giovedì 30 dicembre 2010

Auguri a tutti, ma soprattutto alla lingua sarda

L'anno si conclude con brutte notizie dal mondo variegato dell'indipendentismo sardo (nazionalista, sardista, non nazionalista). Non penso solo alla implosione di iRS, certo il fenomeno più rumoroso, ma alla più generale perdita di senso identitario che questa fetta non piccola dell'opinione pubblica sta devolvendo, paradossalmente, agli schieramenti “italiani” o a loro parti. Della questione della lingua sarda, fondamentale per il radicamento del sentimento nazionale comunque lo si intenda, si occupano quasi esclusivamente settori del mondo politico, il governo sardo, il movimento per la lingua sarda e le sue articolazioni.
L'indipendentismo è in preda a un economicismo che paradossalmente fa il verso della politica tradizionale nel momento in cui essa sembra volersene liberare. Dal Partito sardo, lo schieramento più consistente, a iRS, a Sardigna natzione, ai Rosso mori, qualcosa che si aggira intorno al 15-18 per cento, hanno tutti messo fra parentesi la questione della lingua. Ma anche quella della cultura nazionale, nella prevenzione secondo cui sarebbe un lusso occuparsi di lingua e cultura “locali” in presenza di crisi economiche. Così, c'è chi si è specializzato nei rapporti economici e finanziari fra Regione sarda a Stato italiano, chi nel conflitto con una tutt'altro che certa volontà dell'Italia di scaricare sulla Sardegna una parte almeno della sua politica nucleare, chi ha della modernità dell'economia una visione etero diretta, chi pensa che di lingua sarda si possa parlare in termini di inconciliabilità fra le sue “varianti”, quasi un contrasto fra le due nazioni del sud e del nord.
Tutti problemi seri, naturalmente, salvo quello, ridicolo, della partizione della Sardegna in due nazioni linguistiche. Il fatto è che nessuno di questi problemi è capaci di definire una politica non dico indipendentista ma neppure autonoma. Si è mai sentito, fuori delle caricature alla Grosz, qualcuno dire che vorrebbe una Sardegna povera e succube? Dove sta la specialità di una politica culturale che metta l'Isola al centro delle proprie attenzioni, se non negli elementi propri della sua specialità, con la lingua al primo posto? Non tutti, ma la gran parte delle donne e degli uomini che si richiamano ai valori dell'indipendenza sono coscienti di questi fondamenti.
Il dramma è che per quasi tutti, salvo i pochi che ritengono la lingua un epifenomeno non fondante né importante, il sardo (e insieme ad esso il gallurese, il sassarese, il tarbarchino e l'algherere) esistono e, se proprio corrono rischi, come li corre il sistema economico, pazienza: una volta conquistata l'indipendenza, ci si potrà occupare di lingua. Per questo, prima si mette mano alle emergenze economiche e finanziarie e poi, una volta superate, ci si potrà permettere di interessarsi di frivolezze. Se qualcuno si vorrà prendere il gusto di guardare nel sito del Consiglio regionale le proposte di legge (di iniziativa consiliare), i disegni di legge (di iniziativa del Governo), le mozioni, gli ordini del giorno, le interrogazioni, le interpellanza, vedrà come la questione della lingua sia quasi inesistente. Tutta l'iniziativa legislativa e ispettiva ruota intorno a problemi riconducibili all'economia con differenze di toni e di prospettiva, a seconda che sia dell'opposizione o della maggioranza. Il fatto che in Consiglio esistano consiglieri indipendentisti e nazionalitari, che dieci di essi abbiano votato per l'indipendenza della Sardegna, tredici si siano astenuti, non è assolutamente percepibile dall'atteggiamento sulla questione della lingua sarda. Quasi che essa sia un sovrappiù nella proposta avanzata da dieci deputati regionali e non osteggiata da altri tredici.
Il Governo sardo ha inserito nel Piano regionale di sviluppo un concetto di straordinario interesse per la salvezza della lingua, nel quale si afferma che essa è un motore di sviluppo economico. Perché non andare a verificare se questa affermazione corrisponde a una volontà o è solo una espressione enfatica? L'ex presidente della Regione, Renato Soru, poco prima di dimettersi e di chiamare gli elettori alle urne, presentò una legge di politica linguistica di grande interesse. Il suo partito, a due anni dal voto, non la ha ripresentata. Nessuno vieta ai consiglieri indipendentisti o nazionalitari, ai movimenti indipendentisti fuori dal Parlamento sardo di fare propria la proposta soriana, modificarla se lo ritengono, o premere sull'ex presidente perché la faccia mettere all'ordine del giorno del Consiglio.

Domani se ne va il 2010. Sarebbe un buon auspicio che il 2011 sia l'anno in cui indipendentisti, nazionalisti, nazionalitari, autonomisti prendano coscienza che la lingua sarda e le altre alloglotte hanno bisogno di interventi urgenti. Auguri.

