sabato 14 marzo 2009

E' nel messaggio nuragico la vera autonomia sarda

di Eliseo Spiga

Gli uomini e le donne che si riconoscono in queste parole sono fermamente decisi a salvare il sardismo dal naufragio in cui è stato fatalmente coinvolto il Partito sardo d'azione. Sulle scogliere del berlusconismo.
Non a salvare l'incerta e pretestuosa ideologia di un partito, ma la principale espressione ideale e morale dei Sardi degli ultimi duecento anni. A salvare, quindi, l'enorme patrimonio di cultura, le esperienze di lotta in tutti i campi, la capacità di dedizione e di sacrificio dei sardisti, da Giovanni Maria Angioy, primo fondatore del sardismo moderno, fino a Emilio Lussu. In altre parole, a salvare i valori universali che hanno sostenuto l'aspirazione insopprimibile dei sardi ad una società di uomini giusti, saggi e coraggiosi. Una società d'abbondanza ma non sovrabbondante. Di uomini liberi, e capaci di decidere il proprio destino individuale e quello della società, e, quindi, in grado di assumere direttamente le responsabilità dell'autogoverno senza l'impiccio di Re, Autocrati e altri Minchioni.

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3 commenti:

  1. Gentile Signor Spiga,

    condivido pienamente il suo pensiero. Ed a proposito di pensieri ne conosco uno di origine africana che più o meno recita così: "Vennero qua con la bibbia in mano e ci trovarono nelle nostre terre, oggi noi abbiamo la loro bibbia in mano, loro le nostre terre".
    Dal comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 41 del 13 Marzo 2009
    La Presidenza del Consiglio dei Ministri comunica:
    il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi, alle ore 10,10 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente, Silvio Berlusconi.
    Segretario, il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Gianni Letta.
    Il Presidente Berlusconi ha esposto al Consiglio dei Ministri le linee guida di un’iniziativa legislativa, attualmente allo studio del Governo, finalizzata ad un rilancio dell’attività edilizia e del tessuto urbanistico, nonché ad un incisivo miglioramento e rinnovamento del patrimonio edilizio non rispondente ai più aggiornati criteri tecnologici ed energetici. L’esame dell’iniziativa al quale hanno partecipato tutti i Ministri esprimendo consenso e suggerendo proposte, è sollecitato anche dall’esigenza di dare impulso al sistema economico. La discussione proseguirà nella prossima riunione del Consiglio
    (…)
    Il Consiglio ha esaminato la questione della servitù militare nella località denominata “Guardia del Moro”, nell’isola di Santo Stefano (La Maddalena), ed ha condiviso l’iniziativa del Ministro della difesa di ricostituirla per un ulteriore quinquennio, in considerazione dei rilevanti interessi militari sottesi. Ha partecipato alla discussione il Presidente della Regione Sardegna, dottore Ugo Cappellacci, debitamente invitato.
    Non ho altro da aggiungere se non tranquillizzare il Signor Spiga. Un leader come Renato Soru ha tracciato egli stesso la strada verso il superamento del Sorismo ed Antisorismo: un Popolo dove tutti i Sardi hanno il diritto e dovere di sentirsi leaders in casa loro! Non ci fermeremo di certo. Faremo opposizione democratica e durissima contro lo scippo di "Guardia del Moro"! Non aspetteremo certamente il Psd'az "salottiero" di Manichedda o l'Irs "a corrente alternata" (ma quando mai ha protestato contro le servitù militari?) di Sale! Non si preoccupi i Giovani Sardi hanno preso coscienza...i "sardisti venales" ancora no! Lussu, Gramsci, Angioy aiutateci voi...

    A si biri mellus

    Carlo Carta

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  2. Francu Pilloni scrive:

    Eliseo Spiga, che ringrazio e saluto, ha dato corpo e parole alle idee di centinaia di migliaia di sardi di tutte le età, che tutti vecchi non sono e soprattutto non si sentono, ma solamente avviliti, scoraggiati, demotivati. Perché ogni volta che, anche nel loro piccolo, hanno cercato di fare un ragionamento come questo che Eliseo espone alla grande, si sono trovati a veder infrangere i loro slanci ideali contro muri di realismo alzati dai re, autocrati e minchioni (per dirla come lui) dentro lo stesso partito sardo e in quelli nuovi, nati dalla sua disgregazione. E hanno dovuto, le centinaia di migliaia di sardi, sentirsi sommersi dall’accusa di non essere moderni, come se la modernità fosse una categoria di per sé eccellente e indiscutibile e non un riferimento temporale non implicante alcun giudizio di merito.
    A me hai dato l’impressione del profeta biblico (non si chiamava Eliseo, però) che non volle morire prima di aver visto la Terra promessa, anche da lontano. Invece la critica di molti si esaurirà in un lapidario “arcaico, archeologia politica”, detto frungendu su bruncu per il disgusto, e saranno stati anche gentili perché queste idee ormai non fanno paura a nessuno.
    I giovani, e non solo, corrono dietro alle modernità e non li si può biasimare, perché la modernità è il futuro, il loro ambiente, il loro lavoro. In questo senso infatti stanno tutti gli “avvisi ai naviganti” dei politici, anche di quelli sardi (da Sardigna speak English ad altre numerose iniziative), i quali ultimi si distinguono per avere lo “sguardo lungo” in quanto non esprimono nulla di nuovo se non ripetere le esperienze riprodotte in altre realtà europee, non importa se ci azzeccano con la Sardegna.
    Questo hanno fatto per l’industria, per il turismo, per l’agricoltura; e questo vogliono fare anche per la lingua, perché così hanno fatto in Irlanda e nel Galles, così hanno fatto soprattutto in Catalogna, senza considerare la peculiarità di quella situazione, dato che il catalano imposto è quello di Barcellona (5 milioni di abitanti), ma contro tale imposizione è sorto il malumore delle altre città minori e dei territori storici diversi. Ora, paragonare Samugheo o Seneghe o il Barigadu a Barcellona, metropoli e capitale, è operazione impensabile e ridicola, ma in Sardegna è smodato anche solo dirlo, sennò sei contro la lingua, contro la “modernità”.
    Allora io mi chiedo: che fare?
    Certo è che siamo giù di corda ma, come diceva Cicito Masala, saremo pure “Bintus”, ma non certamente “cumbintus”.
    Per prima cosa, io non chiamerei più “sardismo” qualsiasi idea, movimento, aspirazione che sia riferibile alle nuove proposte. Tanto per non creare confusione. Perché il taglio sia netto, visibile, conclamato.
    Poi andiamo avanti, anche con gli strumenti che la modernità ci mette a disposizione per raggiungere i giovani. Senza scimmiottare nessuno.
    Sempre che ti faccia piacere avere dietro anche un soldato zoppo.

