martedì 25 maggio 2010

Le province sono da abolire. O forse no

di Efisio Loi

Intellettualmente devo essere astigmatico. A guardare le cose lontane, dietro sollecitazione altrui, soffro di disturbi nel sistema di messa a fuoco. Mi capita quando, la stessa cosa, qualcuno me la sistema a una certa distanza e qualcun altro a una distanza molto diversa. Mi si scombussola il metabolismo (cerebrale) e mi vengono attacchi di cefalea. Mi direte che non di astigmatismo si tratti ma di ignoranza. Non ho nessuna difficoltà ad ammetterlo. Nella mia ignoranza, i nuraghi che compaiono con settemila anni di scarto da un osservatore all’altro, gli Shardana con settecento (sempre troppo), disturbano il mio debole apparato selettivo e mi fanno venire il mal di testa.
Ho sperimentato, come unico rimedio a questo mio particolare dismetabolismo, quello di portare l’attenzione verso fatti più vicini, magari contemporanei, di cronaca addirittura. Poi, una volta disintossicato, riprenderò l’altalena delle montagne russe, per due motivi: porre rimedio all’ignoranza, mia si intende, e fornire anticorpi al mio gracile sistema immunitario per poter navigare senza vertigini in quel vasto mare che mi affascina.
A guardar bene un argomento di attualità l’avrei trovato e mi ci ficco, anche se sembra trovarsi mille miglia lontano dai temi che ci affascinano e ci dividono aspramente (vedere ‘La questione Shardana’ di Mauro Zedda e i suoi più di sessanta commenti). Si tratta delle elezioni provinciali.
Mi rendo conto che questioni di questo tipo non sono molto gettonate. I commenti ai post relativi si possono contare, generalmente, sulle dita di una mano. Male ragazzi miei, male! Non ci sfugge, vero, che la situazione di cui ci lamentiamo e contro cui firmiamo sacrosanti documenti di protesta o, quantomeno, di richiesta di chiarimenti, si lega e si tiene strettamente col modo imperante di intendere la nostra convivenza civile di cui la politica è gran parte?
Mi guardo bene da fare discorsi da campagna elettorale, non ho nessuno da proporre. Qualche considerazione sulle province, però,va fatta; me ne dà l’occasione l’aver assistito a qualche dibattito dell’I.R.S. (Indipendentzia Repubblica de Sardigna), ormai diventati comizi per l’urgenza della scadenza.

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7 commenti:

  1. "Non ci sfugge, vero, che la situazione di cui ci lamentiamo e contro cui firmiamo sacrosanti documenti di protesta o, quantomeno, di richiesta di chiarimenti, si lega e si tiene strettamente col modo imperante di intendere la nostra convivenza civile di cui la politica è gran parte?"

    No che non sfugge. Se gli argomenti archeologici rispetto a quelli politici incassano più commenti, non è spia del fatto che i primi si ritwengano scollegati dalla condizione politica sarda o che si usi l'archeologia come fuga dalla realtà.

    Il fatto è che tanto quanto e l'archeologia affascina, la politica sporca e "scoraggia" con la quotidiana immagine che da di se.
    Montanelli di se diceva d'essere il peggiore maestro per i giovani, arrivava pure a dire di non voler figli perchè in quel caso lo avrebbe educato in modo tale da renderlo uno spostato...in senso civico, morale, sociale.

    Forse si sopravalutava, perchè in realtà a trasmettere pessimismo, non era lui,ma l'immagine realistica che dava della politica e della società e di cui non era responsabile perchè se queste sono quello che sono non dipende ne dallo giornalista ne dall'educatore.

    Di fornte alla politica attuale mi sento uno spostato ma non dipende dal fatto che leggevo Montanelli.

    è la differenza tra quanto la politica potrebbe fare e non fa ad allontanare, a spegnere gli entusiasmi.

    Ha citato l'Irs e ricordo un discorso intorno all'Eolico che mi affascinò molto. G.Sale faceva l'esempio del comune di Peccioli se ricordo bene il nome e su come un piccolo comune toscano investendo in un paio di pale eoliche avesse generato tanta ricchezza (1 milione di Euro l'anno entra nelle casse comunali) da autofinanziare le proprie spese e da permettersi di dar lavoro ai giovani in qualche modo.

