sabato 19 febbraio 2011

Se questa storia è "precisa", perché no quella di Maga Magò?

Tira una brutta aria” ha scritto ieri su questo blog Alessandro Mongili. È ancora più brutta di quel si possa pensare, se è vero che il presidente della Repubblica ha definito “una rievocazione storica appassionata e precisa” lo spettacolo sciovinista di Roberto Benigni. E ancora più malsana sarebbe l'aria per la storia, se davvero il video di quella “lezione di storia” (vedere i titoli di quotidiani di oggi) sarà utilizzato nelle scuole, come alcuni propongono e il ministro della Pubblica istruzione è disponibile a fare.
Ho rivisto oggi in YouTube la registrazione dello spettacolo e letto i commenti per lo più osannanti di chi, ignorando gli avvenimenti, scambia la vulgata ideologica del comico per una lezione di storia. Che sia stata divertente, e a volte esilarante, nessun dubbio. Ma quel che il comico ha raccontato non è storia, tanto meno “precisa”: è semplicemente un tentativo – riuscito, accidenti se riuscito – di piegare la storia ad esigenze ideologiche, come solo un regime è capace di fare. Persino gli storici di professione, almeno fino ad ora, hanno chinato la testa e ingoiato gli strafalcioni nazionalisti di Benigni come pegno da pagare all'Unità d'Italia.
Nessuno di loro che abbia segnato con la matita blu la fantasiosa ricostruzione della nascita della bandiera tricolore, descritta come parto di Mazzini e non della Repubblica cisalpina del 1797, quando Mazzini neppure era nato. Precisione anche questa? A chi crederanno gli studenti davanti al video proiettato a scuola: a quel noioso del professore o all'istrione, che è pure divertente? E la sciocchezza su “Scipione, un italiano” e “Zara la più grande battaglia di tutti i tempi vinta dagli italiani”? Nel 202 avanti Cristo qualcuno aveva dunque in mente che più di duemila anni dopo sarebbe nato lo stato italiano e già si era iscritto alla anagrafe. Ma c'è di peggio, anzi di meglio in fatto di precisione storica: “Se Scipione perdeva con Annibale tutti noi eravamo di cultura fenicia, mediorientale”. E gli storici, zitti. La cultura era ormai punica da un bel pezzo e tutto poteva essere tranne che mediorientale. Preciso anche in questo.
Esalta i Savoia come figure grandiose e civili e bolla i borboni come “terrificanti”, insofferenti delle proteste. Chi sa se ha mai letto i verbali delle esecuzioni di patriotti sardi come Cilocco, 33 anni, dissidente. Gli furono legati i polsi dietro la schiena, poi fu issato con una corda passante a una carrucola e, tenuto penzoloni, all'ordine del giudice, Francesco Cilocco fu fatto precipitare fino ad un palmo dal pavimento. Fu fustigato “a doppia suola intessuta di piombo”. Il supplizio gli fu inferto con tanto zelo che dalle spalle e dalla schiena, gli aguzzini riuscirono a strappargli la pelle a “lische sanguinanti”. Sollevato sul patibolo semi vivo, fu impiccato e, da morto, decapitato. Il suo corpo fu bruciato e le ceneri sparse al vento. Quindi la testa fu rinchiusa dentro una gabbia di ferro ed esposta all’ingresso di “Postha Noba” di Tempio, mentre nelle altre porte della città i lembi della sua carne completavano l’orrore. Questo successe il 30 agosto del 1802.
Nel suo sciovinismo, la rievocazione storica “precisa” annette all'Italia, allora espressione geografica, non stato né nazione (“L'Italia” aveva detto Benigni all'inizio “è l'unico paese al mondo dove nasce prima la cultura e poi la nazione”), la Sicilia del 1282 e Lombardia del 1176. E non basta, fa sparire nel nulla il Regno di Sardegna, per cui secondo il comico professor di storia esiste solo il Piemonte. Cavour firmava i trattati in nome della Sardegna; dal resoconto di Cavour al Re sugli accordi di Plombières: Napoleone III “incominciò col dire che era deciso di aiutare la Sardegna con tutte le sue forze in una guerra contro l’Austria...”. Ma, per amor di precisione, Benigni corregge la storia.
E c'è poi, nel delirio nazionalista, la questione dei dialetti: “Il dialetto è bello, per carità, si possono fare delle canzoni napoletane che sono patrimonio dell'umanità, le canzoni, una poesia d'amore […], ma nel dialetto non si può scrivere la Critica della ragion pura, l'Estetica di Benedetto Croce, non si può scrivere La Divina Commedia, non si può, non si può, perché fa ridere”. Umberto Eco dixit, Benigni ripete e, ma spero davvero che questa bestialità gli sia sfuggita, Giorgio Napolitano addita agli italiani come degna lezione di storia. Certa è una cosa: se le celebrazioni dei 150 anni della cosiddetta unità d'Italia avrà ancora bisogno di tanta arroganza retorica, questa Repubblica non è messa molto bene. Sì, tira proprio una brutta aria.


