giovedì 24 settembre 2009

Losa e Su Nuraxi: scritte diverse, anzi praticamente uguali

Nell’articolo precedente sulla scritta (la cosiddetta ‘sigla’) del nuraghe Su Nuraxi di Barumini abbiamo visto che la seconda lettera, a partire con lettura regressiva (da destra verso sinistra, non andava intesa come ‘beth’, cioè un segno alfabetico greco arcaico (VIII –VII sec. A.C.) ma come un grafema che, in virtù del ricorso alla ‘legatura’, di segni ne conteneva due: un ‘gimel (‘g’ consonante velare sonora) e un ‘lamed’ (‘l’ consonante liquida).
Abbiamo potuto osservare inoltre che la ‘epsilon’, grazie alla documentazione di noti testi in protocananeo (vedi la figura affianco: Iscrizione di Izbet Sartah. D a Naveh 1982, p.37) era da intendersi come un chiaro ‘hē’ dell’alfabeto semitico. Di conseguenza la lettura della scritta risultava non più BE ma ‘hagal' הגל, esito che ci ha indotto a prendere in considerazione, per poter ben capire l’espressione graffita, un notissimo passo della Genesi (quello del patto di amicizia tra Labano e Giacobbe ed il ‘mucchio di pietre della testimonianza’ o GALED גלאד, chiamato anche MISPA מצפה ovvero ‘vedetta’, ‘osservatorio’.
Ciò per comoda sintesi per chi ci segue.
Come accade spesso però nell’esame delle originali e talvolta straordinarie scritte elaborate dagli scribi nuragici, la lettura di esse non si esaurisce così presto e così facilmente. Bisogna in molti casi procedere con un ulteriore sforzo di riflessione per risolvere il ‘rebus’ (questo tipo di scrittura si chiama proprio ‘a rebus’) che si ha davanti, per vedere se nella forma o nell’aspetto delle lettere, nella particolare disposizione o nella quantità di esse, si trovi ulteriore contenuto o senso.
E’ Massimo Pittau che, ancora, intuisce e in qualche modo ci indirizza sulla strada giusta affermando che la prima lettera graffita sulla pietra di Su Nuraxi di Barumini (ritenuta però erroneamente del greco arcaico, è in forma di ‘serpentina’. E’ proprio così e nessuno potrebbe negarlo. Ma perché il serpente? Che ci sta a fare? Cosa vuol dire un serpente disegnato preceduto da un ‘he’ e dalla voce ‘GAL’?
La spiegazione del non piccolo particolare del ‘curioso’ documento credo che vada trovata sulla base di due considerazioni abbastanza semplici: la prima riguarda la documentazione scritta ‘nuragica’ in genere, la seconda il nostro testo (HAGAL) con la sua sintassi.
Si è visto infatti che i documenti nuragici registrano spesso la figura del ‘serpente’, riportata questa persino attraverso l’allusione alla disposizione particolare dei significanti (cioè le lettere alfabetiche tracciate in modo da rendere delle ‘figure’) come accade nelle raffinate tavolette di Tzricotu di Cabras (lettura bustrofedica a serpente). E si è visto ancora, sempre per via documentaria, che il serpente allude, ormai senza ombra di dubbio alcuno, alla divinità con nome/nomi EL–YHWH.
Si è visto però anche che la sequenza HGL, una volta tradotta dal semitico, ci offre come significato ‘il mucchio di pietre’.
Il ‘mucchio di pietre’ di ‘chi’ o di ‘che cosa’? Qualcuno potrebbe pensare che questo ‘chi’ o questo ‘che cosa’ siano stati lasciati (volutamente) in sospeso e che spetti alla nostra intelligenza il comprenderlo. In realtà le cose non stanno proprio così perché la scritta ‘il mucchio di pietre’ si completa, con vero (perché esauriente) significato solo con la lettura del logogramma ‘serpentello, che dobbiamo aggiungere alle prime due parole. Infatti possiamo intendere il tutto, senza impedimenti od obbiezioni di sorta dal punto di vista sintattico, ‘il (= Lui) mucchio di pietre del serpente’, dato che il semitico, come si sa, fa a meno delle preposizioni per rendere il complemento di specificazione. IL GALED biblico (il mucchio di pietre della testimonianza), che ci riguarda così da vicino, è l’esempio più pronto a portata di mano. E possiamo intendere così, ovvero aggiungendo ‘serpente’ (in semitico NAHAS) anche perché, per la prima considerazione suesposta possediamo il dato sicuro che il serpente è simbolo forte della divinità del pantheon cananeo e poi del Dio del monoteismo ebraico storico; ma anche della divinità della ‘religio’ dei sardi dell’età del bronzo e del ferro (e non solo, a mio parere).
Ma c’è un altro modo per essere ancora più convincenti nell’esposizione (‘matematici’, in qualche modo, come direbbe Murru): se non si lascia il dato di Barumini isolato e lo si osserva e confronta invece, con molta attenzione (direi acribia) con il modus scribendi consueto dei ‘nuragici’, all’interno cioè del loro particolare ‘sistema’ o ‘codice’. Infatti sulla base abbastanza rassicurante di circa 50 (cinquanta) documenti epigrafici ora a nostra disposizione, si riesce a comprendere che le ‘edubbe’ sarde educano gli scribi–sacerdoti al rispetto (pressoché rigoroso) di alcune ‘regole’ nella composizione e nella realizzazione dei testi ‘sacri’ scritti. Regole o norme che rendono tipicamente ‘sardo’ o ‘sardiano’  il codice di scrittura, per quanto esso, come tante volte ho sottolineato, tragga la linfa dai sistemi convenzionali esterni semitici di natura ‘consonantica’ . Per queste ‘regole’di scuola (o scribali) chi componeva un testo scritto doveva badare in particolare (dico in particolare):
1) Al ‘decus’: alla compostezza, all’armonia, alla pregnanza, all’efficacia nella sintesi, cioè, in un parola, alla ‘bellezza’ della composizione.
2) Al ‘mix’ dei significanti ( scrittura logo-pittografica, lineare, ecc.) e alle cosiddette ‘legature’
3) Alla quantità dei significanti (segni che danno i ‘significati’, i numeri ‘sacri’: in genere il 3, il 5, il 7, il 9 ed il 12)
Nessuno di detti procedimenti ha significato ‘laico’ – per così dire – perché tutti rientrano nella sfera del ‘sacro’ in quanto tutti e tre tendono a realizzare delle scritte che sono sempre (dico sempre, stando alla documentazione) religiose; mirano ad offrire un omaggio devozionale alla divinità, un attestato di assoluto rispetto per la sua particolare essenza o natura e per le sue qualità straordinarie o ‘mostruose’. Non è certo necessario impegnarsi con la spiegazione della prima norma. Con la seconda, attraverso la forza della scrittura ‘magica’, non subito intelligibile e chiara (per dirla brevemente in questa sede) si vuol alludere, in tutta evidenza, alla ‘manifestazione’ della divinità o al modo assai complesso di rapportarsi di essa con l’intelligenza degli uomini. Con la terza lo scriba ci fa capire che la divinità è pura astrazione e di conseguenza il modo migliore di rendere in qualche modo la sua essenza perfetta (santa) è quello di ricorrere alla matematica (ai numeri e alle figure geometriche).
Tutto ciò potrà apparire un po’ difficile da capire, poco credibile per la concezione ‘barbarica’, ancora assai diffusa, che si ha della cultura e della civiltà nuragica.
Chi legge allora potrà comprendere meglio, crediamo, osservando la tabella - clicca sul link - che mette a confronto i due ‘documenti’ lapidei (solo questi, ma l’operazione si può estendere tranquillamente a tutti gli altri) del Nuraghe Losa di Abbasanta e del nuraghe Su Nuraxi di Barumini. Quelli che (per chi ha avuto la pazienza di seguirci) abbiamo esaminato proprio in questi giorni.

