di Micheli Pinna
Nel programma del Partito sardo d’Azione, condiviso dalla coalizione del centro destra e, ovviamente, dal presidente Cappellacci, è dichiarato l’impegno per introdurre l’insegnamento del sardo nella scuola dell’obbligo. Va da se che il programma di una componente della coalizione condiviso dalla coalizione e dal presidente che se ne fa garante e ne diventa l’attore principale, diventa (lo spero!) programma di tutta la coalizione.
In tal senso, credo, che questo punto programmatico introdotto dal Partito sardo d’azione dovrà esser una parte centrale del programma del centro destra. Un punto che, sicuramente, dovrà caratterizzare le ragioni peculiari di una coalizione che si configura di centro-destra e sardista. Il sardismo della coalizione guidata da Cappellacci che si proietta, certamente, verso uno sviluppo economico autonomo del territorio isolano ed individua i suoi punti di forza nel rilancio dell’impresa, nella tutela dell’ambiente, nel rilancio del turismo, nella soluzione di alcuni problemi, vere e proprie emergenze, nascenti dal mondo giovanile, e non (occuppazione, studio, povertà,) non può sottrarsi, alla creazione di una nuova coscienza autonomistica e indipendentista dei sardi che, in parallelo alla partecipazione per la riscrittura di un nuovo statuto di sovranità, deve trovare l’humus naturale nella cultura, nella lingua, nella storia, nella conoscenza territoriale di un popolo di cui i giovani dovranno imparare, nei banchi della scuola, ad essere fieri ed orgogliosi.
Che la Sardegna parli inglese, ma anche spagnolo francese ed altro, nel mondo odierno è sacrosanto. Ma senza che i sardi, in primo luogo, parlino sardo e conoscano la storia e la cultura della loro terra, ogni lingua straniera e ogni confronto con il mondo, senza consapevolezza di se stessi, sarà vano e posticcio. In Sardegna alla scuola delle “tre i”: inglese, informatica, impresa, dovrà essere aggiunta un’altra letttera. Ovvero la lettera “S”. Dovrà essere in primo luogo scuola Sarda. Lingua, storia, geografia, arte, tradizioni popolari, cosi come previsto dalla 26 del 97, ma in termini istituzionali. Questa giunta dovrà avere il merito storico di passare dalla fase sperimentale dei progetti che, in tutti questi anni, sono stati portati avanti, più o me bene, ad una fase di istituzionalizzazione curricolare delle discipline sardologiche.
È chiaro che tutto questo comporta sia una fase di concertazione con il governo centrale e con la sovrintendenza scolastica regionale per tarare sia il monte ore da dedicare a queste discipline, sia per definire i curricula, sia per stabilire i protocolli formativi degli insegnanti. Già, perché il problema della formazione degli insegnanti è il nodo della questione. Si tratterà di varare un piano di formazione rivolto ai giovani laureati sardi. Come è stato fatto per la formazione di centinaia di insegnanti per l’insegnamento dell’inglese nella scuola elementare dovrà essere fatto, con modalità da studiare, per l’insegnamento del sardo. Chi formerà i docenti? E’ questo un altro punto da valutare. Le università isolane? Le agenzie private? Gli esperti riconosciuti? Le diverse componenti menzionate in sinergia tra di loro? Quali saranno i criteri della certificazione? Ed infine, ma non perché sia l’ultimo dei problemi, quello delle risorse.
Come dire: per passare dalle enunciazioni programmatiche alla loro realizzazione, da fare ce n’è. Per quanto ci riguarda, come esperti e come tecnici, nonché come sostenitori politici di questa maggioranza, siamo a disposizione per il modesto contributo che potremmo dare.