PS - Sull'argomento vedi anche Sa natzione

20 commenti:

  1. Ah quell'italiano di Scipione...
    Caffè al bar ogni mattina e a pranzo un bel piatto di pasta al pomodoro. Davanti al Tg1, naturalmente.
    E come dimenticare il suo famoso grido di battaglia: "Popopopopopopo!".
    Come direbbe maestro Roberto: MEMORAAAABILE!!!
    Un grande, un apostolo, un paladino della cristianità. Non fosse per lui oggi saremmo tutti islamici.
    SAN-TO SU-BI-TO
    SAN-TO SU-BI-TO

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  2. a questo punto sos mannos nostros, dall'oltretomba, dovranno convenire con noi di aver fatto una grande fesseria a rinunciare all'antica autonomia. Quante vite spese per fare quest'Italia, quanti sacrifici!

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  3. Il Benigni retorico non fa ridere e non insegna nudda! Non mi piace! Questa "restaurazione" non mi piace per nulla e per nulla al mondo potrà spezzare la mia sete di Indipendenza, la mia fame di vera libertà. Quanto dovremmo aspettare per sentirci culturalmente e politicamente liberi? Per fortuna è arrivato su "Cranovalli", occasione per noi Popolo di farci beffa dei potenti, celebrando le maschere di "Re Giorgio" (che sempre si sottopone a processo!), di "Prapoddi" (il boia che nella nostra villa faceva penzolare da sa fruca, i corpi dei malcapitati rubagalline in occasione dei moti baronali del 1821). Da qui "sa cursa de is puddas" con la tanto celeberrima "xena", alla quale solo gli uomini erano ammessi. E si diceva che le galline erano tanto più buone, se rubate nei cortili dei ricchi e dei potenti de sa bidda! E poi la maschera de su "Boginu", il tanto decantato conte-esattore (il Tremonti ante-literam)simbolo dell'oppressione fiscale, a danno del popolo sardo-sordo, assurdo! Ed infine la maschera di Momotti, lo spirito burlesco, soberanu caduto dal cielo, che vive in ogni angolo buio delle abitazioni gesichesi, trexentesi e Sarde. Maschera che spaventa al punto giusto, ma che inesorabilmente ci ricorda che altri sono da temere, ad iniziare dall'ignoranza. Ed è proprio il Festival dell'Ignoranza quello andato in onda da Sanremo. Una "summa" medioevale dove dentro c'era davvero tutto: patria e religione in particolare, uniti in una pericolosa miscela esplosiva.
    No, questa festa non mi appartiene, perchè non vado a festeggiare oppressione e repressione di un Popolo, quello Sardo, che ha ormai perso il gusto della Libertà. Non ci rimane che il Carnevale! Ha ragione Alessandro qui si respira veramente una brutta aria. Caro Gianfranco, ormai i "diversamente Sardi", quelli che si indignano davanti a simili nefandezze, sono rimasti in pochi. L'indipendenza è ormai ridotta a discussione salottiera ed a pillole di narcotico da offrire al popolo sardo più depresso che mai. La voglia di Libertà è sempre più utopia, nostro malgrado.