7 commenti:

  1. Auguri!

    Concordo sul fatto che ci sia ancora un vuoto politico di rappresentanza dell'identitarismo Sardo. Nel mondo perfetto diversi movimenti si sarebbero già dovuti unire per realizzare un Partito Nazionale Sardo e raggruppare consensi non solo attorno ai temi economici (in contrapposizione al centralismo) ma anche attorno ai temi identitari: lingua, storia, ecc.
    Nel mondo reale invece non esiste alcun soggetto (individuale e collettivo) che abbia la voce abbastanza grossa da riunire in una sola piattaforma (o fronte) queste necessità.
    Serviranno ancora anni, perch§é i ritardi politici e culturali degli addetti ai lavori sono evidenti.
    Nel frattempo l'unica cosa possibile da fare è premere in quella direzione.

    Bomboi Adriano

    www.sanatzione.eu

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  2. B'amus bator partidos in Sardigna
    chi cheren sa vera indipendentzia,
    naran chi pro custu za s'impigna(n)
    ma lu cheren facher cun prudentzia.

    Inantis pensamus a s'ecunomia,
    a su triballu a s'amministratzione,
    e si b'at tempus a un'atera ia
    pensamus puru a sa vera aunione.

    Pro su Sardu, cultura e identidade
    cras o pusticras nos afficcamus,
    e si non bi la fachimus isettade
    tantu tempus e ora za bi nd'amus.

    Chie curret isbruncat est sicuru
    e duncas chena presse caminamus,
    iscriidelu craru e prus maduru
    solu gai su sardu ismenticamus...

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  3. A totus sos amigos de su blog:bos auguro che su duemizzaundichi siata unu annu prenu de tridicu,de amistade,serenidade e chi sa nostra limba siata sempere biba.Aba manicamusu meda e impippamus de su colesterolo.

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  4. Sa notti de su 31 fia a sa festa cun amigus de dogna parti de Sardinya, dopu xenau hannti cummanzau cun is ballus e anti sonau meda musica moderna e istrangia. sa picciocalla s'est ghettada beni a fai baraunda, ma candu anti cumenzau a sonai su ballu sardu, istocada (mascus e femminas) scidianta baddai beni in tuttus i modus e variantis de passu, accumpangendi puru cun bimboo....augurius
    G. Cannas

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  5. Caro Zuanne Franciscu,
    condivido al 100% il tuo scritto.

    Dalla Corsica un Pace e Salute a tutti

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  6. Caro Gianfranco
    leggo solo ora questo truo augurio.
    Concordo su tutto tranne su una tua affermazione.
    Cioè che al nullismo sulla lingua sarda generalmente equamente distribuito corrisponda una scelta economicista.
    Nel senso che l'economicismo, pur indicando una parziale opzione politica e di prassi che ne tralascia altre importantissime e indispensabili, e essendo usato in termini negativi,comunque affronta questioni economiche.
    E le questioni economiche della Sardegna, in termini del presente e della prospettiva, anche indipendentista e federalista, invece non vengono affatto affrontate, esattamente come non si affronta la questione della lingua.
    Tutto in Sardegna, nella pratica e nell'elaborazione politica avviene, in carenza di lingua sarda che è una costante, sul piano dell'assistenzialismo.
    Se si esamina il bilancio della Regione, vedi anche il ruolo del PSdAz, ed il dibattito relativo con le posizioni di maggioranza e minoranza, ci si accorge che si opera solo sull'assistenza, lo statalismo, il dirigismo, l'elemosina fatta sistema e quindi sulla permanenza di intermediari del colonialismo, compradores appunto.
    Sul colonialismo economico c'è il silenzio speculare a quello sulla lingua.
    Per cui economia e lingua sono le due parti della stessa medaglia di dipendenza, alla quale si vorrebbe sostituire la non dipendenza cioè l'indipendenza.
    Questa medaglia è fabbricata con una ,materia che si chiama sovranità statuale.
    Ti stupisce il silenzio sul nuovo Statuto che s'accompagna a quello sulla lingua e sull'economia?
    A me per nulla, anzi l'implosione di IRS, che dipende non certo dalle email deliranti che ho letto e che toglierebbero affidabilità a chiunque le abbia scritte e che voglia fare politica, nè dai metodi non trasparenti di come sono state ottenute, ma da posizioni politiche ben precise indirizzate a giovani militanti entusiasti ma che nulla conoscono, basate anch'esse non su economia, lingua e progetto statuale, ma su un mantra religioso e settario.
    E quindi sulle posizioni politiche che l'intero movimento per la sovranità e la statualità dovrebbe confrontarsi..lingua, economia, statualità..senza dimenticare nulla del tutto..
    Se ne può parlare

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