di Franco Laner
Prendo spunto dall’immagine che correda lo scritto di Alberto Areddu del 20 giugno per invitare a guardare la navicella con altri occhi ed intenzioni. Ognuno - non è mia la considerazione, ma non so di chi - guarda con gli occhi e vede col filtro della sua cultura e della sua mente. Considero i tanti bronzetti “navali” oggetti votivi e funerari.
Perché? Perché ogni navicella è una immagine cosmica! C’è sempre un axis mundi, il palo (albero) centrale e quattro altri pali, sostegno del cielo. Quattro punti cardinali e l’asse centrale è la più semplice rappresentazione del mondo, o del cosmo, presso moltissime culture, dai mandala orientali, agli etruschi – la tomba di Porsenna ha 4 piramidi con quella centrale - e questa schematizzazione si trova ovunque. E’ il modo per dar ordine, dividendolo in quattro, allo spazio e al tempo, per uscire dal caos.
Lo stesso Leonardo da Vinci disegna un mausoleo, che ha in sé la figura del mondo, sostenuto da 4 pilastri con l’asse centrale. Oppure si pensi a S. Sofia di Instambul, coi 4 minatereti e la cupola centrale. Alle 4 sfere di pietra dell’Isola di Pasqua con l’ompalos centrale, e ancora, ancora… Anche il nuraghe quadrilobato, con la torre centrale è per me raffigurazione del cosmo, così come i modellini di nuraghe, sono immagini cosmiche.
Che la navicella sia funeraria è sottolineato dalle 4 colombe sui quattro punti cardinali. La colombe, fin dall’antichità più remota, si sa che sono in grado di rifare la strada percorsa. Dal viaggio all’aldilà la colomba può riportare nell’aldiqua il defunto, che è accompagnato anche dal cane. Altro animale simbolico, per la sua fedeltà. Anche lui accompagna il defunto e non lo molla nel difficile viaggio agli inferi da cui, da sempre, c’è la speranza di tornare!
L’asse della nave ha un occhiello per essere appeso. In questo caso la carena della nave può essere appuntita, mentre se è appoggiata su di un piano il fondo è piatto. Non vedrei in queste due tipologie se non questa destinazione di utilità del modellino, piuttosto che due tipi di imbarcazioni a fondo piatto o acuto…
Un altro oggetto votivo è il carro a quattro ruote che simboleggia il viaggio ed anche questo oggetto ha nei bronzetti sardi alcuni splendidi esempi. Chiedo scusa della stringata considerazione, che potrei documentare meglio, ma spero si capisca comunque.
La rappresentazione del cosmo di chi ci ha preceduto è indispensabile per avvicinarci alla loro comprensione culturale, spirituale e materica. Perciò alle volte bisogna accontentarsi di ciò che gli oggetti subito suggeriscono, senza aggiungere altre categorie che spesso dipendono solo dalla nostra attuale cultura e sovrastrutture storiche e mentali.
Trovo bellissima la concretizzazione nella navicella del momento escatologico della morte, del destino del defunto, dell’attesa di resurrezione. Ci parla dell’incognito con parole così chiare che aggiungerne altre sarebbe riduttivo.
Nella foto: L'omphalos dell'isola di Pasqua
Pietro Murru scrive:
RispondiEliminaAlcune considerazioni di carattere generale e una domanda pre il prof. Laner.
Quanto è difficile (forse impossibile) applicare il metodo scientifico (quello tanto caro al sig. Ainis, quello che si applica in fisica, per intenderci) in ambiti come la protostoria e la storia antica.
Queste considerazioni del prof. Laner sono affascinanti, interessantissime, anche per la quantità e qualità delle conoscenze che possono averle fatte maturare, ma rimangono comunque (soltanto) un lucido esercizio intellettuale.
Come si fa a decidere se le argomentazioni che il prof. Laner potrebbe addurre a sostegno di queste tesi siano più forti, o più deboli, di quelle che addurrebbe un sostenitore delle tesi che vedono gli oggetti in questione come dei modellini in scala di vere e proprie imbarcazioni? Si rimarrebbe sempre nel campo delle opinioni. Infatti come argomento forte, e ultimo, a sostegno della valenza di una certa tesi, all’interno di discipline come la protostoria e la storia antica, viene portato l’accordo tra gli studiosi: più studiosi sostengono una tesi più questa tesi è giusta! È chiaro che siamo molto lontani dal metodo scientifico per come lo intenderebbe un fisico.
