzessu a sa FIOM? E custa est un'organizatzione istorica, naschida prus de 80 annos fachet. Immazina ite fortza dian poden aer sos pastores sardos si s'aèren fraicadu una vera organizatzione unitaria. Cantos sun sos pastores in Sardigna? Isco chi sunu medas, medas de prus de sos chi aunit Floris, sa Coldiretti e sa Cia postos paris. Proa a ti los immazinare aunidos, sa fortza chi dian aer in Sardigna e in fora. S'esperientzia de Civitavecchia lis diat dever, a parrer meu, imparare chi solu unidos si binchet peri chi non s'abochinet "fortza paris".
Mi sforzo di capire perché l’articolo di F. Pilloni mi abbia fatto l’effetto di un “gancio” alla bocca dello stomaco (Perdonate la metafora legata al pugilato, ma è quello di Gianni Zuddas, di Piero Rollo e Salvatore Burruni, gladiatori sardi di tempi lontani). Forse perché si fa sentire la cattiva coscienza di non aver seguito con la dovuta attenzione tutte le vicende dei nostri pastori. Ho solo una vaga idea di quanto possa essere successo a Civitavecchia. Diciamola tutta: in qualche modo me ne sono fregato. Stavo dietro problemi più importanti: lo “Scontro di Civiltà”. Non mi rendevo conto, e ancora tentenno, che lo MPS rientrasse in tale scontro.
RispondiEliminaMolta acqua hanno scaricato in mare, il Tirso, il Flumendosa e i nostri piccoli rii, roba da ridere se confrontati col Po, il Reno e il Danubio, da quando fu impressa su bronzo la Tavola di Estertzili. I pastori si lamentavano, i contadini si lamentavano, lo Stato interveniva e sanciva le regole: non è dato ai sudditi di farsi “giustizia”, la “violenza” è solo nelle mie mani.
Da quanto ho capito, violenza c’è stata in quel di Civitavecchia; “come d’habitude” da parte dello Stato e i nostri pastori sono rientrati “con la coda tra le gambe”. Purtroppo è vero: la “Legge”, su quel versante è stata ripetutamente violata, senza che l’ “Autorità” abbia dato segni della sua presenza. Ma, la Legge, è stata violata? E di quale Legge parliamo? Domande a cui è difficile dare una risposta che soddisfi tutti.
Almeno, una volta, si imprimevano nel bronzo, a perenne monito, le decisioni sancite. Il gioco era sempre quello: chi dava, dava e chi aveva, aveva; questa volta, solo botte e tutti zitti: nessun “indignato speciale”, né in servizio permanente effettivo né di complemento.
Poca acqua portano al mare i nostri modesti fiumi.
Maimone dice: "Beato lui (che sarei io, ndr) che riesce a mantenere l'aplomb anche in simili situazioni".
RispondiEliminaO Maimò, sapessi quanto mi girano!
Ho aspettato qualche reazione anche su questo blog; alla fine non ce l'ho fatta più.
Dite, credete che i pastori siano tornati da Civitavecchia con la coda fra le gambe?
Io non ci credo. Avranno accresciuto solamente la loro determinazione, non la disistima di se stessi: d'ora in poi saranno più scaltri, più preparati e, forse, anche meno pacifici.
La cosa non finisce qui.
I sardi sono molto,molto dignitosi ed anche io sono convinta,o perlomeno,lo spero,che terranno la schiena dritta e si riorganizzeranno ma, ha ragione il Signor Larentu, devono essere tutti,tutti uniti e vinceranno.Voi pensate che sono un'invasata ma,fin da piccola,ho sempre ammirato la dignità dei sardi nella loro povertà e questa dignità non l'ho mai vista così forte in nessuna altra regione.Quando ascoltavo parlare gli operai che,per protesta,erano all'Asinara,avevano una decisione,una proprietà di linguaggio e,sopratutto una dignità che mi incantava.Ho visto sulla 7 il giornalista,sardo,Luca Telese commuoversi quando parlavano 2 rappresentanti di questa protesta.Signor Pilloni,l'ironia,è l'unico modo per soppravivere in questo mondo asservito al dio denaro,e,di conseguenza,alle ingiustizie alle quali noi ci opporremo sempre.
RispondiEliminaSarò un fatalista ma ritengo impossibile l'unità di intenti sia dal punto di vista delle lotte sindacali che da quello delle lotte popolari in genere. E' la natura stessa che ce lo dice, perché gli interessi di ognuno spesso non coincidono. Diverso é il caso quando le decisioni vengono prese da uno o da un ristretto numero di persone. In tal caso la decisione viene imposta e...totu mudos.
RispondiEliminaNel caso dei sindacati, l'esistenza di tante sigle, spesso in disaccordo tra loro, é legata, a parer mio, alle motivazioni ideologiche all'origine del sindacato stesso. Un sindacato di sinistra come la FIOM é difficile, per non dire impossibile, che si possa accordare su politiche di destra.
