Durante il recentissimo convegno di Cagliari sulla scrittura semitica nord–Occidentale in ambito mediterraneo e in Sardegna, pubblicizzato ampliamente anche dalla stampa, a parte gli studenti (che godevano del “premio di partecipazione”) non c’era proprio nessuno. C’ero io, un signore con una barbetta bianca, Stiglitz, Blasco Ferrer, direttore del Convegno e la relatrice Maria Giulia Amadasi nota epigrafista dell’Università la Sapienza di Roma.
Dopo la relazione, ovviamente molto interessante, sulla diffusione del fenicio e le interpretazioni correnti su alcuni documenti (ad esempio la Stele di Nora), il signore con la barbetta ha fatto alcune domande tra le quali c’era quella se la professoressa fosse al corrente dei recenti studi e dei libri pubblicati dal prof. Gigi Sanna. È intervenuto subito il direttore, dicendo che l’autore citato non era conosciuto (ma forse voleva dire “riconosciuto”) in ambito scientifico perché le sue teorie non lo erano in quanto, come quelle di Giovanni Semerano, basate su assunti poco credibili.
Io so, per averlo frequentato non da poco tempo, che professor Sanna non ama Semerano ed il suo vocabolario, per il semplice motivo che a lui va di parlare solo di documenti scritti. Solo su di essi si incentra la sua attenzione, come dimostrano Sardoa Grammata (scrittura nuragica), I segni del Lossia Cacciatore (scrittura pitica o delfica greca) e, assai di recente, il suo apprezzato, perché risolutivo, intervento sulla lapide di Donna-i Masala di Oschiri.
Il Ferrer ha affrettatamente concluso dicendo che il “convegno c’era proprio per quello”, per dimostrare la fallacia e non scientificità di certe ipotesi “unanimemente” respinte dagli studiosi specialisti. Naturalmente di questa fallacia e non scientificità delle ipotesi non approvate, né degli studiosi oppositori, non si è detto nulla se non quel poco scaturito dietro una domanda innocente e divenuta, senza volerlo, quasi provocatoria.
Ma il bello è stato che la prof. Amadasi ha preso la parola per replicare che lei Gigi Sanna lo conosceva (e lo conosce) molto bene. Non si è certo dilungata nel dire il perché, ma ha aggiunto che su alcune cose era d’accordo con lui su altre no, come ad esempio sulla natura di certi segni che potrebbero essere non fonetici ma simbolici. Ma si è ben guardata dal dire che nelle tavolette fossero assenti i segni di scrittura e che tutti i documenti studiati da Gigi Sanna come nuragici fossero ridicoli o spunti per “barzellette” (così l’esimio professore nelle pagine dell’Unione Sarda di qualche anno fa).
Ecco la differenza di stile scientifico tra l’una e l’altro. La prima discute, stimola, incoraggia, promuove incontri o li accetta, ammette l’accordo su “alcune” cose (che poi, da quel che so, sono molto rilevanti al fine del riconoscimento dell’esistenza della scrittura nuragica), l’altro sta fermo, usa il silenzio assoluto, parla in “suspu”, non fa nomi, non ammette proprio nulla e nulla ha fatto per far sì che la professoressa Amadasi potesse pronunciarsi sulle nuove iscrizioni scoperte in Sardegna. E si è, soprattutto, guardato bene dal chiederle perché una studiosa nota e seria come lei avesse agevolato con tanto impegno (soprattutto in termini di spedizione di libri rari ed introvabili sulla scrittura) la ricerca assolutamente non “scientifica”, a dire del moderatore (di che?), culminata poi nel volume del professore oristanese.
Forse sperava in una sconfessione di una studiosa che, oltre che essere brava, è intellettualmente onesta. E sperava forse in quel presuntuoso dello Stiglitz (una volta, in una sua Conferenza tenuta a Milis l’ho sentito affermare, tra l’imbarazzo generale, che lui gli scavi de s’Uraki o di altri siti li conduceva mica alla carlona come Giovanni Lilliu!). La professoressa Amadasi non mi ricordava ma io, dopo la conferenza, mi sono avvicinato e le ho fatto presente che c’eravamo conosciuti a casa di Gigi Sanna in Oristano (presente anche Sergio Frau).
Quindi le ho consegnato in fotografia la scritta di Perdu Pes di Paulilatino al rovescio, così come compare nel masso della capanna. Lei la ha subito girata (non come i nostri sapientoni che non conoscono i grafemi e parlano di lettere romane) nel verso giusto esclamando: “ma questi non sono segni fenici!”. Io le ho risposto: “Ma io non le ho detto che sono fenici!”.
Così ci siamo lasciati, con i saluti cari dell’amico Gigi. Torno velocemente al Convegno. Quattro gatti davvero, una vergogna per i soldi pubblici e per gli studenti che solo con sistemi coercitivi si costringe a partecipare. Ben diverso il Seminario di Studi promosso nella Facoltà di Medicina di Sassari di due anni fa dalla prof. Maria Rita Piras, con tema “La scrittura nel Mediterraneo”; seminario dove gli studenti), gli studiosi e i comuni cittadini hanno potuto assistere all’altissimo dibattito (sulla traduzione di alcuni documenti di Glozel tremendamente difficili ) tra Remo Mugnaioni dell’Università francese di Lyon (assiriologo di fama mondiale) e il “piccolo” professorucolo di provincia.
In quell’occasione, davanti a tutti, il prof. Mugnaioni ha invitato Gigi Sanna ad una Conferenza a Lyon da tenersi quest’anno o l’anno venturo. Credo di sapere che non sia per raccontare barzellette.
Non è la prima volta che il professor Blasco Ferrer definisce Carneadi coloro che, non appartenendo alla Società degli accademici, pretendono di dire cose che solo a quella Società è consentito dire. Anche a me è capitato, durante un incontro con studenti a Jerzu. Contestavo la sua affermazione, legittima per carità ma secondo me sbagliata, secondo cui in Sardegna esistono due lingue, non varietà, proprio lingue: il cosiddetto logudorese e il cosiddetto campidanese. La tua, disse più o meno, è una posizione politica. La scienza dice altro. Va da sé, come avrebbe detto un certo sovrano, la science c'est moi. Un po' modestia non guasterebbe. In campo archeologico, anche tal Heinrich Schliemann, pareva un Carneade. E di lui, invece la storia si ricorda. Di altri non direi. (gfp)
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