Al di là di quanto si è detto nei due giorni del seminario di Orosei sulla toponomastica e sulla politica linguistica in Sardegna, c’è un fatto di grande importanza. Non solo riprende, dopo la sbronza elettorale, il dibattito sulla lingua sarda, ma si acquisisce il fatto che esistono cinque “questioni linguistiche”. Insieme alla sarda, quelle delle quattro aree alloglotte del gallurese, del sassarese, del catalano d’Alghero, del tabarchino. Tutte queste “questioni” vanno risolte definitivamente entro un processo costituente della Nazione sarda.
Non è una novità affermare che non abbiamo più bisogno di una generica legge sulla cultura e sulla lingua, ma di una legge di politica linguistica insieme a leggi che promuovano la cultura sarda. È quanto, allo spirare della passata legislatura, aveva fatto il governo Soru, purtroppo fuori tempo massimo. La novità, anzi le novità, stanno nel dare per acquisita la necessità di una politica linguistica e nell’affermare che essa deve tendere alla ufficializzazione, alla normalizzazione e alla costituzionalizzazione della lingua sarda e, attraverso di essa, delle lingue alloglotte.
Prima tappa della ufficializzazione è quella della massima visibilità all’ingresso delle province e dei comuni, con cartelli normali, non arabescati e folclorizzati in legno o in ceramiche policrome, come purtroppo succede in alcuni paesi. Questo, insieme alle targhe stradali, anche queste normali e non differenziate secondo che siano in sardo (e gallurese, per dire) o in italiano, da a chi vive in Sardegna e a chi vi arriva la contezza di essere in un posto peculiare, non omologato al resto dello Stato.
Si sono, così, conosciute esperienze di regioni europee nelle quali tutto ciò non è l’inizio di un processo ma un processo in atto e, a volte, un dato consolidato. E si sono sentite proposte di grande interesse tese a rendere normali l’uso e la visibilità del sardo e delle altre lingue della Sardegna. Si è anche saputo che le baruffe intorno agli standard della scrittura non sono una specialità nostra, si sono aperte ovunque una visione statocentrica si oppone ad una visione nazionale della questione. A me, e ad altre centinaia di persone, è capitato l’anno scorso alla Conferenza regionale della lingua a Macomer di sentir parlare della inutilità di uno standard sardo, visto che già c’è uno standard italiano che tutti ci rappresenta.
Putroppo, come a volte accade, chi contrasta questa visione nazionale della questione linguistica, anche ad Orosei (come già lo scorso anno a Macomer) non si è fatto né vedere né sentire, malgrado il convegno fosse organizzato dalla Regione e dal Ministero degli affari regionali, non da una setta “logudoresa”, nemica del “campidanese”, secondo la distinzione psicheledica di chi vuole utilizzare il sardo per muover guerra al sardo.Una distinzione molto ideologizzata, e soprattutto molto politicizzata.
La ripresa della politica intorno alla lingua, insomma, c’è stata. Ed è avvenuta nella consapevolezza dei trecento partecipanti che la lingua non è di destra o di sinistra secondo chi guida il governo della Sardegna, che questa distinzione di comodo, già pencolante nelle politica politichese, è assurda in materia linguistica. Non è un caso che l’assessore Lucia Baire, di centro destra, ha catturato l’attenzione di una platea che, nella sua stragrande maggioranza, di quello schieramento non era. A tutti, o a quasi tutti, è apparso sincero ed appassionato il suo impegno a contribuire a tirar fuori la lingua sarda dall’incertezza che oggi vive circa la sua stessa sopravvivenza.
Questo, è chiaro, è la metà piena del bicchiere ideale che contiene il sardo e le altre quattro lingue alloglotte. Il bicchiere mezzo vuoto – bisogna sempre averne contezza – è la domanda, ancora senza risposta, circa la capacità del governo sardo di capire sino in fondo che, ha detto un relatore al convegno, la Sardegna ha di fronte un’altra emergenza, oltre a quelle economiche e occupative: quella della lingua sarda. E di capire, aggiungerei, che la lingua è capace di produrre ricchezza e quindi lavoro, a patto che su di essa si facciano grandi investimenti. Una medicina, presa in dosi troppo piccole, non solo non guarisce ma rischia di produrre danni.
PS - Il sito Disterraus sardus (il cui link trovate a sinistra in questo blog) titola così l'articolo uscito ieri su L'Unione sarda: "Un nuovo Statuto con la lingua sarda, ma senza L.S.C". E' un classico esempio di confusione fra un desiderio e la realtà. Oltre che un pessimo servizio reso alla correttezza di informazione. Senza entrare nel merito dell'articolo di Claudia Lombardo, sanno gli amici di Disterraus sardu che il presidente di un parlamento mai si azzarderebbe a dettare la linea politica, si pure di politica linguistica, al governo?
