La “volgarizzazione” dell’epigrafe/architrave di uno dei due ingressi della chiesetta di Santo Stefano in agro di Oschiri ha testimoniato come non a caso il percorso millenario della traduzione parta dall’elementare significato dell’originario hermeneuein: termine che pone fin dall’inizio il binomio impegnativo di tradurre / interpretare.
Tra gli ermeneuti contemporanei Martin Heidegger è quello che con più forza ha indicato al mondo che «…hermeneuein è quell'esporre che reca un annuncio, in quanto è in grado di ascoltare un messaggio. (...) Da tutto ciò risulta chiaro che hermeneuein non significa primariamente interpretare ma, prima di questo, portare messaggio ed annunzio» (M. Heidegger, In cammino verso il linguaggio, Mursia, Milano 1988, p. 104).
Interpretazione messaggio annuncio sono stati regalati agli oschiresi e agli appassionati di questioni antiche dal prof. Gigi Sanna in una tiepida serata di metà giugno durante una conferenza organizzata dalla Associazione Su Furrighesu, tenutasi presso i locali della Fondazione Giovanna Sanna e presentata/moderata dalla dott.ssa Giovanna Marielli.
Parlare di semplice decifrazione equivarrebbe a sminuire un approccio ermeneutico misuratosi con un iscrizione ai limiti della leggibilità, un’iconografia storicamente mal tradotta, lettere molto ben agglutinate da un allora esperto scribano, neologismi sardo tardo-medievali fino ad oggi non rinvenuti, il valore ierofanico di un luogo ancora lontano da essere compiutamente rivelato.
Secondo il prof. Sanna il significato dell’iscrizione latina sarebbe che “nell’anno del signore 1492, essendo Allodu maiore (della villa di Oschiri), donna Masala fonda la chiesetta in onore di Santo Stefano”. A parte la prima coincidenza con la scoperta dell’America l’altra ancora più interessante è che uno dei toponomastici della zona circostante la chiesa è proprio Masala, cognome poi persosi durante i secoli e ormai non più presente in senso originario nella comunità oschirese. Sempre di donna Masala è il volto della figura femminile intimamente legato all’architrave come appare nella foto di sotto e non l’Astarte Fenicia come alcuni, secondo Sanna a sproposito, avrebbero asserito.
Altro elemento storico da approfondire è il ruolo di maiore di tale Allodu (o Alodu) che nella sua veste presumibilmente dovrebbe aver acconsentito alla costruzione dell’edificio religioso. Ma il sapore della traduzione si intreccia con il sapore della lingua nella scoperta di un deittico inatteso, quello di DONNA-I, di cui in precedenza a quanto pare non erano mai state trovate tracce in documento alcuno. Un uso linguistico inusuale che si associa ad un altro uso d’oggi altrettanto singolare: Oschiri (con Berchidda e Pattada) è la patria linguistica del passato remoto (eo andei -tue andesi -isse andedi -nois andemus -bois andezis -issos andeni), coniugazione verbale del sardo completamente assente in altri territori e nelle altre varianti, nemmeno nella tanto presunta pura Barbagia e nel tanto osannato barbaricino.
Rimane in piedi il mistero nel mistero. È possibile che le istituzioni competenti fino ad oggi abbiano sonoramente snobbato un sito da «ascoltare» come quello di Santo Stefano. Si, in Sardegna questo è possibile. Per via di un’archeologia ufficiale che richiama ad un ermetismo di comodo. Proprio per il fatto di aver costantemente affermato un desiderio di unità, l'ermetismo fu chiamato a essere una risorsa in quei momenti di transizione della storia delle idee durante i quali l'uomo ricercò un nuovo orientamento verso una speranza di salvezza e di rigenerazione spirituale che non passasse attraverso chiese costituite o sistemi di conoscenze riconosciuti.
È proprio in questa parte finale che il corpus archeologico sardo non si rispecchia, che al contrario parrebbe volere unità e rigenerazione a partire dall’osservanza di dogmi inossidabili. Che forse l’unico modo per risvegliare interesse verso Santo Stefano sarebbe annunciare che anziché donna-i Masala il volto che compare sulla lapide è quello di Ermete Trismegisto (Hermes il tre volte grande) fondatore della scuola ermetica ellenista e protettore simbolico e subliminale dell’accademia archeo-sarda?
Verso tutti questi discorsi siamo stati «traghettati» dal prof. Sanna, lui traghettatore/traduttore che sa bene che nell'«attraversamento» il traduttore paradossalmente non dispone più di alcuna lingua certa, in questa sospensione la traduzione diviene ascolto: capire non tanto e non prima il senso, quanto percepire l'organismo vivente del testo. Il sapore della lingua.
Vedi sull'argomento anche "Non più 'forse', ma 'è'. Bravo Sanna" di Franco Laner
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