Sono questi,come si può vedere, due documenti con scritte assai differenti perché, stando all’apparenza, non si assomigliano per nulla riguardo all’organizzazione del testo, alla forma e alla tipologia delle ‘lettere’. Eppure, se li osserviamo per benino e li studiamo con tutto il rigore necessario, si rivelano molto simili nella loro concezione. Anzi, quasi identici. Chi mai lo direbbe!

31 commenti:

  1. Mi pare di aver capito,correggetemi se sbaglio,che in Sardegna esistono diverse forme di scrittura, ascrivibili a diversi periodi evolutivi della grafia antica.Il tutto sembra confermare,una sorta di curva di crescita degli scritti,cosa non ancora riscontrata in contemporanea,da altre parti.Inoltre rilevo,che in loco,vi era l'uso concomitante di più forme epigrafiche (tziricotu).
    Suppongo che,lo spostamento da una forma pittografica ad una forma grafica astratta,sia stato accompagnato sicuramente dall' evoluzione delle capacità del popolo scrivente(come una sorta di maturazione psichica).Questa sorta di maturazione,non avviene di sicuro in pochi anni.L'evoluzione umana ci parla di pitture rupestri,nelle forme,a gradiente,da quella più grezza o arcaica,sino ad arrivare a forme assai belle e raffinate.Suppongo che l'evoluzione della scrittura si sia verificata di pari modo, a gradienti diversi.La scrittura è poi sinonimo non certo di popoli barbari,ma di gente abbastanza evoluta.L'idea stessa della scrittura richiede uno sforzo astrattivo complesso,che una mente poco raffinata non riesce ad attuare.In pratica,per meglio spiegarmi,la scrittura ha accompagnato,come strumento,popoli di alto spessore evolutivo,che hanno lasciato tracce indelebili nel loro cammino.
    Noto però un'altra particolarità, negli scritti rilevati in Sardegna,e cioè il fatto del Dio unico (padre),concetto che richiede una raffinatezza intelletiva di certo superiore alla norma.
    Si può dire che in antichità una tale concezione è stata rara,per non dire unica.Le stesse popolazioni Cananee,egiziane, sumeriche,accadiche,greche,etrusche,latine etc.non hanno evidenziato mai la credenza in un Dio unico.

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  2. Caro prof Sanna: la leggo, ma non capisco.
    Questo – lo so – è un mio problema. Ma continuo testardamente a leggere con buona volontà, sperando ardentemente che, prima o poi, qualche spiegazione mi risulti finalmente più chiara e comprensibile e che le sue ricerche comincino ad avere un senso finito anche per me.
    Come credo anche alcuni altri, mi trovo di fronte ad un problema di scelta. Una scelta francamente impossibile, perché andrebbe effettuata sulla base di alcune conoscenze, che non possiedo. Mi spiego.
    Alcuni archeologi dicono (ma non mi risulta che lo abbiano ancora scritto in chiaro) che i ciottoli di Allai sono falsi, e mi sembra che questa sia anche la tesi del prof Pittau.
    Altri – come lei – ne sostengono più o meno pacatamente l’autenticità.
    Alcuni negano che le tavolette di Tzricotu siano più antiche che medioevali, o qualche cosa di più che semplici lastre decorate.
    Lei ci informa trattarsi di un linguaggio nuragico di provenienza orientale.
    Come ho già detto: la scelta – al momento – mi appare del tutto impossibile, annaspando nella totale ignoranza linguistica che mi appartiene ( e di cui un po' mi vergogno).
    Non mi resta che attendere, ottimisticamente sperando che la verità si faccia strada come ogni tanto sa fare, anche secondo Salvatore Fadda.
    Nel frattempo, le pongo una domanda.
    Lei cita “un notissimo passo della Genesi (quello del patto di amicizia tra Labano e Giacobbe ed il ‘mucchio di pietre della testimonianza’ o GALED גלאד, chiamato anche MISPA מצפה ovvero ‘vedetta’, ‘osservatorio’.”E anche: “Si è visto però anche che la sequenza HGL, una volta tradotta dal semitico, ci offre come significato ‘il mucchio di pietre’.”.
    Si può evincere – da questo e dal resto – che un possibile nome nuragico del nuraghe (tutti, o solo quello cui si riferisce nell’articolo) sarebbe stato in qualche rapporto con uno o più di questi vocaboli? HAGAL (HGL) , GALED e NAHAS?
    Si può evincere anche una funzione di vedetta, osservatorio, nell’ambito di una serie di funzioni anche diverse e forse non tutte templari, del “mucchio di pietre” sardo?
    Oppure anche la domanda stessa che pongo è sintomo e dimostrazione della mia più totale incomprensione dell’argomento?
    Maurizio Feo

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  3. Caro Maurizio, è solo per dirle che, accanto a Massimo Pittau il quale sostiene la testi dei falsi, c'è, sempre in questo blog, la tesi contraria dell'epigrafista tedesco Herbert Sauren (http://gianfrancopintore.blogspot.com/2009/01/intanto-autentico-se-anche-etrusco.html) sulla autenticità del Dischetto di Crocores. Sauren lo ritiene autentico. Scrive che non è detto sia etrusco, ma questo è un altro discorso: non ne inficia l'autenticità.

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  4. Per Maurizio,

    sulla comprensione di quello che dico e scrivo si metta d'accordo con Pietro Murru. Perchè uno dei due, con le sue affermazioni, ha palesemente torto. Dico ciò perchè mi sembrate due persone rispettabilissime,di notevole cultura e di grandi capacità critiche.
    Per quanto riguarda le domande, anche per come le ha poste, la prego ( non me ne voglia) di 'faticare' un po' di più e forse, anzi di sicuro, le avrà da solo.
    Pittau: è uno studioso come tanti. Purtroppo ha commesso lo stesso errore di coloro che lo detestano. Non ha visto i reperti, non li ha voluti vedere. Però, chi conosce i suoi scritti e quello che da tempo dice sugli Etruschi in Sardegna, capisce bene il perchè della negazione. Basta leggerli bene, i suoi testi.
    Tzricotu: la 'scelta' si fa sulla base della coerenza e della logica di ciò che si dice e si scrive. Legga le mie duecento pagine di Sardoa Grammata e le paginette del Serra. Ma tenga presente tutto, ma proprio tutto (comprese le scritte di Losa e di Barumini) quello che di documentazione nuragica si sposa 'oggettivamente' alle quattro minuscole tavolette bronzee di Tzricotu (perchè 'lastre'?). Poi decida.