    Se le province sarde servissero a questo, sarei più motivato a parlarne e mi recherei alle urne convinto di far qualcosa di utile e valoroso mentre invece, ora come ora, andrò alle urne solo per fare il mio dovere ma null'altro.

    ecco perchè in estrema sintesi dibattiti accaniti sulle province sembrano interessare meno. in realtà interesserebbero pure...se non fosse che le province sono quelle Cose vuote che sono.

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  2. Come capita spesso, nei tuoi articoli e in quelli di dedalonur, c'è ottima carne sul fuoco. Sono passabilmente d'accordo con entrambi su "quel che è", ma c'è un importante "quel che potrebbe essere volendo" che andrebbe valutato. Generalmente si ha delle province un'idea che deriva dallo stereotipo di "ente inutile" e mangiasoldi. Un ente che serve poco più che a dar lavoro ai cantonieri e a sistemare qualche istituto tecnico.
    Ma non è così e, soprattutto, potrebbe non essere così; dipende da chi guida le province. Già oggi ha funzioni poco conosciute e, sapute utilizzare, di tutto rilievo in un coordinamento di prossimità degli interessi dei comuni e di loro sintesi. Ha importanti funzioni "immateriali" in materia di lingua sarda e se queste funzioni sono state esercitate, a quel che so, solo dalla provincia di Oristano e di Ogliastra, questo dipende esclusivamente dal manico.
    La Regione (o meglio i ceti politici regionali) ha tutto l'interesse ad avere rapporti con i singoli comuni. Ma loro avrebbero tutto l'interesse ad avere una entità più vicina che coalizzi interessi, abbastanza grande da aver più forza dei singoli comuni, e non tanto grande da essere lontana e tentata a soddisfare i comuni più grandi e più densi di elettori.
    In definitiva, più policentrica è una nazione e meglio è. Costa? Certo, ma la democrazia ha questo grande difetto: costa. Io sarei d'accordo con il disegno "istituzionale" del caro amico Eliseo Spiga, quello di una "Comunità delle comunità". Ma ne parlò in un grande affresco che parlava di utopia. Voglio dire che il pessimo o mediocre uso di una istituzione non comporta l'abolizione della stessa; semmai il cambio di chi la dirige.

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  3. Per rispondere sull’utilità dell’ente Provincia a Efisio Loi, che non mi pare affatto né astigmatico, né miope e che termina con alcune condivisibili osservazioni sui rischi del Pensiero Egemone in iRS, gli farei osservare che nelle sue considerazioni la risposta c’è già. Quando dice che per controllare il territorio i partiti hanno bisogno di sistemare i propri supporter, suggerisce implicitamente che questo non necessariamente corrisponde all’interesse generale. Io direi esplicitamente che qesto sistema costituisce spreco di risorse e anche parassitismo. Si pensi che un eletto, poniamo sia dipendente pubblico, si assenta dal lavoro per cui è pagato e in più riceve il gettone di presenza. I partiti amano assicurare privilegi ai loro associati a spese della comunità. Non ho il dato aggiornato, ma se fino a un paio d’anni fa, dati Eurispes, le province utilizzavano il 73% delle loro risorse semplicemente per esistere come apparato (gettoni di presenza, spese di rappresentanza, auto blu, affitti, consumi vari), ciò significa che si tratta di un ente dispendioso che con gli attuali chiari di luna non ci possiamo più permettere. Non basta dire che le province servono, occorrerebbe aggiungere quanto siamo disposti a spendere per farle sopravvivere. Se almeno il 50% di ciò che spendono lo spendessero per fare strade nuove e scuole nuove e quant’altro, allora forse si potrebbero lasciare. Ma così no. Se i partiti le utilizzano per se stessi aboliamole senz’altro. Non dobbiamo più scoprire che il sistema Italia è inefficiente, clientelare e un tantino mafioso. Lo sappiamo già.
    Quando c’è stato il referendum che ha portato al raddoppio delle province sarde mica si è detto che sarebbero aumentate le spese e dunque non sarebbero avanzati soldi per strade e scuole. No, sembrava che pagasse lo zio Tom. Io sono convinto che se si mette il cittadino davanti a una vera alternativa, se pagare di più per far prosperare gli apparati clientelari delle province, o se no, si sceglierebbe seduta stante di abolirle e sarebbe un atto di grande responsabilità.
    In Sardegna, nel rispetto della Storia, vedrei bene consorzi cantonali di comuni, della Baronia, del Meilogu, della Planargia, del Mandrolisai ecc. a spese di apparato zero. Rimane il problema di come controbilanciare l’ente Regione.
    I denari si possono impiegare meglio dando lavoro utile non gettoni di presenza.

