giovedì 9 aprile 2009

Ci meritiamo di più di certa robaccia

di Gabriele Ainis

Gentile sig. Pintore, ho apprezzato che lei abbia voluto rispondere alla mia osservazione in merito alla pochezza di certa robaccia che si vorrebbe spacciare come cultura sarda. Mi permetta di apprezzare meno il suo preteso non capire a cosa mi volessi riferire, visto che prima della mia noticina si era appena materializzato un esempio eclatante di quanto vado dicendo.
Non vorrei che si rimanesse nell’equivoco o si scadesse nella farsa: se Lei non ama rispondere a questa categoria di domande, o non vuole farlo, è un suo diritto. Del resto ci troviamo a casa sua (ed io, da maleducato, mi sono autoinvitato).
Tuttavia le rinnovo la mia richiesta e le suggerisco uno spunto di riflessione: questa mattina, alle otto in punto, il canale della radio di stato dedicato all’informazione parlamentare ha diffuso, come avviene quotidianamente, i titoli delle prime pagine delle principali testate nazionali. Un momento particolare: la vicinanza alle vittime della tragedia abruzzese. Dunque una lista infinita, dal Piemonte alla Sicilia. Mancavano solamente l’Eco di Roccacannuccia, l’Urlo di Bagnatica ed un qualunque accenno ad un quotidiano sardo. Sai la novità!
Immagino che non sia un problema: tanto noi parliamo in limba.
Mi scuserà, ma continuo a pensare che ci meritiamo qualcosa di meglio.


Caro Ainis, come avrà notato l’ingresso a quel che lei chiama casa mia è assolutamente libero. Non c’è alcun bisogno di bussare, si entra e basta, senza alcun controllo preventivo di quanto si scrive: non si senta autoinvitato né maleducato, è benvenuto. Ciò detto, le confesso che avevo capito a chi si riferiva, quando parlava di “certa robaccia”, ma mi illudevo che così non fosse.
Lei chiama “robaccia” i libri di Leonardo Melis e, mi par di capire, altri scritti del genere. E su questo divergiamo in maniera abissale. A me interessa poco se Melis scrive cose condividibili, ma mi interessa molto sapere – da lei e da una folta schiera di scettici – se egli abbia o no il diritto di avanzare tesi, senza correre il rischio della scomunica. Non so se lei abbia letto i libri sugli shardana scritti da Melis. Io l’ho fatto e vi ho trovato una mole impressionante di dati, riferimenti storici, esame di documenti autentici. Si tratta, insomma, di tesi fondate su una conoscenza non comune.
Mi convincono? Alcune cose sì, altre no, altre forse. Ma è l’ultima delle mie preoccupazioni. Mi fanno riflettere su alcuni aspetti non marginali del rapporto fra la codificazione della storia, la refrattarietà dell’accademia a rimettersi in discussione, la propensione di tanti a chiudere la porta alla ricerca che non abbia il bollo tondo degli “addetti ai lavori”. Se questa propensione fosse stata vincente, ancora oggi saremmo probabilmente convinti che la città di Troia sia una invenzione poetica di tal Omero. Avrebbe vinto la incredibile protervia della Baronia archeologica francese che per quasi ottanta anni aveva messo la prua contro gli straordinari ritrovamenti archeologici nel villaggio francese di Glozel, definiti per 80 anni dei falsi souvenir per turisti. Potrei continuare ancora a lungo, ricordando, per esempio, la bizzarra tesi secondo cui i sardi abbiano dovuto attendere migliaia di anni, sino all’arrivo dei fenici, per imparare a viaggiare per mare.
Quel che per lei è “robaccia”, per me è terreno di scoperta, pronto, va da sé, ad arrendermi all’evidenza, ma solo quando questa sia dimostrata in modo inoppugnabile con una dovizia di dati pari almeno a quelli che si contestano. In archeologia e, naturalmente, in tutti gli altri domini della conoscenza e della cultura, l’una e l’altra, per fortuna, in continua evoluzione e poco inclini alla contemplazione dei rispettivi ombelichi.
Lei infine lamenta la nulla considerazione riservata alla stampa sarda nella tragica vicenda del terremoto di L’Aquila. Ha ragione, naturalmente, a lamentarsene. Ma che c’entra la lingua sarda? Forse non legge i quotidiani stampati in Sardegna (sardi è una parola grossa), altrimenti si sarebbe accorto che non sono scritti in sardo e che alla mania dei sardi si parlare la propria lingua non può essere imputata la scarsa considerazione di cui gode la stampa prodotta in Sardegna.
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18 commenti:

