lunedì 23 luglio 2012

Supercercatoredicocci, un po' per celia, un po' per irritarsi


di Mikkelj Tzoroddu

Abbiamo trovato il Supercercatoredicocci e ve ne diamo conto, con qualche nostro commento:
17 lug 2009 – Intervista di “Antika notizie” a Rubens D’Oriano: “Lo abbiamo intervistato per voi e oggi vi presentiamo la prima parte del nostro interessante colloquio con: questo autentico luminare dell’archeologia sarda”.
D. Il progetto più importante su cui ha lavorato?
R. Lo scavo del tunnel sotto il porto di Olbia: 380 m di lunghezza, 20 di larghezza, 4 di prof. media […]
Ci si chiede: ma “questo autentico luminare dell’archeologia sarda” è, forse, alle dipendenze di un’impresa di lavori stradali?  Egli poi continua
[…] ove sono stati rinvenuti 24 relitti romani e medievali, e il loro restauro e esposizione nel Museo di Olbia, nonché l’allestimento complessivo dello stesso Museo.
E, per quanto riguarda i relitti casualmente presenti, è cosciente del fatto che egli (insieme a tutta la sottintendenza) in questo ritrovamento non ha avuto nessun ruolo, ma il merito deve essere riconosciuto alla casualità della messa a punto del progetto del tunnel?
D. Il suo sogno nel cassetto?
R. (dopo averne fornito uno, ndr)  Se posso esprimerne un altro: vorrei non vedere più in canali televisivi, almeno del cosiddetto servizio pubblico, trasmissioni che danno fiato a ridicole panzane (dalla Sfinge ai “segreti” dei Templari passando per Atlantide, le linee di Nazca, i “misteri” dell’Isola di Pasqua, ecc.) che fanno strazio di ogni metodo scientifico di ricerca storica e archeologica, trasmettendo allo spettatore come vere o verosimili assurde ridicolaggini e ponendo qualsiasi dilettante sul piano degli studiosi professionisti.
Osserviamo: capperi! E ci si chiede: ma “questo autentico luminare dell’archeologia sarda” (come ama farsi definire nell’intervista), come può esprimere un giudizio improntato a sì greve pressapochismo, su una così importante vastità di interessanti tematiche? Di professione fa il tuttologo? Vediamo come esso, trasportato da esagerata alterigia - certo rinvigorita dalla invereconda definizione attribuitasi -  ritenga che solo chi opera (o dovrebbe operare con successo) quale cercatore di cocci ad Olbia, sia da porre «sul piano degli studiosi professionisti».  Ove altri si occupino della Sfinge, dei Templari, ecc., trasmettono solo assurde ridicolaggini! Dalla compostezza, dal rispetto per l’altrui lavoro, dall’arguto discernimento, dalla profonda disamina, che traspaiono da tale dichiarazione (fuori tema tra l’altro), abbiamo finalmente compreso quale debba essere la modalità di offrirsi al mondo, di “un autentico luminare dell’archeologia sarda”.   

4 commenti:

  1. Mi sono imbattuto in questa comparsata essendo alla ricerca di una nota del Doriano ove esso prende spunto da un lavoro dell’ultimo Pugliese Carratelli. All’età di novantatre anni, l’esimio storico e grecista volle dare una collocazione definitiva al suo pensiero sull’identità dei Serdaioi della tabella bronzea di Olimpia, che riporta un trattato della seconda metà del VI secolo a.C., fra gli stessi ed i Sibaritai. L’occasione gli fu fornita da una ipotesi che dava lo sconcertante ethnos di provenienza italica. Mentre rigettava tale ipotesi, il vecchio studioso, nella seconda parte del suo scritto si produceva in alcune azzardate evoluzioni espressive: 1)- dopo aver riconosciuto la presenza di mitizzazioni coloniali greche, legate ai mitologici Eracle ed Eraclidi, pretende poi dare valore storico proprio a degli Eraclidi: i Tespiesi e Iolao! 2)- l’inscindibile racconto fantastico che si concentra su tre fasi, arrivo, permanenza, fuga, dei Tespiadi verso Cuma, egli tratta in modo incoerente, perché pretende di togliere il velo mitologico solo alla terza fase, rendendolo episodio storico. 3)- si permette di modificare la fonte, traendo conclusioni che risultano, di conseguenza, campate in aria, inficiando la bontà del lavoro. 4)- crede di intuire che il trattato sia avvenuto fra Elleni e «a questo punto non sembra infondata l’ipotesi che i Serdaioi siano i discendenti dei Thespiadai rifugiatisi in area flegrea». Aggiungiamo, tutti sanno che il luogo ove gli studiosi hanno posizionato lo stanziamento fantastico degli Eraclidi, è la più ubertosa regione della Sardegna, cioè il Campidano.
    Ebbene, “questo autentico luminare dell’archeologia sarda”, che lavora ad Olbia ed ha trovato molta ceramica “greca”, pare per lo più risalente alla prima metà del VI secolo, ha stabilito che i Greci avessero fondato una colonia proprio in questo sito, essendone la prova peoprio e soltanto dei cocci. Da ciò fa derivare l’automatismo per cui i Serdaioi (che il Pugliese Caratelli indica, indirettamente, come provenienti dal Campidano) fossero i Greci di Olbia. Senza alcuna prova. E, ritengo, ma questo non è bello da parte di uno studioso, sia pur esso il miglior cercatore di cocci del bigoncio, senza aver letto la nota del vecchio storico napoletano. Altrimenti si sarebbe avveduto che tutto l’impianto dimostrativo del certo grande grecista, si basa fondamentalmente sul tradimento del testo, anche se spiace dirlo.

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  2. "Perdona loro quello che fanno (e dicono)".
    Ai non addetti ai lavori, sarà concesso almeno di leggere il Vangelo?
    Dopo Lutero, naturalmente.

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  3. Si, Francu, hai proprio ragione da vendere. Ma, nella azione di vendita della tua ragionevole mercanzia, sarai sempre osteggiato dai segugi delle opposizioni al pensiero dominante, ma obsoleto, che troverai sempre pronti a bacchettarti.
    Casualmente (perché la metodica del copia e incolla ha diffusione più ampia di quello che si possa credere) in altro luogo della rete ho trovato, il 23 c.m., l’evidenza di un lavoro dello stesso più figo cercatoredicocci, nel cui principiarsi ho notato la presenza di questa dichiarazione: "Olbia è l'unica città della Sardegna a essere stata abitata da Greci, tra il 630 e il 520 a. C." Ho fatto sapere al titolare della rubrica che: sono scoppiato a ridere. Ed ho esposto allincirca, le ragioni quì sopra espresse come secondo commento. Bene, ho ricevuto in risposta, la dichiarazione di un archeologo, docente universitario, così architettata: «a quel che so, e lo so, l'ipotesi di D'Oriano sulla colonia greca di Olbia non si fonda sulla lettura delle fonti quanto piuttosto sui rinvenimenti archeologici: fra 630 e 520 a.C. a Olbia si trovano solamente materiali di importazione greci, non sono pochi, non sono concentrati in un solo punto ma si ritrovano in diversi punti della città, in alcuni contesti anche in giacitura primaria. Questo è un dato archeologico, punto.» Come vedi e, tristemente, chiunque può farlo, questa è canonica espressione improntata all’ipse dixit, che rivela il fondamento di propri pensieri essere solo basato su altrui determinazioni. Ovviamente alla ingenua bacchettata del tizio non potevo che replicare con una autentica bastonata: “Ti posso dire cosa apprezzo di tutto il tuo eloquio docenziale? L’ultimo vocabolo, il : punto. In esso, effettivamente, vedo la manifestazione patente di tua intima, personale idea. Tutto il resto non è farina del tuo sacco! [...]“
    Ja bind'ata trabballu 'e fakere!
    A nos intender luego, mikkelj.

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  4. "Olbia è l'unica città della Sardegna a essere stata abitata da Greci, tra il 630 e il 520 a. C."
    Se a te ha fatto ridere, caro Micheli, a me spaventa, anche per via della pesante ipoteca sull'impossibilità di futuri ritrovamenti fuori dal contesto olbiense.
    Sempre che il tuo amico non abbia trovato l'equivalente dei registri dell'anagrafe relativi agli insediamenti sardi nel VII-VI secolo prima di Lui.

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