venerdì 16 aprile 2010

Che cosa c'entra il Tevere con Zeppara e Solarussa

di Massimo Pittau

Gli antichi hanno tentato in modo molto vario e molto maldestro di spiegare l’etimologia del nome del fiume tosco-laziale Tevere (lat. Tiberis, Thybris, Thebris, greco Thybris); si veda la sintesi di questi tentativi presentata da Varrone (L.L. V 30). In epoca moderna, se non vado errato, è stato per primo Wilhelm Schulze, nella sua importantissima e geniale opera Zur Geschichte Lateinischer Eigennamen a prospettare l’origine etrusca del nome del fiume tosco-laziale (ediz. 1991, pgg. 247, 582). Egli lo ha fatto in base alla consonanza di questo idronimo con alcuni antroponimi etruschi. Questa spiegazione etrusca dello Schulze è stata in seguito accettata da Alfred Ernout, Les éléments étrusques du vocabulaire latin (Bull. de la Soc. de Ling., XXX, 1930, pg. 22) e dopo da Giuliano Bonfante, Etruscan Words in Latin (WORD, 36, 3, 1985, pg. 204).
Mi dichiaro in pieno accordo con la spiegazione dello Schulze, ma siccome dall’anno della prima comparsa della sua opera (1904) il materiale documentario della lingua etrusca si è accresciuto notevolmente, ritengo di essere in grado di avvalorare molto meglio la tesi della matrice etrusca dell’idronimo.
C’è da premettere che all’inizio il Tevere non scorreva al centro del Lazio, ma segnava il confine del Latium vetus e dell’Etruria e inoltre giocava un ruolo tanto importante nella vita dei Romani e degli Etruschi, sia per l’approvvigionamento idrico sia come via di trasporto per uomini e merci, che era stato anche personificato e divinizzato sotto il nome di Tiberinus (Ennio, Ann. 54; Virgilio, Geo. 4.369). In virtù di questa divinizzazione si comprende il fatto che ne siano derivati alcuni antroponimi, latini ed etruschi insieme, aventi un valore teoforico: Tiberinius, Tiberinus da confrontare con quelli etr. Theprina, [Th]efrina (suffisso –in-); Tiberius da confrontare con quelli etr. Thepri(e), Thefri, Thefarie, Teperi; Tiberio,-onis da confrontare con quello etr. Thepriu (suffisso –on-/-ũ) (DETR 213, 215, 399).

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Nella foto: Statua del Tevere al Louvre

15 commenti:

  1. Caro Prof. Pittau, visto che non sono lingiusta , ma mi piace assai sentire le vostre proposte scusi se passo da un fiume all'altro.
    Prendiamo il flumini Mannu, nasce nel Sarci-Danu e scorre nel Campi-Danu.
    Cosa ne dice del fatto che questo fiume si chiamasse Danu?

    e sulla parola Sarci cosa mi dice?

    Estendo la questione anche ai vari altri egregi linguisti che popolano il blog.

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  2. Riguardo all'idronimo Tiberis si può dire tutto e il contrario di tutto (si contano diversi tentativi di interpretazione, non solo in chiave etruscofila), quel che non quadra qui è che il Pittau, credo per la prima volta, ricolleghi Tiberis laziale a sardo theppara; ora se ciò fosse vero non esisterebbe come invece risulta un idronimo sardo Tiviri, che palesemente si ricollega al Tiberis del Lazio (vai a sapere se per clone o per lontana familiarità). Riguardo theppara uno studioso avveduto, per quanto non condiscendente, anche in un articolo che non deve apparire sulle Transactions of the philological society, ma sul più modesto sito di noi FantaX, avrebbe dovuto citare la mia precisazione, e cioè che il sardo medievale theppar, sardo odierno tzeppa 'vetta, collina' presenta una strana ("io direi del tutto casuale, via figuriamoci se noi sardi di Nuoro abbiamo a che fare coi montanari dell' Albania, pucci") simiglianza con l'albanese thep 'punta, picco, balza, dirupo'. Ma come ha recentemente confessato il Professore, le cose confuse non vanno tenute in considerazione e quindi nemmeno citate. Non sarà che il Prof. Pittau, che pensavamo vecchio democristiano, sia anche lui un occulto redattore, del "Manifesto Sardo"?