Naturalmente non sto sostenendo che per queste ragioni non abbia più senso occuparsi e discutere di questi argomenti e di quelle epoche, credo però che ognuno, ferma restando la serietà e la preparazione di tutti (perché se si mettono in discussione queste allora il discorso è un altro), dovrebbe guardarsi bene dal lanciare accuse di non scientificità addosso a altri, come di recente è stato fatto in questo blog.
Al prof. Laner vorrei chiedere...
come si inquadra, all’interno di queste sue considerazioni, il fatto che siano note rappresentazioni di imbarcazioni che sembrano avere un anello sulla sommità dell’albero simile a quello sugli alberi delle navicelle nuragiche? Come esempio si può vedere la rappresentazione di una nave su un vaso a staffa da Skyros, attribuito al tardo Elladico III C, siamo intorno al 1180 a.C., che poi è anche il periodo che ci interessa.
Saluti
Pietro Murru
P.S:
Proprio bella la foto a corredo del suo articolo, professore, l’ho messa come sfondo del desktop...
Colgo l'occasione per segnalarle che nella mia tesi di laurea sulle navicelle nuragiche, nonchè sul libro che ho pubblicato, le navicelle sono definite come rappresentazione del cosmo. La ringrazio dunque di essere arrivato alle stesse mie conclusioni partendo da presupposti differenti e in base a ragionamenti completamente divergenti.
RispondiEliminaPierluigi montalbano
Chi volesse visionare l'intera tesi può accedere gratuitamente al sito Unilibro e digitare...navicelle bronzee nuragiche di Pierluigi Montalbano. Oltre 150 pagine con tutte le navicelle (oltre 150) descritte minuziosamente con tanto di tabelle a corredo.
RispondiEliminaQuesto è il link diretto.
RispondiEliminahttp://www.unilibro.it/find_buy/dettaglio_ebook.asp?id=49
Intendiamoci. Nessuno di noi quattro ha pubblicato articoli di archeologia su “Jahrbuch des Deutschen Archäologischen Instituts” o simili né è riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale. Franco Laner è un importante architetto, Pietro Murru si occupa credo di economia, Pierluigi Montalbano si è laureato in Scienze del Turismo con una pregevole tesi sulle navicelle nuragiche (ve ne consiglio la lettura), io un giornalista che leggiucchia qua e là e che da quasi due anni ha aperto un blog che per vie misteriose è approdato sulle sponde dell'archeologia. Figurarsi che cosa mai possiamo dire di serio in materia.
RispondiEliminaUn po' vigliaccamente, lo confesso, invece di dire domando. Non a Laner, Murru e Montalbano, va da sé, che questi problemi non sollevano. Ne sollevano altri, ma non questi.
Posto che non sono stati trovati resti delle navi nuragiche che – racconta la fantarcheologia – avrebbero varcato il Mediterraneo, sono stati cercati? Voglio dire, sono state fatte campagne di archeologia subacquea, in modo da chiarire finalmente ai testardi quel che è certo? Le navicelle di bronzo sono solamente ex voto o arredi funerari che niente hanno a che fare con delle navi vere che, infatti, erano sconosciute ai tempi. I nuragici se le hanno viste in sonno, e rozzamente come potevano le hanno fatte e regalate ai loro morti così come avrebbero potuto riprodurre in bronzo e donare un I-phone, un videogioco, una statuetta di Madonna o qualsiasi altra cosa del futuro. Essi hanno semplicemente reinterpretato con fantasia quelle cose strane da cui i venuti dal Levante sbarcavano, portando perline colorate per i nativi.
Non tornano i tempi? Ma che ne sappiamo noi, tu Franco Laner, e voi Pietro Murru e Pierluigi Montalbano e io. Mica siamo stati riconosciuti dalla comunità archeologica internazionale?
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RispondiEliminaSignor/a Ainis, le ho mandato il link delle ceramiche nuragiche trovate ad El Awat ed esposte al museo. Le ho anche chiesto un parere sui zig-zag e gli altri segni nuragici ben visibili sulle ceramiche. Ma lei ha accuratamente evitato di rispondere in merito. Continua a sostenere, erroneamente, che in quel sito non c'è nulla di nuragico.
RispondiEliminaNon capisco se ci è o ci fa.