    Per Salvatore.

    Se la può interessare, non sono io che ho parlato per primo di una divinità unica e gelosa come divinità delle popolazioni sarde arcaiche. E' stato, con grandissimo intuito, il grandissimo R.Pettazzoni(nel 1912, un secolo fa!) che, con grande intuizione, paragonava la divinità sarda dei Sardi 'primitivi'a quella ebraica, ovvero a YHWH.
    Quanto al processo della scrittura e alla sua evoluzione i documenti nuragici parlano chiaro. Sono di ispirazione protosinaitica (pittografia e acrofonia), protocananea, ugaritica, gublitica e fenicia arcaica. Gli scribi sardi (in quanto scribi erano i 'docentii universirtari del tempo ma con un bagaglio di conoscenza multidisciplinare: matematica, astrologia,astronomia, architettura, musica, medicina,ecc. ecc.)hanno le stesse nozioni e la stessa cultura in tema di 'scrittura' degli scribi di Tiro, di Sidone,di Ugarit, di Biblo. Naturalmente la rendono in qualche modo originale,ovvero scrittura degli Shardan (Signori Giudici).
    Che i nuragici fossero 'evoluti' non c'è e non c'è mai stato bisogno di dimostrazione. Ora ce lo dice, anche se per frammenti, non più la preistoria ma la storia ( i documenti scritti). Basta leggerla con attenzione,non fare gli struzzi, e far finta di niente.

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  5. Caro prof.Sanna,la mia precedente era solo una constatazione,che certo lei ha fatto bene a chiarire in modo ulteriore.In verità il libro del Pettazzoni è assai interessante,e quando lo lessi per la prima volta,molti anni fa,rimasi proprio stupito(in senso positivo s'intende),di questa sua constatazione.Senz'altro egli ebbe quasi una genialità,e soprattutto, non se la tenne per se,pur non avendo il supporto di molte prove,tenendo conto che,allora,le barricate,fatte nei confronti di simili affermazioni,erano assai più alte.La sua deduzione fu di una logica lampante,e mi sono sempre domandato,come mai altri non avessero ripreso quanto da lui affermato.Ora ho notato,con grande piacere,che partendo da un filone differente,come certo è il suo,il discorso si è incanalato, supportato da prove tangibili, nella stessa direzione o quasi,del Pettazzoni.
    Posso dirle con assoluta certezza, che altri elementi sono visibili, in vari altri ritrovamenti,fatti in secoli di scavi,che convergono con quanto detto dal Pettazzoni,ma anche con quanto scoperto da lei. Elementi,quelli di cui parlo,di una logica estrema,che, certo, toccano campi differenti dal suo,ma che fanno slittare le conclusioni esattamente in un unica direzione.
    E' quindi vero,che,all'atto pratico,chi meglio vede,più vede,
    e di questo lei mi da conferma.
    Le deduzioni del Pettazzoni, sorsero in lui spontanee,dettate da ragionamenti permeati da logica,quella stessa che la scienza pretende.
    Riguardo alla mia affermazione che il politeismo è una religione barbarica,(anche se molti storceranno il naso)ne confermo in toto l'essenza,sia evoluzionistica che intellettiva.Le popolazioni odierne sono giunte quasi tutte ad un monoteismo,quale più quale meno puro.Più ci si scosta dal vero monoteismo,più ci si avvicina ad una visione di divinità primieva e arcaica tutta,legata ai vari fenomeni naturali,considerati ciascono in modo distinto.

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  6. Sauren mi dà un certo affidamento, anche per la sua serena distanza dalle cose italiane con cui esprime i suoi concetti didattici e chiari.
    Faticherò un poco di più, seguendo l'asciutto consiglio di Sanna, e sarò preparato ad essere eventualmente in palese torto, nel confronto con il signor Pietro Murru, di cui mi è sfuggito l'intervento (ma non vedo come il non comprendere qualche cosa mi possa mettere in "torto": forse devo ringraziare perché non è stata usata un espressione relativa alle capacità intellettive, in alternativa).
    Credo - quindi - che potrò scegliere solo tra molto tempo, mentre ho sentore che questi argomenti saranno presto quasi gli unici sul tappeto, quando prossimamente si verrà a parlare di "nuragici".
    Vorrà dire che starò pazientemente soltanto ad ascoltare, quindi, senza sapere con certezza chi siano i ciarlatani.
    Un saluto
    Maurizio Feo

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  7. Caro Maurizio,pur non conoscendoti, ho letto di te.Io certamente capisco la tua amarezza,ma ti consiglio di non demordere,poichè le tue osservazioni,sono pur sempre valide.Sai,penso che l'impegno di chi vuole sapere,certe volte risulta più prezioso di chi fà le barricate.
    Devi pensare,che,quando le stesse vengono alzate,di solito chi sta nel mezzo,è sotto il tiro di ambo le parti.Un mio grande Amico,mi disse una volta una storia,ed io la voglio raccontare a te.Questa storia parla di 5 persone a cui era stato chiesto di bendarsi gli occhi e di toccare un animale (elefante),cercando di capire di quale animale si trattasse.Quattro di loro si soffermarono ciascuno in una parte,descrivendola con perizia,e ognuno dei 4 era convinto che la sua descrizione, della parte toccata corrispondesse alla fattezza dell'animale.Chi toccò la coda pensò che l'animale avesse quelle fattezze,e così via ognuno per la sua parte.La cosa più incredibile,e che ognuno pensava di avere ragione.Il quinto uomo,toccò più parti che poteva in modo attento,e alla fine descrisse l'animale nella sua interezza, dicendo che si trattava di un elefante.I primi quattro descrissero parti dell'animale, mentre il quinto,non si è soffermato su una sola parte,ma,ha avuto più visione di insieme.Egli ha detto una verità,gli altri no.
    Ti sembrerà strano,eppure il fine ultimo era quello di indovinare l'animale,solo uno di essi ha fatto questo.Vedi la scienza,è come quegli uomini,solo se si ha una visione complessiva del tutto esso si può capire.
    Ti potrei dire che tutti gli studiosi hanno ragione,ma ti dico ognuno pensa di avere ragione.
    La ragione infatti,mette tutti d'accordo.Se infatti tutti avessero ragione ci sarebbero tante ragioni differenti.
    Mi spiego meglio,se dico il fuoco brucia,siamo tutti d'accordo.Non è possibile che vi siano tanti pareri differenti su questo fatto.
    Poi ti voglio confessare che chi sà,deve saper trasmettere quel che sà.Scendere in volo,sino in basso, acchiappare chi vola basso e portarlo su.
    Ciao a presto!
    Dudduru

