giovedì 15 marzo 2012

Come tagliarsi felicemente le opportunità


Chi sa se fra i passatempi dei governanti sardi c’è anche quello di leggere e capire le leggi che poi applicano? Altra curiosità è sapere se, sempre gli stessi, si sono accorti di governare due minoranze linguistiche riconosciute anche dalla Repubblica (la sarda e la catalana d’Alghero) e tre minoranze linguistiche riconosciute solo dalla Regione sarda (la gallurese, la sassarese e la tabarchina). Di tanto in tanto, qualche sentore di consapevolezza si avverte come, per esempio, è avvenuto recentemente con l’osanna a Monti per la ratifica della Carta europea delle lingue. È vero che si trattava di una bufala, ma l’entusiasmo per l’annuncio c’è stato.
 Era sincero? Rispondeva, cioè, alla coscienza che governare minoranze linguistiche comporta degli obblighi non solo allo Stato, ma anche e soprattutto alla Regione? A stare a quel che vi racconto c’è da dubitare. Tutti sappiamo, per averne letto sui giornali e sentito in Tv, che l’accorpamento di scuole di diversi paesi e fra quelle di paesi e di città ha suscitato proteste e a volte antipatiche esibizioni di campanilismi. L’accorpamento rispondeva ad una legge dello Stato, la n. 111 del 15 luglio 2011 in tema di razionalizzazione della spesa relativa alla organizzazione scolastica.
Il fatto è che la stessa legge sancisce che “gli istituti compresivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche”. In parole comprensive, questo vuol dire che, l’accorpamento ha limiti inferiori a quelli stabiliti nelle terre sede di minoranza linguistica, come la Sardegna, appunto. Solo che, ovviamente, la Regione lo voglia.
Ebbene, stando alle delibere numero 7/4 del 16.2.2012, n. 9/55 del 23.2.2012 e numero 11/2 del 06.03.2012, la Regione sarda non vuole. Essa se ne infischia, è superiore a questi localismi e al malcostume sardesco di sfruttare lo Stato, pacubeneddu.

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