di Efisio Loi
Troppe cose mi sono perso, prima di frequentarvi. Una risale al 13 febbraio scorso, l’articolo di Giandaniele Castangia, archeologo e uomo d’onore (nel senso shakespeariano, non cosanostrano). Difendeva la sua categoria e a ragion veduta. Ne riconosceva le pecche, in ambiente sardo e ricordava Lilliu e il suo tempo: il tappo (anche qui non equivochiamo: tappo in senso di chiusura, di egemonia culturale difficilmente rimovibile). Solo in ambiente sardo sembrava di capire; l’Accademia della penisola ne è stata immune?
A proposito di egemonia culturale, un discorso più approfondito sullo ‘spirito resistenziale dei Sardi’ andrebbe fatto (chi sa che non mi riesca di tirare fuori un lavoretto, già di qualche tempo fa, senza pretese di scientificità ma di cui sento aleggiare le istanze nei discorsi e negli scritti anche di questi giorni. Aspetto offerte editoriali). Scherzo si intende, mi accontento, qui, di fare una semplice riflessione: purtroppo, quando si esprimono idee sbagliate sotto lo scudo di un’egemonia culturale, il danno conseguente non è rimediabile, se non in tempi molto più lunghi di quanto ne occorra per porre rimedio a una fesseria detta senza supporto culturale adeguato. Dal momento che all’errore, anche in perfetta buona fede, tutti sono soggetti.
Torniamo a Giandaniele. Il suo rammarico è dovuto alla sempre deprecata scarsità di risorse per cui gli archeologi non possono fare quanto, per diritto e dovere, dovrebbero. Scarsità di risorse che, però, sembrerebbe solo relativa, dal momento che per la sagra della ‘fregula sarda’ – mi son dato al ‘riso’, amaro – i fondi si trovano.
Ho paura che così continuiamo a piangerci addosso. A scaricare su qualcun altro, dallo stato all’amministrazione comunale la nostra incapacità di vedere quel che ci conviene fare. Stato e amministrazione comunale sono nostra diretta espressione, checchè se ne dica. Non basta il Cavaliere, con tutta la sua potenza televisiva, a spiegare il nostro immiserimento. Ho paura che un ruolo notevole lo abbia giocato l’egemonia culturale. E non parlo di quella di Giovanni Lilliu, ma di quella ben più vasta e avvolgente che ha condizionato il nostro vivere civile, per non andare oltre, in questi ultimi sessant’anni.
Niente da fare dunque? Non direi, anche se non sarà facile. Per quel che ci riguarda, come osservatori innamorati del passato, convinti che possa servire, amarlo, una strada ci potrebbe essere. Bisognerebbe, però, dismettere ogni ideologia, frutto, guarda un po’, di egemonie culturali, e mettere a disposizione di chi, con tutte le cautele e le garanzie del caso, il nostro patrimonio, storico, artistico e culturale, abbia la voglia e la capacità di farlo fruttare, per il proprio tornaconto che si risolverebbe nel tornaconto di tutti.
Per ora non vedo altro nel futuro, più o meno prossimo, se non monumenti in rovina e scatoloni ammucchiati negli scantinati delle sovrintendenze e dei musei.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaCaro Efisio, come ben saprai un fenomeno lo si capisce meglio dall'esterno piuttosto che dall'interno al fenomeno stesso.
RispondiEliminaUn ipotetico osservatore esterno al sistema solare avrebbe capito in un battibaleno che il sistema è eliocentrico noi invece ci abbiamo impiegato centinaia di migliaia di anni.
Allo stesso modo gli archeologi sardi educati entro le coordinate taramel- lilliane non riescono a cogliere il fenomeno della civiltà nuragica spogliato dai postulati e dagli assiomi formulati dal Taramelli e dal Lilliu. Giandaniele da Roma vede i limiti della scuola archeologica sarda (un archeologo nostrano gli ribadiva che le sue critiche erano esagerate). Osservando la scuola archeologica sarda da Cambridge all'arretratezza della scuola archelogica sarda si somma anche quella della scuola italiana!