    Buon Carnevale a tutti e che Maimone ci illumini... prima che qualche politico, politicizzi pure lui!

    A si biri mellus!

    Carlo Carta

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  4. Dovrei vergognarmi a scrivere in questo blog,dopo aver letto tutte queste testimonianze sulla superficialità di Benigni e, di conseguenza,la mia che l'ho apprezzato,ma sopratutto su ciò che hanno fatto i Savoia in Sardegna.Mi vergogno sinceramente e chiedo venia a tutti voi.

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  5. ve lo ricordare il Benigni che prende in braccio Berlinguer?
    A quello dell'altro ieri che ha preso idealmente in braccio la casa Savoia, Mussolini gli avrebbe dato la medaglia d'oro.
    Si credo proprio che l'Italia sia arrivata al capolinea.
    La gente del Nord si indignerà di questa demagogia da baraccone (sanremo) da quattro soldi e turandosi il naso voterà per chi gli promette la Libertà.

    PS: a proposito di senzo civico, ma l'avete visto di cosa sono capaci i tifosi della Roma (quelli della lazio son peggio), credo che Roma ospiti la peggior gentaglia d'Europa.

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  6. @ Grazia
    Perché vergognarti? Già queste cose non sono insegnate ai ragazzi nelle scuole sarde, figurati come possono essere conosciute oltre mare. Per questo la "lezione di storia" di Benigni è ancora più grave: milioni di persone l'hanno presa come verità storica. E ancora più grave è che una persona colta come Napolitano l'abbia considerata come "precisa".
    All'indottrinamento ideologico si resiste solo sapendo, ma se la scuola non ti informa, che cosa ci puoi fare? Un grande dello spettacolo ha la strada spianata per la sua abilità nel mescolare battute esilaranti a informazioni false. Con qualcosa di terribile: che essendo "precise" queste informazioni anche le battute si fanno storia.

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  7. Il geniale menestrello che cantava le virtù del Leader (Berlinguer) e del partito che avrebbe dovuto forgiare l'Uomo Nuovo e realizzare il Paradiso in Terra, creando un'umanità senza nazioni, oggi viene proposto come Menestrello di Stato dal presidente della Repubblica (ex comunista, per quanto migliorista avversato in vita dai suoi compagni per le sue simpatie per il riformismo craxiano), e osannato come Storico d'alto rango, primo Cantore della superiorità dell'Italia nel contesto di tutte le nazioni!

    PS: e nel mentre, l'anima del Duce si gode siffata scena, fiducioso che se continua così anche l'opera sua verrà portata ad esempio di orgoglio dell'italica virtù!

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  8. GRANDISSIMA BISCHERATA quella di Benigni (è un giullare, si sa, e fa bene il suo mestiere...): la battaglia di Zama NON ha cambiato la storia del mondo, come non l'ha cambiata Waterloo!
    L'unità italiana è stata un'operazione di vertici massonici che ha tradito subito (Aspromonte 1862) lo slancio ingenuo dei repubblicani e dei garibaldini; quanto a Mameli NON C'E' UNA SOLA PAROLA DEL SUO INNO che Mussolini potesse disapprovare!!!!

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  9. Caro Gianfranco,mi vergogno per la mia superficialità e per l'insistenza che ho avuto nel difendere Benigni senza riuscire a vedere ciò che avete visto voi,giustamente.Per quanto riguarda ciò che i Savoia hanno fatto in Sardegna hanno colpa gli storici che scrivono i libri,nascondendo simili misfatti avvenuti in Sardegna.Sono avvilita perchè non mi piaccio quando penso di aver ragione e,menomale,mi sono ravveduta.L'importante è mettersi sempre in discussione(misera soddisfazione)Presuntuosamente,ero convinta di non farmi manipolare ed ho sbagliato anche qui.

