martedì 2 novembre 2010

Decidiamoci, il vecchio Taramelli è affidabile o no?

di Giuseppe Mura

L’archeologo Antonio Taramelli, da direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e, successivamente, da sovrintendente agli scavi e musei archeologici di tutta la Sardegna, nonché titolare della cattedra di archeologia all’Università di Cagliari e membro dell’Accademia dei Lincei, dedicò decenni alla sua passione per le antichità dell’Isola, tanto è vero che la considerava una sua seconda patria.
A questo studioso va riconosciuto un particolare merito: alla solerzia con la quale organizzava e seguiva direttamente innumerevoli campagne di scavo, faceva seguire immancabilmente la pubblicazione dei risultati ottenuti. Si tratta, quindi, di una figura professionale da prendere come esempio ancora oggi.
Premesso che questo articolo intende essere esclusivamente propositivo, in quanto sono convinto che la coerenza debba essere un fattore fondamentale per gli studiosi che intervengono in un blog che, tra l’altro (Zuanne, se mi sbaglio correggimi) si propone di scoprire la verità sulle antiche culture della Sardegna, vorrei fare alcune considerazioni.
Dalla lettura e, perché no, dagli interventi personali nel blog, ho constatato che le testimonianze lasciate dal buon Taramelli sono utilizzate per lo meno in modo improprio e singolare.
Infatti, quando qualcuno ha citato le opere e le affermazioni dello studioso per suffragare determinate ipotesi, si è beccato l’accusa di utilizzare studi “obsoleti” e di non essere “sufficientemente aggiornato”.
Recentemente, Antonio Taramelli, autore tra l’altro delle “Carte archeologiche della Sardegna”, è stato citato per definire la densità dei nuraghi interessanti una determinata regione dell’Isola: gli è stato risposto che uno studioso “che scrive nei primi secoli del Novecento” non può essere affidabile per definire il numero di questi monumenti.
Strano, ero e sono convinto che le testimonianza di chi ha “contato” il numero dei nuraghi in passato sia più valida del conteggio odierno. Tanto è vero che le ultime carte dell’IGM riportano una quantità di edifici decisamente inferiore rispetto all’aggiornamento precedente.
Ancora più recentemente, a proposito di un’ulteriore testimonianza lasciataci dallo stesso studioso e ricordata nell’articolo titolato “Ma guarda quante novità del vecchio Taramelli”, ho letto dei giudizi addirittura entusiasti sull’operato dell’archeologo che, preciso, condivido pienamente.
Insomma, mi pare di capire che le testimonianze del buon Taramelli ricevano un trattamento diverso a seconda dell’argomento trattato e, ma vorrei proprio sbagliare, della persona che le propone. Spero che lo “strattonamento” sulle cose dette dallo studioso del Novecento non continui: per essere credibili bisogna, prima di tutto, essere coerenti e decidere, una volta per tutte, se affidagli o no la nostra fiducia.

14 commenti:

  1. A proposito del censimento dei nuraghe, e degli studi eseguiti dal Taramelli e dagli altri archeologi del passato, c'è da fare una importante osservazione. Nelle società agricole, e la nostra lo era profondamente fino a tutti gli anni Cinquanta, la prima attività che svolge un contadino nel suo terreno è quella dello spietramento. Si ottengono tre risultati allo stesso tempo: Ripulire la superficie dalle pietre sparse, rendere il terreno pronto ad accogliere l'aratro, ottenere materiale per la costruzione del muretto di confine. Le pietre si possono collocare in due modi: al centro del terreno o ai lati. Quando il terreno offre edifici superflui all'utilizzo prettamente agricolo, questi vengono smantellati e utilizzati come recinzione o riutilizzati per assemblare un rifugio. Le conseguenze di queste poche righe sono immaginabili e preferisco non scriverle.

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  2. Ciao Pierluigi
    proprio negli anni Cinquanta del secolo scorso, guarda caso, la Regione Sardegna intervenne finanziando lo spietramento dei terreni per uso agricolo. Se permetti io azzardo quali siano state le conseguenze: mi risulta che, da allora, le ricerche archeologiche si siano estese ai cumuli di pietra ben allineati lungo i confini dei terreni!
    Ma, per restare al tema di Taramelli, lo ritieni o no affidabile? A mio parere è stato uno dei migliori di quel periodo, anche perché non mi sembra che si sia fatto influenzare più di tanto dai suoi predecessori, colti dalla più frenetica delle "Feniciomanie".