  1. Gent.mo Ainis, è da un un po’ che, insieme a ZFPintore, anch’io cerco di capire che cosa intenda per cultura sarda e perché vada orgoglioso della sua sardità, ma, dopo che, uno per uno, lei procede a demolirne i capisaldi, non ci riesco. Per adesso ho chiaro che mette la lingua inglese al centro e siccome lei la mette al centro, chi vuole ricostruire la Storia sarda e parlare in limba, secondo lei, automaticamente, vuole ignorare l’inglese. Nonostante qualche intervento possa farglielo pensare, le cose non stanno affatto così.
    La lettura de I viaggi di Gulliver insegna che è sbagliato assumere atteggiamenti di sufficienza nei confronti di chi fa il possibile per studiare la storia della Sardegna cercando anche di ricostruirla a dispetto dei nostri detrattori vecchi e nuovi, sardi e no. Sa che ad esempio tra i giovani di IRS, attenti alla Storia della nostra isola, molti lavorano o studiano all’estero e conoscono varie lingue? Sa quanti figli, a iniziare dalla mia, di persone che intendono occuparsi di cultura sarda, senza i limiti che vorrebbe lei, si trovano all’estero e conoscono più lingue? Non si senta dunque l’unico a indicare l’inglese come lingua più adatta dell’italiano per inserirsi in Europa e nel mondo. Il suo atteggiamento da Fusione perfetta lo conosco da quando ero ragazzo. Lo sentivo anche in casa sardista. E’ un atteggiamento dimostratosi ampiamente provinciale e perdente. Credo si tratti di autocastrazione, la sindrome che colpì anche Emilio Lussu.
    Senza sciovinismi, la nostra Storia spetta a noi riscriverla e insegnarla ai nostri figli. Ma già, lei preferisce gettare l’acqua sporca(pseudocultura) con il bambino (Cultura). Si svegli e si riappropri della Storia della Sardegna, che non ha certo potuto apprendere a scuola. Non si beva la favola della Sardegna isolata dal mondo per secoli. Non è vera.
    Per quanto riguarda le sue osservazioni sulla scuola, espresse precedentemente, alcune le condivido. Le vivo quotidianamente. Il problema è che in una scuola così disastrata quel poco di cultura sarda che vi si insegna viene purtroppo servita in piatti di plastica non d’argento come merita. Intendo alludere non agli insegnanti bensì alle condizioni nelle quali si insegna.
    La Costituzione italiana che lei cita in altro blog e che tanto si vuole conservare non ci consente ad esempio di finanziare delle charter school per incentivare la mobilità sociale, come è invece nei progetti di Barack Obama. Anche negli USA, oggi, la possibilità di elevazione sociale è piuttosto in calo rispetto al passato, anche se non come in Italia.
    La Costituzione italiana andrebbe attentamente rivisitata per cavarne fuori e buttar via tutti i tratti ideologici, in particolare quelli di stampo staliniantogliattiani, che l’avvelenano e che impediscono ogni progresso. Io però ormai aspiro ad una Costituzione Sarda e a una Sardegna libera e indipendente, aperta a 360 gradi, non solo rivolta a Roma.
    La stampa locale. Trovo assurdo che noi sardi si permetta che giornali finanziati con denari pubblici cestinino, come fanno, ogni espressione in sardo. Dovremmo davvero decidere di non comprarli per un certo periodo, per far capire ai proconsoli che li dirigono che in casa nostra non possono permettersi simili censure. ZF, ite nde pensas?
    Se non fosse che si presenta con nome e cognome, la sua poca chiarezza mi farebbe propendere per l’ipotesi di un sardo che spara da posizione riparata, come da dietro un muretto a secco. Caratteristica, questa, di una certa identità da gettar via. Ma siccome almeno si firma penso invece che la sua posizione sia ancora emendabile, per questo ho scritto. Ci spieghi il suo orgoglio di sardo, adesso.
    Saluti, Piero Atzori

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  2. A nd'ischis Pie', cantas bias m'est pigada a mie puru sa tentatzione de impreare cun sos cotidianos sardos "sos mecanismos de su mercadu"? Non m'aggradas e deo non ti còmporo prus e, si potzo, non ti fatzo comporare dae amigos, parentes, gente chi connosco.
    Ma... b'at unu ma mannu cantu a una roca. Sos edicolantes si balàngiant su cocone bendende giornales. Ite neghe nde tenent issos, si sos cotidianos sardos sunt sos chi sunt? Pro castigare sos editores faghimus dannu a cussos babos de famìlia, e no est giustu. O no?