Sarebbe causa di un conflitto istituzionale dai risvolti molto gravi. Per fortuna, la presidente Lombardo dice tutt'altro, sia pure con qualche incertezza terminologica.
Salude a tottus...
RispondiEliminaCreo chi siant istadas duas dies de mannu importu....galu una borta non si sunt bidos sos operadores campidanesos....non si che faghent bider in Casteddu...e galu in Orosei...nois de sa Provintzia de Nugoro e carchi d'unu de sa Provintzia de Aristanis, andamus, cun meda sacrifitzios in tottube....
Nadu custu...cherio torrare gratzias a s'Assessora Baire...ca est fraighende unu "cantiere limbisticu".
No b'at a esser meda dinari, ma cussu chi b'at, cheret impreadu menzus....
Su camminu est longu, ma deo apo fide, ca sa Baire, mi paret chi faeddat pagu e faghet su chi si podet fagher...comente mustrat tottu su percorsu lavorativu chi at fattu.
A nos bider a luego...
MARIEDDU
Nessuno credo voglia utilizzare il sardo per muover guerra al sardo. Come se un Gallurese rivendicando il diritto all'utilizzo del gallurese volesse per questo muover guerra al sardo o al sassarese. Si potrà anche dire, si è detto, senza per questo sentirsi obbligati a credere che chi lo dice lo pensi realmente, che non esiste il campidanese, che non esiste il logudorese, ma che esiste solo il sardo. E che quelle distinzioni non hanno ne corrispondenza con la realtà, ne senso, ne utilità, ne ragion d'essere. E' un'opinione, un' interpretazione. C'è anche chi la pensa diversamente.
RispondiEliminaA Orosei non bi so potidu benner ca mi fipo impignadu comente zuradu in d'unu premiu de poesia sarda. Oramai sun trint'annos chi sos chi aburrin sa limba nostra bocan a campu su matessi iscrombe: su campidanesu est una limba diversa dae su logudoresu. E como chi nemos creet prus a custa paristoria male sestada an fraicadu un'ateru iscambeddu: su logudoresu si che cheret manicare, che cannibale ferotze, su campidanesu. E s'istrummentu diat esser sa bucca prena de sannas de sa lsc... Penso dae annos chi siat netzessariu de nos dare regulas tzertas pro s'iscrier nostru, ma custu non cheret narrer chi sa lsc siat unu dogma. Andat per'issa manu manu currezida inue nde notamus possibiles errores. Abbojos che sos de Orosei sunu importante a su mancu ca sos politicos rezonales noos pican cussentzia chi su problema de sa limba est fatu seriu. In custas ocasiones poden faeddare de limba e picare impignos , no isco, pro sas iscadduras ch'amus apidu in su passadu, cun cale sintzeridade e cumbintzione. S'auguriu meu est chi non binchet, peri in custa occasione, sa nemesi istorica... chi Deus nos bardet... Larentu
RispondiEliminaSabato 18 luglio alle 10, presso il Palazzo Regio a Cagliari, verrà presentato un volume (presentazione promossa dalla Provincia e dal Comitato scientifico per la norma campidanese del sardo standard): Arrègulas po ortografia, fonètica, morfologia e fueddàriu de sa Norma Campidanesa de sa Lìngua Sarda. Credo meriti attenzione, anche da parte di chi è contrario ma dice di essere attento agli argomenti altrui.
RispondiEliminaForse la psichedelia - di cui Pintore si mostra esperto, visto che ne parla in più di un'occasione - non c'entra niente con l'individuazione nella lingua sarda di due norme. Ci sarebbe da chiedersi:
1) è più scientifico il riconoscimento dell'esistenza di due macrovarietà di sardo (scritto) o la riduzione all'uno che i promotori della LSC (a proposito di psichedelia: assomiglia tanto a LSD...) propugnano?
2) è più politicizzata la prima o la seconda delle due posizioni?
3) è più democratica la prima o la seconda delle due posizioni?
O si vuole ancora far finta di aver tenuto conto di un'indagine sociolinguistica commissionata dalla Regione, nonostante la LSC sia stata scelta (aprile 2006) prima di conoscere i risultati di quella indagine (gennaio 2007)?
Saluti
Non voglio prendere posizione in un dibattito che sicuramente ha bisogno di persone competenti e non dell'ultima venuta pronta a sparare opinioni. Peró una cosa la voglio dire. In Catalunya (credo una delle Nazioni senza Stato che puó vantare una solida politica linguistica e uno dei piú alti livelli di normalizzazione linguistica) il catalano che si insegna a scuola, che si usa nelle pubblicitá, nei libri e nella televisione, è stato costruito a partire dalle numerose varianti del catalano. Per cui tutti imparano a scrivere in quella variante e si rivolgono all'amministrazione in quella variante (almeno per le comunicazioni scritte) ma nel parlato quotidiano le persone usano la variante della propria zona, con parole e formule spesso diverse dallo standard.