    Francu

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  3. Risposta a Carlo Carta e Francu Pilloni

    Caro Francu,
    ti ringrazio sinceramente per la tua disponibilità a discutere, ma vorrei tornare subito sul concetto di modernità. E' un concetto decisivo nella mia impostazione ( ne ho trattato abbondantemente nel mio ultimo libro La sardità come utopia, Cuec 2006) ma anche nel dialogo politico-culturale corrente.
    In verità, accade che all'idea di modernità si continuino ad appendere speranze di meraviglioso progresso nel momento stesso il cui il progresso umano è sormontato - dice Galbraith - da crudeltà e morte inimmaginabili. La modernità ha progettato e fatto, in una parte del mondo, cose grandiose, ammirate sperticatamente persino da Carlo Marx. In Sardegna ha portato solo grandiose disgrazie. Comunque, quel progetto di modernità oggi è considerato quasi unanimemente finito, esaurito. Dal suo centro è stato tolto il fatidico moto francese, liberté, egalité, fraternité, per sostituirlo con l'altro, tutto italiano o quasi, come cementificazione, bitumazione, innovazione, cioè, fare peggio cose già fatte male.
    Il Partito sardo d'azione, non il sardismo, che è un'altra cosa, è nato e morto tutto dentro la modernità. Ispirato dal combattentismo, l'ideologia degli ufficiali scampati alle disfatte della Grande Guerra, si è poi buttato sulle teorie dello sviluppo collaborando alla micidiale truffa dell'industrialismo e all'autonomia statalista. E dentro la modernità ha concluso la sua avventura al momento della crisi e caduta della Giunta regionale, presieduta da Mario Melis, unico sardista presidente, proditoriamente fiancheggiata da socialisti e comunisti. Nel giugno del 1989, dunque, cade la Giunta che avrebbe dovuto iniziare la realizzazione del sardismo e si estingue il Partito sardo in quanto soggetto politico dotato di volontà, progettualità e operatività modernista.
    Il Sardismo è tutta un'altra cosa. Esso definisce l'ideale profondo dei Sardi che altro non è se non l'aspirazione incancellabile di tutti i Sardi, ma proprio di tutti, ad una società giusta e prospera in cui si deve diventare uomini ogni giorno più valorosi. L'ideale sardistico, quindi, rappresenta la natura più profonda della nostra identità. Esso risiede e scaturisce direttamente dalle nostre radici originarie e perciò è irrinunciabile. Semmai, chiamiamolo sardismo nuragico per distinguerlo, e contrapporlo, al sardismo moderno di quegli altri.

    Caro Carlo,
    la mia preoccupazione è che, ancora una volta, si rimanga intrappolati nelle antiche logiche dei partiti. Pensa che persino un nuovissimo movimento come quello dei Rossomori sta correndo questo rischio. Non bastano, voglio dire, né il sorismo, che pure ha avuto una notevole importanza, né l'opposizione al berlusconismo o al liberismo. Queste battaglie mi appaiono sempre di più come risse di ciurmaglia sopra la zattera irresistibilmente spinta dalla forza della corrente verso la vicina disastrosa cascata.
    A mio parere, bisogna subito ripartire dai problemi lasciando perdere tutte le diatribe ideologico-politiche. I Giovani Sardi, dici, hanno preso coscienza. Benissimo. Hanno preso coscienza anche del fatto che il problema del loro lavoro potrà essere risolto solo da loro e non da alcuna autorità umana o divina? Sono pronti ad iniziare una riflessione collettiva sul fatto che la soluzione del lavoro non esiste nella società non solo ingiusta ma anche avviata alla deriva come quella i cui stiamo affogando? Sanno che i nostri Antenati nuragici sapevano lavorare contemporaneamente per il pane e il companatico (e che pane e che companatico !) e anche per edificare una società a loro congeniale, a loro immagine e somiglianza?
    Questo è davvero il problema. Lavorare per il pane e le bollette nello stesso momento in cui ci si impegna per una società giusta e prospera e fatta di uomini valorosi, o balentes. Ne siamo capaci?

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