Questo blog si è a lungo occupato dei ciottoli iscritti ritrovati nei pressi del nuraghe Crocores un anno di secca del lago Omodeo. Sono stati chiamati i ciottoli di Allai, benché in realtà vengano da Bidonì, perché ad Allai furono identificati da Gigi Sanna come reperti etruschi. Fu sollecitato ad esaminarli dal Comune e dallo scopritore, Armando Saba, un gentiluomo appassionato di archeologia che ha pagato la sua passione prima con una denuncia al Carabinieri da parte della Soprintendenza, poi con un rapporto dei CC che lo accusavano di falso senza mezzi termini, quindi con una perizia dell'etruscologo dottor Marco Rendeli anch'esso senza alcun dubbio sulla falsità dei reperti e infine con il rinvio a giudizio davanti al Tribunale di Oristano. Prudenza avrebbe consigliato l'affidamento della perizia a un epigrafista e non a un pur bravo archeologo, fanno mestieri differenti. Tant'è che Gigi Sanna, con questo articolo e con altri che ci ha promesso, smonta pezzo a pezzo la tesi del dottor Rendeli sui "falsi di Allai", una tesi, val la pena di ricordare, non solo accademica né innocentemente culturale: porterebbe un uomo in galera, se il Tribunale di Oristano dovesse prenderla per buona, senza una controperizia di chi sia esperto nella "scienza che decifra e mira a datare le epigrafi". [zfp]
di Gigi Sanna
Premessa metodologica - Margherita Guarducci, la grande studiosa epigrafista fiorentina del secolo scorso, autrice del famoso testo di 'Epigrafia Greca' in 4 volumi, così scriveva alla p. 4 in 'L'epigrafia greca dalle origini al tardo impero' (ripubblicato dall' Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 2005) a proposito del 'metodo' dell'epigrafista (che fosse questi un principiante o non): “Parlando di metodo intendo, naturalmente, alludere a quel metodo sano e fecondo, unico per tutte le discipline, che si basa, come scrivevo in Epigrafia Greca (p. 26) 'sulla obiettiva considerazione del documento, sul rispetto di qualsiasi elemento ch'esso ci offre, sulla deduzione rigorosamente logica delle conseguenze dalle premesse'”.
Tra le altre raccomandazioni, dunque, si sottolineano:
a) l' obiettiva considerazione del documento.
b) il rispetto di qualsiasi elemento che esso ci offre.
c) la deduzione rigorosamente logica delle conseguenze dalle premesse.
Descrizione dell'oggetto - Il documento chiamato Crocores 6, rinvenuto dal rag. Armando Saba, cartografo e funzionario della RAS alla fine degli anni '80, in territorio di Bidonì presso il Nuraghe Crocores (quando il lago Omodeo si trovava ad essere completamente in secca), è un oggetto di pietra fluviale di forma allungata (ellissoidale) dalle misure di cm 5 in altezza e cm 1,5 in larghezza. Un oggetto dunque molto piccolo, dallo spazio scrittorio assai limitato, che fa da supporto ad una scritta composta complessivamente da 27 segni disposti su 9 linee di 3 segni ciascuna (v. figura).
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@ gfp
RispondiEliminaNon poto zuicare su ch'iscriet Gigi, ca no apo cumpetentzias, ma poto espressare su parere meu supra una zustissia chi che lassat in fora bandidos, mortores, furones de dinari pubricu, bancarutteris, e protzessat un'omine chi at solu sa curpa de istimare una sientzia chi serbit a nos contare s'anticoriu nostru e a nos facher iscoperrer sas raicrinas nostras. B'at carchi diferentzia tra sos chi acusan oe a Armando Saba, e sos inquisitores de deris?
@ larentu
RispondiEliminaDiferèntzias bi nd'at: sos incuisidores de tando non si cuntentaiant de una morte simbòlica. E però tenes resones faeddande de Incuisitzione. Sa de eris e sa de oe cundennat sos erèticos. Tue pensa chi, comente at contadu unu cronista de sa Nuova, “Neanche il tempo di presentarli, che i reperti sono stati bollati in tutta fretta come falsi dalla Sovrintendenza”. Sa fide narat chi repertos gasi non bi podent èssere e a chie narat s'incontràriu est ca est un'erèticu de brusiare. Mancant sos fogarones pro sas brujas, ma b'at sos tribunales.
In sa pacu die chi m'abbarrat, lizendhe su chi iscriet e iscurtendhe cando faedhat, calchi cosa mi c'at a intrare in conca de s'iscientzia sua. Pro i-como torro gratzias a Zizi e li naro a sichire su caminu mesu sa "pedra", sa bona e sa mala, ca de-i custa non nd'at a mancare ma custu,isse, za' l'ischit bene.
RispondiEliminaLare', mira ca sa "zustissia" est una e candho est mala est mala pro totus.
@
RispondiEliminaElio
Est beru chi sa zustitzia est una sola, ma si est mala no est mala cun totus a sa matessi manera. Cun sos omines de su potere mi risultat chi siat prus piedosa, benigna e clemente.
@ Larentu, Gigi Sanna
RispondiEliminaLare', Larè, su chi nas est sacrosantu. Est su podere chi cambiat cara che mariane. A bias si faet finas anzone, pedindhe zustissia a boches mannas, e si capitat matzone chin collarinu de ermellinu, est su zustu a patire sa "zustissia". O nono, Zizi?
@ Elio
RispondiEliminaSa zustissia si semper zusta esseret/
no fachet pinnica su chi naras tue/
a su poverittu lu trazat rue rue/
lassat facher a "Potente" su chi cheret./
Si bido su "matzone" incadenadu/
"Zustissia", naro, m'as acuntentadu...