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  4. Il discorso delle Province non può essere affrontato se non in relazione al numero di abitanti. le funzioni di tale istituzione dunque diventano assai relative. Un esempio su tutti: Vi pare possibile che possa esistere una Provincia come quella Ogliastrina di 58.000 abitanti circa? - Bomboi Adriano

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  5. Buonasera a tutti, intervengo brevemente per dire la mia in questo interessante dibattito.
    Si deve partire, secondo me, da un dato oggettivo: le province, al momento attuale, non funzionano. Molti le considerano una macchina mangiasoldi dove parcheggiare i politici trombati… e non hanno tutti i torti.
    Le province però hanno anche delle funzioni, quindi potrebbero, in teoria, minimizzare gli sprechi e cercare di fare qualcosa di utile. Per mostrare quanto meno l’intenzione di voler fare una cosa del genere ci vuole quanto meno un programma scritto da dare in mano agli elettori di modo che, una volta eletti, questi possano, programma alla mano, giudicare se lo si stia rispettando o meno.
    Ma siamo in una Sardegna che fa parte della repubblica italiana e qui sappiamo bene che la trasparenza non è di casa, quindi anche con un programma scritto di fronte gli inetti eletti politicanti militanti nei partiti italiani sono capacissimi di continuare a fregare il cittadino. Nel programma quindi non deve assolutamente mancare la trasparenza amministrativa, prima cosa in assoluto che dovrà essere realizzata. Una volta fatto questo sarà più facile evidenziare i settori in cui vengono sprecati più soldi a livello provinciale (e non solo) e sarà il cittadino stesso a chiedere di provvedere.
    Una volta dentro sarà necessario anche iniziare il superamento stesso delle province, perché non è assolutamente necessario indire elezioni su elezioni quando si possono organizzare dei semplici consorzi territoriali con dispendio minimo di risorse pubbliche (lo fanno i tedeschi a livello nazionale con il senato federale, lo possono fare pure i sardi). Su questo punto sono in linea con il pensiero di Eliseo Spiga, anche se trovo necessario andare oltre la sua utopia che mette francamente troppi paletti ed ha un forte contenuto no-global che non mi trova d’accordo.

    Ma per fare queste ed altre cose un programma bisogna avercelo, altrimenti le province continueranno ad essere il parcheggio dei trombati succhia soldi. iRS il suo programma nazionale (con elementi comuni per ogni regione) ce l’ha http://www.irsonline.net/2010/05/leggi-il-programma-di-irs/ … e gli altri? Reperibile e consultabile ho trovato solo quello della Lega (in provincia di Sassari) al quale si accompagna la loro proposta di statuto priva di qualsiasi riferimento al popolo e alla nazione sarda… http://www.leganordsassari.org/elezioni/PROGRAMMA_LEGA%20NORD%20SARDINIA_ELEZIONI%20PROVINCIALI.pdf

    Bello corposo, si, ma la parte riguardante la trasparenza e la minimizzazione degli sprechi non l’ho trovata.

    Gli altri programmi non li ho trovati… se avete notizia di qualcuno fatemelo sapere. E comunque è vergognoso che 5 giorni dalle elezioni non se ne parli approfonditamente. iRS, negli incontri pubblici sul territorio, ne sta parlando.