Anziché scomodare le grandi star internazionali (visto che per lei Ugas e Zertal sono poco più che semplici scrittori) per avere un giudizio sulle varie ipotesi che i ricercatori sardi offrono non le pare più semplice avanzare per gradi e discutere in Sardegna sui fatti che ci riguardano da vicino? A suo parere l'Università americana che ha indagato per 20 anni il relitto di Ulu Burun e quell'altra internazionale che per anni ha esaminato il relitto di Punta Iria...hanno la "Sciiiienzzza di Zichichi" profusa nell'intelletto?...o sono degli onesti specialisti laureati che vogliono lavorare con cura?
La mia modesta opinione è che la civiltà sarda debba anzitutto essere accettata dall'accademia nostrana, dopo che la Regione Sardegna ha già iniziato ad accorgersi di qualcosa di ciò che diciamo da tempo e cioè che Shardana e sardi sono lo stesso popolo. Dopo questo passo potremo, privi di preconcetti, avanzare delle idee da sottoporre ai più illustri studiosi internazionali che, mi creda, non hanno tutte le competenze necessarie per trattare l'argomento nuraghe semplicemente perché è...cosa nostra.
Gli esperti della comunità scientifica internazionale hanno la loro cultura, la loro intelligenza, la loro voglia di imparare ma prima di acquisire le informazioni necessarie a trattare l'argomento nuragico dovranno analizzare e studiare tutte le informazioni attualmente in possesso di chi si dedica alla materia (e Ugas è docente di questa materia...quindi è uno dei massimi esponenti al mondo dell'argomento, infatti Zertal ha chiamato lui e non altri).
In conclusione...prima di chiedere al Comune di Cagliari un parere sull'infiltrazione d'acqua che c'è a casa mia, preferisco andare al piano di sopra e vedere da dove entra!
Con simpatia
Pierluigi Montalbano
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RispondiEliminaCaro sig. Ainis,
RispondiEliminalei pare essere un grande sostenitore della peer review, ma guardi che citando il caso dei Bogdanov rischia di mettersi dentro le mura un bel cavallo di Troia. Comunque, al di là questo caso, per scienze come la fisica non si può certamente prescindere dalla peer review. Lo stesso sistema di revisione è certamente più debole quando si tratta di archeologia, protostoria e storia antica, pur restando, naturalmente, un buon metodo di selezione dei lavori. Lei non può negare, inoltre, il peso delle sovrastrutture scolastiche all’interno del mondo accademico, per cui chi non è allineato a queste difficilmente (per usare un eufemismo) pubblica o ottiene finanziamenti. Ed ecco perché qualcuno preferisce pubblicare attraverso dei libri che, guarda caso, vengono ignorati da detto mondo accademico. (E comunque il lavoro di Frau, per citare uno di quelli che la pizzicano di più, non è stato certamente ignorato). All’interno di queste discipline occorrerebbe discutere con serenità, senza vedere per forza un cialtrone nel proprio interlocutore ogni volta che si scopre che non è passato attraverso la peer review, perché nessuno ha la possibilità di applicare regole “matematicamente certe” all’interno di questi ambiti. Inoltre un lavoro non è per forza scadente soltanto perché pubblicato attraverso un libro, non le pare?
Saluti
Pietro Murru
Caro Franco, tu sai bene come la penso. Io ritengo, anzi ne sono convinto, che le barchette nuragiche siano 'scritte' sfruttando i logogrammi, i pittogrammi ed il semplicissimo concetto dell'acrofonia. E' la nostra ormai rigida concezione di 'scrittura' che ci fa velo e ci impedisce di capire in quanti e fantasiosi modi si possa 'scrivere'. Se una serie di figure e di segni riportati su di un piano in una certa sequenza ci consentono di capire che quella che abbiamo davanti agli occhi è scrittura, la stessa serie riportata a formare un certo oggetto ci dà invece solo la credenza che ci troviamo di fronte alla decorazione o, al massimo, al simbolo. Manca invece, secondo me, il valore fondamentale riposto nell'oggetto, ovvero quello fonetico. Mi spiego meglio: scrivi o traccia su di un piano (un foglio di carta o una lamina di metallo, come preferisci) un cerchio, a cui fai seguire una colomba (ma essa può anche precedere); quindi disegna lo schema del nuraghe quadrilobato che a sua volta sarà seguito da una protome cervina o bovina, seguita infine dalla barca. La sequenza se fosse, ripeto, disegnata su di un piano non ti creerebbe difficoltà se io putacaso avanzassi l'ipotesi che i 'segni' potrebbero essere scrittura (logografica, pittografica, ecc.) Una scrittura particolare, ma pur sempre una 'possibile' scrittura. Se invece gli stessi segni li adoperassi a formare un certo oggetto, agglutinati o 'legati' in uno stesso oggetto, tu per solo 'pregiudizio' mi negheresti subito quella possibilità che mi hai concesso appena un minuto prima. Eppure è l'oggetto nel suo insieme che ti dà la scrittura, una scrittura molto difficile (per noi)perchè a 'rebus'. Per essere più convincente ti do una notizia in anteprima: nella navicella nuragica fittile 'scritta' che gli archeologi non si decidono, a distanza di dieci e più anni, a pubblicare, c'è disegnato nella sequenza grafica, tra i segni protocananei (con arcaismi protosinaitici), un pugnaletto nuragico con tanto di elsa 'gammata'. Il pugnaletto, ovviamente, posto tra uno 'zayin' e un 'nun' a cui segue un resh, non può che avere valore fonetico, anche se un valore fonetico complesso, essendo nell'oggetto le lettere non una ma più di una unite assieme. Quando nel mio libro ho cercato di far capire che il pugnaletto nuragico è segno 'distintivo' che si caratterizza soprattutto per il complesso della scrittura che contiene nascosta, mi dicono che qualcuno, si sia smascellato per le risate. Tanto più che ho detto che il famoso 'gamma' era proprio un gamma (che corbelleria!), segno alfabetico che andava unito ad un'altra chiara consonante pittografica e ad altre ancora.
