domenica 29 luglio 2012

La scomparsa dei paesaggi primigeni e le ferite insanabili nel litorale sardo

di Vittorio Sella
 
La mina esplode e salta in aria quel gigantesco masso di granito che qualche attimo prima ha fatto da cornice alla scogliera. Sono le mani esperte del fochista che ha individuato il punto esatto dove aprire una nicchia in grado di accogliere quell'ordigno. La forza esplosiva spacca la resistenza della roccia, la frantuma e poi appare chi la rimuove per consentire all'acqua del mare di estendersi in quello spazio  lasciato vuoto dal taglio della barriera naturale. Non è l'azione solitaria di un operaio, ma l'intervento studiato, programmato, realizzato da un grande impresa con la regia degli studi tecnici che in quel tratto di litorale hanno voluto realizzare, sicuramente con tutte le autorizzazioni, un porto artificiale. La recisione della roccia è proseguita e al posto di quella barriera rocciosa è nata una sorta di passerella in cemento per consentire l'attracco dei natanti di varia natura e pescaggio. E a pochi metri dal mare sono state edificate decine di case, persino una chiesetta che dovrebbe dare il segno di una sorta di luogo dell'anima a chi trascorre le vacane nelle poche settimane d'estate.
Quelle villette con le porte chiuse
Quell'edificio di culto per buona parte dei mesi dell'anno rimane con il portone sprangato, come chiuse rimangono quelle decine di villette intorno a quell'angolo di litorale super edificato. Non so quando tutto questo ha avuto origine, ma ho potuto notare che in uno spazio ristretto, libero fino a poco tempo, campeggia una costruzione a più piani. Che si tratti di un cantiere aperto, lo si nota dalla presenza delle macchine impastatrici e da una gigantesca gru che allunga il suo braccio meccanico per tirare in alto materiali da impiegare nel costruire quel palazzo ancora incompiuto. A me è capitato di fare tappa con alcuni amici in quel tratto di costa sarda in una passeggiata nella tarda primavera a nord di Golfo Aranci, prima dell'arrivo della calura estiva e dell'arrivo dei turisti.
Una metamorfosi selvaggia
Ora che c'è chi fa il processo alle regole del Piano Paesaggistico e chi lo difende, mi è venuta in mente la metamorfosi selvaggia di quel tratto primigenio di litorale, una ferita aperta per consentire di accumulare profitti con un modo di urbanizzare, di edificare che nulla ha a che vedere con il turismo ed il bisogno di trascorre le vacanze nel mare sardo. E non vorrei che quel modello di sviluppo edilizio, che non è narrativa di risentimento, venga replicato all'infinito fino al punto da trasformare le coste sarde in una muraglia con il cartello vendesi o affittasi. Un messaggio, abbastanza visibile in questi anni, che la dice lunga sulla logica insaziabile che impera nelle città-mercato tempestate con gli slogan "di tutto di più". Tutto è pensato per spingere a comprare ciò che è superfluo e secondario rispetto ai bisogni primari.
Lo spreco di territorio e la lezione di madre natura
La voglia di spreco, alimentata dalla voracità del consumismo senza limiti, trionfa, si dilata dentro una visione liberista, che si trasferisce dal banco delle merci in vetrina al bene territorio, concepito come una torta da spartire, da sezionare e tagliare a fette, secondo le carte degli ingegneri e degli urbanisti incaricati di pianificare la morte di un paesaggio primigenio. Per loro non c'è limite, non c'è confine che non può essere superato. Anche il linguaggio subirà forzature: nel vocabolario, in linea con gli appetiti immobiliari, verrà nominato paesaggio costruito. Quasi  sempre la voglia di edificare viene alimentata dalla  presunta crescita demografica, una favola che sempre fa a pugni con i numeri reali, cioè con gli abitanti che di fatto abiteranno e vivranno in quel determinato luogo. Insomma numeri virtuali, pretesti per rendere credibile e giustificabile una pioggia di volumi e di case da immettere  nel mercato immobiliare,ma che troppo spesso, come  i tempi della crisi insegnano, resteranno vuote. Ed è per questa assenza del limite, per la corsa ad una crescita senza fine, per la moltiplicazione esasperata delle geometrie, anche in aree depresse e di salvaguardia, che a lungo andare il territorio sarà svilito  e penalizzato chi lo abita. Una lezione che ci ha dato madre natura più volte con le piogge abbondanti cadute nella costa orientale a partire dall'autunno del 2008. Cronache allarmanti, utili da rileggere, per riflettere sul futuro dei comuni costieri e sui disastri. Che non sono calamità naturali.

11 commenti:

  1. "La voglia di spreco, alimentata dalla voracità del consumismo senza limiti, trionfa, si dilata dentro una visione liberista, che si trasferisce dal banco delle merci in vetrina al bene territorio, concepito come una torta da spartire, da sezionare e tagliare a fette, secondo le carte degli ingegneri e degli urbanisti incaricati di pianificare la morte di un paesaggio primigenio" Signor Sella il suo commento è più che esaustivo, purtroppo.La colpa non è dei continentali che vengono in Sardegna ma della voracità stupida dei sardi che hanno il potere di distruggere la nostra natura tanto ammirata da tutti escluso che da certi sardi.

    RispondiElimina
  2. se penso che nel territorio di Budoni il fiume Salamaghe è stato completamente "ripulito" della sua flora e fauna.
    Hanno tagliato tutto, hanno lasciato un deserto di pietre tutto lungo il suo corso.
    La forestale complice perchè progetto definito dall'alto è "quindi intoccabile", sono stati spesi per creare un argine Euro 1.600.000, che la natura ha distrutto in un giorno e una notte di piogia.
    Apaltato da una ditta del veneto e dato in subapalto a una ditta sempre italiana del sud, quindi soldi sardi che prendono il volo sempre sulla via italiana.
    Ecco come in Sardegna si produce benessere per la popolazione.