Analogamente, se si è sentita l'esigenza di creare il Movimento Pastori Sardi é evidente che molti non si sentivano rappresentati da quelli già esistenti. Come può l'MPS accordarsi con la Coldiretti, ad esempio, da sempre collaterale con le maggioranze di governo?
L'unità é sì un bene prezioso, ma perseguibile solo in rare occasioni.
In linea generale concordo con la Sig.ra Grazia che siamo stati sempre un popolo dignitosissimmo, anche nelle nostre disgrazie. Non so, dopo Civitavecchia, se saremo ancora così, visto che é bastato uno sconosciuto funzionario di polizia, forse anche di grado poco elevato, a rintuzzare tutte le nostre velleità. Franco Pilloni dice che ciò accrescerà la nostra determinazione ma io ne dubito. Sembriamo pugili colpiti da un pugno micidiale e sull'orlo del KO. Bisognerebbe connettere in fretta le idee e decidere di diventare finalmente soggetti del proprio destino, anzichè restare perenni sudditi altrui. Ma tant'é. A giudicare dalle reazioni (timidissime, per non dire del tutto assenti) dei nostri leader politici, c'é poco da stare allegri anche per il futuro.
Signor Maimone,sono ottimista di natura ma,purtroppo,la sua analisi è più realista della mia.Continuerò,indefessamente,a sperare ed ad augurarmi che i pastori sardi riescano a vincere la loro battaglia anche perchè,noi sardi siamo meda tosturrudos.
RispondiEliminaSignor Elio,visto che Lei è in contatto diretto con Norace che le beve vino e cafè,metta una parolina buona con questo gran progenitore,e gli dica di organizzare una fantastica ribellione de sos pastores nostros e diata unu carzu(si narata gai,calcio?) a su funzionariu de polizia chi s'este comportau gai male cun sos nostros amigos pastores.
RispondiElimina@Maimone
RispondiEliminaContinuo a sostenere che il problema dei pastori ( come quello dei lavoratori) è l'unità . A prescindere dalle sigle, i problemi dei pastori Coldiretti, Cia, Mps, a mio modesto parere, a prescindere dalle collocazioni politiche o patitiche, sono gli stessi. La questione di una lotta vera, che può davvero essere vincente, presuppone una piattaforma rivendicativa chiara, la creazione di più vaste alleanze al di fuori del settore pastorale, l'individuazione delle controparti certe che non sono soltanto la Ras e/o lo Stato, ma sopratutto gli Industriali del latte. Se il movimento dei pastori riuscirà per esempio attuare forme di lotta che penalizzino d'avvero le grandi aziende casearie, credo che i signorotti del latte torneranno a più miti consigli. Se non si fa questo continueranno e continueremo a piangere davvero anche questa volta " sul latte versato", e non sarà sufficiente la nostra "incazzatura".
Larentu parla come uno che mi legge nel cuore.
RispondiEliminaA mio parere, l'errore che non dobbiamo commettere, o meglio, che i pastori non debbono commettere, è quello di cercare sponde nei politici regionali o in quelli nazionali.
Come si è ben visto, nessuno dei politici è intervenuto a porre rimedio a una situazione insostenibile, fino a quando non sono stati messi alle strette dalle proteste dei pastori.
Eppure i problemi erano sotto gli occhi di tutti da almeno 10 anni.
Civitavecchia non è stata la sconfitta dei pastori sardi, bensì la sconfitta dello Stato, di uno Stato che ha la Costituzione più liberale del mondo, ma viene ignorata e calpestata di volta in volta dal Ministro dell'Interno di turno.
Se qualche sardo era perplesso di fronte all'azione rivendicativa, anche dura, operata dai pastori, se era rimasto tiepido perché gli parevano problemi che non lo riguardavano in prima persona, ora dopo Civitavecchia ogni sardo che sia degno di considerarsi tale, non può fare a meno di essere solidale con i pastori offesi nella dignità e lesi nei legittimi diritti.
Mi sembra più che chiaro che a Civitavecchia i pastori non rappresentavano solamente se stessi o, al massimo, una categoria produttiva, ma erano rappresentanza visibile del malessere di un intero popolo, defraudato da questo Stato anche nel conteggio delle risorse che spettano alla Sardegna, così come concordato.
Dunque a me pare, e questo eleggo a simbolo come candela accesa a illuminare il nostro futuro, che non solo fra i pastori vi è unità d'intenti, ma che ora sono consapevoli che dietro di loro, insieme a loro, marcia un intero popolo incazzato.
Parlo del popolo fatto di uomini e di donne di questa nazione, non di organizzazioni politiche o partitiche, evidentemente.
Finalmente, ecco un segnale chiaro di riscossa: Forza paris ca est s'ora giusta!