di Gigi Sanna
Ho da tempo un gran debito nei confronti di non pochi che mi hanno scritto in proposito e dei lettori tutti del mio libro sui 'segni' nuragici (Sardōa Grammata). Infatti, alla pagina 250 del testo presento, come esempio di scrittura epigrafica nuragica, un minuscolo oggetto in steatite in forma di 'nuraghetto' o tronco di cono, ma solo in disegno, senza offrire a corredo la doverosa fotografia, così come in tutti gli altri casi.
Il motivo era dovuto al fatto che, purtroppo, non ho potuto avere per tempo la/le foto da parte del proprietario (che aveva temporaneamente smarrito l’oggetto) e il libro si trovava ormai in fase di stampa. Una volta ritrovato il documento ho potuto visionarlo di nuovo e con maggiore attenzione (soprattutto per la forma e la precisa collocazione dei segni) e quindi fare le necessarie fotografie, tre delle quali qui ora per la prima volta rendo pubbliche.
Trovato dentro una Tomba di Giganti nei pressi di Su Cungiau de is Mongias di Uras (Oristano) nel lontano 1967 da uno studente universitario (oggi professore in pensione) della stessa città, reca incisi dieci segni (v. foto e trascrizione dei segni), alcuni di chiara tipologia ‘gublitica’ (della cosiddetta scrittura 'pseudogeroglifica' di Biblo). Ma ne presenta anche di altri che non sono o non sembrano essere dello stesso codice.
Quindi un oggetto con un mix di segni alfabetici, 'vezzo' scrittorio questo riscontrabile nei documenti nuragici di Tzricotu di Cabras, di S. Imbenia di Alghero o di Pallosu di San Vero Milis (per fare solo qualche esempio). La scrittura di Biblo - come si sa - non è stata ancora decifrata, ed è ritenuta in genere dagli studiosi di tipo sillabico. Ora, il reperto è stato visionato da diversi archeologi sardi, alcuni noti docenti universitari e la risposta è stata che la scrittura risultava ‘misteriosa’ (pare che anche in Francia alcuni ‘esperti’, da loro interpellati, abbiano detto così) e che forse l’oggetto era da ascriversi alla cultura … bizantina (e ti pareva!). No, il minuscolo oggetto, che verosimilmente il proprietario portava appeso al collo con una cordicella, è nuragico.
Un sigillo nuragico, che si affianca alla ‘mostruosa’ (ma non troppo) tipologia degli altri oggetti nuragici ‘manifesti’ o ‘a rebus’. Per capire che è un sigillo basta solo riportare i segni su di un foglio e munirsi di uno specchietto, così come per i segni del sigillo di S. Imbenia di Alghero.
Approfitto dell'occasione per aggiungere qualche (ulteriore) riflessione che porgo umilmente all'attenzione degli studiosi di questo codice e delle scritture antiche in genere. Parto però da una premessa: tutti i documenti epigrafici nuragici rinvenuti (che ora sono - si badi - più di quaranta) riportano alfabeti che hanno valori segnici solo consonantici e mai sillabici: protosinaitico, ugaritico, protocananeo, fenicio arcaico.
Prima riflessione. E’ difficile pensare che ad Uras lo scriba, in assoluta controtendenza, si sia servito di un alfabeto ‘diverso’ (sillabico) dagli altri, anche perché il gublitico è riportato con altre tipologie di segni (si veda ad es. lo hē di matrice protocananea) che appartengono a codici consonantici. Può essere quindi che l'alfabeto di Byblo si servisse di una notevole quantità di segni (112: v. Dunand 1945) ma con un ricorso notevole all’omofonia (di segni pittografici uniti ad altri del tutto schematici). Di questo ho parlato durante una recente conferenza tenuta nella Facoltà di Lettere in Aix en Provence davanti a degli esperti (assiriologi, linguisti e storici) che hanno caldeggiato e non respinto l’ipotesi.
