mercoledì 10 febbraio 2010

Lettera aperta a Massimo Pittau

Caro Massimo,
nella replica alla tua “lettera aperta” avevo preso impegno di non limitare la risposta alle due o tre cose che vi dicevo. Lo mantengo, facendo ricorso alla dura franchezza che tu hai usato con me e che quanto più si è amici tanto più deve essere leale. Tralascio le questioni personali e anche quell'improvvida citazione della critica che mi sarebbe arrivata dal Giappone e che era, invece, di un anonimo perdigiorno il quale per la bisogna si era stretto gli occhi a mandorla.
E vengo alla sostanza delle questioni non linguistiche né epigrafiche di cui – hai ragione – non capisco un accidente, come tutti quelli che non sono d'accordo con te. Tu scrivi, fra le altre cose, “Se noi accettiamo questa tesi del tutto campata in aria, allora nella lunga storia dei colonizzatori che hanno invaso la nostra terra, dobbiamo aggiungerne altri 5 (cinque): i Sinaitici, i Cananei, i Glubitici, i Fenici arcaici e gli Ugaritici!”. E ancora: “Se accettiamo la strampalata e pericolosa tesi della scrittura di Tzricottu, allora ci dobbiamo mettere in testa per sempre una cappa di cenere e di vergogna: dunque neppure in quel periodo noi Sardi siamo stati liberi e autonomi, bensì siamo stati colonizzati e schiavizzati da popoli stranieri!
Io non so se queste due frasi sono sfuggite al tuo controllo o se anche tu hai quella singolare concezione della storia secondo cui essa va scritta a convenienza. Non dimentico quanto la presidente dell'Istituto di preistoria e protostoria, Bietti Sestieri, scrisse a Sergio Frau: “Mi sembra che molte delle sue tesi si prestino, seppure non intenzionalmente, ad alimentare” cose come “suscitare nostalgie di paradisi perduti ed età dell’oro, e [...] fornire il pretesto per rivendicazioni di superiorità culturale ed etnica e per aspirazioni autonomiste che sarebbe difficile giustificare altrimenti”.
Quel che dici tu, naturalmente, è il contrario: stiamo attenti alla tesi di Sanna che, se accettata, disegnerebbe un popolo sardo mai libero e mai autonomo, ma sempre colonizzato e schiavizzato da stranieri. Anche tralasciando il fatto che si tratta di una tesi “strampalata” - questo mi sembra essere il tuo ragionamento – è anche “pericolosa”. Tocchi così le corde profonde del mio vecchio cuore nazionalista, proprio quelle che secondo altri amici del blog guidano il mio interesse al nostro passato. Naturalmente non è vero, quello non è il mio modo di pensare e non cadrò nella tua affettuosa trappola.
Non credo che la tesi di Gigi Sanna sia pericolosa: con tutto il via vai di allora nel Mediterraneo è assai probabile che i sardi abbiano acquisito la tecnica della trasmissione scritta senza farsi colonizzare da chi sapeva scrivere. Non furono colonizzati dai fenici che, secondo la vulgata, insegnarono loro a scrivere, non vedo perché avrebbero dovuto lasciarsi soggiogare da sinaitici e compagnia scrivente. Ma mettiamo pure che sia, come tu dici, pericolosa: la si dovrebbe combattere e negare perché non torna con ciò che finora abbiamo pensato di noi stessi?
Capisco che la tua possa essere una affermazione enfatica, ma curiosamente fa parte, con segno opposto, di una concezione del vero e del falso ben espressa dalla professoressa Bietti Sestieri, concezione che mi pare guidare gran parte della politica culturale post Minculpop. Lasciamo da parte il “pericolo” per i sardi, ma una cosa che non capisco – o meglio la capisco benissimo – è l'accanimento contro una “tesi strampalata”. Se lo fosse, se fosse così evidentemente strampalata, pensi davvero che in questo blog la questione avrebbe suscitato 567 commenti a otto articoli? Non ti sarà sfuggito che la stragrande maggioranza dei post è di critica, spesso molto al di sopra delle righe, della tesi di Gigi Sanna. Tutti preoccupati per la sua “pericolosità” anti-sarda? Nessuno ne ha mai parlato.
Vedi, caro Massimo, la cosa che mi dà da pensare – da persona che non capisce un tubo di linguistica e di epigrafia, ma qualcosa di logica sì – è il succedersi di contro tesi, l'una contro l'altra armata. Si è letto di tutto in questi diciotto giorni in cui una tesi strampalata è stata esaminata; solo pochissimi hanno riconosciuto che l'unica cosa saggia sarebbe di sottoporre a analisi interdisciplinare la tavoletta. Questa proposta non è stata accolta e so riconoscere una bocciatura.
Non credo, ma se sbaglio farò pubblica ammenda, che la Soprintendenza – la quale ha da qualche parte la tavoletta – non faccia le analisi da essa stessa suggerite nel dicembre 2007, perché “pericolosa” al buon nome dei sardi.