RispondiEliminaNaturalmente sono molto d'accordo con molte delle considerazioni che fai sulla sacralità e spiritualità dell'oggetto. Ma ha ragione il dott. Murru quando replica dicendo che, stando come stanno le cose, tu potresti aver fatto solo 'un lucido esercizio intellettuale' perchè potrebbe avere uguale validità la tesi di coloro che sostengono che le barchette sono modellini di navi. Io credo però che il dott. Murru non avrebbe esitazioni e sarebbe sicuramente d'accordo con te se in qualche modo lo si convincesse (io non so proprio come la pensa) che le barchette nuragiche sono scritte e, in particolare, con la ripetitiva 'formula' ternaria che riguarda l'antica divinità dei Sardi. Se davvero la formula è quella per il dio 'toro padre', difficilmente ti si potrebbe obiettare ad es. che la barca con il concetto di 'rinascita' non c'entra nulla o che è difficile dimostrarlo, data anche la chiara simbologia della barca, del sole e del toro. Del resto, una bellissima barchetta non è stata chiamata forse, intuitivamente, in maniera assai significativa, la 'Barca del Re Sole'?
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RispondiEliminaMi arrendo...ci è!
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RispondiEliminaSolo per dire che io non scappo. Non l'ho mai fatto mai, tantomeno davanti a un borioso pieno solo del vuoto pneumatico in cui vive. Non temo le persone serie, figurarsi di uno chi est che a nemos.
RispondiEliminaPerché dovrei risponderle a uno che paga 12 euro per un documento che io ho da più di sei anni e che gli avrei potuto dare gratis?
Ha ragione Montalbano, ci è.
Francu Pilloni scrive:
RispondiEliminaLe intuizioni di prof. Laner mi intrigano molto.
Anch'io credo infatti che l'azione di fondere il metallo per costruire un oggetto debba avere per forza di cose delle motivazioni valide e profonde, tanto più quando si tratta di qualcosa che non viene adibito all'uso comune, come un qualsiasi attrezzo da lavoro. Suppongo che la cultura che ha prodotto le navicelle nuragiche e altri oggetti consimili fosse aliena dal vizio del consumismo, non dico per austerità di costumi, ma proprio per la difficoltà di reperire le materie prime. Se dunque si metteva in moto la macchina della produzione per un oggetto "inutile", mi pare logico pensare che tale oggetto rivestisse un valore simbolico che superava le necessità del vivere quotidiano. E tuttavia non si trattava certamente di "arte astratta", ma riproduceva una realtà conosciuta, come appunto dice Gianfranco, poiché navi reali rappresentavano, che si dica poi che fossero costruite e usate da loro stessi o intraviste stando seduti sulle colline a debita distanza dal mare, poco importa.
Io stesso ho sviluppato (da ignorante, si capisce!) un concetto analogo a proposito delle pintadere che sì, servivano a "pintare" il pane, ma non certamente quello quotidiano, bensì il Pane simbolico, il Pane del Tempo, visto che il prof. Nicolino Di Pasquale ha scoperto e dimostrato come le pintadere siano "ruote del Tempo”, cioè veri e propri calendari, solari, lunari, venusiani, ecc.