Ora gli archeologi si trovano di fronte a due grosse patate bollenti il caso Zedda e il caso Sanna.
Sul caso Zedda hanno ormai capito di aver perso la partita (che loro hanno voluto ingaggiare, se fossero stati intelligenti si sarebbero adoperati per analizzare l'orientamento astronomico dei nuraghi) non sanno come uscirne, non hanno ancora compreso che ogni giorno che passa incrementa l'entità della loro figuraxccia.
Senza contare il danno economico che stanno facendo all'economia sarda in quanto la valorizzazione del significato astronomico dei nuraghi centuplicherebbe il loro valore nel campo del turismo culturale.
Nel caso Sanna , non stanno facendo quello che dovrebbero fare: chiamare esperti di paleoepigrafia per controllare le sue proposte. Anche se fra gli archeologi , credo grazie a Sanna, qualcosa si è mosso, ora si è preso atto che dal levante mediterraneo sono arrivate (a partire dal XIII sec a,C.) genti (shardana) che hanno portato alfabeti che furono utilizzati anche nell'Isola (resta da capire se solo dagli allogeni o anche dagli indigeni).
Porca miseria, devo stare continuamente attaccato al Blog di Gianfranco perchè sei peggio del Tirso (di una volta) in piena! Mi pare che Efisio Loi volesse allargare un certo discorso (sui danni inferti alla Sardegna dall'ideologia e dall''egemonia' culturale). Dico mi pare. Tu invece parli, sostanzialmente, solo di te e di me. Ma ne parli come ne parli, con un taglio 'egocentrico' su partite vinte, non ancora vinte o perse che non condivido affatto. Ma non sta qui il punto. Se proprio non puoi fare a meno di parlarne e di arrogarti il diritto di riassumere ciò che dico e sostengo, ti invito a farlo per lo meno correttamente. Non sbagliare i secoli, chè sono importantissimi. Io infatti ho scritto (credo a chiare lettere) che la scrittura betilica o androcentrica 'shardana' (si' quella dei shardana per i quali si è svenato e si svena ogni giorno il tuo 'caro' Leo Melis)principia almeno dal XVI secolo a.C (quindi non XIII: questo lo pensi tu). Si tratta solo, a mio modesto parere, di riuscire a comprendere,anche con l'aiuto dell'archeologia, con la maggior precisione possibile, la datazione delle cosiddette statue stele di Laconi, di Samugheo, di Allai ecc.
RispondiEliminaAnzi, ti dirò, la 'scrittura' sarda è erede e prosegue una 'scrittura' molto, ma molto più antica. Questo lo ha intuito (al solito) Mikkely Tzoroddu,come potrai vedere se leggerai il suo freschissimo ultimo aureo libretto( maggio 2010, 'I fenici non sono mai esistiti').
Dammi il tempo per cercare di spiegarlo un po' (con le mie solite 'fastidiose' tabelle).
Naturalmente chiedo scusa, per questa replica inevitabilmente 'egoistica', all'autore dell'articolo.
Estremizzo un po' quel che dice Efisio Loi: l'imbonimento delle tv commerciali (ma anche la pubblica mica ha scherzato) è una pallida luna nei confronti del sol dell'avvenire dell'egemonia culturale che ci portiamo appresso da decenni. E' tanto forte che gli Illuminati (che sono anche, per definizione, i Migliori) hanno stabilito per tutti quale sia la linea che sul terreno separa il Progresso dalla Conservazione, il Bene dal Male e, soprattutto, la Ragione dall'Irrazionale, per il quale ultimo, certo, tutti sentiamo fastidio.