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  8. Condivido la senzazione che Maurizio Feo scrive e il conseguente imbarazzo che deriva dall'ignoranza che non mi consente di prendere parte alla discussione sulla scrittura nuragica. A tutto ciò vanno aggiunti dei pregiudizi, -solo miei per fortuna!-che ho anche espresso a Gigi, sulla mancanza di un corpus di documenti (c'è un corpus di frammenti)che è alla base delle scritture e poi il forte pregiudizio sulla "necessità" per la civiltà nuragica di essere legittimata dalla scrittura. Su questa scia accumulo un recente accanimento di assegnare al nuragico palottolieri, calendari, e soprattutto unità di misura, con definizioni di cubiti nuragici, yarde e così via. Quando espressi queste cose a Gigi, mi dette i consigli che ora da a Maurizio e nonostante la mia buona volontà sono arrivato a leggere solo un centinaio di pagine della sua Sardoa Grammata. Mi giustifico dicendomi che ognuno di noi ha gli interessi che derivano dalla sua cultura e preferenze e su alcuni settori deve delegare e fare un atto di fede, di credibilità. Mica sono un tuttologo! Sulla credibilità il discorso sarebbe lungo. Dico che credo non solo perché ho capito (allora sarebbe facile), posso credere per l'autorità di chi si esprime, per il riconoscimento che la comunità scientifica gli dimostra, per altri meccanismi, anche simpatici, psicologici, affinità, ecc. ecc.
    Ciò detto, vengo al dunque. Sia al Losa, sia a Su Nuraxi, ci si preoccupa di scrivere che il nuraghe è (dedicato, appartiene, si contempla...) di dio, nella sua attribuzione serpentea. Bene. Ci credo. La scritta sia a Barumini, sia al Losa, non è sul nuraghe originale, bensì sull' "antimurale", sull'aggiunzione che trasforma il monotorre in nuraghe complesso. Ora il nuraghe, dopo l'aggiunzione, diventa tempio e si sente la necessità di dirlo, scriverlo. Allora forse il monotorre non era originariamente "tempio". Insomma mi rimane lo spazio per altre illazioni sulla ricerca della comprensione del perché furono costruiti i nuraghi???

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  9. Caro Franco:
    la tua garbata lettera mi conforta non poco. Anche perché nel mio post dicevo proprio questo: non sappiamo ancora praticamente alcunché dei "nuragici", neppure il nome che essi stessi si davano.
    Molti si cimentano e si sono cimentati nel trovare nuovi e probanti elementi. C'è oggi un vero e proprio terremoto ideologico, nel campo della protostoria sarda (tsunami, colonne d'Ercole, talassocrazia, origini, Shardana, Atlantido nazionalisti, inesistenza dei Fenici). Non mi sembra che - fino ad oggi - abbiano creato qualche cosa di scientificamente credibile. Non mi sembra che sia rimasta qualche solida influenza delle teorie sopra accennate. In genere, questi ricercatori sono tutti sardi, sono realmente appassionati, hanno dedicato molto tempo ai loro studi e possiedono qualche titolo di base per potere parlare (e scrivere) con qualche autorità. Non si dovrebbe fare di tutte l'erbe un fascio: si corre il rischio di dare troppo risalto a chi non lo merita e svalutare chi in realtà ha fatto qualche cosa di buono. (Spero sarò perdonato, per questo).
    Ecco perché ho imparato ad essere scettico. Preferisco essere ostinatamente riduttivo, lento, ostinato, piuttosto che cadere rovinosamente.
    Sono infine d'accordo con l'ottimismo di Salvatore (che ha capito il motivo del mio disappunto): la Verità - prima o poi - si comporrà in un quadro chiaro dinnanzi ai nostri occhi. Dobbiamo solo continuare a cercarla con umiltà e pazienza.
    Grazie a tutti e saluti
    MF

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  10. Lessi per la prima volta Sardoa Grammata in una ventina di giorni. Per la seconda lettura ho impiegato qualche mese. È anche un manuale, ci torno su spesso, come faccio, peraltro, con tutti i libri che mi hanno appassionato. Sanna mi ha convinto, mi ha convinto con il suo modo di procedere sempre rigorosissimo, con l’agile linearità delle sue dimostrazioni. Il suo lavoro è criticato, infatti, non nel merito ma in un modo piuttosto “sporco”: spesso sostenendo la non autenticità di alcuni dei documenti che egli analizza o negando che altri portino i segni di una qualche scrittura. Nessuno dei suoi colleghi, però, si sogna di mettere in discussione le sue competenze e questo atteggiamento rende ancora più “sospetto” il carattere delle obiezioni che gli vengono mosse.

    Per quanto riguarda il contenuto di alcuni commenti... Perché intervenire per dire: ho un atteggiamento agnostico, non studio le lingue antiche e dunque non posso esprimere un parere? (Mi ricorda un po’ chi, prendendo la parola, esordisce con: “no, niente...” ...e allora non dire niente!) Più che un riconoscere i propri limiti suona un po’ come un mettere le mani avanti, anche perché poi sull’argomento ci si esprime eccome, qui e altrove. Mi sembra un modo, neanche tanto originale, per non assumersi la responsabilità delle proprie posizioni, con una buona dose di presunzione che si prova a celare con una falsa modestia arzigogolata. Non mi pare che con questo tipo di interventi si porti granché allo sviluppo della discussione. Basterebbe esprimere semplicemente le proprie opinioni, per il piacere di arricchirsi nel confronto, senza volere necessariamente salire ogni volta in cattedra e contorcersi nervosamente tutte le volte che si ha la sensazione di non poterlo fare senza essere smascherati.