RispondiEliminaLa LSC è sicuramente una costruzione artificiale e non puó accontentare tutti e sicuramente va migliorata col tempo (ad esempio leggevo in qualche blog una critica sul fatto che non fosse contemplata la x nell'alfabeto della LSC) e con le critiche costruttive. Peró bisogna ammettere che se davvero vogliamo avere il Sardo come lingua ufficiale, se vogliamo che si usi nelle scuole o nelle amministrazioni è necessaria una standardizzazione della lingua, la stessa che fu fatta per l'Italiano. Anzichè bruciare per intero un progetto che ha visto il lavoro di persone competenti si dovrebbe migliorare, colmare le lacune e aiutare il progetto ad andare avanti. Le varianti del sardo poi non scompaiono necessariamente, perchè un campidanese non parlerá in LSC ai suoi figli, ma nella sua variante e lo stesso faranno il logudorese, il barbaricino ecc. Alla fine la LSC serve solo per le istituzioni e di per se non salverá il sardo. Il sardo si salverá solo se le persone lo parlano in casa, con gli amici, a lavoro e in questo modo non si perderá nemmeno la ricchezza e la varietá della lingua.
Prendo spunto da alcune considerazioni fatte da Larentu per dire: e fortuna che almeno c'è chi pensa che "sa limba" che ci dovrebbe rappresentare tutti sia il così detto logudorese, da qualcuno considerato difatti "sardo comune"! E sì, perchè è così che lo si dovrebbe chiamare, definirlo logudorese è fuorviante. Questo si legge anche in recenti pubblicazioni di "autorevoli" studiosi e protagonisti della vicende degli ultimi anni. C'è da compiacersi del poter disporre di sifatti salvatori della Nazione e dell'unità del popolo sardo. Ma vuoi mettere la semplificazione? Gli altri ad adeguarsi e a farsene una ragione, e pazienza se ci si sente a disagio nel vestire quei panni. La spiegazione è presto detta: sciocca suggestione, per non dire superstizione,a voler essere benevoli. Perchè altre volte si è tacciati di nemici della lingua sarda e del popolo sardo. Continuino pure a ballarsela e a cantarsela tra loro. Se le raccontino a vicenda. C'è sempre qualcuno che ci sta; ma c'è anche chi continua a non condividere certe letture e ancor meno le soluzioni che scaturiscono da tali interpretazioni.
RispondiEliminaBene la provincia di Cagliari, finalmente si intravede qualcosa.
Saluti
Gianluigi
Come al solito i "nazionalisti campidanesi" confondono lo scritto con l' orale, ormai dovremmo farci una ragione di questo peso che la storia ci ha assegnato.
RispondiEliminaE, quel che è peggio, anzichè fare proposte alternative per uno standard univoco continuano a sostenere la divisione del sardo in due "macrobariedadis". Caro anonimo nazionalista campidanese, non c'è nulla di scientifico nel sostenere che esistono due varietà di sardo e il problema della "scientificità della LSC" nemmeno si pone.
Scientifico è dire che esiste UNA LINGUA SARDA, ridurla ad uno standard scritto è semplicemente PRATICO, fatte salve tutte le critiche che si possono fare per ciò che riguarda le scelte avutesi in sede di standardizzazione.
Certo che son proprio tontoloni questi campidanesi del comitato scientifico,dell' "acadèmia de su sardu". Potevano evitare di usare ancora una volta quel brutto termine "campidanese", così nazionalista, così vetusto, così esplicitamente divisorio. Così démodé insieme a quell'altra brutta parola che non si può sentire: "logudorese". Non hanno ancora capito che attirano critiche, evocano brutti spettri? Ma quando impareranno a farsi furbi anche loro? A imparare dai loro fratelli più "à la page"? La forma è sostanza. Dovrebbero levare quel brutto aggettivo "Campidanesa" e titolare il loro lavoro:
RispondiElimina"Arrègulas po ortografia, fonètica, morfologia e fueddàriu de sa Norma de sa Lìngua Sarda". Tutti contenti no?
GL
Ma tzerriaddu cumenti bolis, ita mi ndi frigat! Bastanti chi no neris cauladas cumenti sa chi su sardu siat pratzidu in duus.
RispondiElimina" Nos an imparadu a precare e in su mentres chi fimus precande no ch'an furadu sas terras..." goi narat unu poeta africanu... E nois ite podimus narrer? " Nos an imparadu a brigare e in su mentres chi fimus brigande no ch'an secadu sa limba..." Larentu
RispondiEliminaOh Larentu,
RispondiEliminaPo certai bisongiat a essiri in duus. E si su campidanesus ddoi est, su cabesusesu no ammancat.
Aici seus fattus.