RispondiEliminaSolo che agli Illuminati è bastato chiudere a muro il cerchio intorno a loro e espellere verso l'Irrazionale tutto ciò che essi hanno definito tale. Ricordate il terzo dei venti anatema contro Sergio Frau? “La moderna ricerca archeologica e storica evita il ricorso a cataclismi, invasioni e migrazioni come spiegazione risolutiva dei cambiamenti culturali, e può accogliere tali elementi solo come fattori concomitanti nel quadro di ricostruzioni interpretative di tipo sistemico su scala geografica adeguata”. E intorno, gli Illuminati eressero il muro dei Lumi: la frase non ha senso, ma stabilisce un confine netto fra ciò che è e ciò che non è.
Una volta l'egemonia culturale era esercitata dal Partito e spettava ad esso stabilire, ad esempio, il confine fra letteratura e blob limaccioso dei “pidocchi”. Oggi l'egemonia è esercitata da qualcosa che si autonomina La Sinistra ed è semplice corporazione. Qui ha deciso: la letteratura sarda è composta di cinque persone (erano sei, prima che una repobra confessasse simpatie indipendentiste), il resto non si nomina neppure. Non lo nominano naturalmente loro, non lo nominano i media. Il curioso è che quanti sono nati anche per contrastare questa visione totalizzante, in preda ad un complesso di inferiorità e affascinati da ciò che ritengono un monolite, corrono in soccorso – spesso anche finanziario e a spese di tutti – degli Illuminati i quali, e qui son bravi davvero, cooptano nel loro club la memoria di chi, in vita, con loro non avrebbero preso neppure un caffé.
Figurarsi che cosa succede in un campo, l'archeologia, in cui l'ideologia di cui parla Efisio avvolge interessi concreti di carriere, incarichi, cattedre, finanziamento di studi e scavi e li avvolge con tanta compenetrazione da far pensare che neppure esista. Nel mio ultimo romanzo, faccio dire a José Goikoetxe, epigrafista basco: “Molti linguisti proprio come capita, del resto, nella maggior parte dei rami della scienza, trovano nei loro interessi politici stimoli o impedimenti per le ricerche che devono fare. Così che una questione come lo studio della scrittura nuragica, in sé buona e pacifica, ha trovato impedimenti non a monte, nella verifica della sua effettiva esistenza, ma nelle conseguenze politiche che possono essere determinate da una risposta o dall’altra. È capitato così per l’euskera, la mia lingua, ridotta dalla politica e solo dalla politica, al punto di scomparire.”
Che fare? In primo luogo non piangerci addosso e poi fare. Se ci è possibile rendendoci conto che ci sono più linee di contatto tra i Sanna, i Frau, i Melis, le Losi, gli Zedda, i Montalbano, gli Zenoni... di quante ce ne siano tra ognuno di essi e le corporazioni degli Illuminati. Non tutti sono corrotti dal potere, altri lo sono solo dalla paura, ma è infantile sognare di essere cooptati nel loro club, sperando che lascino vuotoi uno strapuntino del salotto buono nel Tempio della Luce. In questo hanno ragione loro: l'egemonia non la si pietisce, la si esercita.
No, non mi riferisco ad una scrittura sillabica o consonantica, ma ad un ascrittura 'ideografica' del 4000 a.C. Il cosiddetto 'nuragico' mi pare una scrittura che somma complessivamente due grandi esperienze e due grandi incontri. Per questo potrebbe essere un bel 'laboratorio' per lo studio sull'origine della scrittura.
RispondiEliminaScusami ma preferisco continuare per corr.privata.
Ho letto con interesse quanto scrive Efisio Loi e mi dispiace di non essere in grado di aggiungere nulla di intelligente.
RispondiEliminaPerò mi ha colpito quella storia della "fregula sarda", sagra che mi pare si celebri in Marmilla.
Ora sa fregula, o è sarda o non è.
Quando viene trasportata in italiano, e assicuro che lo è più spesso di quanto dovrebbe, diventa fregola e si carica di significati che hanno pregnanza delocalizzata, se si può dire così.