    Pietro Murru

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  11. E' vero, caro Murru, che spesso ci si nasconde dietro frasi convenzionali per non rinunciare ad esprimere una sensazione. A volte ci dispiace criticare una posizione, perché giocoforza la posizione è legata ad una persona, che stimi ed ammiri, o perché temi di rammaricarla. Chi riesce a recepire una critica, pur fondata, senza un senzo di rammarico?
    Vorrei però giocare a carte scoperte, perché ho solo, per le cose sarde, un sincero scopo conoscitivo. A volte immagino l'anno mille avanti Cristo. Penso al Mediterraneo. Alle civiltà che si sono affacciate sul grande lago. Le piramidi sono già costruite. In Egitto si scrive, si fa di conto e così altrove. In Sardegna ci sono i nuraghi, mucchi di pietre? Se così fosse perché studiare la civiltà che li ha espressi?
    Se mi interessa ricostruire le tappe evolutive umane, culturali, artistiche, scientifiche, è più intrigante la Cattedrale di Reims o la chiesa di S. Pietro di Sores?
    Guardo alla maschera funebre del sargofago di Tutancamon o al bronzetto di Dorgali? Guardo alla stele di Rosetta o alla pietra coi pittogrammi del Losa?
    Se guardo, come sto guardando, al nuraghe e ne scopro i sottili segreti della costruzione, alla meraviglia dei corsi isodomi del pozzo di S. Cristina, all'allusione cosmologica della stele dei giganti è perché cerco il segreto di un'altro modo di essere civile. Non mi interessa più di tanto stabilire una graduatoria, ma di apprezzare la forza della diversità. L'essenza. E questa si va esaltata, gridata, esibita. Ma la Sardegna nuragica non è grande perché ha le cose che altri hanno, ma per l'originalità della sua elaborazione.
    Da ciò, nel mio caso, nasce l'iniziale difficoltà a condividere certi studi e ricerche. Da qui a negarne i risultati, c'è però il mare. Da qui l'atto di fede ad esempio per gli studi di Gigi Sanna.
    Mi interessa dunque l'essenza del nuragico. Come sia stato usato il nuraghe nella sua lunga storia l'ho scritto in Accabadora. Non solo pisciatoio, stalla, porcile e ovile. Tomba per mucche, sostegno di serbatoi piezometrici, punto di riferimento topografico. Pattumiera dopo essere stati scavati, alcova e rifugio. Sicuramente anche fortezza, tempio, abitazione, magazzino... ma per favore, ditemi cosa abbia spinto il nuragico a rompersi le palle a costruire le prime monotorri. Ditemi l'essenza delle cose, non balle a posteriori, che non servono a nulla!
    Un'altra annotazione che i nostri scambi evidenziano. Ci sono due impostazioni. L'una che sembra sostenere che il nuragico sia ancora fra noi. Come dire che c'è più cambiamento nell'ultimo secolo, che fra il 1900 e tremila anni fa. Perciò è meglio la nonna (nel senso di permanenza della tradizione e della cultura materiale) che tanti discorsi di retrospettiva archeologica, ricerche, ecc. Un'altra posizione mette comunque in relazione le diverse civiltà che hanno sbattuto sull'Isola, come sono state rielaborate e a volte anche esportate. Notare le differenze è importante, spiegarle è un ulteriore passo avanti. Mi pare che siamo ancora alla registrazione dei fatti, ma su spiegazioni attendibili, ragazzi, diamoci una mossa! Se riusciremo a dare spiegazione, oltre ai balbettii, rivalutare l'essenza del nuragico, potrebbe aprirsi non solo una nuova stagione archeologica, ma soprattutto economica importante, che il nuraghe-fortezza mai potrà produrre, perché è stupida teoria.
    Le cose stupide non possono produrre cose intelligenti. E' vero che dalla merda nascono i fiori, come dice la poesia. Ma è tempo di abbandonare metafore ed andare al concreto della civiltà che su babbu mannu de sa cultura sarda ha definito nuragica!
    Franco Laner

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  12. Buona Domenica a tutti. Mi vedo costretto ad intervenire perché su due punti mi sento tirato in ballo (se pur indirettamente).
    1) Affermo da tempo che i Fenici non sono un popolo ben distinto, non ho mai detto che "non soano esistiti". E' una differenza colossale e non vorrei che passasse il messaggio: Montalbano ha detto che i Fenici non sono mai esistiti!. Ho detto che Fenicio è un sistema di vita, una cultura, un periodo ben preciso. Tuttavia si tratta di un gruppo di etnie (filistei, ciprioti, aramei, tiri, sidoni, gibliti, sardi, siculi, liguri, nord-africani...) che adattava le proprie conoscenze al territorio che occupava in quel momento (le sepolture e le ceramiche lo dimostrano ampiamente).
    2) L'ipotesi Nuraghe=fortezza è da ampliare, non da escludere come sciocchezza! Premesso che le funzioni erano più d'una contemporaneamente, non si deve immaginare un popolo trincerato dietro un muro ciclopico a guerreggiare ma più semplicemente una moltitudine di comunità che erigeva un luogo fortificato e lo adibiva a tutte quelle funzioni che servono alla comunità stessa, compreso l'utilizzo a scopi difensivi.
    Grazie e scusate l'O.T.

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  13. Pierluigi, dimmi solo come un gruppo poteva difendersi infilandosi in un nuraghe. Un pastore mi ha detto che se uno vuol difendersi in un nuraghe, significa che ha deciso di suicidarsi. Come chiudeva la porta, se c'era?
    Da dove usciva se assediato?
    Se però vuoi sostenere la tua teoria di nuraghe-fortezza, vieni ad Isili sabato 24 ottobre 2009, dove c'è un bel convegno. Mi impegno a darti lo spazio per sostenere le ragioni perché ancora pensi ad una funzione del genere. Ovviamente l'invito estendilo anche al prof. Giovanni Ugas e a tutti coloro che pensano ancora che il nuraghe abbia funzione militare, di difesa, di segnazione del nemico. O che ancora esibiscano nei musei nuragici le palle litiche di 15cm di diametro da lanciare sugli assalitori e via discorrendo!
    Franco Laner

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  14. Caro prof. Laner,
    capisco bene la sua posizione. Nel mio precedente intervento intendevo delineare un’altra categoria di atteggiamenti, differenti dal suo per essere originati, a mio modo di vedere, da un moto, diciamo... meno nobile. Su questo discorso mi fermo qui, non vorrei abusare oltre dell’ospitalità concessami dal padrone di casa.

    Pietro Murru

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  15. Premetto che la funzione di residenza fortificata è da considerarsi complementare a quella religiosa e di prestigio della comunità, pertanto anche il culto e le riunioni di rappresentanza si svolgevano certamente nelle immediate vicinanze del nuraghe. Trattiamo esclusivamente di quei pochi periodi di pericolo che una comunità pacifica ma ricchissima temeva si potessero verificare.
    Saltiamo pure l'ipotesi di lancio di proiettili di 15 cm di diametro perché la mia visione di difesa non parte certo dall'arroccamento a oltranza. Bisogna andare a monte del problema e poi trarre le conclusioni.
    Il mio pensiero vede piccoli gruppi di guerrieri (lasciami passare il termine) provenienti da territori vicini...non certo dal mare! Le comunità avevano già attraversato il periodo dei doni e degli scambi cerimoniosi che contraddistinguono ogni relazione umana dall'alba dei tempi. Se ti necessitava una risorsa avevi 4 modi per acquisirla: pagare, scambiare, creare un legame di sangue (un matrimonio) o prenderla con la forza! Essendo la società sarda organizzata su scala gerarchica e sotto il controllo di clan potenti possiamo ipotizzare "piccoli" scontri per contendersi "piccole" proprietà o, ad esempio, la possibilità di approvvigionarsi di un corso d'acqua o di altre risorse appartenenti ad una comunità confinante. Se 20/30 soldati tentano la conquista di un nuraghe devono anzitutto preoccuparsi di arrivare nutriti, abbeverati e armati fino alla struttura, accertarsi che quel nuraghe non sia sotto la protezione di altri clan consanguinei e circostanti (non dimenticare che sono sempre legati visivamente fra loro) e piazzare il loro campo per preparare il piano di assalto. Se riuscivano a conservare intatte le capacità di attacco (non possiamo pensare che 20-30 persone armate fino ai denti possano attraversare boschi e vie di comunicazione senza essere notati) dovevano conquistare la fortezza con l'uso di fuochi, lanci, taglio degli approvvigionamenti e quant'altro è indispensabile per una buona campagna militare. Nel contempo dobbiamo escludere l'ipotesi che gli assediati riuscissero a comunicare in qualche modo all'esterno il momento di bisogno (conosciamo tutti il sistema dei piccioni viaggiatori...le navicelle insegnano molto). L'assedio poi...con quali armi può essere condotto e perchè? Cosa si vuol conquistare? Una donna? Un vaso con 10 lingotti? Cibo? Escludo l'immagine Hollywoodiana di migliaia di uomini impegnati in una guerra...solo a Qadesh avvenne, ma è tutta un'altra storia.
    Le armi dell'epoca erano frecce, lance (ambedue inefficienti contro un nuraghe), fuoco (questo è pericoloso)...oppure? Dovevi accenderlo e attendere una giornata di vento per indirizzarlo verso la struttura...che comunque non è detto che lo subisse nelle parti basse. Altre ipotesi?
    No caro Franco...l'ipotesi fortezza è abbastanza logica e supportabile, altrettanto lo è quella di tempio...e certamente nel corso dei secoli le funzioni cambiavano a seconda delle necessità, ma per sostenere una tesi bisogna proporre ipotesi che tengano conto sia della società della quale si espone, sia della caratteristiche del territorio. In Sardegna bisogna accettare ambedue le funzioni allo stesso modo.
    Con simpatia...a Isili forse mi faccio vivo, così ci beviamo un buon vinello...nuragico. (faccina sorridente).