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  3. assora dia curreggere s'azione in custu modu: comporare unu giornale de foras, o una rivista, ma po una chida né Unione sarda e nemmancu Nuova Sardegna. Como m'asa a narrer ca ddue perdint sos chi triballant in custos giornales. In custu dia rispondere ca s'azione podet affortigare sos chi aintro de Unione sarda e Nuova Sardegna dda pensat comente a nois.

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  4. Seu deacórdiu de no comporai prus is giornalis imprentaus in Sardínnia po nudda sardus, stràngius finas a intru de su mueddu. Est una bregúngia manna chi ancora in custus giornalis no ddoi siat assumancu una paginedda scrita in sardu, logudoresu e campidanesu, dónnia dí e chi fueddit de calisisiat argumentu e no sceti de anninnias, imbala pipius, contixeddus e forredda o dícius. Chi bolint una paginedda dda podint scriri in inglesu puru, no si strobat, aici at a essi cuntentu Ainis puru.
    Pàulu Pisu

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  5. Caro Pintore, la ringrazio per l’accoglienza (senza piaggeria).
    Sì, non ho avuto alcun dubbio che lei avesse inteso a cosa mi riferissi con il mio ‘robaccia’ ed è il motivo per il quale le ho risposto. Ho sollecitato una presa di posizione chiara per avere la possibilità di rispondere a quanti continuano a chiedermi cosa sia la cultura sarda di cui parlo (contrapposta a quella che altrove ho chiamato ‘cultura’, suscitando, mi pare, non poche rimostranze).
    Non proverò a smontare le sue argomentazioni a difesa dell’indifendibile, sarebbe troppo facile. O difficile, potrebbe darsi che ci manchi un lessico comune sul quale convenire. Le dico tuttavia che non le credo. Non credo che lei abbia trovato nei libri che ha citato una mole impressionante di dati e riferimenti storici. Ha trovato un’accozzaglia disordinata di citazioni disorganiche (e spesso imprecise, se non manifestamente false) che provoca sconcerto e incredulità, questo sì, e fa pencolare tra il “ci è?” e il “ci fa?” dei cugini romani. Così come non ho alcuna intenzione di credere che lei possa davvero ritenere che sotto Tell Hissarlik ci sia l’Omerica Ilio. O che davvero senza Schliemann non avrebbero scavato sotto una o l’altra delle numerosissime colline (questo significa Tell) di cui l’Asia Minore ed il medio oriente sono disseminati, trovando ovviamente rovine che coprono un periodo comprendente il fatidico XII secolo che tanto piace ai fantarcheologi. Si tratta di leggende metropolitane e lei, mi scusi il termine, è troppo scafato per non esserne a conoscenza.
    Così come non credo che lei possa davvero ritenere credibile chi legge i fregi di un punzone da cuoio altomedievale, o chi va a cercare improbabili (ed inesistenti) esiti di tzunami nel Campidano.
    Mi accusa di darle del mentitore? No, non lo faccia: non è così. Credo piuttosto che lei, come altri (ad esempio, assai modestamente, il sottoscritto) si ponga con forza il problema di rivalutare la nostra cultura e sarebbe disponibile a vendere l’anima al diavolo per farlo, inclusa la vicinanza con personaggi di disarmante mediocrità se non c’è altro disponibile nei paraggi.
    Ecco: tutto in due parole. Lei si accontenta di poveri ignoranti (sa, io sono molto poco interessato alla buonafede, non mi importa se “ci sono” o “ci fanno”) ed io no, per niente. Io credo che la nostra cultura si meriti molto di più che non quattro... quattro... sa che non so come definirli? Forse quattro poveracci.
    Bravo! - mi dirà lei – Si fa in fretta a sparare sulla Croce Rossa. Troppo facile dare dell’ignorante a un poveraccio che si paga la pubblicazione dei propri libri senza riuscire ad azzeccare un congiuntivo o un condizionale!
    Vero! Verissimo! É’ troppo facile, ed è il motivo per il quale quel mondo accademico che lei disprezza, talvolta a ragione, ha buon gioco nel continuare a farsi i fatti propri (quando e se lo fa). Ma supponiamo che un professore di storia venga accusato di disinteressarsi di quella sarda, che fa: gli mette sotto il naso il libro di Melis? O le riviste di Forgione? (Mi scusi ma ho visto il banner sul suo blog.)
    O mette sotto il naso di un glottologo il mitico Sardoa Grammata?
    E perché non Harry Potter?
    Concludo, sono stato troppo prolisso.
    Vogliamo parlare di linguistica sarda? Eccomi! Ma se dobbiamo andare ad incatenarci di fronte all’università in Piazza d’Armi, io ci vengo solo per chiedere che la cattedra venga assegnata a un professore strapagato strappato all’Università di Halle, che venga da noi ad insegnare e creare una scuola. Vogliamo parlare di ossidiana, quella di Monte Arci? Eccomi, vengo anch’io ad incatenarmi di fronte all’Università perché venga offerta a Tykot la possibilità di insegnarci cosa sia e come si studi l’ossidiana.
    Devo andare avanti o mi sono spiegato? Vuole davvero colpire il mondo dei baroni universitari? Provi a chiedere quello che ho suggerito io, starnazzeranno come galline. Per ora, di fronte alle sciocchezze dei suoi ‘studiosi’, si fregano le mani e si augurano che vada avanti così.
    La lascio, le auguro Buona Pasqua (se lei è credente) oppure (e anche) una buona domenica e una pasquetta serena. Se, e quando, deciderà che valga la pena dare l’avvio ad una lotta che non sia di retroguardia, sarò con lei (per quel, pochissimo, che conta). Mi passerà la chiave del lucchetto e la butteremo via assieme.
    Per i quattro poveracci no, mi scusi, ma da buon sardo sono troppo testardo: noi ci meritiamo molto di più.
    Cordialmente,
    Gabriele Ainis
    P.S. - Mi scusi. Dimenticavo. Per i quotidiani sardi volevo solo dirle che se anche fossero stati scritti in limba il totale non sarebbe cambiato. Ma ho visto che in molti si vantano di non comprarli. Bene: togliamoci anche quelli ed andiamone fieri. La

