sabato 28 novembre 2009

Un trans del VII secolo avanti Cristo

di Alberto Areddu
 
Mentre la matassa del caso Marrazzo si va vieppiù avviluppando, coi suoi risvolti drammatici a seguito di due omicidi (e il ritrovamento di migliaia di files, forse compromettenti) mi vado domandando, ritornando alla questione d'ambito estetico-culturale che teneva banco, prima degli ultimi impreveduti sviluppi, se una questione trans non ci sia sempre stata, e solo oggi grazie ai ritrovati della moderna scienza sia "naturalmente" esplosa. In questa statuetta ritrovata a Ittiri all'inizio del Novecento, nota appunto come "l'aulete di Ittiri", la cosa che colpisce non è tanto o solamente la evidente itifallicità del suonatore di una protolaunedda, quanto il fatto -purtroppo dalle varie foto on line è difficile evidenziare questa realtà- che ha pure il seno ben rilevato.
Chi se ne è interessato ha parlato di ermafroditismo a sfondo dionisiaco: cioè non si vuole tanto raffigurare un individuo che assommi le due metà del creato, quanto rappresentare in una sola immagine (in linguistica si direbbe: olofrasticamente), un'intera scena: "a seguito del suono delle launeddas, l'uomo si eccita e può compiere l'atto con la sua metà femminile (esterna)". 
Tuttavia il Taramelli, che segnalava la statuetta nel 1907, annotava che a tale data erano già state scoperte altre 10 statuette ermafroditiche, e non in contesti o rappresentazioni paniche. C' è allora una domanda da porci: non sarà che l'ermafroditismo (come probabilmente dal punto di vista sanitario la cecità, o in genere le malattie agli occhi) presentava dei casi piuttosto frequenti in Sardegna e che allora come oggi sollecitava la fantasia maschile? 
Di casi inversi, cioè di ginandrismo, invece pare non ci siano testimonianze, ovviamente sarebbe  stato  anche difficile rappresentare delle amazzoni (alla lettera: donne senza seno) armate, quand'anche il contesto nuragico (che rappresenta la donna sempre come madre, moglie o maga) lo avesse accettato, ma invero di questo non ho piena certezza.
La musica dello strumento- pare strano pensare che a tanto potessero le launeddas- esercitava verosimilmente l' effetto stordente e liberatorio degli istinti che oggi è svolto dalla cocaina, anche se ci giurerei era meno costosa. Sarebbe interessante conoscere dai genetisti e antropologi se effettivamente in Sardegna ci sia mai stato un qualche rilievo del transgenderismo, magari nascosto e sottilmente sublimato nell'animo di quei masciufemina (che non finivano come oggi, a fare i parrucchieri bensì gli uomini di chiesa) di cui l'aneddotica popolare è ricca.
Insomma i trans o gli aspiranti trans ci sono sempre stati anche in contesti rudi e rupestri come i nostri, e Marrazzo che ci pare così scriteriatamente moderno nelle sue frequentazioni, in realtà fa uscire da sé, in qualche modo, una lontana costante di "eterno trangenderino" che apparteneva all'uomo prima che il naturalismo di cui fa faceva parte venisse sommerso dall' affermarsi dell'homo economicus, il quale sottomettendo gli archetipi alle prospettive del guadagno, finiva però spesso per generare ricchezza goduta e non sudata, conducendo alla degradazione morale e umana; di una simile degradazione approfittò, nei primi secoli della nostra era,  la moralità sessuofobica del Cristianesimo secondo cui era ed è meglio reprimere o al limite nascondere istinti reputati innaturali.
Sarà per questo che spero vivamente che Ratzinger, a cui Marrazzo sta rivolgendo le sue preci, non lo perdoni affatto: perché non c'è nulla da farsi perdonare.

PS - Scritto e pubblicato questo articolo, ho trovato in La civiltà della Sardegna, di Christian Zervos, un'immagine confacente, che rende ragione alla presenza di un seno femminile, anche se è in bianco e nero.

