martedì 9 settembre 2008

Tzunami e serietà scientifica

Nuraghe S'Urrachi in una splendida foto aerea di Francesco Cubeddu




di Sergio Frau

Caro Gianfranco,
tu lo sai bene: mi ero ripromesso di non rispondere più a chi ha motivi tutt’altro che scientifici per incistarsi nella nostra bella avventura di conoscenza, cercando di infettarla. Sono costretto, però, a fare un’eccezione per Alfonso Stiglitz.
E la farò ogni volta che qualcuno – come ora lui, di nuovo, nel tuo bel sito – cerca di disinformare su cose e persone che riguardano il percorso che, con mille soddisfazioni e mille difficoltà, stiamo tentando di portare avanti.
Sarà perché l’Unesco, i Lincei, 40 mila lettori, l’edizione tedesca del libro e tutte le biblioteche di Sardegna (che, ancor oggi, hanno in prestito le mie “Colonne”) mi hanno fornito gli anticorpi per prendere con un certo smagato distacco e un po’ di compassione le punzecchiature che continuano ad arrivarmi dall’Isola, mi sento in dovere di spiegare a te e a chi ci legge da che pulpito viene quest’ultimo predicozzo pseudoscientifico di Stiglitz. E, anche, la genesi di tanto livore nei miei confronti.
Tu che hai letto il mio libro lo sai bene che allo “Schiaffo del Mare” – responsabile secondo Omero, Platone e gli Egizi della triste fine dell’Isola Mito d’Occidente – dedico un solo capitolo. È un capitolo dolente e assai problematico in cui mi chiedo se quei 30 metri di fango che coprivano Barumini (prima che Giovanni Lilliu lo scavasse), non potessero essere interpretabili come un indizio o una riprova di quelle antiche, autorevolissime, testimonianze.
Finito il libro, proprio per una verifica specialistica di questa ipotesi, l’ho fatto avere al geologo del Cnr, Mario Tozzi che stimavo ma non conoscevo. Lui – serio, al solito – si è messo sotto di buzzo buono e dopo essersi documentato con una perlustrazione nell’Isola ha detto sì: quel nostro Campidano che vediamo quasi scorticato e sigillato dal fango potrebbe – “potrebbe”. Condizionale, dunque… – essere stato in un passato neppure troppo remoto un corridoio per un maremoto di grandi proporzioni. Per appurarlo, però – sempre Mario, sia in televisione che ai Lincei – ha ribadito che sarebbero servite analisi adeguate e un’indagine seria che avesse i tempi e i modi della ricerca scientifica.
Da parte mia non sono stato fermo: il libro – se è come aglio per certi vampiri locali – ha fatto il miracolo di trasformarsi in calamita per moltissime professionalità (fotografi, antichisti, geologi, archeologi &C.) e così, ogni volta che ho potuto, ho messo sotto altri occhi, più esperti dei miei, lo strano caso dei mille nuraghi d’altura intatti dell’isola (Losa, Santu Antine, Arrubiu …), così diversi dalle centinaia sepolti dal fango (eolico? marino? Non lo decideremo né io, né Stiglitz: ma degli specialisti…) che punteggiano le piane del Campidano (uno per tutti, insieme a Barumini: Genna Maria, con reperti che riempiono tre piani del museo di lì) e nel Sinis.
Attenzione qui, però: con il Sinis stiamo ormai entrati in zona proibita…
È Zona Riservata, quella: c’è Alessandro Usai (ai tempi “vice” di fiducia, per l’Oristanese, di quel Vincenzo Santoni dell’Anfiteatro foderato a morte, del Massacro di Tuvixeddu, del letargo quasi trentennale dei Giganti di Monti Prama, dei permessi eolici facili facili: il Soprintendente degli Scempi, insomma) e c’è anche Alfonso Stiglitz (impiegato comunale a San Vero Milis) a far da padroni di casa.
Un appalto per scavare S’Uraki – un nuraghe coperto di fango solo dal lato mare, tirarlo a lucido per farlo “uguale” ai mille altri intatti della Sardegna – li vincola uno all’altro.
Così quando, nel 2004, un altissimo rappresentante dell’Unesco, in perlustrazione con noi in quella Zona Proibita – in Zona Stiglitz - ha dichiarato ai giornali quel che anche Giovanni Lilliu continua inutilmente a ribadirci e che cioè, ormai, si deve stare molto attenti a cosa scavare (perché pur sempre di un’analisi distruttiva si tratta) e che in un’Isola zeppa di torri, S’Uraki così com’è, semisepolto, ha una sua specificità che lo rende unico (un po’ come quello strato di pomice fa unica Ercolano e anche Pompei, e che nessuno ha mai pensato di togliere), ecco che Alfonso Stiglitz comincia a imperversare.
Si mette al pc e spergiura alla Nuova Sardegna: «Niente tracce di alluvione nell’Oristanese». Se ora uso il termine forte “spergiura” è perché lo stesso Stiglitz, negli atti di un convegno a Selargius del 1986, mise nero su bianco tutt’altro. Proprio parlando del Sinis, a pagina 96, scrisse: «Gli edifici turriti rinvenuti sono, a tutt’oggi, 58 per un’estensione territoriale di circa 160 Kmq. L’identificazione e la definizione spesso non è agevole e talvolta impossibile, in particolare per gli edifici siti nella piana alluvionale e nelle aree palustri».
“Alluvionale” prima di Frau?
Come peraltro su qualsiasi carta geologica della Sardegna?
“Non alluvionale”, però, dopo Frau?
Grottesco, lo ammetterai Gianfranco! Grottesco o inquietante…
E lì, con quelle sue righe in mano, che ho iniziato a dubitare della sua buona fede e del suo rigore scientifico. Con le splendide foto aeree dei nuraghe sepolti nel Sinis di Francesco Cubeddu in mano prima, in mostra poi – e le reazioni che hanno suscitato un po’ ovunque – quei miei dubbi iniziali divennero certezza.