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  6. Caro Sig. Ainis su alcune richieste sono d'accordo con Lei. In Sardegna bisognerebbe chiamare qualcuno che ci insegni l'ossidiana, la linguistica sarda.
    Ma Lei crede che occorra anche insediare qualcuno che insegni e svolga ricerche sulla questione Shardana che da secoli interessa la Sardegna ma che dal dopoguerra almeno, sino ad Ugas, non ha potuto giovarsi di un valido studioso "sardo"?
    Oppure un bravo filologo che studi la questione dello spostamento delle colonne d'Ercole da oriente verso occidente? Essa non è una questione banale. Che siano state sempre nello stesso posto, ormai quasi nessuno più lo afferma.
    ma poi chi mettiamo ad insegnare linguistica sarda? Lei vuole qualcuno che ci rifili la solita pappina etimologica latino greca dei lemmi sardi, che è stata gia studiata dal Wagner, o qualcuno che analizzi la questione da un punto di vista diverso, nuovo, cioè quello delle lingue "mesopotamiche" come va richiedendo Dedola?
    Io ritengo che nell'università sarda (e italiana in generale) non vi sia penuria di bravi professori. C'è penuria di punti di vista. Della capacità di ribaltare le teorie, ed esplorare nuovi sentieri.
    Il motivo è un certo conformismo alimentato dalla consorteria degli accademici tra loro, e dalla piaggeria che i sottoposti, studenti, ricercatori senza posto fisso son costretti ad esprimere se voglion fare qualche passo avanti.
    Lei le chiedo, è d'accordo affinchè si esplorino tali nuovi problemi?
    Perchè se non lo fosse il suo scagliarsi contro Melis, Frau, Sanna e altri, non credo sia altro che un colpire la persona per colpire vari argomenti detestati, come ho l'impressione che lo siano per lei, gli Shardana, Atlantide, la scrittura dei nuragici.
    Certo colpendo questi signori, che in fin dei conti hanno solo svolto il lavoro che l'Accademia non ha svolto, forse Lei intende "educarne altri 100" affinchè non si azzardino ad addentrarsi in tali discorsi eretici e blasfemi.
    Ma lei a questo punto farebbe la figura del solito santo inquisitore.
    Che a me francamente fa schifo.