27 commenti:

  1. Saltando a piè pari il caso Marrazzo che è talmente squallido da far pensare che la società è arrivata ad un degrado dei valori impressionante, ritengo che in antichità il concetto di divinità fosse differente da quello odierno. Oggi pensiamo a un Dio senza attributi sessuali, i nostri antenati al contrario li applicavano entrambi in molte rappresentazioni. Essendo "dei" erano superiori, nei bronzetti vediamo statuette con 4 occhi e 4 braccia, evidente esasperazione delle capacità degli dei. Ercole, essendo divinizzato, poteva concepire 40 figli in una notte...beato lui! Non mi stupisce che la massima rappresentazione scultorea e decorativa degli artisti del passato mirava ad un'esasperazione di ogni attributo, soprattutto quello sessuale.

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  2. Ho appena terminato di leggere un libro dal titolo: Sardegna. L'isola felice di Nausicaa, di cui francamente, in questo momento non ricordo il nome dell'Autore. Nel libro si sostiene che il bronzetto in questione non é altro che una rappresentazione del dio Hermes. L'Autore sostiene che anche in altre culture (quella greca in primis)Hermes veniva raffigurato in erezione, mentre suona una sorta di zufolo e con un cappelo tondo sul capo. Se davvero é così, la sua interpretazione mi pare molto plausibile, anche alla luce degli antichi rapporti di questo dio con la Sardegna.

    Basilio Floris

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  3. alberto areddu scrive:

    non mi ricordavo, egregio sig. Floris, tale riferimento (l'autore è l'esimio M.Pittau), sta di fatto che di statuette col seno (ma non itifalliche) stando al Taramelli (1907) ce ne sarebbero un'altra decina, e vorrei qualche ulteriore riferimento per accertarmi che Ermes venisse rappresentato col seno femminile, nel mondo greco. Altri infatti han pensato a un demone, o ancora a Dioniso

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  4. L'autore del libro non é Pittau (me lo sarei sicuramente ricordato). Purtroppo sono fuori casa e non ho modo di controllare. Però mi sta venendo in mente un certo Mura. Potrebbe essere?
    Effettivamente, del seno sviluppato l'Autore nel libro non fa cenno, e quindi non saprei che dirle. E' pur vero che in fatto di mitologie ogni giorno sento qualcosa di nuovo. Non mi meraviglierei neppure se qualcuno mi riferisse che Hermes era androgino o qualcosa del genere.

    Basilio Floris

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  5. Maschio,fuor di dubbio,si vede eccome!I capezzoli da spogli anche i maschi ce li hanno.

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  6. Hermes, figlio di Zeus, era rappresentato a volte come un vecchi con la barba e con membro gigante. E' interessante notare che la divinità Ermafrodito è suo figlio/a. Se non sbaglio nel rinascimento era rappresentato giovane, maschio e assimilato a Mercurio. Ritornando al nucleo del topic c'è da considerare che il ciclo di rinascita, fondamento di ogni civiltà agricola, riconosce alla donna il ruolo di Dea Madre e le rappresentazioni di divinità che allattano, a volte dotate di molte mammelle, è tipico della storia dell'arte. Anche gli antichi Menhir, le pietre sacre presenti già nella civiltà megalitica, sono a volte lavorate sia con attributi maschili che femminili.

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  7. Nel mondo antico persino la pedofilia per certi imperatori era pratica comune, non è da escludere che (divinità a parte) anche da queste parti esistessero i più vari libertinaggi sessuali. - Bomboi Adriano

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  8. alberto areddu scrive:

    ho appne apostato a Pintore un'immagine dell'aulete che rende ragione del fatto che il seno è autenticamente (e volutamente) femminile, quindi non si può parlare di masse grasse mammellari

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  9. Innoi agattais medas fotografias de su sonadori de launeddas
    http://picasaweb.google.com/intravagliu/Bronzettu#