Ecco cosa scriveva il compianto Guido Barbina sull'irlandese:
RispondiElimina"Mai al mondo una lingua ebbe tanti provvedimenti intesi a conservarla eppure, nonostante che ad essa fossero stati riassegnati compiti fondamentali, come quelli di lingua nazionale, ufficiale e scolastica, il declino continuò ancora, anche se un poco più lentamente. I nazionalisti più accesi accusano il governo di scarsa determinazione nella politica linguistica, ma in realtà la forza dell'economia moderna e di un'organizzazione sempre più estesa dei mercati, i migliorati rapporti culturali e politici con l'estero, la necessità di integrarsi con altre popolazioni stanno dimostrando agli irlandesi quanto sia inutile continuare a spendere soldi e tempo per studiare una lingua che è ormai solo una bandiera".
Non sarà forse il caso, anche per il sardo, di spendere qualche soldo in meno ma meglio? Come? Per es. finanziando poche iniziative ma di alto valore simbolico ed evitando di foraggiare miriadi di uffitzios e uffitzieddos, corsi e corsetti e, soprattutto, una casta che non molto disinteressatamente si autocertifica come "professionista della limba" (e che per ora non ha combinato granché).
Bachisieddu
la preoccupazione di Bachisieddu non è di poco conto, dal momento che ogni occasione è buona per la casta (caddos de istalla) per cercare vantaggi. Occorre dunque saper portare il sardo nelle scuole e non portarcelo comunque sia. Ma questo non deve essere un pretesto per rimandare sine die e come al solito far finta a fine legislatura di occuparsene. La cura per la nostra lingua la dobbiamo ai nostri padri, anche a quelli che vi hanno rinunciato, a noi stessi e sopratutto ai nostri figli, che poi dovranno farsi ambasciatori della Sardegna nel mondo.
RispondiEliminaIl discorso di Micheli Pinna, mio stimatissimo collega, lo condivido. Puntualizzo però la necessità inderogabile, una volta che il giovane abbia convenientemente coltivato le sue radici anche a scuola - cosa che oggi non è dato - di uscire dall'isola per gli studi o per altro per un tempo sufficiente per capire meglio se stesso e la Sardegna. Non vedo movimento di liberazione se non con orizzonti più ampi, ben oltre l'Italia e la stessa Sardegna. Ant a torrare prus fortes de prima comente sardos.
Perdonate se mi intrufolo nella discussione fra te, Bachisieddu, e te, Atzori. Ma francamente trovo ingiusto definire le ragazze e i giovani degli Ufìtzios de sa limba sarda una casta o "professionisti de sa limba", ingiusto e sbagliato fare di tutta l'erba un fascio.
RispondiEliminaCome in ogni società umana, anche in quegli uffici si annidano persone di valore e persone di poco spessore. Personalmente conosco più giovani della prima categoria che della seconda. A quest'ultima rimprovero la ricerca di un "posto fisso" che la passione per il lavoro. Ma non è la categoria più affollata.
Il fatto è che i 180 sportelli aperti in altrettanti comuni hanno consegnato alla lingua sarda uno status sconosciuto prima che fossero aperti.
Non credo che Bachisieddu si riferisse ai giovani di cui parli tu ZFPintore, né io intendevo negare la validità del loro ruolo. Credo, invece, che il rischio consista nella gestione che la nostra casta ne può fare, considerato che sembra non sappia agire se non attraverso clientele e nepotismi. Non si vorrebbe cioè un altro inutile carrozzone finanziato con denari pubblici. Mi fa specie che una persona come te inserita nella realtà in cui vive, non abbia scorto questo aspetto.
RispondiEliminaGrazie, intendevo dire proprio quello, ma non avrei saputo trovare parole migliori. Bachisieddu
RispondiEliminaForse il mio intervento precedente è un po' ambiguo: voglio dire che p.atzori ha interpretato perfettamente anche il mio pensiero. Bachisieddu
RispondiEliminaPurtroppo le mie capacità intellettive si limitano a capire che cosa si scrive e non anche a che cosa ci sia dietro quel che si scrive. E quando Bachisieddu scrive "foraggiare miriadi di uffitzios e uffitzieddos", ai 180 ufìtzios de sa limba sarda penso.