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  7. D'accordo (quasi su tutto) con l'anonimo ma ben "informato sui fatti che mi precede, oltre che con Piero Atzori. Continuo a sostenere che sono interessato alla libertà di ricerca indipendentemente dalla qualifica accademica di chi la fa. E interessato ai risultati, con la libertà di consentire o dissentire, ma non quella di scomunicarli.
    Se poi, come nel caso di Gigi Sanna, c'è anche un bollo accademico (Sanna è laureato anche in archeologia), nulla osta.
    Più intrigante è il tema, sollevato da Ainis, della stampa in Sardegna, il discorso è certo molto complesso, ma ridotta all'osso la questione è che la stampa sarda in realtà non esiste. Esistono solo giornali, stampati e parlati, fatti nell'Isola, corpi estranei all'immaginario collettivo del popolo sardo.
    Un dato fra i molti: le ricerche sociolinguistiche di matrice sarda ma anche internazionale certificano che i sardo parlanti rapresentano la maggioranza (dal 68 al 72%) dei sardi. La stampa in Sardegna parla solo ed esclusivamente in italiano, con qualche puntatina folcloristica nel sardo. In Catalogna, non solo la stampa catalana "parla" in catalano, ma anche alcuni giornali spagnoli fanno un'edizione in catalano.
    In Sardegna, insomma, la stampa non parla la lingua dei lettori. Per lingua non intendo solo il linguaggio, importantissimo, ma qualla concezione del mondo che ogni lingua si porta appresso. Di qui l'irritazione crescente che, non si stupisca, fa preferire a molti uno dei grandi quotidiani italiani: rendono lo stesso servizio e sono, mediamente, fatti molto meglio.

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  8. Qualcuno 'incatenato' in Sardegna o scatenato a Torino, caro Zuà, resta sempre lo stesso. Colgo l'occasione per darti l'elenco (provvisorio) delle interpretazioni delle tavolette di Tzricotu date, da quattro anni a questa parte, dai sublimi 'doctores' dell'ermeneutica, compreso l'ultimo.

    1) Matrici per linguelle longobarde di parata di origine turco -mongolica.
    2) Matrici per puntali di spade medioevali (senza periodo)
    3) Fibbie per cinturoni medioevali
    4) Punzoni altomedioevali per cinturoni di cuoio.

    E come no? Avanti con la coerenza! Avanti con le comiche!
    La 'robaccia'? E dove sta di casa? E solo... 'robaccia'? O altro ancora?
    Io mi appello ora alle centinaia di persone, come le famose due, che ieri o l'altro invocavano in questo Blog la dialettica 'costruttiva'. Come si vede, con certi soggetti non si può. Non si può proprio. Soprattutto con chi ha la supponenza e l'arroganza direttamente proporzionale alla mediocrità e, direi, alla più assurda piccineria. Non è un caso che chi interviene si senta autorizzato a rispondere agli insulti con insulti ancora maggiori. El il Blog, come si auspica fortemente, scade di tono e perde a lungo andare in credibilità.
    Comunque, forse mi sbaglio. Farò ancora un ennesimo sforzo e domani andrò in biblioteca. Compulserò il trattato, già famoso, sulla 'Vera Cultura e vera Verità' di G.Occhi (ed. Shardan Tharros 2009). L'autore però pare che sia sardo -palestinese e che quindi si chiami diversamente.

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  9. Mi spiace Ainis ma la storia non si cambia, nemmeno gettando fango su Leonardo Melis.

    In fede,
    SpikeZ - guardia Shardana.

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  10. Caro Gigi
    Del rischio che tu prospetti, che questo (ma non solo) Blog possa scadere e diventare non credibile perché scambiato per Campo di Marte di opposte tifoserie, sono stato cosciente fin dal momento in cui ho deciso di non mettere filtri agli interventi di chi legge. Di regola, i Blog, anche quelli più "democratici", sono moderati, prevedono cioè l'autorizzazione alla pubblicazione da parte di chi li gestisce. Questo no: di qui il rischio che tu paventi.
    Ma continuo a preferire la libertà di pubblicazione (salva la mia di cancellare gli articoli più indecenti, come purtroppo mi è capitato di fare).
    Viviamo tutti in una società della comunicazione in cui vende più l'invettiva del ragionamento, più la notizia di uno scontro fra parti di quella che racconta i contenuti dello stesso scontro. A chi gli chiedeva perché nessuno o quasi parlasse dei lavori della Convenzione europea impegnata niente meno che alla redazione della Costituzione europea, il suo presidente Valéry Giscard d'Estaing rispose: "Forse perché non vi si vede scorrere sangue".
    Anche tu, a volte, ti sei lasciato andare all'invettiva, anche se riconosco che l'hai sempre dotata di copiose motivazioni. Altri non motivano, asseriscono e basta, danno per scontato che, parafrasando le scimmie del Libro della giungla, abbiano ragione perché da tempo si ripetono che la ragione è dalla loro parte.
    Continuo però, caro Gigi, a pensare che i lettori di questo blog siano in grado di valutare e discriminare fra argomentazioni e insulti.