9 commenti:

  1. Prof. Pittau ha scritto:
    con tutto il via vai di allora nel Mediterraneo è assai probabile che i sardi abbiano acquisito la tecnica della trasmissione scritta senza farsi colonizzare da chi sapeva scrivere. Non furono colonizzati dai fenici che, secondo la vulgata, insegnarono loro a scrivere, non vedo perché avrebbero dovuto lasciarsi soggiogare da sinaitici e compagnia scrivente.

    Come non essere d'accordo?
    Cosa intendiamo per colonizzazione?
    La colonia dovrebbe essere l’insediamento di un certo numero di individui in un territorio diverso dalla madrepatria, con la fondazione di una città, generalmente indipendente. L’epoca fenicia (anche se sarebbe meglio definirla “levantina”) è caratterizzata da empori e punti di scalo sulle rotte navali che univano il Mediterraneo occidentale con l’oriente. L’ordinamento politico di una colonia è, grosso modo, quello della madrepatria e i collegamenti cultuali con i luoghi di provenienza sono sempre fortissimi. Lo scopo di una colonizzazione, almeno tradizionalmente, è quello di trovare terreni di sfruttamento agricolo, infatti si cercavano regioni dal clima simile a quello della madrepatria ma il punto saliente è che la peculiarità dei luoghi da colonizzare è di non possedere una forte autorità politica, favorite, quindi, sono tutte quelle zone nelle quali le risorse disponibili sono poco sfruttate dagli indigeni.
    Fra queste caratteristiche, l’unica che salta agli occhi è il clima favorevole, ma è da escludere che i sardi offrissero il fianco ai popoli marinai d’oriente, infatti non abbiamo nessuna guerra documentata. Gli “amici” orientali che sbarcarono nei porti sardi furono accolti da comunità pronte a intavolare trattative commerciali (oppure a genti che già conoscevano bene per altri motivi) e i levantini dovettero rendersi conto di avere a che fare con genti “scafate” e organizzate socialmente. L’integrazione di questi forestieri fu la logica conseguenza di un mercato pacifico e proficuo per entrambi gli attori. Quando i mercanti trattano devono utilizzare una comunicazione (scritta e verbale) conosciuta da ambo le parti, e tutti gli indizi che la cultura materiale ci ha lasciato conducono verso un panorama di florida economia e assenza di colonizzazione militare. Merci, uomini, idee, lingua, scrittura (quindi cultura) e tecnologia circolavano liberamente e quell’epoca d’oro poteva sfociare solo nell’artistica rappresentazione di se stessi (bronzetti e statue) e nella cura per gli edifici di culto (pozzi, templi e zone funerarie).

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  2. Signor Pintore,
    naturalmente la questione fra Lei e Pittau è cosa vostra.
    Noto, tuttavia, che non è la prima volta che cita la Bietti Sestieri, rivolta a Frau (“Mi sembra che molte delle sue tesi si prestino, seppure non intenzionalmente, ad alimentare” cose come “suscitare nostalgie di paradisi perduti ed età dell’oro, e [...] fornire il pretesto per rivendicazioni di superiorità culturale ed etnica e per aspirazioni autonomiste che sarebbe difficile giustificare altrimenti”).
    Immagino che mai la professoressa si sia sognata di dire che una tesi ben fondata non debba essere sostenuta e accolta se può avere conseguenze giudicate "pericolose". Cosa avrà voluto dire, allora? A me pare che si voglia dire che certe tesi scientifiche erronee, oltre a essere erronee, possono avere conseguenze negative, il che è una ragione in più per contrastarle. Le pare così assurdo?
    Le farò un esempio, si parva licet...
    Lei forse conosce la storia della questione della "patria originaria" degli Indoeuropei. Nel 1851 Latham propose per la prima volta l'Europa, precisamente la Lituania e dintorni. Nel 1878 Pösche, muovendo dalle osservazioni degli storici greci e latini, aggiunse un altro elemento: detta in breve, la protopatria era da collocarsi nel Baltico, dove stavano genti bionde e dolicocefale. Insomma: i lituani erano i "veri indoeuropei".
    Penka, partendo dall'osservazione che i lituani non sono dolicocefali, modificò la collocazione della protopatria nella direzione della Scandinavia e fissò l'equazione indoeuropei = biondi dolicocefali con gli occhi azzurri. Qualche anno dopo questa teoria fu aggiustata da Kossinna che pose la patria originaria degli indoeuropei fra Germania sett. e Scandinavia merid.
    Cosa si fece in seguito da parte del nazismo di queste teorie (razza ariana etc.) è cosa nota.
    (A scanso di equivoci, lo ripeto: si parva licet...)
    Forse, allora, si può concludere così. Nessuno ha il diritto di censurare tesi scientifiche corrette e fondate, men che meno per ragioni di natura ideologica (vale per tutti, non solo per Frau).
    Però, quando uno studioso in tutta scienza e coscienza esamina una tesi erronea (sottolineo: erronea), che per di più può ingenerare conseguenze insane nelle menti di alcuni imbecilli, ha il dovere di denunciarlo (vale per tutti, non solo per Frau).
    Va da sé che non sta a Pintore dire se e quando lo studioso - soprattutto se gode di una solida reputazione guadagnata negli anni - agisca in scienza e coscienza.
    Saluti, Batsumaru