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  10. alberto areddu scrive:

    vorrei chiedere a Montalbano se dal punto della critica (ufficiale o no) si è arrivati a una qualche interpretazione dei "seni concavi" (cioè di paia di infossature simmetriche su menhir o steli). Alcuni pensano invece a semplici erosioni causate dall'acqua, mi pare che Lilliu fosse invece proprio dell'idea d'interpretarli come una rappresentazione (al negativo) di seni convessi

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  11. Rientrato a casa sono andato a controllare il libro. L'autore si chiama Giuseppe Mura e il titolo é: Sardegna, l'isola felice di Nausicaa.Si tratta di un libro corposo, di 580 pagine, dove l'Autore dimostra di avere una grossa conoscenza della storia antica e dei miti mediterranei. Non entro nel merito delle sue tesi perchè ho bisogno di tempo per metabolizzarle. Lui dice che l'iconografia greca antica rappresentava Hermes con il pene eretto, e così veniva rappresentato in uno dei cosiddetti misteri dei Cabiri della Samotracia, a loro volta derivati dal tempio di Dodona, a sua volta fondato dai Pelasgi, cioé i Nuragici. Lo zufolo e il berretto tondo, invece, li ricava da un inno omerico, opera minore di Omero, che narra la gioventù abigeataria del Dio che, essendo figlio di Zeus e di Maia, una delle Pleiadi, é anche nipote di Atlante, l'occidentale per eccellenza.
    Nessun accenno ai seni femminili.
    Non riuscirò mai a ditricarmi fra miti e genealogie.

    Basilio Floris

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  12. a.areddu scrive:

    ho cercato lumi on line su tale autore e ho trovato poco o nulla, il libro è dell'anno in corso e si trova, stando a Sebina, in alcune biblioteche campidanesi e nuoresi. Se qualcuno sa qualcosa in proposito, saprebbe dirmi chi è 'sto Giuseppe MUra?

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  13. Il libro é edito dalle Edizioni Grafica del Parteolla ed é del 2009. L'ho acquistato a Sassari alle Messaggerie Sarde. Ricordo che l'ho preso di malavoglia perché non avevo trovato nulla d'interessante e non volevo tornare a mani vuote. Nella copertina si dice che l'Autore é di Siliqua e che lavorava per conto dell'Enel. Insomma, si tratta di un appassionato di archeologia e storia antica.

    Basilio Floris

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  14. Alberto, i seni concavi (come li hai definiti) sono coppelle. Quando le noti devi verificare se sono perfettamente lisce oppure ruvide. Nel secondo caso sono causate da agenti atmosferici. Il simbolismo è allo studio, preferisco non entrare in merito.

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  15. @ Areddu,
    vivi rallegramenti per il Suo articolo, perché è del tutto originale ed inoltre è molto stimolante.
    Una cosa Lei ha dimenticato di dire (dato che certamente la conosce): il bronzetto di Ittiri trova esatto riscontro anche nei numerosi Satiri della tradizione greco-romana. Ne guardi l'immagine in Internet, alla voce Satyr, soprattutto una pittura vascolare che rappresenta un satiro itifallico, che suona due tibie ed ha di fronte a sè una Baccante col tirso di Bacco in mano.
    Saluti cordiali Massimo Pittau
    (mi comunichi il Suo indirizzo)