Un Pane del Tempo che il vecchio forse riceveva come viatico allorché sentiva arrivare la sua ora? In fondo, ancora oggi quando vediamo un uomo o una donna "beccius mannus", diciamo che il tale "si è mangiato il tempo", mentre è opinione corrente quando ci si riferisce alla totalità delle persone, che è il tempo a consumare noi.
Ho fatto anche il parallelo col "pane celestiale" di Santa Romana Chiesa, l'ostia della comunione, che, alla produzione, altro non è che "pani pintau", farina di grano impastata con acqua e cotta al fuoco come un’antica focaccia all’interno di uno stampo dov’è raffigurata in negativo una croce.
Gigi Sanna nelle navicelle nuragiche ha letto dei messaggi, perché vi ha trovato anche una scrittura “nascosta”, così come ha letto le forme delle “Tombe dei giganti” che, viste dall’alto, mostrano “scrittura” che tanto nascosta non è. Certo, non si parla (ancora) di scritti attinenti a commerci o a patti fra popoli o persone, ma solamente di “segnali” dati o richiesti a chi sta “aldilà”, lo si chiami come si vuole, di rituali che sono serviti (e ancora sono in uso) per colmare il vuoto di conoscenza che ancora ci portiamo appresso per le questioni irrisolte del dopo.
A proposito di pani pintau (e termino): mia nonna, e anche la mamma di mia nonna che erano famose in paese per pintare il pane della festa, svolgevano l’operazione usando solamente la punta rotonda di un coltello da cucina (non affilato) e l’unghia del pollice. Si diceva infatti, di una cosa mal riuscita: “Gei no parrit pintau a punta de unga!”. Pintare con la punta dell’unghia, appunto.
Diceva sempre mia nonna: a cuaddu friau, sa sedda ddi pizziat.
Non sono mai riuscito a capire cosa volesse dire. E sì che me ne sono dati schiaffi in faccia per riuscirci!
Francu Pilloni
Saludi e trigu a tottus,
RispondiEliminacari amici non ho potuto fare a meno di intervenire, visto che le vostre discussioni mi interessano. State parlando della simbologia cosmica delle navicelle nuragiche. Non è un argomento nuovo per me (specialmente per uno che si è sempre occupato del gioco "Pettias e cariccias"), affascinato da sempre dalla simbologia del "bastone" (a partire dall'uccello sul palo raffigurato sulla parete del Pozzo di Lascaux, posto accanto allo sciamano "morente" perchè colpito dal Toro furente a sua volta ferito e dal quale fuoriescono "labirintiche visceri", a mio giudizio la sua più antica ed originaria raffigurazione) pertinente alla nostra Cultura Sarda! Simbologia cosmica dicevamo. Oltre le navicelle vi suggerirei di approfondire sui vari disegni di antichissimi Tappetti (soprattutto "Tapinu e'motu) ed ovviamente Cassapanche (Kascias, arkas o arkixeddas). Questi rappresentano la conservazione e la continuazione nel tempo degli elementi cardine dell'antica religione dei Sardi. Sono elementi semplici e facilmente identificabili e tutti riconducibili ad una religione che in origine poteva essere Monoteista? Osservate i geroglifici (ops . mi è scappato!), i disegni delle più antiche "Arkixeddas" (quelle risalenti agli inizi del 1700 ad esempio. Sostanzialmente sintetizzano 3 figure, le altre sono mezze figure o combinazioni delle stesse. Queste sono: il Rosone centrale, racchiuso spesso dentro un quadrato, (il quadrilatero cosmico?) che simboleggia il Sole guardato a vista da due "esseri alati". Alle estremità le "Bipenni" (e non clessidre!) con la loro forte simbologia. Nella loro (e dalla loro) combinazione c'è tutta la nostra Storia millenaria.
In attesa che la soprintendenza mi consenta di pubblicare importanti immagini relative a nuove scoperte sui "Sardi Coppelliti" (la chiave di tutti i misteri su Religione e Mitologia Sarda, passa per loro!)vi invito a riflettere su queste figure simboliche.
A si biri mellus e Solidarietà ai miei amici Gigi, Leonardo e Franco!
p.s. ma quanto tempo sta sul Pc il signor Ainis? Ne ha per tutti e per tutto. Ma che mestiere fa? Il tuttologo?
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RispondiEliminaE sighies puru a lu responder. Bo.... Bo....
RispondiEliminaSignorina Anne Jubh: e a lei che gliene frega?
