di Paola Pirina
Che bella notizia! L'ho subito comunicata ai miei alunni. Il ritrovamento dei piedini di bronzi di 'Pollicino', come lo ha chiamato efficacemente ed affettuosamente il giornalista Enrico Carta nella Nuova Sardegna, mi riempie di gran felicità per il mestiere che svolgo. Infatti, sono un'insegnante di Storia dell'Arte che ormai da un po' di tempo fa conoscere alle scolaresche del Liceo De Castro 'anche' l'arte sarda del periodo nuragico;in particolare la bellezza e la grandezza artistica della cosiddetta statuaria di Monti Prama di Cabras e quella della bronzistica sarda legata ai piccoli capolavori noti come 'bronzetti' sardi.
La scoperta fatta a Maimoni (tra l'altro una spiaggia rinomatissima e frequentata da moltissimi turisti di ogni parte del mondo) sembra farci capire, artisticamente parlando, due cose: che gli antichi sardi della Seconda metà del Secondo Millennio a.C. non erano secondi a nessuno per capacità tecniche (uso del procedimento della cera persa, sofisticate matrici in talco (di Orani), ecc.); che il loro concetto dell'arte, cioè della perfezione del manufatto legato alle simbologie e sorretto dall'armonia compositiva, spaziava a trecentosessanta gradi. Infatti, oggi scopriamo, con soddisfazione estetica (e se si vule anche 'politica'), che miniature di realizzazione ai limiti delle possibilità umane si univano ad altre un po' più grandi e ad altre ancora grandissime. E forse ci manca, limitandoci alla sola bronzistica, un ultimo tassello. Perché, come ha già scritto Silvio Pulisci nell'euforia del ritrovamento, non ci sarebbe da stupirsi se si trovasse da qualche parte, in un nuraghe o in un segreto ripostiglio nuragico, qualche busto di bronzo con misure corrispondenti a quelle reali umane (oppure qualche protome taurina o d'altro animale, chissà!). E' noto che i Sardi (teste Pausania) mandarono un busto in bronzo del loro Dio (il famoso Sardus Pater che sembrerebbe oggi il destinatario della Stele di Nora) al santuario di Delfi in tarda epoca storica. Ci piace immaginare che non fu difficile agli artigiani sardi, gli ultimi eredi della grande bronzistica sarda, produrre una statua tecnicamente perfetta ed esteticamente assai valida per il santuario più rinomato e frequentato di tutto il Mediterraneo.
Però seguendo questo Blog mi sono resa conto che l'arte nuragica non la scopriamo solo nella bronzistica o nella grande statuaria di Monti Prama ma anche in piccoli capolavori come il Bes di Padriana (nella foto). Pochissimi, come vedo, si sono soffermati, con qualche commento critico - artistico sull'enigmatico documento, scoperto dal sign. Michele Sanna ed 'illuminato' - per così dire - dal prof.Sanna nel suo libro sulla scrittura nuragica (Sardoa Grammata, pp.283,fig.19). Una volta 'compreso' il significato del documento credo che non sfugga a nessuno il fatto che l'artista con pochissimi tratti d'incisione nella pietra e con una sintesi estrema ha realizzato, in modo impareggiabile e si direbbe moderno (quasi'futuristico'),lo sforzo dell'antico e grottesco vecchio (un 'papà' protettore e salvatore), nel domare la furia del serpente. Si osservino infatti le fattezze del dio nella lotta per terra, 'corpo a corpo', col mostro, con le membra 'tutto muscolo', con la schiena possente, vigorosamente sottolineata dal contorno della pietra curva (e forse ancor più dall'ala spezzata), con la testa che preme sulle braccia per un miglior esito della tenaglia mortale. L'effetto plastico complessivo di questo piccolo capolavoro è degno d'essere riportato in tutte le antologie di storia dell'arte antica. E credo che nessuno questo possa negarlo. Eppure a quattro anni dalla conoscenza dell'oggetto sardo tace la Sovrintendenza archeologica, tacciono le fonti d'informazione, tacciono le due Università che pure in Sardegna vantano brillanti storici ed intenditori d'arte.
Per ritornare al 'Pollicino' di Maimoni. Cosa accadrà per la sua giusta fama? Che dovrebbe essere, a mio parere, di portata mondiale, data l'unicità del pezzo nella bronzistica di ogni tempo ed il già eccezionale contesto artistico nel quale esso si inserisce. Noto che i giornali, per ora, lo hanno relegato nelle pagine interne e 'provinciali', quelle che spesso nessuno legge o legge distrattamente. Ci vorranno forse quarant'anni, come purtroppo è successo per le statue di Monti Prama, perché chi è deputato a farlo riconosca l'eccezionale valore del manufatto, ne parli al di fuori delle riviste scientifiche specializzate, informi il grosso pubblico (soprattutto quello sardo) perché conosca il valore della scoperta? O caleranno com'è, purtroppo, nostro noto sport isolano autocastrante, fitte cortine di silenzio profondo d'invidia? Oppure sorgerà un'ennesima rissa tra esperti e 'sedicenti' esperti' - come insegnano 'ad abundantiam' anche alcuni interventi di questo Blog - sull'autenticità dell'oggetto e sulla sua collocazione temporale? Sulla sua sardità o meno? Sulla sua 'nuragicità'?
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