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  16. La rappresentazione di certe immagini danno certamente delle indicazioni del modo di vivere di una civiltà. Di bronzetti cosidetti ittifalici oltre a questo di Ittiri e quello di Antas di Fluminimaggiore, che ce la dice lunga di cosa c'era e c'e ancora sotto, prima della costruzione del tempio "fenicio punico romano ecc." ne conosco tanti, i più rappresentati nei nuraghi o pietre a forma "quasi fotografica" di fallo, es. quello del nuraghe Losa con un personaggio che ha un fallo eretto enorme rispetto al personaggio stesso, il cosidetto offerente con focaccia (viso maschile con fallo e seni) Ma per questo andate a vedere il libro di S. A. Zonchello ed. Galizzi SS. "Il culto fallico in Sardegna. Non parliamo poi del tempio di Gremanu (Nu.) a forma di fallo gigantesco, descritto "semplicemente" come tempio a megaron, o quello della cripta del santuario di San Lussorio a Fordongianus,quello scolpito in un masso della chiesa di San Bachisio di bolotana (Nu.). Anche i luoghi in cui si ritrovano i falli, cioe luoghi di culto che perdurano enche in ambito cristiano ci dicono tante cose, per esempio perchè queste rappresentazioni hanno attrbuti maschile e feminile,MF, cioè androgino, non certo un'anteliteram di Marazzo.
    Ma se partiamo dal "solito" VII, VI Sec. a. C. (caro sig. Areddu)tutto il discorso sulla civiltà Nuragica viene a cadere.
    Giorgio Cannas

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  17. a.areddu risponde:

    Egregio Pittau,

    la ringrazio della lettura positiva che ha fatto del mio intervento (parolaio) transgenderino (che tralaltro ora campeggia nel sito trans http://www.sylviarivera.org/category/spazio-libero), ma voglio anche dirle che da parte Sua e del suo sito, che bazzico frequentemente, m'aspettavo una altrettanto eguale risposta positiva alle cose da me dette nel celeberrimo "le origini albanesi..." (20 copie vendute in tutta Italia), invece non vi è traccia, che so, del fatto che vi abbia sostenuto che thoa 'salice' risale a un composto preformante + indeuropeo *oia, bensì vi vedo ribaduta una sua (vecchia?) etimologia (che tralaltro il Paulis ha ben condiviso). Ad ogni modo scurdammece o passate: ho qui una new version del mio studio sulle Launeddas. S'impegnerebbe (pubblicamente) a farLa uscire su Quaderni Bolotanesi (e non fra dieci anni)? Io gli scrivo ma non mi rispondono... chissà come mai

    Per Floris: grazie delle informazioni sul Mura

    per Montalbano:grazie per le coppelle

    Per Cannas: la datazione del viii-vii -secolo (ancora epoca nuragica) mica l'ho data io! Questo è quello che archeologi mainstream dicono: se poi lei e (immagino) il Sanna volete farla risalire più oltre, fate un po' voi

    Per Sanna: scusi se come insiste a dirci, in Sardegna si scrisse e si scrisse in una qualche forma di semitico, come mai di toponimi fenicio-punici se ne trovano così pochi ? (e della stessa opinione, guardi, è lo studioso, da Lei descritto come "garbato, prudentissimo e lavoratore" )

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  18. Caro sig, Areddu, io ho scritto ben altro. Quanto al VI sec. non ho detto che lo ha detto lei, ma bisogna scollarci di dosso quanto ci hanno inculcato da sempre.
    Mi scusi, ma cosa c'entra Gigi Sanna.
    Quando ho incontratto prof. Sanna con G. Atzori per il fatto dell'archeologia, io già da molto tempo mi interessavo di archeologia ed avevo alle spalle tre convegni internazionali di archeologia sperimentale, con un progetto nel quale erano partecipi; Tor Hjerdal, l'equipe che collabora con Prof. Salza nelle missioni in Tanzania, patria delle famosa Lucy, ed un gruppo di studiosi tedeschi dell'università Lipsia.
    Giorgio Cannas

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  19. a.areddu;

    ok, darò un'occhiata ai suoi (giusto?) contributi su "Sardegna Mediterranea" della sempreverde Turchi (la stessa che ha me non m'ha fatto pubblicare né fatto recensire)

    saluti

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  20. Come? Ho capito bene? Lei ha venduto solo 20 copie del suo libro in tutta l'Italia.Allora io sono uno di quei 20 "insani". Ammetterà che sostenere la parentela con gli albanesi sia decisamente scioccante, e non per questioni di razzismo, ma solo perchè non mi risulta alcun riscontro storico di rapporti tra la Sardegna e quella parte dell'Adriatico. Probabilmente lo dovrò rileggere diverse volte prima di realizzare compiutamente quanto da lei sostenuto. E posso dire anche che sono soddisfatto di averlo acquistato. Anche da quel libro ho imparato qualcosa. Anzi, visto che ce ne sono pochi in giro, lo terrò più caro.