    Giuseppe Mura

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  3. Sono necessarie almeno tre riflessioni.
    La prima riguarda il periodo in cui Taramelli scavò. Purtroppo i metodi erano quelli di inizio Novecento, e una parte significativa di reperti e contesti è stata perduta per sempre (avviene anche oggi ma la schedatura è dettagliatissima). Taramelli si impegnò al massimo delle sue possibilità e della tecnologia applicabile in quel periodo, e fu grande anche per questo.
    La seconda riguarda i reperti. Voci di popolo (non sempre affidabili ma pur sempre da tenere in considerazione) parlano di tanto materiale interessante prelevato a piene mani e trasportato via dalla Sardegna. Questo dato non è provabile, ma se un giorno si scoprisse che avvenne realmente sarebbe un gravissimo danno per la nostra cultura.
    La terza, quella che ci interessa da più vicino, riguarda le nostre conoscenze attuali. La rilettura dei testi antichi offre sempre spunti interessanti e, almeno all'apparenza, nuove rivelazioni. Se applichiamo i nostri filtri culturali per studiare a fondo i dati che ci lasciarono i grandi archeologi del passato avremmo certamente tante nuove strade aperte per la ricerca.
    In conclusione...Taramelli è affidabilissimo se utilizziamo filtri adeguati alla sua visione del periodo.

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  4. @ Pierluigi Montalbano
    é vero: gli scavi del tempo non possono essere minimamente paragonabili a quelli odierni in termini tecnologici. Tuttavia va tenuto conto anche del fatto che ai tempi di Taramelli i siti erano probabilmente inesplorati: col rinvenimento degli oggetti e l'apertura del mercato clandestino non sarebbe più stato così.
    Spero proprio che l'esportazione di reperti da parte di Taramelli non corrisponda alla realtà: sapevo della "fuga" di cimeli di ogni tipo dagli scavi dei siti preistorici di Cagliari (è sufficiente dare uno sguardo all'analoga sezione del "Pigorini" di Roma!).
    Condivido in pieno la tua terza riflessione.

    Giuseppe Mura

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  5. @ Pierluigi Montalbano
    Caro Pierluigi, i nuraghi hanno il torto di sorgere in luoghi che con l'agricoltura hanno poco a che fare. Sarà perchè chi li ha costruiti preferiva farlo sulla roccia e non sulla 'sabbia', i coltivi non è facile trovarli nelle immadiate adiacenze di un nuraghe.
    A parte questo, lo spietramento è condanna 'biblica' dei Sardi con poche eccezioni 'superficiali'. I contadini per 'liberare' il terreno dai nuraghi e dalle loro pertinenze avrebbero dovuto iniziare il lavoro e portarlo avanti per tutta la vita, lasciando il compito della coltivazione ai figli se non ai nipoti. Ammetterai che movimentare certi blocchi per costruire un muretto a secco o una "barraca" "no'est cosa de far'a discansu".
    Diciamo piuttosto che il saccheggio, sempre relativo, può essere avvenuto ad opera di costruttori di chiese o di case padronali coi materiali più maneggevoli di nuraghi già diroccati. Non mi pare che il numero di quei monumenti possa essere variato dai tempi di Lamarmora, tanto meno da quelli di Taramelli, in qua. Anzi, ho il sospetto che di nuraghi ce ne siano quanti ne sono stati costruiti. Quanto ai censimenti del IGM, non escluderei considerazioni di ordine "strategico", più giusto sarebbe dire "burocratico", sulla variazione del numero complessivo delle nostre "torri".

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  6. @ Elio
    Scusa se mi inserisco nella tua per Pierluigi, ma non sarei molto sicuro del fatto che "il numero di quei monumenti possa essere variato dai tempi di Lamarmora, tanto meno da quelli di Taramelli, in qua". Chiaccherando con gli anziani più anziani del mio paese, dal territorio piuttosto vasto, mi narrano di numerosissimi siti e nuraghi che conoscevano da ragazzini e che oggi sono scomparsi per sempre, anche grazie all'asportazione delle pietre.
    Cosa intendi per considerazioni di ordine "burocratico" a proposito dei nuraghi censiti da IGM?