Subito dopo, quando Alessandro Usai venne spedito a Firenze da Vincenzo Santoni in missione davvero speciale all’Istituto di Preistoria e Protostoria (presso una tizietta supponente che nel suo libro sulla Protostoria italiana la Sardegna neppure la cita), a raccoglier firme nel tentativo di far saltare il convegno e la mostra che l’Unesco – per bocca di Attilio Mastino – aveva preannunciato di voler dedicare alle mie ricerche, Stiglitz rimase in zona a coprirgli le spalle. E a prender le firme di tutti coloro che, dovendo pur lavorare con la Soprintendenza, non potevano esimersi dal mettere a disposizione il proprio nome per una delle operazioni più squallide ed autolesioniste che una categoria professionale intellettuale potesse metter in cantiere. Fecero un Appello al Mediterraneo con 280 firme. Il Mediterraneo però non rispose. Arrivarono, infatti, soltanto una ventina di altre firme di studentelli cagliaritani terrorizzati per le rappresaglie minacciate…
(Tieni presente che l’IsIAO, l’Istituto per l’Africa e l’Oriente, ha da poco dovuto chiedere solidarietà allo stesso mondo di antichisti: 10.000 sono state le firme raccolte da loro in dieci giorni! E che di quel loro boomerang contro di me si parla come di una barzelletta, ormai).
Questo l’inizio della faida.
Da allora sono passati anni e anni: Stiglitz & Usai hanno avuto di nuovo altri centomila euro e passa, per andar avanti con la loro “normalizzazione” del S’Uraki. Hanno stravinto, impedendo – anche con pesantissime pressioni – fino a oggi quelle analisi che invece, secondo noi, potrebbero cambiare le prime pagine della nostra storia.
Eppure, nel nostro Stiglitz, è rimasta una sorta di riflesso condizionato: appena qualcuno – la Grande Cronaca, con la tragedia nell’Oceano Indiano; Archeologia Viva che, qualche mese fa, ha dato conto di un crollo e conseguente maremoto preistorico in Sicilia; il Corriere della Sera di venerdì scorso con la sua “Italia a rischio tsunami” – appena qualcuno nomina la Parola Incubo (tsunami…), eccolo scattare all’attacco, mettersi sotto a scrivere, con finta umiltà, che Frau e chi lo frequenta son gente per male.
E che lui lo fa per amor della scienza. E cucina, in salsa tutta sua, ostriche del Cnr. E butta veleno. E ridicolizza le sane curiosità che noi abbiamo e che a lui non vengono. Deve essergli preso un accidente, poveraccio, venerdì, con la doppia pagina del Corriere sui rischi che corrono le coste dell’Italia continentale e della nostra Sardegna. Sabato si è ripreso. Domenica tutto il giorno a scriverti che: «Lo sappiamo tutti che di maremoti nel Mediterraneo e anche in Sardegna ce ne sono stati…».
L’importante è, quindi, che i maremoti non siano in Zona Sua – che “quegli tsunami” sospettati da Frau, Tozzi, Cubeddu & C., non ci siano mai stati – ché, altrimenti, la figura che farebbe è di quelle assai barbine: muru muru, per sempre…
Ti sembrerà paradossale, ma ormai comincio a sentirmi un po’ in colpa per aver avvelenato la serena vecchiaia di questo appassionato di archeologia che, da più di un quarto di secolo scavava tranquillo il “suo” S’Uraki (senza averlo mai pubblicato come si deve) e per aver sottratto così tante energie al lavoro per cui viene pagato.
Sono diventato un’ossessione, per lui, che gli mangia via il cervello.
Sennò lui (e, anche, Usai, però…), se davvero amassero l’archeologia, come dicono, in tutti questi anni avrebbero dovuto occuparsi di tutt’altro…
Qualche esempio?
Il primo? Raccogliere firme – non contro di me – ma perché le statue di Monti Prama uscissero dai magazzini dove Santoni le aveva ri-sepolte. O, anche, chiedere un’indagine sulla Soprintendenza Nicosia, a Sassari, senza aspettare che lui venisse denunciato con la moglie per associazione a delinquere e truffa. O, almeno, battersi contro i piloni elettrici del Losa. O, anche, chiedere di salvare Tuvixeddu dalle ruspe autorizzate da Santoni. Ma farlo subito, con coraggio, coerenza e dignità: al momento dell’emergenza, quando l’ho denunciata io quell’autorizzazione! Nel 2000!
Non star zitti per sette anni!
Aspettando che il Soprindendente responsabile fosse ormai in pensione, per sfoderare d’improvviso un cuor da leoni e mettersi sotto a “dar battaglia” giusto il mese dopo che Soru e la Forestale avevano ormai messo i sigilli alla necropoli e fermato le ruspe, salvando quel portento archeologico.
Allora sì, avrebbero avuto la mia stima e, forse, la mia fiducia.
Così – sia detto senza offesa – non riesco a dar credito a una sola parola che esca dalla loro bocca.
Per fortuna – te lo assicuro – non sono il solo.
Un abbraccio
Ps. Ovviamente se decidi di fare un’inchiesta, le ostriche Cnr, inquinate da Stiglitz ti faranno solo da antipasto: il piatto forte saranno le lettere diffamatorie nei miei confronti che Usai ha mandato in giro un po’ ovunque e i cento interventi del suo socio al s’Uraki, nell’inutile speranza di sporcare un’avventura di conoscenza che fin dall’inizio è sotto gli occhi di tutti e che prima o poi darà risultati certi.
Meglio un dubbio in più, Gianfranco, o un dubbio in meno?

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