Hia a bolliri biri si custa Giunta fait una delibera chi ponit a basi de sa lingua sarda su campidanesu.
Hant a balliri po cussa situazioni puru totus is callonadas chi hanti nau po donai supportus a sa LSU e a sa LSC?
Saludi e lingua sarda o totus. Cussa chi tenus giai.
Francu Pilloni
Eia Tziu ZuanneFrantziscu, fostei tenit propriu arrexoni, in effetti il titolo utilizzato su "emigratisardi" per riproporre l'articolo dell'Unione sarda è provocatorio, o meglio liberatorio... ma forse avrei dovuto aggiungere un "forse"... oppure lasciare il titolo originale per completezza dell'informazione, come dice lei, ma a mio avviso il titolo originario non rendeva merito al contenuto dell'intervento della Pres. Lombardo.
RispondiEliminaRiconosco anche di aver provato momentanea soddisfazione leggendo alcune affermazioni (che comunque lasciano il tempo che trovano) in merito al fallimento conclamato della LSC contenute nell'articolo, che risulta essere molto piu chiaro e diretto di quanto Lei afferma.
In quanto a ipotetici conflitti istituzionali non me ne voglia, ma gli unici "conflitti" che contano davvero in Sardegna sono quelli relativi alla difesa delle prerogative e degli interessi economici dei soliti privilegiati e dei continentali danarosi, neanche lo spostamento d'imperio di un G8 riesce a suscitare il benchè minimo problema (alla faccia delle roboanti dichiarazioni ufficiali degli attuali e passati politici sardi circa le magnifiche sorti della Nazione Sarda), e dunque?
Ma il problema non è quel titolo, è l'articolo stesso, in quanto sappiamo entrambi che quando un politico piu o meno navigato si sbilancia ed esprime le sue posizioni con tanta chiarezza esiste un problema piu generale (no so se sia politico o politico - linguistico) grande come una casa, evidentemente le fondamenta di quello standard traballano e sono decisamente in tanti, oramai troppi, a nutrire seri dubbi sulla norma adottata dalla Mongiu e da Soru.
Invece, per quanto mi riguarda ha proprio ragione, una ridiscussione dello standard linguistico adottato dalla precedente giunta regionale è proprio ciò che auspico, ma in futuro farò sicuramente maggiore attenzione.
Ciò detto rimane la questione vera (che emerge in tutta evidenza, tra le righe e non solo in quelle, nella proposta della Pres. Lombardo) di uno standard creato a tavolino e imposto, su tutto e tutti, a mio avviso rendendo un pessimo servizio alla lingua sarda in generale ( al di là delle piu nobili intenzioni degli autorevoli studiosi che hanno redatto pazientemente la norma), perchè era prevedibile che si sarebbe trasformato in un formidabile elemento di divisione e quindi in un ulteriore aiuto alla definitiva affermazione della lingua italiana in Sardegna.
Ma io sono solo un operaio emigrato e non faccio testo (nemmeno quando titolo un articolo altrui) ma, per es. un grande intellettuale sardo, Ciccittu Masala, aveva lucidamente tracciato le vere priorità per la salvagurdia della nostra lingua, come da questo breve inciso ripreso da una intervista di Ivo Murgia a F. Masala e pubblicato in tempi non sospetti anche su:
http://www.emigratisardi.com/old/Lingua-Sarda-Comuna-Liggei-s.html
Nessun intento polemico da parte mia, ritengo che di discussioni inutili ce ne siano anche troppe.
Cun is mellus augurius a fostei e a tottus is sardus chi traballant po su sardu, tenendu contu ca fortzis is bariedadis de su sardu nci fiant giai prima meda de sa calada de tottus is fueddadas istrangias de s'istoria cosa nostra. Saludi e trigu exeo, admin di "emigratisardi,com"
X Emigratisardi
RispondiEliminaIntanto la ringrazio per la prova di onestà intellettuale che non è merce molto comune. Vorrei, però, dirle che un errore non diventà verità perché lo ripete la presidente del Consiglio regionale che ha preso, anch’essa, un abbaglio ripetendo un falso luogo comune. La lingua parlata fra Atzara, Norbello, Abbasanta, scelta come limba sarda comuna è una lingua naturale, nient’affatto artificiale. Si può contestare la scelta, non affermare che si tratta di una lingua fatta al tavolino.
Pur con alcune imprecisioni, comunque, l’on Lombardo afferma che le lingue della Sardegna (quelle che sbagliando chiama “macrovarianti”) sono cinque: il sardo, il gallurese, il sassarese, il catalano d’Alghero, il tabarchino. Il “campidanese”, così come il “logudorese”, non è contemplato. Fossi in lei, ripenserei alla opportunità di arruolare l’articolo di Claudia Lombardo fra i difensori della balzana idea di due standard sardi.