    Giuseppe Mura

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  7. @ Elio
    L'analisi e lo studio delle svariate strutture turrite presenti nell'antica "Tirrenide" ci può facilmente suggerire che lo stile definito riduttivamente "nuragico" è la caratteristica fondamentale delle strutture sarde dell'epoca, come lo sono stati altri "stili" relativamente ad altre epoche o come lo sono adesso relativamente alle nostre opere pubbliche e private: dettate da una moda!!
    L'erezione di tali strutture e quindi la relativa complessità si possono a tutti gli effetti individuare come appunto legate al territorio che le ospita. Piane agricole, cime amene, aree minerarie, aree funerarie, punti di osservazione astronomica; ciascun contesto presenta le proprie strutture e le relative articolazioni. Per farla breve centro vitale = insediamento vasto con strutture civiche e cultuali oltrechè politiche mentre centro minerario pochi agglomerati abitativi e vicinanza di risorse. Zone funerarie caratterizzate da struttura senza altre capanne attorno ma solo contesti cultuali. Le consiglierei di girare e vedere le innumerevoli varianti e combinazioni vitali e poi rivedere le sue posizioni.

    @ Peppino, Pierluigi, Atropa
    a mio parere avete colto benissimo il segno tutti e tre:
    1° relativa antichitità e quindi "trasparenza d'animo nelle valutazioni"
    2° metodi di scavo non certosini e immensa esportazione di beni(tanto chi li conosceva? visto che ad esempio il Lilliu ha dichiarato falsi dei bronzi "cornuti" e scritti in Lineare A - La Marmora Atlas).
    3° ricchezza immensa di particolari e informazioni (Peppino e Pierluigi conoscono come la penso sull'analisi del contesto di Ortu Comidu - Sardara)tali da permettere rivalutazioni dei contesti.
    4° Demolizione consapevole e forse dettata dall'ingenuità operata negli ultimi settanta anni.
    Complimenti sareste degli ottimi collaboratori! Raggiungete, da punti differenti risultati collimanti. Alla faccia del "pocos, locos e male unidos!!!
    Salutoni
    Marcello

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  8. da Franco Laner
    Domanda molto mal posta. Archeologicamente ha fatto cose buone e normali, ma ha anche preso delle belle cantonate. Se il giudizio si sposta al suo ruolo politico e alla strumentalizzazione ideologica che ha fatto dell'archeologia, il giudizio è per me pessimo.

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  9. @ marcello cabriolu

    Sono qui per imparare. Curiosità minima: perchè le minuscole? Poi, cosa intande per "Tirrenide" antica? Lessi, qualche tempo fa "la Tirrenia antica", due volumi di Claudio de Palma, che mi intrigò moltissimo, in cui, di sghimbescio, entrava la Sardegna per i suoi contatti con l'Etruria.
    Vorrebbe chiarirmi meglio l'influenza di una moda su quel particolare tipo di costruzione che furono i nuraghi? Mi son venuti in mente, con una certa apprensione, Renzo Piano, Fuksas, Gregotti e altri consimili architetti. Se Lei mi convincesse che i progettisti di nuraghi siano stati di quella genia, diventerei un bombarolo. Me ne occorrerebbe, però, di dinamite!

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  10. @ Giuseppe
    Mi potresti far conoscere l'età degli anziani più anziani? Ti potrebbero anche dire che fine hanno fatto le "pietre" di quei nuraghi demoliti? Tutte in muretti a secco o in baracche? Io che in campagna ho girato moltissimo, a incominciare da quando, piccolissimo, accompagnavo mia madre che portava il pranzo a "is messadoris" (ma questo lo dico al signor cabriolu che in campagna ci va per vedere "le innumerevoli varianti e combinazioni vitali"; appena riuscirò ad impararlo rivedrò le mie posizioni), non ho mai sentito un anziano, anche anzianissimo, che mi abbia mai detto: "Qui c'era un nuraghe, ora non c'è più." Sarà per questo che la mia zona è una delle più densamente interessate dalla presenza di queste "strutture civiche e cultuali oltrechè politiche"?
    Essendo lo IGM un istituto militare, l'interesse per un territorio può evolversi strategicamente nel tempo con riferimenti trigonometrici diversi; ma essendo anche un ordinamento burocratico, può risentire della diversa "sensibilità" dei burosauri che si avvicendano. Questa, però, è una mia malignità.
    Un abbraccio, Giuseppe.

