venerdì 8 ottobre 2010

9 commenti:

  1. Questo, secondo me, è solo folklore, di certo inutile, forse anche dannoso. Sardegna da museo.
    B. Larsen

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  2. @ bjorn larsen
    perchè lo definisce solo folklore inutile e dannoso? conoscere il proprio passato e la propria storia è inutile e dannoso? capire come facevano i nostri nonni a completare la filiera del grano a partire dalla semina, senza ricorrere in alcun modo alle multinazionali, è inutile e dannoso? non potrebbe invece essere necessario per le nuove generazioni apprendere le vecchie tecniche agricole che rispettino la terra? E lei cosa suggerisce di utile, non dannoso e non folklorico?
    saluti

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  3. Il carro a buoi, checchè ne dica il parente di Bjorn Borg, rappresenta una parte importante delle nostre tradizioni e, perché no, della nostra storia. E sono contento di aver avuto occasione di vederli in attività e di averli utilizzati. Dato che in Svezia siete così futuristi, perchè non tempestate di mail l'arretrata casa reale inglese per avvisarla che quelle guardie davanti al palazzo di Westminster sono talmente ridicole da essere chiuse in museo? Sono curioso di sapere cosa risponderebbero gli inglesi.

    W Su carru a boes

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  4. In Sardegna la maggior parte di soldi destinati alla promozione della lingua e della cultura sarda vengono destinati a sagre del carro a buoi e altre cose del genere.
    Insomma: l'immagine che si dà della Sardegna guarda al passato.
    A voi sardi sta bene? Benissimo anche per me: ma poi non dite che esiste un modello di cultura sarda, che parla in sardo, pronto a entrare in Europa. Sono tutte cazzate per gente che porta da un pezzo la dentiera.
    Quanto poi alla Svezia, venga a provare i nostri dentisti, se vuole proprio che sia concreto: capirà alcune differenze che ci sono fra noi.
    B. Larsen

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  5. Volevo dire Buckingham Palace, ma siamo sempre lì

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  6. La lettura della locandina mi ha fatto venire in mente che Santu Sidore, al mio paese di soli pastori, non godeva di particolare devozione. Ci si ricordava di lui, organizzandogli una bella processione, soltanto in occasione di grave siccità. Così mi sono fatto l'opinione che i miei pesani, ingenuamente, associassero Sidore (Isidoro) con Sidi (sete).

    E dato che siamo in tema mi domando perchè non si ricordi degnamente l'asinello sardo, il mezzo di trasporto delle classi subalterne. Come diceva il "dicio": su ricu andat a caddu, su poberu a sa molentina. Sassari, ad esempio...

    Carraioru di Ruseddu
    cu li gubi e l'aineddu
    trotta trotta nella carrera
    atindi eba.

    Chiedo venia ai sassaresi per aver storpiato il linguaggio

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  7. La Sardegna guarda al passato? Non mi pare. Vuole solo ricordare da dove é partita, per capire come deve andare avanti. Esattamente come gli svedesi quando vanno in giro con elmi cornuti in testa. E lasci perdere i dentisti. Grazie a Dio ho tutti i denti sani e.. pronti a mordere. Anche in europa. Che poi la Svezia non mi pare modello di nulla, forse di suicidi

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  8. @ bjorn larsen
    E' proprio così come lei dice: per troppo tempo, i soldi della legge per la cultura e la lingua (nell'ordine secondo il legislatore) sono andati al folclore e ad operazioni mistificanti, come ricerche scolastiche sul "come eravamo" rigorosamente in italiano e, tanto per carpire denari, col titolo in sardo, spesso storpiato. Credo che Austinu, su questo, sia d'accordo con lei e con me.
    Ma questo cosa c'entra con una iniziativa, non finanziata con la legge 26, di un comune che vuole proporre una discussione a più voci su un elemento, insieme materiale e immateriale, come il carro a buoi? Diceva Michelangelo Pira che quando sentiva parlare di folclore, riferito alla cultura sarda, sentiva l'irresistibile voglia di metter mano alla pistola.
    Il folclore è un atteggiamento dello spirito e non si manifesta, se non lo si vuole, ogni volta che ci si approccia agli elementi costitutivi della nostra cultura. Per intenderci, si può fare del folclore con la musica e con la lingua sarde che pure folclore non sono.

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  9. Dio mio, non me la sento di mandare il signor Larsen al fresco in Svezia ( è molto tempo che non sento più l’invito ad andare a quel paese con l’espressione “bai e infrisca”, ora ci sono ben altre espressioni e non c’è stato bisogno di aspettare Beppe Grillo). Indipendentemente dall’utilizzare la tradizione a scopi puramente folkloristici piuttosto che (e qui sono in difficoltà) culturali(?), si ha l’impressione di un rincorrere la nostra sardità in maniera disordinata e ripetitiva. È tutto un susseguirsi di “cortes apertas”, di “cortis de is nannais”, di “come si faceva una volta”, di come eravamo, insomma. Non si nega l’aspetto positivo della faccenda, aiutano a non dimenticare, a non perdersi nelle nebbie di un eterno presente, senza memoria del passato e prospettive di un futuro. È vero, “repetita iuvant”, “sed, aliquando scociant”.

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