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  10. Siamo tutti indignati per una cosa semplicissima da capire: il comico è la cosa più seria del mondo. Lo capiscono anche quelli che non hanno mai studiato o riflettuto sulla natura della 'comicità'. Il fatto che molti lo abbiano preso per serio quel Benigni da operetta e che alcuni nei giornali lo abbiano osannato (v., tra gli altri, Aldo Grasso, L'inno di Roberto al festival) persino per quell'inno recitato (nonostante le apparenze) ipocritamente, è segno che anche l'Italia è davvero quello che dicono universalmente: roba da operetta. Anche Francesca Figus nell'Unione Sarda e Francesco Merlo in Repubblica hanno, da angolazioni differenti, salvato un Benigni che non era proprio da salvare. Che vada a lezione di antiretorica dal nostro Benito Urgu: che è consapevole di innalzare la bandiera dei Quattro Mori soprattutto quando la dissacra. Chè davvero una nazione è tanto grande, libera e forte, quanto più si può permettere il lusso di prendere per il culo se stessa e la sua storia passata e presente. Ma che vada il Benigni 'falsario' a leggersi qualche commedia di Aristofane. Io solo m'immagino cosa avrebbe scritto per divertimento degli Ateniesi sull'inno indecoroso di Mameli, Lui che faceva la satira sulle tragedie capolavoro di Sofocle e di Euripide. Ma per Aristofane il comico era davvero una cosa seria.

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  11. Sono oltre 20 anni che non vedo Sanremo e altri spettacoli nazional popolari. Me ne compiaccio perchè in un colpo solo ho evitato anche Benigni, un comico che a me non ha mai fatto ridere e che ho smesso di seguire da parecchio tempo. Sarò di gusti partucolari, ma a me Benigni ha sempre dato l'idea che giochi a fare lo scemo di paese, sfruttando l'amplificazione che gli danno i moderni mezzi di comunicazione di massa.Non sono meravigliato dal suo show né dal coro di approvazioni che ne é seguito.
    Per il momento mi godo il carnevale, che è notoriamente la mia festa. Poi farò penitenza andando a lavorare il 17 marzo, a meno che i movimenti indipendentisti non organizzino per quel giorno una giornata di lutto. In tal caso farò anch'io su teu.

    @ p. atzori

    Deo non penso chi sos mannos nostros appan fattu una grandu fesseria. Chie at fattu sa fesseria (rinuntzia) sun istados sos "mannos" issoro: nobiles feudatarios e zenia varia chi sardos non fini e chi s'an bendidu sa Sardigna chena mancu pregontare a sos sardos ite ne pensaian.

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  12. @ Marco,
    avrebbe chiesto sola la sostituzione della parola "Fratelli" con "figli".

    nel frattempo ribadisco che l'interpretazione che Benigni ha dato dei Fratelli d'Italia, è palesemente falsa oltre che impregnata di venature nazionalsocialiste

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  13. Sull'intervento di Benigni ci sarebbe tanto da dire ma non ne ho voglia (non sono neanche riuscito ad ascoltarlo tutto!). Però una domanda mi frulla in testa: ma per la Divina Commedia Dante non ha usato un DIALETTO (il suo, il volgare fiorentino)? O esisteva già l'italiano standard?
    Un’altra cosa…
    Dato che a Sanremo erano in vena di leggere Gramsci, avrebbero potuto leggere ciò che scriveva nel 1920 su “L’Ordine Nuovo” (il giornale da lui fondato):
    "Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d'infamare col marchio di briganti".
    Poveri noi! Sembra che gli scrittori citati da Gramsci abbiano avuto una cospicua discendenza, arricchita tra l’altro da comici e uomini di spettacolo, per stare al passo coi tempi.
    In base alla ricostruzione di Benigni noi Sardi dovremmo ritenerci addirittura fortunati ad aver avuto i Savoia dal 1720, in quanto gli Italiani meridionali hanno dovuto subire l’oscurantismo borbonico prima di essere liberati dai civilissimi Savoiardi. Magari date un occhiata a questo per farvi un’idea di quanto ci abbiano guadagnato nel cambio (la fonte non è di certo anti-italiana): http://www.youtube.com/watch?v=WE-h12f-Mfs
    Non dice tantissimo (nella stessa pagina trovate informazioni più approfondite) ma è già sufficiente questo per fare un paragone e capire quanto fortunati siamo stati (eeeeeeeeeeee!!!) ad aver avuto i Savoia con 141 anni d’anticipo.

