domenica 25 gennaio 2009

Il giorno che uccisero "el Che", io...

Dariel Alarcón Ramírez, detto «Benigno», uno degli ultimi compagni di Ernesto Guevara nella sua avventura in Bolivia, ha raccontato al Corriere della sera la sua convinzione che a consegnarlo agli assassini sia stato il Partito comunista dell'Unione sovietica e, per non dispiacerlo, Fidel Castro. Il dubbio che questo, o qualcosa del genere, fosse accaduto era nella coscienza di molti. E, per il poco che conta, anche nella mia.
E' la prima volta che racconto perché io abbia avuto quel sospetto che "Benigno", testimone diretto, conferma. Nell'ottobre del 1967, corrispondente da Varsavia, il mio interprete mi leggeva quotidianamente i giornali polacchi, soprattutto la pallosa Tribuna Ludu, organo del Poup, e Zycie Warszawy, il quotidiano della sera, un po' più digeribile. L'8 ottobre di quell'anno, come ogni mattina, XY arrivò in albergo con le copie dei giornali e cominciò a tradurre le pochissime notizie contenute, avendo la compassione di non tradurmi i lunghi articoli sulla vita del partito che prendevano gran parte delle pagine della Tribuna Ludu e molte degli altri quotidiani.
Non fingerò, naturalmente, che mi fossero indifferenti le sorti del Partito comunista polacco; anzi ero lì perché convinto che la Polonia di Gomulka fosse diversa e più raccontabile delle altre Democrazie popolari. Solo non mi appassionava la ripetizione della propaganda.
A un certo punto, in uno dei giornali mi attrasse un titoletto su una colonna di due righe su un trafiletto di cinque o sei in cui lessi la parola Bolivia, l'unica che comprendessi, e chiesi ad XY di tradurmi e l'uno e l'altro. Il titoletto, lo ricordo ancora, era: Guerrigliero ucciso in Bolivia. Il testo raccontava della cattura di un guerrigliero, neppure nominato, da parte dell'esercito boliviano che l'aveva poi ucciso. Punto e basta. Niente in quei giornali avveniva per caso, per sottovalutazione, ad esempio.
Rimasi ancora qualche settimana a Varsavia prima di tornare a Roma, ma da quella maniera di parlare, senza nemmeno nominarlo, del "Che" capii che la poca stima dei partiti comunisti per il "Che" era qualcosa di più della presa di distanza dai movimenti guerriglieri del Latinamerica, formalmente comunisti ma troppo indisciplinati per far parte del disegno imperiale dell'Urss.
Quel che racconta "Benigno" è qualcosa di più dell'insofferenza che, allora, mi parve di cogliere. Un dio creò dei figli e poi li divorò.

2 commenti:

  1. Francu Pilloni commenta:

    Vedi com'è la vita, o ZFP?
    C'è chi si faceva tradurre la Tribuna Ludu a Varsavia e chi, in Marmilla, si "accontentava" dell'Unione sarda.
    Ma per vie ignote, quali quelle che percorre l'acqua piovana per arrivare alle sorgenti, anche in Marmilla l'idea che qualcosa non era andata nel verso giusto raggiunse le coscienze.
    Che poi si tratti di un dio che forma e poi divora i figli, mi pare difficile da capire. In Marmilla si era più propensi a pensare a una massaia che fa "is marraconis de ciliriu", is malloreddus insomma, proprio perché ha voglia di mangiarne.
    Quel che non capisco è la ragione per cui gli anticomunisti boliviani abbiano ucciso il Che, facendo il gioco dei propri avversari. Non bastava tenerlo prigioniero? Perché dovevano ammazzarlo così di fretta?
    Ma quando la volpe odora il sangue...

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  2. Trovo nel suo articolo una irritante simpatia per Guevara che, non va dimenticato, prima di essere ucciso ha ucciso.

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