Seconda riflessione. Essendo tutti i segni dei codici suddetti inventati per riportare i suoni della lingua semitica, è logico ritenere che sia il gublitico attestato in Uras (ovvero in Sardegna) sia quello della Siria – Palestina sottendano una lingua semitica. Nel documento sardo può essere però che al semitico si affianchi qualche parola 'sarda' di matrice linguistica diversa (indoeuropea).
Naturalmente ci sarebbe molto da dire sul contenuto e sul valore fonetico preciso dei singoli segni presenti nel ‘nuraghetto’, data l'attestazione di alcuni di essi in altri documenti nuragici ed un certo linguaggio fisso e formulare degli stessi riguardante il nome e gli appellativi della divinità. La 'formula', se individuata, potrebbe offrire cinque o sei segni del codice, finora del tutto impenetrabile, nonostante i noti 'assalti' del Dhorme,del Mendenhall e di altri ancora. Ma, data la delicatezza,la 'specialità' e la difficoltà dell’argomento, potrò argomentare, con chi lo vorrà, solo per corrispondenza privata.
P.S. - Caro 'piccolo Are', lasci proprio perdere il suo palese "antisemitismo". Non le fa onore, mi creda. Io poi non ho proprio niente da farmi 'perdonare' come 'europeo'. Non sono ebreo, o siriano, o arabo, neanche alla lontana. La stessa parola sarda 'sanna' (zanna, zahn, dens, etc.) lo mostra perchè è di matrice indoeuropea.
Ciò non toglie che dica che c'è del semitico quando il semitico c'è. Non è una vergogna in un mondo dove, tra l'altro, si auspica l'unione dei 'popoli', al di là delle spesso nefande barriere religiose, e non faccio dell'ideologia da strapazzo con i miei studi. Ci mancherebbe. I documenti sono documenti, le lettere alfabetiche segni alfabetici che sappiamo bene dove, quando sono nati e dove si sono diffusi.
D'altronde - cosa che lei forse non sa, mentre sa tutto sulle buone vendite del mio volume che tanto detesta - si veda qualche altro mio scritto dove tratto ampiamente di documenti 'glozeliani' che semitici proprio non sono, ma greci, ovvero indoeuropei, con il dio Lossia 'cacciatore' del santuario di Pito ed il suo culto vocalico.
Semitico quindi quando c'è semitico, greco quando greco. Con onestà d'intelletto. Il resto non lo commento perché, purtroppo, si commenta da solo. Con una sfraghìs di 'bon ton' davvero da antologia. Comunque, circa la 'sicura' nobile discendenza nuragica dagli Illiri devo raccomandarle di stare un po' prudente.
Erodoto,infatti, ci dice che i Cadmei (semitici) vennero cacciati dagli Argivi (indoeuropei) e finirono proprio tra gli Enchelei nell'Illiria. Ergo: se i nuragici provengono dall'Illiria c'è qualche serio rischio di orrido mescolamento... In ogni caso, auguri vivissimi per la scoperta del secolo. Qui come lì si è tutti a bocca aperta.
Se ne parla anche negli stadi in curva e nei bar dove vanno i greco-albanesi. Nel frattempo, sua eminenza, cali con le superpenne dall'alto e resti vicino, a pochissimi passi, e cerchi di illuminarci sul documento di Uras che abbiamo proposto; forse illirico. Come la Tomba di Giganti in cui è stato trovato.