Emmo, emmo. Ma su contu est un'ateru puru. Como jeo cun cust'articulu fatzo su poddighe a sos chi si ponent in pua e non s'acatant chi cantu prus unu est omine de iscientzia depet traballare e abbaidare sas cosas cun sabidoria. S'arriscu de s'improddu est cussu de timere, comente dimoniu. Sa mente sua depet esse sana e libera, comente sa de sos omines zuzes nostros de sa 'idda in s'antigoriu. Zuze cheriat narrer un'omine connotu comente sabiu e onestu e sa beridade fuit 'sempere' beridade ca totus bidiant, mancari in sa difficultade de s'iscuridade, s'isfortzu de sa sabidoria e de s'onestade in sos arresonamentos e in sas chistiones.
RispondiEliminaCinicamente Talleyrand diceva “Il potere logora chi non ce l'ha”. Difatti, appena lo si ottiene libero sfogo alle frustrazioni represse.
RispondiEliminaChiamati a dare semplici pareri tecnici, perché non infiorettarli con personalismi?
Perché farsi sfuggire l'occasione?
Perché non allungare la gambina è piazzare uno sgambetto da manuale?
Perché non vestire toga e parrucca e giudicare?
E siamo a quota due.....su due!
Una bella lezione per chi vuole invadere l'orticello.
Scrive il professor Sanna:
L'oggetto...... ha mantenuto ben visibili tutti i segni tranne l'ultimo (a partire dalla destra) della nona linea. Ciò è dovuto, con ogni probabilità, all'azione lenta ma continua dello sfregamento della corrente sul fondo dal momento che la pietruzza si trovava nella parte centrale del lago dove c'era (e ancora c'è) il letto del fiume Tirso. Detta azione continua di sfregamento ha interessato forse anche la parte sinistra superiore di essa laddove l'ellisse appare lievemente irregolare e asimmetrica rispetto alla parte destra.
Un controllino anche al supporto sarebbe forse buona cosa, credo.
Interesserà il vero giudice?
Valerio Saderi
Cara Aba, è proprio così. Io se fossi stato scelto come perito (cosa impossibile, naturalmente, perchè mi porto appresso il titolo di 'sedicente studioso' e 'sedicente studioso epigrafista')avrei detto papale papale: 'Signori miei, se volete una consulenza e una perizia che non dia adito a critiche, vi costerà un po' perchè io il Fegato di Piacenza (così implicato nella presunta falsificazione e cardine di essa) lo voglio vedere con i miei occhi. Direttamente al Museo. Mica offro consulenze fidandomi di un disegno o di una fotografia! Come vedi cara Aba io quindi, anche se vedo bene i segni e
RispondiEliminami è servita moltissimo, non sono contento, neanche della fotografia del Ricci che ho prodotto per la dimostrazione. Tieni presente che quando qualcuno mi manda delle fotografie su presunti documenti di scrittura nuragica dico sempre che quello, cioè la presa visione dell'immagine, è semplicemente il primo passo. Il secondo è quello di vedere, se possibile il dato epigrafico di persona. Non bisogna fidarsi, se possibile, di nessuna riproduzione. Il terzo è quello di tornarci su, più volte per trarne con certezza (sempre relativa e mai assoluta)delle conclusioni. Così mi sono comportato con l'allora signor Armando Saba, quando ancora non lo conoscevo neanche di persona (per la cronaca: l'anno successivo a quello della pubblicazione di Sardoa Grammata, 2004).Crocores 6, per es., l'ho esaminato più volte perchè allora (parlo dei primi mesi in cui l'ho potuto osservare) il dato della legatura del FP, non riprodotta nell'oggetto di Bidonì (ma addirittura 'spiegata', con lo stacco delle due lettere!)era per me un dato provvisorio ma quasi sufficiente per stabilire che l'oggetto non era un falso. Nessun etruscologo (che io sappia) ha mai parlato di legatura alla l.6 nella terza casella. NN+I era TINS e tale lettura è rimasta nella letteratura. Purtroppo! E così si va come pecore e si fa casino.
Per ADG.
E' sempre l'occhio che è giudice, il più delle volte l'unico giudice. L'ultima lettera di cui parlo circa il documento non è chiara, a causa dello sfregamento, come le altre, ma è comunque 'leggibile' tanto che illumina la lettera del F.P. (anch'essa fraintesa e trascritta erroneamente dagli studiosi).
Ma sull'azione dell'acqua e su detto sfregamento che hanno interessato le pietre (per altro durissime)interverrò con uno degli articoli di cui vi ha parlato Gianfranco.
Scusate. So che non c'entra un cavolo in questo articolo. Ma non so come fare. Qualcuno potrebbe fustigare a sangue Mauro Peppino Zedda perchè mi mandi finalmente le foto del documento nuragico scritto (spillone di bronzo) presentato nella conferenza di Senorbì da Bernardini? Sarà oggetto di discussione durante il Corso di Epigrafia nuragica. E' mai possibile che quello che si riesce a far vedere al pubblico in qualche ora di impegno non si riesca a farlo vedere neanche dopo un anno?
RispondiEliminaO Zua' mi cheres... azuare?
l'articolo di bernardini te lo porto il 29!
RispondiEliminaAndat bene. A su bintinoe assoras! Abbaida chi ddue siat sa foto de s'ispillone. E si est possibile crara meda, assumancu a su chirru de s'iscritta. Ma s'articulu chi tue ses mentovande inue s'agatat?
RispondiEliminafiada aintru de una libru editu de su museu de Senorbì (chi iada organizzau su convegnu).
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