RispondiEliminaQuanto al resto, ho un parere molto diverso, ma questo è tutt'altro discorso.
Qualche volta si vuole guardare il dito e non la luna: legittimo, basta intendersi. L'importante è non mettere in bocca ad altri cose che non hanno mai detto.
RispondiEliminaIntanto, occorre contestualizzare. Io parlavo di spendere meglio e con più prudenza i soldi pubblici, concentrandosi su poche iniziative di reale spessore.
Sotto Soru - consigliato da chi? - si sono scelte spesso strade diverse, come mettere fondi a pioggia a disposizione di comuni e province, i quali, per parte loro, non di rado li hanno chiesto (e ottenuti) unicamente perché sapevano che c'erano: è una logica purtroppo diffusa (se ci sono soldi, perché non prenderli? il modo per spenderli tanto si trova) che niente ha a che fare con una reale volontà di salvaguardia del sardo.
Hai poi ragione, ho criticato il foraggiamento delle costellazioni di uffitzios e uffitzieddos: ma che c'entrano i giovani? Sono proprio i miei conoscenti che lavorano in questi uffitzios i primi a criticare le strutture in cui operano: ti confessano un senso di impotenza e di sottomissione ai "gerarchi" dei loro posti di lavoro che fa tenerezza. Da poco uno mi diceva che lo costringono a fare fotocopie; un altro che un certo funzionario è geloso delle sue iniziative e gliele boccia quasi tutte; un altro era incavolato perché al tempo del referendum sulla statutaria gli era arrivato un sms che gli ricordava a chi doveva il suo posto di lavoro (ti lascio immaginare chi lo ha inviato).
Insomma, se tu vuoi vedere nella critica alla "filosofia" che sta alla base degli uffitzios e alla loro concreta gestione anche una critica ai giovani che ci lavorano, sappi almeno che è una tua libera interpretazione.
Grazie. Bachisieddu
@ Bachisieddu, da quello che si legge nel suo intevento si capisce esattamente quello che ha capito ZF Pintore. E anche a voler cercare, si vedeva solo il dito e non la luna. Mi pare poi che, con tutti i limiti, "sos uffitzieddos" abbiano dato alla lingua sarda la possibilità di essere utilizzata in ambito ufficiale. Certo molto ancora rimane da fare ma non è chiaro il percorso che la nuova giunta vorrà seguire. Micheli Pinna spera che il programma dei sardisti diventi il programma della coalizione di centrodestra. Io speravo che questo fosse già avvenuto e che si fossero alleati su basi solide. Invece dobbiamo ancora sperare. Leggo ancora nella nota di Pinna che il sardismo della giunta guidata da Cappellacci "non può sottrarsi alla creazione di una nuova coscienza autonomistica e indipendentista dei sardi". Temo di non aver capito: autonomia o indipendenza?
RispondiEliminaSemus fora, ma ite ses nande, più che di uffitzios e uffitzieddos l'intervento di Micheli Pinna parla di sardo a scuola.
RispondiEliminaRisponderei (dia rispondere) che, diffidente come sono diventato, non credo che le tue preoccupazioni in fatto di lingua sarda siano molto condivise a livello governativo. T’apo a cumbidare si m’isbaglio.
La seguente tua affermazione: “Che la Sardegna parli inglese, ma anche spagnolo francese ed altro, nel mondo odierno è sacrosanto. Ma senza che i sardi, in primo luogo, parlino sardo e conoscano la storia e la cultura della loro terra, ogni lingua straniera e ogni confronto con il mondo, senza consapevolezza di se stessi, sarà vano e posticcio.”, dimostrerebbe che il Psd’az , se il Psd’az ti segue davvero, ha compiuto molta strada dalla fine degli anni ’80, quando si rivelò alquanto restio a promuovere il sardo. Chissà…
Per quanto riguarda gli aspetti pratici dici che: “Occorre passare dalle enunciazioni programmatiche alla loro realizzazione”.