Semiti Illiri e me
RispondiEliminadi A.Areddu
Gentile Prof. Sanna,
nel Suo dotto intervento di risposta alla mia piccola provocazione, mi rinvia al Suo saggio, che non acquistai ma ho semplicemente sfogliato (se lo avesse messo a un prezzo abbordabile lo avrei certamente comperato); mi da subito dell'antisemita e qui si sbaglia per tre ragioni: non lo sono (credo che neanche esistano i Puri Semiti), per tre anni ho dato il mio 8 per mille alla comunità israelitica (piuttosto che darlo a Wojtyla e Gesuiti), e diversamente dal Suo (in merito la rimando a uno studio del Wolf) forse il mio cognome ha un qualche lontano addentellato semitico, giacché se avrà la bontà di digitare on line, troverà molteplici Areddy, tutti di buona e ricca famiglia borghese ebraica. Se lei avesse scritto che le tavolette incise erano in puro scandinavo o in schietto tunguso avrei detto le stesse cose che ho detto. Ho invece in quel divertissement e nel mio libro, amaramente constatato che c'è in Sardegna un filone che tira (editorialmente): quello orientalistico: Lei, Dedola, Frau, Melis, Sardella, Rusani Doppiu e compagnia cantante, che sulle orme dello screditato Semerano (e del nostro Spano), spesso sulla base di scarse competenze in materia (se non sbaglio lei di base è professore di greco) ci vorrebbe convincere che la Sardegna ha avuto una preistoria "importante", marcata da popolazioni (o influssi nel suo caso) di scriventi e parlanti, originari della mezzaluna fertile. E' ovvio che il lettore sardo, spesso afflitto dall' inferiority complex, voglia tirarsi su, e si comprerà voluttuoso questo genere di saggistica alla Peter Kolosimo, perché mica gli stai venendo a dire che lui è parente dei boscimani o degli Ainu ! Checchè, il sardo antico era invece un raffinato che navigava per tutti i mari, fino allo Zimbabwe, mangiava ostriche, scriveva e parlava con Dio. Poi qualche tzunami o il maledetto fattaccio che i vincitori, come suole accadere, han distrutto tutto o quasi, e la nostra grandezza si è eclissata. Credo che non sia difficile trovare editori in Sardegna per questo genere di saggistica, dove ancora l'imprinting sottoculturale gesuitico è molto forte, specie nelle due Università. Per quanto riguarda il suo operare le do la massima buona fede, ma chi mi dice che in giro non ci sia qualcuno che avvinto dal messaggio semitista, non si metta fraudolentemente a incidere qua e là tavolette bronzee e pietre perché poi lei o altri non ne parliate? Ovviamente (fino a prova contraria) io non credo a tutto ciò e ovviamente limito gli influssi semitici agli accertati luoghi dove i Fenicio-cartaginesi si sono stanziati. La Sardegna è sempre stata periferia di altre rotte, e in una di queste rotte ci sono quelli che ho chiamato Illiri, visto che ho trovato (e guardi che io sono uno scettico per natura) delle convergenze frappants con l'albanese, e col poco che sappiamo di trace e illirico, in parole vere sarde e in toponimi veri nostrani. Lei al riguardo dell'illirico mi cita il presunto semita Cadmo, che mi pone però un piccola aporia: se il fenicio Cadmo è venuto a sposare Armonia, e poi da Tebe si è spostato in Illiria, come mai non si è portato dietro le "lettere cadmee" che invece hanno avuto presa tra i meridionali Greci? La mia risposta è che Cadmo non era affatto semitico (e così la pensava anche Giuliano Bonfante). L'area illirica, e qui convergo con lei, ha avuto sicuramente influssi orientali (micrasiatici però), mentre l'unico ipotetico semitismo riscontrato dallo Jokl (albanologo insigne di origine ebraica e morto in un lager) nell'albanese, relativo alla parola cor 'roccia alta' fu messo in dubbio dal Meillet; credo invece che vadano in qualche caso rovesciate le carte: parole d'origine indeuropea grazie verosimilmente ai Pelasgi/Filistei (reputati illirici, per la località Pelastae dell'Illiria) si individuano nell' ebraico classico, così come strutture grammaticali e lessemi greci, individuati dallo studioso (ebreo) Saul Levin; lei stesso ricorderà, per lettura biblica, che il colore rosso dei capelli, tra i bruni Ebrei, era ben diffuso. Mirë u pafshim! (arrivederci)