    B. Floris

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  21. @ Areddu
    Il "credit" per il riconoscimento delle coppelle e similari è del Dott. Giacobbe Manca, direttore della rivista "Sardegna Antica".

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  22. Caro Areddu,
    il Suo libro sulle "origini albanesi della civiltà in Sardegna" è del tutto nuovo, anzi "rivoluzionario" . Esso non ha alcun precedente sia dal punto di vista storiografico sia da quello linguistico e pertanto va meditato con attenzione. Io non mi intendo affatto di lingua albanese e mi dispiace che non sia più in vita quel mio caro amico che era Giambattista Pellegrini, che invece di albanese si intendeva parecchio. Adesso pertanto non mi resta che attendere le reazioni degli specialisti in quella lingua.
    Per la parte che mi spetta, quella sarda o protosarda, in vista di una nuova edizione ampliata e migliorata del mio «Dizionario della Lingua Sarda - fraseologico ed etimologico» che vado preparando, sto cominciando a fare i necessari raffronti tra le Sue tesi e le nostre (mi riferisco in particolare allo svizzero Johannes Hubschmid), con risultati però che finora non sono incoraggianti. Ci vorrà pertanto un po' di tempo perché io possa esprimermi con cognizione di causa, insistendo però sul fatto che io non conosco per nulla la lingua albanese.
    Mi comunichi il Suo indirizzo, affinché Le possa mandare in omaggio il mio ultimo lavoro, «Dizionario Comparativo Latino-Etrusco».
    Per adesso buon lavoro e cordiali saluti
    Massimo Pittau

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  23. a.areddu riscrive:

    Oh Prof.

    io parlo di cavoli e lei mi parla di cipolle! Se può far lustro il libro è stato recensito da Emanuele Banfi, che forse di sardo non sa un tubo, ma di lingue balcaniche emmo! Una parte della recensio è sul mio sito. Ritornando alla mia richiesta: si batterebbe perché il mio saggio sulle launeddas -che propone una tesi alternativa alla sua, benchè parta da un lemma etrusco- possa vedere la luce su Quaderni Bolotanesi, di cui Lei è un habitué?

    Attendo sviluppi

    cordialmente

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  24. Ma perché ha gli occhi coperti? Verrebbe da pensare che con quella verga si sia fatto paura da solo, ma sono certo che esiste una spiegazione migliore.
    Antonio Maria

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  25. a.areddu:

    per Antoni Maria: potrebbe esser una maschera, il naso è adunco e ricorda la maschere dei mamuthones. Ritornando al fatto che la statuetta venne trovata a Ittiri; il paese è notorio per l'alto numero di preti e prelati che da sempre produce. Sarà la costante resistenziale dei Sardi?

    Per Floris: sic transit ingloria mundi. Come avrai visto è inserito nelle librerie on line, e a me di questa vendita non viene un soldo (pur avendo tutti i diritti). Anzi se qualcuno mi fa la cortesia di dirmi che l'ha comprato on line, lo ringrazio

    saluti

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  26. Caro Areddu, in tutta questa mitragliata di post non ho tempo per risponderLe. Attenda una mia: non come post a commento ma come articolo. Ci vorrà un po' di tempo, perchè sto preparando un certo pacchetto natalizio a proposito della scrittura nuragica'. Forse, dico forse, c'è qualcosa che farà riflettere. Quanto ai toponimi sardi semitici che non si troverebbero in Sardegna,anche Aristanis, non ci crederà, è fel fondo semitico. Basta rifletterci un pochino. E guardi che io mai, dico mai, entro in questioni di toponomastica.
    Saluti cari. Pacatamente...
    Gigi Sanna

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