    P.S. Com’è noto, i Borboni, seppur stranieri, conoscevano e parlavano orgogliosamente la lingua dei loro sudditi. Quanti dei Savoia conoscevano e usavano la lingua sarda?
    E qui mi fermo perché dal passato potrei spostare la domanda sul presente. E la cosa sarebbe lunga…

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  14. Cara Atropa,sei una persona buona e comprensiva ma non basta rivedere le proprie posizioni per essere in pace con se stessi,per ora resto adirata con me stessa.Ad ogni modo ti ringrazio.

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  15. Cara Grazia, fai come me: perdonati di tanto in tanto.
    Vedrai che, una volta che ci fai l'abitudine, non ci penserai due volte.

    Ho rivisto con piacere su questi schermi nuovamente un Gesico scatenato: lui è sempre in guerra ed ha pure ragione da vendere. Però ti prego, amico, se devi esagerare, esagera con moderazione!

    Sarei piuttosto d'accordo, e molto, con Gigi Sanna, ma mi manca Aristofane: non posso fare altro che cercare di rimediare.
    E c'è un modo soltanto.

    Aba dice che Benigni si può perdonare, ma Napolitano no.
    Sarei d'accordo con Aba se Benigni avesse qualcosa da farsi perdonare. Mi sia permesso di aggiungere una piccola osservazione di atmosfera: mi pare che il comico si rivolgesse in prima battuta al popolo leghista, ecco che io ho malignamente suppongo che egli avrà pensato che qualche semplificazione storica ci poteva stare. Tanto, fra i lumbard, chi se ne sarebbe accorto?
    Ci voleva, all'uopo, quel sardista da nulla di Pintore...
    E poi se io, e d'ora in poi moderatamente anche Grazia, siamo così inclini a perdonare noi stessi, perché dovremmo negare il nostro perdono a Jhonny Stecchino?

    Io perdono anche il nostro Presidente che, suppongo, abbia reclinato la testa davanti a quello sproloquio, così com'è accaduto a me, mentre invece Umberto Eco faceva del suo meglio a ripassare Kant.
    Io gli perdono tutto al Presidente, a patto che non mi si chieda il perché.

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  16. @ Francu
    Se per sardista intendi uno che, di tanto in tanto, si diletta a leggere qualche libro di storia e non si accomoda sulle vulgate, ach ja ich bin sardiste (è giusto, Aba?)

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  17. O GFP, credevi di mettermi in difficoltà con la tua risposta in fenicio antico?
    Ora siamo tutti epigrafisti e oggi è anche domenica.
    Volevi dirmi: A CHINI (ach) JAMAT (ja) ICHNUSA (ich) (SU) BINU (bin) SARDU (sar) DE (d) INFIMA (i) (O)STERIA (ste)?
    Notevole l'agglutinamento in unica parola sar-d-i-ste, che in sardo potremmo volgere in "sardixeddu", come a dire "burdixeddu", "de pagu contu". Trattandosi di vino, "piricciolu".
    Il senso del testo è: credi che sia uno che chiama birra ogni vino sardo da osteria? Cioè che confonde il vino con la birra?
    No, non lo credo. Perché tu ed io sappiamo che la birra fa la schiuma, il vino no. Altrimenti non è vino.
    Giusto?

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  18. @ Ghiacciu,

    ti sei dimenticato di aggiungere che i Savoia amati da Benigni non parlavano neppure l'italiano!

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  19. Signor Pilloni,la ringrazio di aver alleggerito il tutto con la sua ironia,però,mi permetta di sentirmi piccola,piccola ancora per un pò.

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