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  16. Caro Pietro Murru,
    chi scrive come me , se lo fa in buona fede, è una persona onesta, ma assolutamente inesperta nel campo delle lingue, che sta cercando di chiarirsi le idee e - ingenuamente, lo ammetto - contemporaneamente trasmettendo all'autore (in questo caso Gigi Sanna) un evidente disagio che non è solo suo, ma anche di altri lettori. Può servire questo a stimolare una ricerca di maggiore comunicabilità all'autore? Mi auguro di sì. Così dai prossimi scritti tutti noi capiremo qualche cosa di più... Quindi credo che il mio intervento porti qualche cosa, in realtà e sia molto diretto e molto onesto. Che poi anche Gigi Sanna lo abbia frainteso, negandomi la risposta ad una domanda diretta, questo è un fatto sotto gli occhi di tutti: forse, semplicemente, non mi sono spiegato.
    La "presunzione" e la "falsa modestia arzigogolata" - quindi diciamolo chiaramente: la falsità di una vera carogna - ce la vedi tu ed è un tuo problema, non mio.
    Le altre tue considerazioni circa smascheramenti e non so più che altro non le seguo.
    Ma già: tu hai capito tutto del testo di Sanna e delle simbologie e del protosinaitico. Non hai bisogno come noi, comuni mortali, di altre spiegazioni, è evidente.
    Sei una persona fortunata, probabilmente, ma - chissà perché? - non riesco proprio ad invidiarti. Perché io non sono stato "sporco", come adombri tu, nei confronti di Sanna. Ma tu non sei stato affatto pulito, nei miei confronti.
    Saluti.
    MF

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  17. Signor Feo, non ho mai detto di aver capito tutto, credo di aver capito un po’, qualcosa, mi do da fare per capire ancora, quando ho il tempo. Comunque, in generale, quando non capisco qualcosa non penso che, necessariamente, nessuno debba averci capito niente.
    Sono sicuro che anche lei è una persona fortunata, affronti l’argomento, avrà senz’altro ottimi risultati.
    Per il resto, io non ho adombrato proprio nulla e più che non pulito direi che sono stato aspro.

    Pietro Murru

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  18. Spero davvero, caro Pierluigi, di vederti al Convegno di Isili. Ma subito ti dico che non riesco a confondere sacro e profano. Che il nuraghe sia al contempo fortezza e tempio mi sembra un modo elegante per non dire niente. "Gioca coi fanti ma non scherzare coi santi...Oppure potrei sostenere che un campanile è una fortezza perché da lassù i cecchini possono sparare...
    Ancora potrei dire che Pittau (tempio) e Lilliu (fortezza) sono gemelli e che si sono tanto amati!
    Io penso che non siano né l'uno, né l'altro e che sia necessario scomodare altre categorie, meno utilitaristiche forse, ma assai più intriganti della semplice riduzione che presume la sciocca domanda "Cos'erano i nuraghi?"
    Da anni dico che sia necessario alzare il tiro sulla questione nuragica e smetterla di farsi seghe e incartarsi su riduttivi distinguo. La visione militarista è stata un paraocchi. Un altro paraocchi mi sembra ora l'eccessiva autostima, che subentra alla disistima (vergogna di sè, l'ha definita Cherchi) per cui ci si adombra se qualcuno definisce arte minore la bronzettistica nuragica (v. altra discussione in atto sui bronzetti). Se dovessi dire la mia, di alcuni bronzetti direi che sono minori, bensì infimi. Leggo nei diversi interventi una gasatura su tanti argomenti. Ad esempio di ricchissima Sardegna. Di ché'? Ricca di normalità. Continuamente c'è la ricerca del primato, della legittimazione.
    Non siamo al giro d'Italia e alla ricerca della maglia rosa. Mettiamocela tutta per capire l'essenza del nuragico e poi, sono convinto, a cascata troveranno posto tanti tasselli e gemmeranno altri corollari. Ma se l'essenza del nuragico è il nuraghe-fortezza continueremo a incastonare stronzate!
    Franco Laner

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  19. Caro Franco, mi intrighi ancor di più con queste affermazioni e ti confesso che Isili diventerebbe un'occasione ghiotta per un confronto vis a vis, come piace a me. Di che tratta il convegno? C'è una locandina?
    Ma veniamo al dunque: cercherò in poche righe di sgombrare il campo dall'assioma: Pittau=tempio, Ugas=fortezza, Montalbano=ambedue!

    Allora...nella trattazione debbo distinguere l'epoca protostorica da quella protodinastica, in cui le strutture urbanistiche hanno la loro prima elaborazione e articolazione. Il fenomeno urbano inizia a mostrare i primi segni forti di accentramento delle risorse. Tra le strutture organizzative che gestivano il potere, il tempio svolgeva una funzione primaria come accentratore dei prodotti agricoli e gestore della loro conversione in beni differenziati. L'organizzazione templare ben presto iniziò a dover gestire le lamentele dei cittadini (l'assemblea cittadina) e si rese necessaria una gerarchizzazione del potere con l'istituzione di una forza militare in grado di tenere a bada cittadini (per il rispetto dell'ordine sociale) e popoli vicini (per evitare scontri). Questa "scala sociale" (fammi ancora una volta passare il termine) necessitava di un luogo nel quale potere politico, militare e sacerdotale si incontravano e nessun luogo è più idoneo di una bella torre che svetta all'interno del villaggio: un palazzo! Potrai fare un raffronto con le altre grandi civiltà del passato, molte delle quali (ecco una caratteristica di cui nessuno pare accorgersi) in isolette sparse nel Mediterraneo.
    Quando sento affermare che l'isola, essendo circondata dal mare, non poteva avere possibilità di sviluppo mi viene da sorridere...e ripenso a realtà quali Creta, Cipro, Malta, Santorini...e, per le stesse ragioni, Sardegna, Sicilia e Corsica, nonché le Baleari dei Talayotici! L'articolazione spaziale del palazzo (cioè del luogo designato dalla comunità per l'accentramento di risorse, potere e religione) consente di scorgere facilmente le destinazioni d'uso delle varie camere. Chi conosce bene i nuraghe potrà facilmente individuare quale parte della struttura è dedicata al culto, quale al potere, quale alla conservazione delle risorse e quale alla difesa! Ritornando all'argomento prìncipe del nostro dibattere (come potevano difendersi?...raccontato dal pastore) devi considerare il sistema allargato, ossia nuraghe polilobato (reggia) con altri piccoli edifici a controllo del territorio, tutti legati visivamente tra loro. Se a Isili ci sarò potrei mostrarti il funzionamento di una confederazione di clan...così potrai elaborare un piano di guerra capace di penetrare nel sistema difensivo e convincermi che i nuraghe erano facilmente attaccabii. Non dimentichiamo, comunque, che le situazioni di guerra erano infinitamente meno frequenti dei lunghissimmi periodi di pace...garantita proprio dalla invulnertabilità del sistema.
    Con simpatia, Pierluigi.