    In ultimo, quasi dimenticavo… non mi pare che si stia portando avanti nessun pensiero egemone all’interno di iRS, quello semmai è l’errore che si è fatto in passato (e che alcuni, secondo me, stanno facendo ancora oggi) legando a doppio nodo l’indipendenza e il socialismo ad esempio, per cui se eri indipendentista dovevi essere per forza comunista, anticolonialista, no-global etc… iRS rivendica un diritto fondamentale per qualsiasi popolo: quello di sbagliare e di imparare dai propri errori. Nessuno pensa che, una volta ottenuta l’indipendenza, inizierà la pacchia, assolutamente. Una volta arrivati a quel punto inizieranno i problemi grossi la cui soluzione dipenderà dai sardi, non da qualche governo amico che ruba i soldi e svende la nostra terra.

    Saluti

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  7. @ Zuanne
    "d'accordo con entrambi su "quel che è", ma c'è un importante "quel che potrebbe essere volendo" che andrebbe valutato"

    Io ho valutato da tempo, certo ci sarà molto che mi sfugge ma una cosa è chiara: o si vira drasticamente o la situazione greca ci apparirà come uno scherzo.Il tempo è sempre meno.

    la democrazia costa ma dobbiamo capire se in Italia possiamo ancora permetterci certi sforzi.
    Abbiamo 4.000.000 di dipendenti pubblici. in italia la spesa per il pubblico è crsciuta negli ultimi anni dello 47% mentre il Germania del 17% (non ricordo gli anni precisi). Abbiamo sprechi indecenti. Non abbiamo Ricerca, non abbiamo investimenti esteri, e non li avevamo neppure prima della crisi. Quindi manca qualsiasi volano della crescita.
    La P.A. è in uno stato disastroso, da poco ho visitato gli uffici di una certa soprintendenza e sono andato via con la tristezza nel cuore.Mancano gl strumenti così pure quel personale che magari bivacca in provincia.

    Noi giovani paghiamo il conto di questa situazione con lavori umili (di cui cmq non ci si lagna, se ci sono) o lavori in cui la retribuzione è la speranza di retribuzione, e che comunque si fanno perchè altri non hanno neppure la speranza di una retribuzione sine die, come se non bastasse bisogna sempre studiare e vedere i propri studi non riconosciuti
    Dall'Italia bisognerebbe fuggire e dalla Sardegna sopratutto.
    Quindi la mia risposta alla domanda sul mantenimento delle Province è no.Non ci possiamo più permettere certi costi, o si finisce a gambe all'aria.

    Lei dice che tutto dipende da chi sta a capo delle province ma qui non si tratta più di rinnovare i politici affinchè cambino la politica..ma tentare di riformare il sistema, senza strumenti democratici prima del punto di non ritorno (non abbiamo referendum propositivo!!) per riuscire a cambiare i politici e la politica . Questi sono i termini corretti della sfida.

    Sono da sempre un ammiratore delle democrazia Inglese: per me è il faro.
    Malgrado le nobili donnine questuanti credo ancora che lì abbiano punti da darci. Se mi dicessero di fare a meno di una consultazione e di un organo rappresentativo intermedio, per l'elezione uninominale diretta dei rappresentanti sarei più felice.
    Non esiterei a rinunciare alle provinciali. Tanto vale che ci siano tanti e vari organi se poi i rappresentati vengono decisi a monte dai partiti o dai Caballeros.

    a che rinuncerei abiurando le Province?

    Al più m'eviterei d'assistere alla Sardegna da barzelletta nazionale per la sagra del melone in asciutto (Report su si una provincia sarda..), ad una stolta che si paragona Nilde Iotti r pur non avendo ancora dimostrato nulla...e magari anche dopo aver dimostrato il Nulla,
    mentre da vicino vedo persone a me care che si ammattiscono per mettere insieme una cordata di comuni e far partire il geotermismo in Sardegna, e per quanto mi risulti, senza il minimo concorso delle province, quindi facendo le veci dei c.d. organi intermedi pur non essendolo.

    sarò pessimista ma d'altronde mi piace essere montanelliano, sperando che lui non si rivolti nella tomba per aver reso spostato un altro giovane.

    saluti.

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