RispondiEliminaSignor Nimo Ano: Signorina as a esser tue e ...... Custos sun c.. Fattos meos. Tue faghe sos fattos tuos.
RispondiElimina...qualcuno può postare il link dei citati articoli di Zertal??? Mi piacerebbe leggerli...
RispondiEliminagrazie
Ritornando all'argomento...
RispondiEliminala mia ipotesi è che le incantevoli navicelle bronzee siano la dimostrazione della grande intraprendenza e della straordinaria tecnologia dei sardi nuragici:
erano uno dei pochi popoli che amava autorappresentarsi (in pietra e in bronzo) e che oggi ci guardino dall'alto chiedendosi perché abbiamo tante difficoltà ad affermarci come identità capace di confrontarsi con l'Europa e con il mondo, prima che con l'Italia. Le navicelle sono fatte con il fuoco, evocano il mare, propongono torri e animali come possesso della terra e mostrano volatili sulla cima degli alberi, sulle battagliole e negli orli degli scafi. I 4 elementi del cosmo rappresentati nei 4 punti cardinali dei manufatti. Più evidenti di così avrebbero dovuto allegare il manuale delle istruzioni per dirci cosa volevano comunicarci. Ebbene sì...comunicarci, perché i bronzetti, tutti, sono il loro modo di trasmettere a chi li vede un messaggio ben definito:
Noi siamo i sardi, siamo potenti, siamo organizzati, siamo capaci, siamo combattenti che amano il lusso, il potere, la sapienza, il mare, la terra...non dimenticatevi di noi. E ci guardano da lassù...perplessi.
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RispondiEliminaCaro Etiam,
RispondiEliminatroverà entro oggi i link che desidera e il testo della comunicazione di Adam Zertal al Convengo di Dublino.
(Le avrei risposto prima, ma ero fuori)
Caro Lai, vale anche per te, naturalmente, quel che ho scritto ad Etiam
RispondiEliminaCaro ZFP,
RispondiEliminala ringrazio!!!
solo stamane rientro dal mare dove sono con i miei perché devo sbrigare alcune faccende. Leggo tante reazioni alle mia considerazione alla foto della navicella. Ad ognuno vorrei rispondere e cercherò di farlo, perché quelle considerazioni non sono frutto di una idea estemporanea: da anni cerco di capire genesi ed archetipi sottesi ai nuraghi, oggetto dei miei studi, non solo dal punto di vista costruttivo, che è la disciplina di cui mi occupo. Se, caro Gigi, cercare di far parlare i simboli è cercare il seme della scrittura o la scrittura stessa, ovvero il valore semantico di un'opera anche costruttiva dell'uomo, vuol dire che finalmente abbiamo qualcosa d'altro in comune, oltre alla stima che va molto al di là dei nostri oggetti di studio! Grazie a Montalbano, Murru, Pilloni, Carta e al paziente e bravo Gianfranco, per tutte le osservazioni che mi fanno pensare e riavvicinare alla vostra Terra e a quel maledetto intrigo che è la civiltà nuragica!
RispondiEliminaCercherò di riprendere le fila. Anche il recente libro della Murgia, specie alcuni suoi itinerari, mi inducono a riprendere ipotesi e illazioni abbozzate anni addietro. Sono convinto che se unissimo studi e ricerche, sullo sfondo ci sarebbe anche un destino economico, oltre che culturale, della Sardegna!
Un'ultima piccola questione che riguarda Ainis. Partecipare ad un blog penso sia una scelta di confronto e di ricerca su argomenti di comune interesse ed avere una forte speranza di crescita personale e collettiva.
E' molto bello veder condivise ipotesi, ma c'è altrettanta bellezza nell'ammettere di aver presa una cantonata! Certo, brucia, ti svuota, ma se è ben smontatata, cristo! ammettiamolo e ricominciamo! Perché dunque scegliere l'anonimato? Invito Ainis ad ammettere che è stata una scelta non opportuna. Ma nel dire chi è e partecipare alla straordinaria (non è enfasi!) avventura del confronto sarebbe da tutti percepito come atto di grandezza! Ad esempio mi piacerebbe vedere la tessitura delle mura del sito di El Awat. Mi sono a lungo occupato di murature a secco e forse potrei dare qualche indizio: tessere un muro è davvero un modo di scrivere e di firmarsi! Quanti modi di ordire muri di recinzione, solo dopo le famigerate chiudende del 1820. Qualcuno non è solo scrittura, è autentica poesia!
Abbraccio il vostro entusiasmo e sapere!
Laner