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  20. Caro Franco,

    due obbiezioni:
    la prima è che il corpus è ormai proprio un 'corpus' di documenti,in stragarnde maggioranza integri. Quindi non 'frammenti'. Un bel 'corpus'. Altrimenti perchè pensi che io avrei annunciato la pubblicazione di un 'corpus' di documenti strettamente nuragici. Se non ci fosse stato il tanto io sarei stato il primo a ridere di gusto di me stesso. E tutti, chi più chi meno, abbiamo 'innato' il senso del ridicolo. Hai presente il confronto? Corpus Iscriptionum Semiticarum, Corpus iscriptionum Latinarum, ecc. ecc.
    La seconda è data dal fatto che anche e soprattutto i monotorri (sarà l'oggetto di un prossimo mio intervento di epigrafia: solo indirettamente nuragica)come dimostrano il Nuraghe Aiga di Abbasanta e il Nuraghe Aidu'e Entos di Bortigali, hanno l'iscrizione (sulle architravi) che inneggiano alla divinità El-Yhwh.
    Ciò perchè non sono affatto contento di un atto di fede. I 'Gigi Pii', se ci fossero, li terrei lontani da me.

    Il saluto caro per te e per gli altri della mano del bronzetto che tanto vi sta impegnando nella discussione. Ma aggiungo anche la protezione di quel Dio androgino che le trecce (oliate o non oliate: io ai miei tempi sotto la berritta degli anziani le vedevo più sudate che oliate)) mettono così bene in evidenza.

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  21. Voglio intervenire ancora per spiegare meglio i motivi del mio essermi incaponito sulla insostenibilità della questione “Sanna comprensibile o Sanna incomprensibile?” e le ragioni di alcuni miei interventi recenti.
    Ad una conferenza di matematica uno dei relatori sta facendo la dimostrazione di un teorema. Mi accorgo di non conoscere (o anche di aver scordato) il funzionamento di alcuni degli operatori che sono utilizzati in alcuni passaggi della stessa. Do per scontato, allora, che l’applicazione di quegli operatori conduca ai risultati che vengono via via illustrati e cerco di cogliere l’impianto generale della dimostrazione.
    Alla fine della relazione avrò probabilmente un quadro del quale non potrò essere pienamente soddisfatto. Così, una volta a casa, mi prenderò la briga di andare a vedermi in che modo agiscono gli operatori che non conosco (o di cui ho scordato la funzione). Dopo qualche tempo avrò raggiunto un livello di comprensione più elevato della dimostrazione a cui avevo assistito e quindi di tutta la relazione.
    Immaginiamo, invece, che una volta conclusa la relazione io mi alzassi in piedi e, rivolgendomi al relatore, gli dicessi che non so decidere se pensare che lui abbia detto una marea di sciocchezze oppure no perché non conosco alcuni degli operatori che ha utilizzato nella sua dimostrazione. La risposta che riceverei sarebbe senz’altro: “vada a vederseli e mi lasci in pace!”, sempre ipotizzando un relatore educato. Non soddisfatto potrei arrivare a sostenere che il mio intervento gli servirà, comunque, da sprone per cercare di migliorare la chiarezza delle sue esposizioni. Se poi, a quel punto, qualcuno che, mettiamo, abbia avuto una giornataccia e invece di andarsi a mangiare una barretta di cioccolato per recuperare zuccheri, si alzasse e mi dicesse: “ma siediti e smettila!” e me ne cantasse quattro, forse a quel punto penserei di essermela cercata.

    Cogliere l’impianto generale delle dimostrazioni e dei ragionamenti del prof. Sanna a me non pare cosa complessa, perché i suoi articoli sono chiari, hanno una cadenza lenta, puntuale, in essi non sono tralasciati i particolari. Spiega anche parecchie cose che a una platea di specialisti ovviamente risparmierebbe. Se poi qualcuno di noi sente il bisogno di andarsi a vedere un po’ di, che so, protosinaitico (e io sono in questo gruppo) per capire un po’ più a fondo, magari senza pretendere di poter fare poi le deduzioni che fa il professore, questo non può essere presentato come un problema di Sanna o legato alle sue spiegazioni. No?
    Circa gli “atti di fede”, quando si studia si fa sempre un “atto di fede”, fede in conoscenze accumulate in millenni, conoscenze che non possiamo certamente pensare di controllare.

    Saluti a tutti
    Pietro Murru

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  22. Il numero di stupidaggini offensive che una persona intelligente può dire in un giorno è incredibile. E senza dubbio io ne direi quante gli altri (no: molte di più!), se non tacessi più spesso.
    Un caro saluto
    Maurizio

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  23. La mia spiegazione su Losa e su Barumini richiede un bagaglio di conoscenze che uno si fa pian piano, con anni e anni di studio ( matto e disperatissimo, direi).
    Se si pensa di capire 'subito' procedimenti complessi di 'scrittura' ( legature, metonimie, acrofonie, rebus, ecc.)del passato, come se fossero del nostro tempo, sbaglia e di grosso. C'è poi il problema 'comparativo', alfabetico e non, che, giustamente, mette in sospetto e in allarme non solo gli scettici.
    E' per questo motivo che ( avendo avuto a che fare con alunni per quaranta e più anni: ancora oggi insegno e collaboro per una Università di grande prestigio) comprendendo bene quanto sia difficile essere chiari su certi argomenti, compongo tabelle e tabelle, a corredo ( per chiarimento) della parte argomentativa.
    Ne ho pubblicato ormai così numerose in questo Blog che ho sospettato di aver rotto le balle a molti.
    Allora chiedo a Maurizio (che se l'ha presa un po', come vedo) se quella ennesima tavola che ho preparato per i non 'esperti' è di chiarificazione oppure non. Sono o non sono simili, anzi identici i due 'documenti? Se non lo sono, perchè non? Non ci sono le legature? I pittogrammi non sono pittogrammi? Le lettere cosiddettte 'lineari' sono presenti o non? E la scrittura numerica? E il cosiddetto segno commentatore o determinativo? Il protocananeo è una mia invenzione oppure, stando anche ad altri documenti che ho illustrato, in Sardoa Grammata e in questo stesso Blog, una realtà ormai acquisita? I segni presenti in Losa e Barumini ( Tori, Serpenti) non sono quelli dei documenti del Negev che riguardano il culto di EL -Yhwh? Per essi non vi è citata la fonte? E autorevolissima?
    Ecc. ecc.
    Gradirei un riscontro, perchè a certe strane domande ('sotto gli occhi di tutti'? Certo. Ma bada che questi 'tutti' caro Maurizio sono in 'tutto' cinque o sei, non di più) si replica, spesso, inevitabilmente, con altre domande e non con delle risposte. Perchè illuminano molto di più le prime delle seconde.