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  11. Gentili, Sanna e Pintore, spero che la qualifica d'invettiva non si riferisca al mio intervento. Ho semplicemente rivolto delle domande al sig. Ainis. In attesa delle sue risposte non so se classificare Ainis tra le persone dotate di apertura mentale e di democratica tolleranza verso i punti di vista altrui, o come, quel genere di persone che si arrogano il diritto di stabilire cosa sia meritevole di studio e cosa no, e per i quali ribadisco il mio ribrezzo.
    Certo il tenore dei suoi interventi m'insospettisce alquanto, e mi suggeriscono che purtroppo il secondo giudizio sia quello esatto. Ma è come gia detto una mia impressione.
    Spero che l'interessato risponda e si qualifichi.
    Son qui come Anonimo, e pichè vi seguo costantemente so benissimo che ciò non è granchè gradito. Ma il mio è un anonimato onesto, di chi non vuol esporre il proprio nome ma solo le proprie misere idee. Altri possono adottare un anonimato ben più scorretto, registrando il proprio intervento con un nome fittizio, oppure esponendo le proprie rampogne contro la "robaccia", mantenendo anonime le proprie vere "motivazioni". Anche voi infatti, come me, più che cercar di controbattare talune affermazioni state cercando di capire il motivo che spinge Ainis a parlare così. Egli motiva parlando di "ignoranza", di "poveracci", isnomma più che motivare offende.
    buona Pasqua

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  12. No carissimo Anonimo, la "rampogna" non riguardava nella maniera più assoluta il tuo intervento. Non da parte mia, in ogni caso.
    Buona Pasqua anche a te

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  13. Buone festività a tutti. Tutti, nessuno escluso. E che Colui che festeggiamo, se davvero lo vogliamo festeggiare, possa dire per me e per gli altri: Padre perdona loro quando non si rispettano e s'insultano e quando, nella foga, dicono quello che non pensano.

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  14. Bonas Pascas a totus frades sardos, fintzas a Gabriele Ainis, mancari si cumportet de fatt'a frade. Menzus chi essint a campu sas chistiones.

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  15. Gentili amici,
    ...è da un po di tempo che si assiste alle esternazioni autoreferenziali del Sig. Ainis. Devo confessarvi che mi son sforzato nella ricerca di unu "diciu" in limba che semplificasse e sintetizzarse al massimo ciò che effettivamente penso di questo signore. Non ci sono riuscito! E non ci sono riuscito perchè cosa devo rispondere a chi definisce "robaccia" il lavoro altrui? E' vero c'è libertà di pensiero, ma questo signore che dispensa lezioni di grammatica e di storia, che titoli ha per insultare Gigi, Leo, Sergio ed ora, udite udite, anche Forgione. Conosco Adriano da tantissimo tempo e vi posso confermare che è una persona assolutamente umile, semplice e competente. Insomma tutta gente assolutamente onesta moralmente ed intellettualmente! Fai bene caro Gianfranco a parlare del Festival di Gavoi, perchè in Sardegna non siamo assolutamente e tantomeno ci dobbiamo sentire figli di una "Cultura Minore"! Di Gavoi sapevo della rinomata bontà delle patate che lì vengono coltivate. E' una informazione che mi ha tramandato mia nonna centenaria, permettendomi di conoscere molti aspetti culturali di questa popolazione, di questo territorio. Un libro una patata! Non sarebbe male neanche come titolo di un Convegno...
    ...Il Sig. Ainis prima di giudicare le opere degli altri dovrebbe farci conoscere le sue. La mia sensazione è che dietro le sue scarne e scarse argomentazioni, si nasconda un vuoto su ciò che è e rappresenta per i Sardi la loro Cultura.
    Ci vogliono come sempre fatti e non parole, visto che Melis, Sanna, Frau, Pintore, Forgione e tanti altri, sono uomini prima di tutto del fare, del dimostrare, e non solo del dire! Pensare, per fortuna, è ancora una libertà concessa a tutti!

    Bona Pasca Manna a tottus!

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  16. Caro Carta
    che ne diresti, a commento, di questi versi di un canto a tenore?
    Bellos sos flores e galanos
    parent naschidos in Continente

    Bonas Pascas

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  17. BUONA RINASCITA RASGAZZI!
    KUM SALUDE.
    LEONARDO

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