Eccoti allora alcune mie osservazioni più o meno provocatorie.
Intanto devo dire che, l’impegno di Cappellacci per il sardo a scuola è, sulla carta, più avanzato rispetto a quello del Psd’az. Confrontare per credere.
Dal Documento approvato dal Consiglio Nazionale del Psd’az del 4/1/2009, punto 10) :
Inserimento dell’insegnamento del sardo e della cultura sarda nella scuola elementare.
Dalla lettera di Cappellacci al Segretario del Psd’az del 10/1/2009, punto 7) :
Valorizzazione della lingua e della cultura sarda per una nuova politica della scuola e della cultura stessa e insegnamento della lingua sarda nella scuola primaria e secondaria.
Si può notare che nel programma sardista manca l’insegnamento del sardo nella scuola secondaria. Mi pare una grave mancanza.
Osservazione. Nella scuola secondaria, l’insegnamento del sardo andrebbe affidato, a mio avviso, non all’insegnante di una data disciplina, bensì a quello di qualunque disciplina, purché si tratti di insegnante competente ad insegnare in sardo. In sardo sarebbe auspicabile ad esempio insegnare storia sarda, ma anche botanica, poesia, arte, ecc.
Nell’ottica di portare davvero il sardo a scuola e non in quella di far finta di portarcelo, consideriamo adesso la questione della certificazione delle competenze linguistiche e quella dei denari da investire.
Tu parli del problema della formazione degli insegnanti. Io credo che di maestre bell’e che formate ce ne siano già, grazie al cielo il sardo non è ancora una lingua straniera. Si tratta di certificare le loro competenze. Se non ce ne sono cinquemila di maestre con adeguate competenze in fatto di lingua sarda, si parta solo con mille. Le altre le si formerà adeguatamente nei prossimi anni. Alle maestre poi affiancherei persone anziane che nella conoscenza della lingua non hanno chi le superi.
Tra le condizioni che riterrei importanti stabilire per l’accesso all’insegnamento del sardo a scuola,
la prima e forse la più importante questione è quella della certificazione della conoscenza della lingua sarda nel Quadro Comune di Riferimento Europeo per la conoscenza delle lingue.
Occorre cioè selezionare insegnanti con almeno il livello C1 – Livello avanzato o “di efficienza autonoma”, ossia insegnati :
in grado di comprendere un’ampia gamma di testi complessi e lunghi e di ricavarne anche il significato implicito;
che si esprimano in modo scorrevole e spontaneo, senza un eccessivo sforzo per cercare le parole; che usino la lingua in modo flessibile ed efficace per scopi sociali, accademici e professionali;
che sappiano produrre testi chiari, ben strutturati e articolati su argomenti complessi, mostrando di saper controllare le strutture discorsive, i connettivi e i meccanismi di coesione.
La certificazione secondo gli standard europei mi pare irrinunciabile se si vuole partire con il piede giusto.
I denari
I denari per l’insegnamento del sardo vanno assolutamente vincolati per questo scopo, anche per il compenso accessorio da attribuire agli insegnanti. Finora i finanziamenti per promuovere la lingua sarda a scuola sono stati solitamente stornati verso altre direzioni, sotto la voce cultura sarda e sono andati a chi è incompetente in Lingua sarda e per giunta del sardo non importa proprio nulla.
Per partire con il piede giusto occorre anche tener fuori la gestione dell’insegnamento del sardo a scuola dalle pratiche clientelari di sempre. La politica deve cioè limitarsi a dare l’indirizzo non deve poter lottizzare ogni nuovo spazio, pena il fallimento sul nascere dell’introduzione del sardo a scuola.
Adiosu Miche’ e adiosu a totus