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  24. Caro Gigi Sanna: ti ringrazio.
    Intanto, perché hai risposto ad altri per me, evitandomi un imbarazzo e- probabilmente - una gaffe: sono infatti un po' troppo sanguigno, lo ammetto, e sono spesso la dimostrazione vivente del fatto che il silenzio sia d'oro .
    Ma ti ringrazio anche per avermi preso in considerazione: credevo di avere ottenuto da te soltanto quella che gli anglosassoni chiamano amabilmente "a cold shoulder", e - sì - me l'ero un po' presa.
    Ma io - vedi -sono uno studente serale lavoratore, nella tua materia e - tra l'altro - non frequento neanche tutte le lezioni...
    Quindi, mi vedo costretto a chiederti tempo, per rileggermi tutte le cose di cui dispongo, al momento, prima di venire all'interrogazione.
    Detto tra te e me , (e chiedendo quindi agli altri di non leggerlo o almeno di non tenerne conto, perché non è un atto di presunzione), credo che anche tu ti troveresti in qualche difficoltà dovendo esprimere un parere nel mio campo, nel quale mi io muovo bene. Proprio come fai tu adesso, anche io troverei comunque accettabile qualsiasi domanda (anche se dimostrasse eventualmente una profonda ignoranza di cose mediche, di genetica o di chirurgia). Non la interpreterei come scarsa fiducia nelle mie capacità, né come una mancanza di garbo, anche perché mi sono già trovato spesso in determinate situazioni con i pazienti e so bene che il dialogo - tra chi conosce la materia e chi no - è destinato sempre a lasciare comunque un certo livello d'incomprensione nell'ignorante. Nel campo medico, ad esempio, una ricerca inglese dimostra che circa il 30% dei pazienti e dei parenti è destinato a non comprendere parole, diagnosi e prognosi dei medici che hanno parlato anche molto semplicemente con loro. Ti assicuro che le cose vanno spesso anche peggio in Italia... Quindi, ti prego, dammi tempo. Controllerò, per onore di firma anche le fonti (una scorsa gliel'avevo già data): ma sono certo che siano di prim'ordine.
    Sarei molto più a mio agio di persona, perché in un blog, per iscritto - con poco spazio e senza vedere l'espressione facciale , né sentire il tono della voce - le limitazioni sono veramente troppo grandi e i malintesi troppo frequenti...
    Ma farò il mio compito a casa, prometto.
    Un caro saluto, Maurizio Feo

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  25. Caro Maurizio?
    Perchè parli di 'compito'? I compiti sono sempre noiosi, terribilmente noiosi.Di professori noiosi e di metodo antiquato. Parliamo di divertimento pittosto, altrimenti il tutto ci diventa troppo serio e 'professionale'. Personalmente sono del parere che, così come per la matematica, dobbiamo provare il gusto (qualcuno potrebbe persino dire la gioia)di risolvere con la logica (e anche con la fantasia 'scientifica di gramsciana memoria)l'espressione complessa di nuragico (che altro se non?) che 'tutti', non solo io, abbiamo con urgenza di fronte. Potrebbe essere la nostra una soluzione accettabile, oppure carina, oppure molto bella. In quest'ultimo caso, forti della ragione e dell'estetica, saremo nel seno della verità e ci abbracceremo forte forte come quando gli archeologi, durante lo scavo, trovano finalmente il reperto che è l'anello di congiunzione mancante in una certa teoria.

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  26. Salve, mi piacerebbe avere notizie sul citato convegno di Isili dove a quanto sarà presente il Sig. Montalbano. A tal proposito volevo sapere se nell'occasione si parlerà del suo libro "SHRDN... Signori del mare e del metallo" del quale ho trovato anche un blog e un forum.
    Saluti
    salvatore

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  27. Pierluigi Montalbano1 ottobre 2009 alle ore 10:20

    Caro Salvatore, non saprei dirti l'argomento di discussione del 24 a Isili, ma probabilmente Franco ci illuminerà. Non credo si parlerà del mio libro. Approfitto dell'ospitalità del gestore di questo blog per dirti che i miei prossimi convegni saranno a Villagrande il 3 Ottobre e a Dorgali il 17.

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  28. Caro professor Sanna,vorrei chiederle se ha in previsione,a breve,dei convegni.Mi interesserebbe partecipare,(da semplice ascoltatore).
    I suoi risultati mi appassionano,e credo e spero,che qualche altra scritta nuragica salti fuori a breve.Abbiamo un sacco di patrimonio archeologico ancora non sottoposto a scavi.
    saluti e buon lavoro.

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  29. Per il Sig. Montalbano
    è possibile sapere se è previsto un suo convegno ad Oristano?Essendo della zona avrei piacere a sentire le sue argomentazioni dal vivo.
    Salvatore

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  30. Caro Salvatore,

    trovo curioso il fatto che ti sia sfuggito (però mi pare che tu abbia detto che hai scoperto da poco questo Blog)l'annuncio - con il programma dettagliato - del Corso di Epigrafia nuragica che tengo in Oristano tutti i Giovedì alle ore 19 (esatte, si spacca il minuto)nell'Associazione culturale Gianni Pirina (via Garibaldi). Il corso ha ripreso,dopo la parentesi estiva, il 1 Ottobre. La prossima lezione è dedicata all'anello rinvenuto in Pallosu di San Vero Milis e al cosiddetto 'nuraghetto' di Uras scritto (prevalentemente) in caratteri di tipologia gublitica. Il corso non è aperto a tutti ( per questioni di capienza del locale, che ha solo una sessantina di posti) ma a coloro che si sono iscritti per tempo nella passata primavera. Comunque, se e quando vorrai parteciparvi, una sedia ci sarà e sarai il benvenuto.
    Se non ti va bene di Giovedì puoi sciegliere il Mercoledì pomeriggio perchè nell'Istituto di Scienze Religiose di Oristano inizia il Corso universitario delle lezioni sulla Storia delle Chiesa Antica (con un programma che quest'anno è incentrato sulla religione precristiana e la religione cristiana delle origini in Sardegna.
    Anch'io, naturalmente, ringrazio Gianfranco, per la possibilità che ci viene concessa di parlare e di informare sulla nostra attività.

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  31. Caro professor Sanna,la ringrazio per la sua risposta,chiedendo scusa per la mia disinformazione.
    Farò in modo di esserci,e nel frattempo,la seguirò su questo blog, spesso in silenzio,ma con vivido interesse.
    Di nuovo,buon lavoro.

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