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  3. de Massimo Pittau

    a Mauro Zedda
    Caro Mauro,
    In Sardegna non esiste affatto il vocabolo Danu. La esatta distinzione è Camp-idanu, Sarc-idanu, esattamente come Cagliar-itano, Cuglier-itano, Sulc-itano, il cui suffisso deriva da un incrocio di quello greco –ites con quello latino ed etrusco –anus. Questo suffisso in genere indica l’abitante di una città o di una regione, per cui Campidanu in effetti significa “abitante dei campi aperti o della pianura”.
    Questo suffisso etnico in realtà è diffuso in tutta l’Italia peninsulare, a cominciare da Anconitano, Massetano, Grossetano, Napoletano, Salernitano, Palermitano ecc. ecc. Una glossa latino-etrusca tramanda che il mese di Marzo in etrusco si chiamava anche Velcitanus (ThLE 417), probabilmente = «mese dedicato a Vulcano» (DETR).
    Nel Campidano di Quartu il toponimo ha subito una paretimologia o etimologia popolare, separandosi in Campu ‘e Idanu.
    Dell’altro toponimo Sarcidanu ecco ciò che avevo scritto in mie ormai vecchie pubblicazioni: Sarcidanu/o - Subregione della Sardegna, di cui il centro abitato più importante è Isili (vedi). Il topon. deriva dal nome di una ant. popolazione dell'Isola citata dal geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 3, 6): i Salkitánoi o Salketánoi. Questa è la forma che viene riportata dalla maggioranza dei codici della Geographia di Tolomeo, ma finora gli storici della Sardegna antica avevano optato per la forma, meno citata dai codici, Solkitánoi. Di certo anche quest'ultima popolazione esisteva nella Sardegna, ma si trattava dei Sulcitani, cioè degli abitanti di Sulci (vedi), la città ora chiamata Sant'Antioco (SSls 43-47).

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  4. Confermo quel che dice il Pittau, c'è una messe di toponimi in -itanu in area mediteranea, che fanno prevalere l'idea che anche sia Sarcidano che Campidano ne facciano parte; su tale terminazione c'è uno studio di M. Fraust, Di antiken Einwohnernamen und Volkernamen auf -itani, -etani pubblicato a Gottingennel, credo nel 1965 (se sbaglio Bastumaru mi corrigerà)

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  5. da Massimo Pittau

    mi sono dimenticato di citare un fatto molto interessante non soltanto dal punto di vista linguistico ma anche da quello storico generale: qualche anno fa è stata trovata a Roma una tessera di avorio di ospitalità, che raffigura un leone e porta la scritta etrusca ARAZ SILQETENAS SPURIANAS = «(tessera) di Arunte Sulcitano (ospite) di Spurianio» (VI sec.). Questa esatta spiegazione è stata data da Giovanni Colonna, dell’Università di Roma, che è uno dei pochissimi archeologi che sappia mettere le mani anche in questioni di lingua etrusca.
    Dunque un cittadino di Sulcis in Sardegna, nel secolo VI avanti Cristo, aveva rapporti di reciproca ospitalità con un personaggio etrusco (DETR 375).

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  6. Vorrei porre una domanda, come dire "di scuola" a M. Peppino. Se venissi a sapere che il Prof. Hoskins - di cui hai letto tutte le sue opere e tutti i suoi articoli, persino quelli pubblicati sulla Gazzetta di Forlimpopoli- la tua idea che contano di più i solstizi che non gli equinozi nell'ambito della teoria della costruzione di manufatti con finalità archeoastronomiche, a lui non lo soddisfa affatto, e che in ragione di ciò, ti ha tagliato dalla bibliografia del suo imminente libro, quale pensiero inizieresti a farti su tale scienziato?

