di Massimo Pittau
Sta montando la marea dei Sardi che manifestano la loro opposizione al cambio del nome del «Golfo di Oristano» in quello di «Golfo dei Fenici» e, più in generale, la loro opposizione alla “feniciomania” da cui si mostrano affetti alcuni cultori di storia della Sardegna antica. Questi vedono “Fenici” dappertutto, nei siti di antichi insediamenti, nei resti o reperti archeologici e anche nei toponimi dell’Isola.
Per il vero essi hanno scarsissima competenza e autorità ad interloquire in problemi di toponomastica sarda, posto che sono di prevalente, se non di esclusiva formazione “archeologica”. Pertanto le loro elucubrazioni toponomastiche sono nella massima parte dei casi del tutto prive di valore scientifico. Ad esempio, essi insistono nel ripetere che Tharros, Othoca e Cornus sono toponimi di “matrice fenicia”, nonostante che noi linguisti abbiamo detto e dimostrato che in realtà si tratta di “toponimi nuragici”. Essi poi sorvolano del tutto sul fatto di evidenza solare che il toponimo Neapolis nella riva meridionale del Golfo di Oristano è sicuramente una voce greca che significa «città nuova», per cui molto probabilmente indicava un insediamento greco, non uno fenicio. Altro esempio: traducono una iscrizione neopunica incisa nel manico di una brocca come «Questa brocca è caduta, ha versato il suo contenuto» (vedi catalogo della mostra fatta ad Oristano nel 1997 Phoinikes B Shrdn - I Fenici in Sardegna, pgg. 35, 48, fig. 64), non accorgendosi che una iscrizione di tale significato sarebbe una autentica irrazionalità: nessuno infatti scriverebbe una simile iscrizione su una brocca non caduta e quindi ancora intera e a maggior ragione su una brocca caduta e quindi frantumata, cioè su un suo frammento o coccio.
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Grandissimo Gianfranco! Continui così, noi la sosteniamo!
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