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  3. L'equazione: ti do il mio sistema di scrittura e ti conquisto,
    è alquanto smentita dalla storia.
    Che si sappia i sumeri non hanno
    invaso tutti paesi che hanno
    adoperato il sistema scrittorio cuneiforma; i fenici non hanno
    invaso la Grecia; i greci non hanno
    invaso l'Etruria; gli etruschi non
    hanno invaso Roma. Semmai, a guardarci bene, è successo proprio
    il contrario.

    D.Perra

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  4. @ Pierluigi Montalbano
    Diamo a Pintore quel che è di Pintore e a Pittau quel che è di Pittau.
    L'articolo non è di Massimo, naturalmente

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  5. @ Batsumaru
    L'ho citata ancora perché ancora non cessa di stupirmi quella tesi che è speculare a quella di Pittau.
    Per il resto concordo con lei: il senso non è molto diverso da quel che ho scritto io. Si parva licet

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  6. Signor Batsumaru,
    Jurgen Trigger ( e altri) hanno ben messo in luce che il successo momentaneo di una teoria archeologica o storica è figlia della visione del mondo e dei governanti di una determinata società.
    Poi il setaccio del tempo rende giustizia, i dati palesemente infondati vengono riconosciuti come tali e coi dati "certi" e altri meno certi il panorama viene dominato da teorie figlie della visione del mondo ....
    Pur sapendo che nessuna teoria di stampo sociologico o storico o archelogico può restare immune dalla visone del mondo dell'interpretante e di quella dei governanti della sua nazione, mi piace pensare che le nostre conoscenza , seppur a fatica avanzino.
    Con lei ho avuto un piccolo diverbio in altro post, lei mi da l'impressione di uno che si adagia sul già detto, di uno che dorme sonni tranquilli entro il paradigma teorico entro cui si è formato, visto che pare conosca la questione indoeuropea, visto che non la convince la teoria di Alinei, è disposto a "giocare" al tentativo di confutarla?

    Mauro Peppino


    PS: La Bietti Sestieri allora presidente dell'IIPP è stata ingenua nel manifestare il suo pensiero nella valenza socio-politico della proposta di Frau, ma proprio da questa ingenuità si evince che non vi è nessuna cupola intelletuale che soprintende il contenuto teoretico della archelogia italiana.
    Archeologia che rispetto al mondo anglosassone è una generazione indietro a livello di procedure scientifiche, con una zavorra di baroni senz'altro superiore al resto del mondo occidentale.

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  7. @ Pintore

    ...ovviamente. Ho sbagliato il nome ma non la sostanza. Se riesci ad intervenire nel post potresti cambiarlo?
    Grazie comunque

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  8. @ Mauro Peppino

    sottoscrivo al 100% la prima parte del suo post, un pò meno il Post-scriptum.
    Sono certo che la Bietti Sestieri, che sicuramente poco sa delle nostre miserie, ha semplicemente fatto da cassa di risonanza al pensiero dominante tra i suoi colleghi, soprattutto sardi.

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  9. @ Mauro Peppino

    Quanto espresso dalla Bietti Sestieri, infatti, è in perfetta sintonia (se ho capito bene il concetto) con quanto da te espresso nella prima parte del post:

    "Jurgen Trigger ( e altri) hanno ben messo in luce che il successo momentaneo di una teoria archeologica o storica è figlia della visione del mondo e dei governanti di una determinata società."

    A mio parere, in questo momento gli archeologi italiani (e sardi) supportano teorie sociologiche, storiche e archeologiche figlie della visione del mondo e dei governanti della nostra attuale società. Alla Bietti Sestieri, in qualità di Presidente dell'IIPP, l'onere di esternarle.
    Tutto qui. Non entro naturalmente nelle teorie di Frau, avolte condivisibili e a volte no. Si é permesso di scrivere che in Sardegna le pecore partoriscono 3 volte l'anno! Ma chi gliel'ha detta una simile fesseria?

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