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  7. da Massimo Pittau

    Due miei amici mi hanno telefonato per chiedermi se anche il toponimo sardo Arcidanu entri nella serie di quelli che terminano col suffisso –it/danu. Io dico di sì e trascrivo quanto risulterà in proposito in una mia opera di prossima pubblicazione:

    Arci, Monte Arci (prov. di Oristano) - Montagna che si eleva alta e improvvisa sulla pianura di Marrubiu e di Sant'Anna, nel Campidano di Oristano. È probabile che l'oronimo derivi dal lat. arx, arcis «arce, roccaforte», supponendo che la montagna sia spesso servita come temporaneo rifugio per le popolazioni della pianura, le quali hanno a lungo patito il flagello delle feroci incursioni dei pirati saraceni (vedi San Nicolò d'Arcidano).- Questo monte è citato nella Chorographia Sardiniae (100.14) di G. F. Fara (anni 1580-1589).
    San Nicolò d'Arcidano (paese del Campidano di Oristano).- Fino a tutto l'Ottocento questo villaggio si chiamava Arcidanu. Letteralm. questa denominazione significa «abitante del monte Arci» e induce ad interpretare che il villaggio sia stato fondato da individui che in precedenza abitavano in qualche parte del monte Arci (vedi).- Il topon. Arkitano, Architano è citato nel Codice Diplomatico delle relazioni fra la Sardegna e la S. Sede (CDSS I 59, 60) e nel Codex Diplomaticus Sardiniae (CDS I 702/2, 705/1) in un documento dell'anno 1336. Però è probabile che la più ant. attestazione di questo topon. risalga addirittura al geografo greco-alessandrino Tolomeo (III 3, 6); sarebbe infatti sufficiente recuperare la lezione Alkitanói, che nei codici risulta alternativa dell'altra Salkitanói (vedi Sarcidanu), ritenendole valide e da accettare entrambe (SSls III).

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  8. Caro Alberto se ti riferisci al direttore del journal for the History of Astronmy si chiama Michael Hoskin, allo stato attuale degli studi gli allienamenti equinoziali sono rappresentati da una frequenza che potrebbe anche considerarsi casuale, mentre quelli solstiziali e lunistiziali sono presenti con una intensita che non lascia dubbi sulla loro intenzionalità, Hoskin lo sa benissimo.

    Però se la tua domanda è solo una questione di metodo ti rispondo che leggerei dunque valuterei e poi esporrei le mie deduzioni.

    PS ringrazio il Prof Pittau per la risposta sul campidanu e sarcidanu

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  9. @ Zedda

    Hai aggirato la mia domanda. Non intendevo ragionare sui contenuti, volevo semplicemente verificare quale sarebbe potuta essere la TUA reazione in termini più caratteriali qualora venissi eliso da una bibliografia, nella quale credi a ragione di poter stare.

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  10. dal prof Massimo Pittau

    Al prof. Aldo Bertoncini, toscano, che mi ha chiesto se anche i seguenti toponimi sardi entrino nella serie di quelli che terminano in –it/danu, ho dato la seguente risposta, che probabilmente interesserà anche gli Amici sardi:
    Malfatano (Teulada, CA).- Porto e capo situato poco ad ovest di Capo Spartivento. In primo luogo il porto prende nome dal fatto che nel Medioevo era particolarm. frequentato da naviganti amalfitani (CS 70). E il La Marmora, Itinerario dell’isola di Sardegna (Cagliari 1868, pagg. 107-108) aggiunge: «questo nome di Malfatano fu dato a un piroscafo di guerra della marina reale, per un fatto d’armi che accadde nelle acque di questa località nel 28 Luglio 1811, tra una mezza galera con altri piccoli bastimenti Sardi, e naviglj Tunisini superiori in numero ed in forze: questi, eccetto un solo, furono catturati e condotti in trionfo nel porto di Cagliari. Il porto Malfatano dev’esser l’ant. Herculis Portus di Tolomeo».
    Malfidano, monte che domina l’insenatura di Buggerru, del cui nome sono possibili due differenti spiegazioni: I) Può aver derivato il nome dal fatto che era frequentato da naviganti Amalfitani per l’incetta dei minerali della zona (vedi Malfatano); II) Può essere esatta la spiegazione popolare che se ne dà nella zona: deriverebbe da mal(i)fidáu «malfidato, malfido», riferito al sito circostante (CS 71) o, molto meglio, al tratto di mare antistante.