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  11. @ Franco Laner

    Condivido la sua affermazione "Domanda molto mal posta", mi sembrava di avere chiarito il perché di una sorta di provocazione.
    Ricordando che il mio è un semplice parere, insisto: archeologicamente parlando le cose buone fatte da Taramelli superano quelle normali, vedrà, grazie ad attenti ricercatori (come Atry) salteranno fuori altre sorprese.
    Se la mettiamo sul piano politico e ideologico penso che si salvino in pochi, specie in quel periodo; in ogni caso, ripeto, affermare allora che la civiltà Etrusca fu in qualche modo influenzata da quella nuragica non era cosa da poco.
    Saluti

    Giuseppe Mura

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  12. @ Marcello Cabriolu

    finalmente qualcuno che parla di vero e proprio "stile nuragico" nelle costruzioni.
    D'accordissimo sul fatto che tutte le pubblicazioni archeologiche, a cominciare da quelle più vecchie descriventi aspetti particolari in modo minuzioso, possono essere utilizzate per rivalutare aspetti finora trascurati.

    Giuseppe Mura

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  13. @ Elio

    pensa che nel mio paese esiste un rione chiamato "si bixiau de sa Turri". Ebbene, a detta degli anziani più anziani i costruttori delle case circostanti attinsero a piene mani dal cumulo di pietre rimaste dell'antica torre dopo la costruzione della chiesa che, guarda caso, durante i lavori di restauro del pavimento, ha restituito le antichissime vestigia nuragiche.
    Grazie per la spiegazione sull'IGM.
    Ricambio l'abbraccio

    Giuseppe Mura

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  14. @ Elio

    Beh non mi sembra il caso di insegnare qualcosa a qualcun'altro la mia riflessione era rivolta solamante al fatto che abbiamo a che fare con un gruppo umano socialmente e culturalmente evoluto. Non dico che sia stato composto da individui con le nostre esigenze attuali ma possiamo dire che almeno il 70% delle nostre attuali abitudini e usanze deriva dal periodo (cucina, medicina popolare, agricoltura, allevamento e pesca, metallurgia, educazione, arredi,vestito sardo, lingua etc ect..) se non prima!!! Quindi mi pare corretto elaborare una società non esclusivamente militarista ma neanche bigotta oppure esclusivamente agricola o ancora (a detta di alcuni) profondamente troglodita e legata a forme commerciali di esclusivo baratto o scambio. Abbiamo a che fare con una società con esigenze civili e cultuali gestite da un sistema politico e amministrativo forse all'avanguardia anche per la nostra attuale concezione politica. Ecco perchè tale società si riflette sulle strutture pubbliche e private evidenti e latenti o si riflette sui manufatti disseminati sul territorio, compresi quelli con iscrizioni (dediche o addirittura i contenuti dei recipienti). La complessità sociale palesata dalle figure bronzee, mostra una differente esigenza civile. La variegata produzione manifatturiera evidenzia una complessa esigenza sociale. Risulta perciò inverosimile dichiarare che tutti producevano tutto ma probabilmente gia si sviluppò una specializzazione delle arti e dei mestieri necessaria ad esempio per tenere dei ritmi produttivi alti e la manutenzione minima delle strutture edilizie o dei sistemi portuali o delle reti viarie o dei sistemi estrattivi.

    Anche a Sant'Antioco, dove abito, innumerevoli sono i toponimi relativi a nuraghi ora scomparsi, altri esempi quali San Nicola a Orroli mostrano come capanne e nuraghe si siano "trasformati" in centro abitato. Risulta quindi verosimile parlare persino di spoliazione dell'ultimo cinquantennio.

    Saluti
    Marcello

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