    RispondiElimina
  3. Ecco come in Sardegna si produce benessere per la popolazione italiana e distruzione sociale(e territoriale) della popolazione sarda.
    Questa politica devastante si perpetua da 200 anni, no es s'ora de l'akabare?.
    Non è giunto il momento di fermarci un'attimo e ragionare su come uscire dalla situazione che se non fermata subito ci porterà alla scomparsa della nostra cultura è quindi della nostra storia, del popolo sardo.
    Saremo ricordati nella storia come il "popolo che si è fatto autosuicidare".
    Girando e rigirando su blog vari, si parla e si discutte sul perchè della sovranità anzichè applicarla, vengono martellati gli indipendentisti sulla lingua, un vociare continuo contro questo o contro quell'altro, paret un isport,peroe binket kie faket su krastuleri prus mannu.

    RispondiElimina
  4. "este s'ora de l'akabare""popolo che si è fatto autosuicidare".Bastano queste due frasi per dire quanto i" grandi "politici sardi hanno amato ed amano la Sardegna.Scusate se mi ripeto ma è colpa solo dei sardi se tutto ciò è potuto accadere.Per consolarmi,oggi ho letto un articolo poetico di Paolo Rumiz sul fiume Po:un disastro come i vari governi trattano questo fiume.Cari miei non c'è speranza finchè non ci liberiamo di tutta questa classe politica.

    RispondiElimina
  5. Su questi temi possiamo dividerci in tre grandi categorie: i difensori della natura, quelli della botte piena e della moglie ubriaca, i consumisti liberisti e voraci.

    Possiamo fare tre esempi: lo scempio delle coste sarde, l'inquinqmento del Salto di Quirra e dintorni per le attività della base di Perdas, l'Ilva di Taranto.

    Gli esempi potrebbero moltiplicarsi
    ma il tre, come si sa, è il numero perfetto e, per non passare da razzisti impenitenti, abbiammo saltato anche il mare.

    Cominciamo dal primo: non so dove catalogare Vittorio Sella se nella prima o nella seconda categoria (trovare qualcuno da sistemare nella terza è impresa disperata). Non ci dice chiaramente se sarebbe disponibile ad ogni utilizzo delle nostre coste solamente coll'impegno di non variare in assoluto ciò che natura ha fatto.

    Prendiamo, per dire, i pastori(secondo esempio) che da sempre si sono mossi fra Sarrabus, Gerrei e Ogliastra. Inizialmente sono rimasti di caca di fronte all'ordinanza o decreto ingiuntivo, non so bene, che, gira gira, diceva: "Se volete continuare a campare, cercate un nuovo alloggio, per voi e le vostre pecore.", E ci si sono incazzati pure. Poi, fati furbi dall'esperienza e dai buoni consigli, hanno detto. "Certo, la salute nostra e dei luoghi è il bene supremo, non c'è formaggio che la paghi. Intanto tiriamo a campare come sempre, chè sulla luna non ci possono mandare, nel mentre ci rimarrà il tempo di organizzare una bella class action milionaria contro la Regione, lo Stato, le F.F.A.A e magari la Nato. Uguale logica dalle amministrazioni comunali e dai semplici cittadini: "Nessuno ci tocchi la 'base' ma, qualcuno ha da pagare.". La botte piena e la moglie ubriaca.

    Terzo esempio: 'acciaieria più grande d'Europa. Anche qui un magistrato, preventivamente, senza aspettere dati, prove, giudizi nei tre gradi, per il principio di garanzia, ordina la chiusura della bombola di ossigeno: "State in apnea, finchè non si chiariscono le cose. La salute dell'ambiente prima di tutto!" E magari l'mbiente era gia morto.

    Qui lasciamo botti e mogli e, visto che ci si mette Vendola, peroratore di sacramwnti per gli "omo", parliamo di tentativi di mettere d'accordo il diavolo con l'acqua santa: l'industria, per di più pesante, con le "chiare, fresche e dolci acque".

    RispondiElimina
  6. "La salute dell'ambiente prima di tutto!" E magari l'ambiente era gia morto."Signor Elio con questa frase,ci spiazza tutti,ma perlomeno sorrido.E la giusta misura dov'è?

    RispondiElimina
  7. Hai ragione, Grazia: ci dovrebbe sempre essere una misura giusta. "Est modus in rebus", dicevano gli antichi romani, ma lo dicevano per fregare i poveracci.

    RispondiElimina
  8. Allora lei è più pessimista di me.Ad ogni modo,per egoismo personale,ho bisogno di credere negli esseri umani.La storia,quel poco che so,insegna che a bellu a bellu si va avanti,a volte,si torna indietro ma sempre avanti si va.Si va avanti perchè si lotta contro le ingiustizie ed anche perchè esistono uomini onesti e giusti(pochi,pochi)ma ci sono.

    RispondiElimina
  9. Signor Elio,pur avendo tanta fiducia nella sua saggezza ma quella del suo Norace,non si offenda,è superiore.Sto per andare in vacanza nel surrogato dlle mia amata Sardegna,la Maremma;perchè non mi fa un gran regalo e,dopo aver offerto un pò di pane carasau e casu a Norace,le chiede un parere sull'argomento della distruzione delle nostre coste?La ringrazio anche se Norace non ha tempo di venire da lei.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.