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  11. da Massimo Pittau

    Caro Gianfranco Pintore,
    col mio presente messaggio ti invito formalmente, nella tua qualifica di Direttore Responsabile di questo blog, a non pubblicare più messaggi, firmati e soprattutto anonimi, che implichino frasi di "ingiuria", "diffamazione" o "calunnia" nei miei confronti. Tu sai meglio di me che mie eventuali azioni giuridiche promosse in mia difesa coinvolgerebbero automaticamente anche te, Direttore Responsabile, e la cosa mi dispiacerebbe moltissimo.
    Ti preciso che questa mia odierna decisione è venuta dopo che col mio avvocato ho parlato di qualche frequentatore di questo blog che, quando è in mancanza di argomentazioni, procede ad offendere l'antagonista.
    Grazie anticipate e cordiali saluti

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  12. da Massimo Pittau

    I Signori Francesco e Adalgisa Floris mi hanno scritto da Milano per chiedermi che cosa significa Osposidda, toponimo dell’agro di Orgosolo, tornato alla ribalta per la messa in circolazione di un nuovo vino sardo, ma, purtroppo, già famoso per un conflitto a fuoco avvenuto nel sito tra forze dell’ordine e fuori legge circa 50 anni fa. Siccome penso che possa interessare anche gli Amici di questo blog, ecco la risposta che ho dato agli Amici sardo-milanesi:
    «È molto probabile che il toponimo “Osposidda” corrisponda all’appellativo macomerese “ispositta” «cutrettola» (Motacilla flava; uccello che ha una coda lunga e molto mobile e un piumaggio variopinto) ed entrambi derivino da un lat. *sponsilla «sposina». Non si può negare: è un bel nome ben appropriato a un bell’uccello.
    In Sardegna la “cutrettola” ha questi altri nomi «brinchiddi, brincili, brínci(si), bríntziri, printzis, príntziri, prínciri, princiottu, codilonga, codisághile, coetta, coitta, coisaítta, coisaída, coisalí(d)a, coisaía, coisaja, coisábia, culisaítta, culisaída, culisáida, ispusitta, madixedda, medixedda, madiscedda, mariscedda, maduscedda, madrischedda, ma(r)dischedda, merrischedda, mudisceddu, madisca, mer(r)isca, maredda, matzighidda, tzantzigaditta, várvisi» (m. e f.).

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  13. @ Maasimo
    E Gorthene, che è il microtoponimo del luogo in cui è avvenuto in conflitto?

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  14. Caro Illiriccheddu,
    il significato astronomico dei nuraghi è un dato di fatto eppure gli archeologi sardi (non so se in malafede o per incompetenza) fanno finta di niente e non nè tengono conto nella bibliografia. Nel tuo caso cioè nel tuo campo non hai la fortuna di avere i dettami scientifici del'astronomia dunque continua a studiare proponi la tua e non avere pretese!
    Quando sculaccio gli archeologi sulla loro mancata comprensione del significato astronomico dei nuraghi lo faccio sia perchè sono in una botte di ferro e sia perchè penso che il mancato riconoscimento di quella valenza crei un danno economico(oltre che culturale) ai sardi.

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  15. @ Massimo Pittau
    @ grazia

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    Per te come per altri che non possiedono questo account non ho alcuna difficoltà a trasferire il commento mandato via mail, ma capita che io sia fuori e tu, come altri, dovete attendere che io accenda il computer. Nell'altro modo è molto più diretto.
    Grazie

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