Mi fermo qui e aspetto che alla prossima sagra ci andiate davvero e vi prepariate una risposta adeguata all'invito della signora che vi dirà: favorisce un po' di fregola, signore?
Quanto al discorso di GFP, è cosa che lui ribadisce da tanto ed io mi sento sicuro come un bambino che ascolta le parole del maestro.
Su una cosa, se posso, mi differenzio, forse perché non ho afferrato appieno il concetto. Dice infatti GFP: loro sono la Luce, noi siamo il Buio; loro sono la Ragione, noi l'Irrazionale; ecc., ho citato a memoria.
Bene, se c'è una cosa che mi affascina, questa è l'Irrazionale.
Anche in matematica, anche in fisica, per quel poco che ho imparato.
E' pur vero che le menti razionali hanno tentato (Aba, ci sono riusciti?) a razionalizzare anche i numeri irrazionali, ma nella vita l'Irrazionale irrompe ogni giorno come la luce del sole e mi fa contento di essere vivo.
Pensa se tutto fosse razionale, logico, perfettamente consequenziale, ... uh, che barba!
Ecco, anche qui mi fermo in tempo: quanto più parli (o scrivi), la possibilità che tu dica fesserie aumenta in modo esponenziale.
Non so cosa sia esattamente quell'esponenziale, ma ricordo il tono di voce di chi lo disse.
E tanto mi basta.
Caru Francu,
RispondiEliminapo unu momentu m'est partu chi m'iast cassu in farta. Apoi seu andau a mi torrai a ligi e apu biu "fregula sarda", propriu de aici, in mesu de 'virgoletas'. Fregola non mi nc'est bessiu in perunu logu e chi est virgoletau, depit essi poita de aici nci fudi scritu in su documentu de Giandaniele Cstangia. Pigadidda cun issu, ca deu non seu in 'fregola'.
Asi biri sanus.
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaUn chiarimento su quanto detto da ZuanneFranciscu: Mauro Peppino sarebbe eretico nei confronti degli archeologi sardi, l'apparenza inganna andando a rovistare cosa è stato scritto in Europa si può capire che sono gli archeologi sardi ad essere eretici verso gli studi di Mauro Peppino!
RispondiEliminaCerto sino a quando i miei studi non hanno avuto il riconoscimento dei maggiori esperti al mondo di archeoastronomia l'eretico ero io , ma ora credo che sia doveroso chiarire che gli eretici sono gli attardati e intorpiditi archeologi sardi!
Oh Gianfra’, mih ca ses provocheri. Tue mi che ‘oles portare a s’iferru, ca bi nd’at a essere pro mimi e pro atros chentu de carignos e de bonas paraulas. Ma deo non timo e sigo s’istrda chi tue asa sinnadu.
RispondiEliminaComo, pensendhe a sa nostera Abalosedha mi che depo ‘etare a s’italianu. Gei no m’ap’a essere inamoradu?
Dopo questo gentile omaggio a sa terramannesa, veniamo a noi. Lo sai, Gianfranco, che se continuiamo su questa strada corriamo il rischio di essere denunciati per vilipendio ai Padri della Patria (sarda)? Sarà come mettersi in testa di fare barbecue di bistecche di vitella in India. I Mostri Sacri che incontreremo sull’erto sentiero intrapreso, a me sembrano intoccabili. Sicuramente, come tu dici, oggi come oggi, non prenderebbero neppure un caffè in compagnia di chi sta loro di guardia pronti ad immolarsi per proteggerne, contro tutto e contro tutti, il nome e la memoria.
Sai chi, oggi, difende Mazzini, Garibaldi e persino Cavour? (Guarda che non sono questi i mostri sacri a cui facevo riferimento poc’anzi. Questi, gli attuali esegeti, li hanno sbertucciati a più non posso in anni non lontani.) Chi si prosterna davanti al Tricolore e all’Unità d’Italia, pronto a stracciarsi le vesti di fronte al minimo accenno di autodeterminazione e di identità nazionale che non sia quella codificata e sancita da chi coi Lumi era papa e ciccia? Chi è pronto a gridare “Ha bestemmiato, ha bestemmiato” quando qualcuno si azzarda a prospettare l’ipotesi che la Costituzione avrebbe bisogno di ben altro che un lifting? Beh, sono gli stessi che fino all’altro ieri dell’ identità nazionale e dell’unità d’Italia non sapevano che farsene perché ben altri erano i radiosi destini che li attendevano nella vera ed unica patria di tutti (Non mi sto riferendo certo al “regno che non è di questo mondo” ma ad un ben più concreto e ineludibile paradiso terrestre voluto dalla Storia). Sono gli stessi che marciavano compatti dietro una bandiera che di colore ne aveva uno solo e dietro alla quale si affacciava, vergognoso e stentato, il tricolore. Oggi non si chiamano più comunisti, neanche marxisti si chiamano più, ora sono Gramsciani.
Ohi, ohi, Gianfranco, cosa vogliamo tirare sulla Croce Rossa, dicendo che l’egemonia culturale è stata da lui teorizzata, con sagacia ed ottime intenzioni, dentro un carcere in cui si è schiantata la sua salute ma non la sua anima? Anima che ormai è il faro di tutti? Anche di quelli che quando era nelle galere fasciste gli preferirono Secchia e Togliati e, quindi, Stalin? Ora però sono tutti con lui perché quell’egemonia si è tradotta in splendide e comode nicchie, in cui si entra per cooptazione e per consegna del cervello all’ammasso. Questo, Gramsci, certamente non lo voleva, le sue intenzioni, come detto erano ottime, ma, come ben sappiamo, le vie della perdizione sono lastricate di buone intenzioni.
È il concetto stesso di egemonia da rigettare, soprattutto quando è culturale, perché inaridisce il terreno su cui si sviluppano le idee, che devono essere tante e diverse fra loro. L’egemonia presuppone una sorta di perfezione e la perfezione non è di questo mondo. In questo mondo, la perfezione è stasi, è immobilità, è morte.
Caro Elio
RispondiEliminaa parte che non ho capito niente del tuo omaggio, ma confido che tu abbia detto cose carine.
"L’egemonia presuppone una sorta di perfezione e la perfezione non è di questo mondo. In questo mondo, la perfezione è stasi, è immobilità, è morte". Sì è vero: un sistema di massima entropia è un sistema che non sa fare niente, ma un sistema completamente ordinato è un sistema che non si evolve ed, alla fine, si estingue o continua a prevalere (per un po') solo in base ad una presunta autorevolezza, in realtà solo per abitudinaria autorità
Grazie, Aba.
RispondiEliminaA scuola non avrò imparato tanto, ma almeno il senso di marcia sì. E non è poco, per uno che ha studiato sempre e forzosamente dai preti, dove l'Irrazionale si chiamava Diavolo e d'Infinito c'era solo la Misericordia (quella divina, naturalmente, ché quella umana ha sempre avuto confini angusti).
Io invee subisco il fascino dei numeri primi perché dicono (mi sembra che dicano) senza sussiego alcuno: se mi vuoi, prendimi così come sono. E ricorda che di me non farai fascine.
Caro Efisio, lungi da me l'idea di coglierti in fallo.
Tu vai alla sagra e preparati la risposta.
Quanto alla fregola, si sa che anche le pile che durano quattro volte tanto alla fine decadono.
Ma non è il tuo caso.
L'importante comunque è di avere fatto battimani quattro volte tanto, appunto.
Dice la lirica cinese: la foglia gialla / capisce da se stessa / che il suo colore / non è più quello di prima.
Altrimenti, che senso avrebbe avuto essere stati giovani?
Dunque, hai ragione: smettiamo di piangerci addosso.